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6 INTELLIGENZA E MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO
INVECCHIAMENTO COGNITIVO
L’interesse per i cambiamenti che subentrano nell’organizzazione e nella struttura delle abilità mentali età
correlate è alla base della psicologia dell’invecchiamento e si inscrive nella tradizione psicometrica. Tale
tradizione ha permesso di mettere in evidenza come lo sviluppo sia multidirezionale e multidimensionale. Ciò
ha portato alcuni autori a distinguere fra operazioni/meccanismi mentali di base (o abilità fluide),
biologicamente determinate, e abilità cristallizzate, culturalmente determinate, che seguono traiettorie ben
distinte con l’avanzare dell’età.
L’indagine sulla psicologia dell’invecchiamento ha portato alcuni autori a parlare di simmetrie, cioè di
somiglianze nel funzionamento cognitivo tra giovani e anziani, e di asimmetrie, ossia consistenti
dissociazioni nel funzionamento cognitivo legate all’avanzare dell’età.
Un limite dell’approccio psicometrico è quello di descrivere le abilità intellettive e la loro evoluzione con l’età
senza preoccuparsi di spiegarle.
Per comprendere l’invecchiamento cognitivo diventa necessario sia considerare l’efficienza dell’anziano in
compiti che riguardano diverse abilità, sia capire come queste abilità si integrino nell’organizzazione della
mente e quali processi siano implicati.
Tradizionalmente si riteneva che lo sviluppo cognitivo si arrestasse con la fine dell’adolescenza e che l’età
adulta, e in modo più marcato l’età adulta avanzata, fossero associate a un declino cognitivo generale e a
stati patologici degenerativi come la demenza. A questa concezione estremamente negativa dell’invecchiare
se ne è contrapposta un’altra secondo cui le modificazioni psicologiche caratterizzano tutto l’arco della vita;
questo approccio, detto “life-span” ha portato a considerare i cambiamenti lungo tutto l’arco di vita della
persona, sostenendo una visione secondo cui lo sviluppo, inteso come un continuo riequilibrio tra nuove
acquisizioni e la perdita di alcune abilità, caratterizza ogni fase dell’esistenza.
Nonostante la maggior parte delle ricerche presentate riporti una diminuzione nella prestazione cognitiva
degli anziani, riteniamo importante che il lettore abbia sempre ben presente come l’invecchiamento cognitivo
si caratterizzi per elevata eterogeneità e variabilità interindividuale, e come in ogni fase della vita e del nostro
sviluppo mentale vi siano comunque nuove acquisizioni.
INTELLIGENZA E LE ABILITA’ DELL’ANZIANO
INTELLIGENZA
Attraverso lo studio dell’intelligenza, la psicologia ha cercato di offrire un quadro d’insieme delle differenze
individuali nelle abilità cognitive e soprattutto in quelle più centrali e critiche per il funzioanmento della mente.
Un test d’intelligenza spesso utilizzato negli studi sull’invecchiamento è quello delle matrici progressive di
Raven in cui si presentano delle figure con una parte mancante e i partecipanti devono individuare, per
ognuna di queste, quale tra diversi frammenti le completi correttamente. In questa prova i giovani ottengono
un punteggio significativamente superiore a quello dei giovani-anziani; i giovani-anziani inoltre hanno una
prestazione superiore a quella dei grandi-vecchi.
Nel 1956 Wechsler, il più noto autore di test per la valutazione dell’intelligenza e la stima del QI si pose il
problema di come misurare l’intelligenza nell’adulto anziano. Wechsler si rendeva infatti conto che, portando
l’invecchiamento a una perdita differenziata delle abilità cognitive, una misura globale dell’intelligenza non
poteva fornire una valutazione affidabile delle abilità mentali di individui di età diversa. Distinse pertanto
all’interno della sua celebre scala per la valutazione dell’intelligenza WAIS, prove che resistono
all’invecchiamento e altre che non resistono all’invecchiamento.
I risultati mostrarono che, nonostante l’avanzare dell’età si caratterizzasse per un declino generale
nell’intelligenza, l’andamento del QI verbale era molto diverso da quello del QI di prestazione.
Il deterioramento differenziato delle abilità intellettive è stato analizzato nel contesto del modello bifattoriale
dell’intelligenza di Cattell. Secondo lui, la natura dell’intelligenza non può essere colta e studiata se non
considerando sia abilità legate alla comprensione di nuovi dati e alla costruzione di inferenze, sia abilità
legate all’esperienza, alle conoscenze.
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Questi due tipi di intelligenza furono chiamati:
• Intelligenza fluida (Gf): permette di adattarsi a situazioni nuove, a nuovi problemi, ed è valutata con
prove che si basano sul ragionamento e sulla scoperta di leggi/regole partendo da casi ben definiti e
sulla comprensione di relazioni tra dati nuovi di tipo spaziale o verbale.
• Intelligenza cristallizzata (Gc): si basa sulle conoscenze e le capacità acquisite con l’esperienza,
strettamente legate alla cultura.
I due tipi d’intelligenza nell’arco della vita seguono traiettorie ben distinte:
• Gf: misurata con prove di ragionamento tenderebbe a declinare con l’età;
• Gc: misurata tipicamente con prove di vocabolario, rimane stabile con l’età.
Ciononostante esso già mostrava come l’invecchiamento debba essere considerato un fenomeno
multidimensionale e multidirezionale in quanto vi sono diversi tipi di abilità che seguono traiettorie di
sviluppo diverse.
Tale visione dello sviluppo delle abilità intellettive è stata in seguito integrata nella teoria dell’arco di vita
proposta da Baltes.
Parla di operazioni mentali di base legate più direttamente:
• alla biologia (mechanics of cognition): le abilità che si fondano sulle operazioni mentali di base,
quali il ragionamento, la memoria, l’orientamento spaziale e la velocità percettiva, subiscono un
declino precoce e rapido.
• alla cultura (pragmatics of cognition): le abilità che fanno riferimento alla componente pragmatica
come le abilità verbali e numeriche, restano invece stabili.
Il declino di tutte le componenti dell’intelligenza avviene invece in tarda età, quando i fattori biologici
diventano molto influenti e preponderanti, riflettendo così anche un invecchiamento fisiologico del cervello.
Ogni prova e attività cognitiva richiede comunque sia abilità cristallizzate/pragmatiche sia abilità
fluide/operazioni mentali di base dell’intelligenza, in quanto non solo non esiste una misura pura delle abilità
legate ai due tipi d’intelligenza, ma non vi è nemmeno una semplice corrispondenza tra età, come variabile
biologica, e intelligenza fluida/operazioni mentali di base da una parte e tra età, come variabile culturale, e
abilità cristallizzate/pragmatiche dall’altra.
Tuttavia a seconda della prova da eseguire il peso di una delle due componenti può essere più o meno
determinante per la sua riuscita.
LE ABILITA’ INTELLETTIVE FONDAMENTALI
A livello empirico, dati trasversali e longitudinali del Berlin Aging Study BASE hanno confermato come le
abilità legate alle operazioni mentali di base e aspetti pragmatici dell’intelligenza siano correlate
negativamente con l’età, con un declino più pronunciato per i meccanismi di base rispetto alle abilità
pragmatiche nell’età adulta avanzata.
Tuttavia, con l’avanzare dell’età si assisterebbe a un importante aumento delle correlazioni tra ambiti
cognitivi diversi.
Questo ha portato molti ricercatori a supporre che la struttura intellettiva degli anziani sia meno differenziata
(ipotesi di dedifferenziazione) di quella dei giovani o degli adulti.
Con l’avanzare dell’età si assisterebbe quindi a un aumento dell’influenza dei meccanismi di base
dell’intelligenza sulle abilità pragmatiche, indice del forte impatto degli aspetti biologici sul funzionamento
cognitivo dell’anziano.
IL DECADIMENTO DIFFERENZIATO DELLE ABILITA’ INTELLETTIVE FONDAMENTALI
Le distinzioni fra abilità fluide e cristallizzate rappresentano un’utile sintesi delle differenze cognitive
fondamentali fra giovani e anziani.
Notoriamente gli anziani presentano con l’età un indebolimento di tutte le loro capacità sensoriali a partire
dalla vista e dall’udito.
Poiché le abilità sensoriali si ancorano direttamente alle basi biologiche dell’individuo, questo risultato può
essere messo in relazione all’ipotesi di Baltes e colleghi per cui i meccanismi di base avrebbero, con il
passare degli anni, un’influenza crescente sul funzionamento intellettivo. Tali funzioni sensoriali di base
sarebbero quindi un prezioso indicatore dello stato neurologico della persona, ossia dell’integrità del suo
cervello. Ciò ha portato Baltes e Lindenberger a formulare l’ipotesi della causa comune. Tale ipotesi postula
che la stretta relazione tra le misure sensoriali e cognitive sia dovuta a una dipendenza di tali abilità e
funzioni da un’unica e comune architettura fisiologica del sistema nervoso centrale, evidenziando uno stretto
legame nell’invecchiamento tra le caratteristiche del cervello, da cui dipendono le funzioni sensoriali, e le
abilità cognitive.
Il ruolo delle funzioni sensoriali nello spiegare l’invecchiamento cognitivo darebbe sostegno all’idea secondo
cui con l’avanzare dell’età, in particolare nella quarta età, il peso dei fattori biologici e genetici sarebbe
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sempre più importante nel determinare il funzionamento cognitivo e di conseguenza ridurrebbe il ruolo delle
competenze legate all’intelligenza pragmatica nel compensare il declino cognitivo.
Il rapporto tra efficienza sensoriale ed efficienza cognitiva può essere più dettagliatamente documentato con
riferimento a specifiche debolezze sensoriali dell’anziano.
Gli effetti dell’invecchiamento sui processi di pensiero possono essere diversificati, ma sembrano rientrare
nel principio generale per cui l’anziano, più è in grado di avvalersi dell’esperienza accumulata e più risulta
avvantaggiato.
LA MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO
È generalmente accettato che la memoria non è un sistema unitario ma che vi sono diverse forme e multipli
sistemi di memoria. Tuttavia, la semplice distinzione riportata nelle tradizionali abilità psicometriche non
rende ragione della complessità delle funzioni mnestiche.
I vari tipi di memoria possono essere dis