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IL CLIMA ORGANIZZATIVO
Il concetto di clima sociale viene introdotto da Lewin, Lippit e White alla fine degli anni ’30 in seguito alle osservazioni
dei fenomeni prodotti da differenti stili di leadership nei gruppi e nei vissuti interpersonali. Lewin ha indicato le
condizioni di tipo psico-sociale che si vengono a creare nei gruppi ricorrendo al concetto di atmosfera: l’atmosfera è
qualcosa d’intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva.
Solo trent’anni dopo gli studi di Lewin il concetto di clima sociale viene mutuato dagli psicologi americani di stampo
comportamentista che si interessano di management e di efficienza organizzativa.
Argyris è forse il primo ad impiegare il concetto di organizational climate coniandone il termine e sviluppando un vero
e proprio modello. In esso trovano spazio tre gruppi di variabili organizzativa:
1. Le politiche, le procedure e le posizioni formali nell’organizzazione;
2. I fattori personali che includono i bisogni, valori e capacità individuali;
3. L’insieme delle variabili associate con gli sforzi degli individui per conformare i propri fini a quelli
dell’organizzazione. Queste variabili nel loro complesso permettono di definire l’organizational behavior.
DEFINIZIONI E APPROCCI
Tradizionalmente il clima organizzativo è stato studiato da una prospettiva funzionalista; Reichers e Schneider ne
descrivono lo sviluppo considerandolo come una variabile indipendente, dipendente o interveniente.
Considerare il clima come variabile dipendente significa focalizzare l’attenzione sulla comprensione delle cause delle
percezioni di clima; mentre come variabile indipendente diviene causa di atteggiamenti o di comportamenti, infine,
come variabile interveniente assume un ruolo di mediazione tra il comportamento organizzativo e quello individuale.
Come variabile dipende il clima non è considerato un costrutto macro ed è stato generalmente valutato facendo
descrivere alle persone le pratiche e le procedure esistenti o dedotte; come variabile indipendente, il clima è un macro-
costrutto, in quanto vengono definiti diversi insieme di pratiche e procedure come rappresentazioni dei diversi climi.
Ekvall presenta due interpretazioni ontologiche di clima, una realistica e obiettivistica, l’altra soggettivista e
fenomenologica.
In base alla prima il clima è un attributo dell’organizzazione e si riferisce ad un set di condizioni che esistono e hanno
un impatto sul comportamento individuale.
Queste condizioni sono oggettive caratteristiche dell’organizzazione. La distinzione tra visione soggettivista e
obiettivista può essere anche descritta nei termini di clima come stimolo o come risposta.
Il considerare i climi come una caratteristica o un attributo dell’organizzazione nel suo complesso ha prodotto due
approcci: uno ha fatto ricorso ad indicatori oggettivi multipli del clima mentre l’altro a misure percettive.
• Nel primo clima è visto come un insieme di caratteristiche relativamente durevoli che permettono di descrivere
un’organizzazione e di distinguerla dalle altre. Ricorrendo all’analogia tra clima organizzativo e personalità
individuale, gli autori propongono un certo numero di tratti climatici: la dimensione, la struttura di autorità le
relazioni tra persone e gruppi ecc.
• Il secondo approccio pone, invece, l’accento sugli elementi percettivi. Per Campbell il clima è considerato
come un insieme di attributi specifici di una particolare organizzazione, che possono essere dedotti dal modo in
cui l’organizzazione si rapporta ai propri membri e al proprio ambiente.
Porre l’attenzione sulla natura percettiva del clima organizzativo comporta, però due tipi di problemi:
• Il primo riguarda il peso che la situazione data e la situazione percepita hanno nel determinare il
comportamento e gli atteggiamenti nelle organizzazioni;
• Il secondo riguarda la relazione tra fattori oggettivi e percettivi, soprattutto, per quanto concerne le definizioni
e l’accuratezza di tali percezioni.
STRUTTURE ORGANIZZATIVE, CLIMA E SODDISFAZIONE
Pritchard e Karasick introducono la controversa questione della relazione tra clima e soddisfazione al lavoro. Il clima è
definito come una qualità relativamente durevole dell’ambiente interno di un’organizzazione che risulta dal
comportamento e dalle politiche dei suoi membri, specialmente del top manager; è percepito dai membri
dell’organizzazione; serve come base per interpretare la situazione; opera come una fonte di pressione per dirigere le
attività e permette di distinguere un’organizzazione dalle altre.
Secondo Guion però tale approccio considera il clima a volte come attributo organizzativo, altre volte come un attributo
individuale.
Payne e Mansfield esaminarono la relazione tra differenti aspetti del clima e varie dimensioni della struttura e del
contesto organizzativo, giungendo alla conclusione che il concetto di clima organizzativo sia troppo grossolano per
essere usato nella previsione del comportamento del sistema sociale da esso descritto.
Il clima, causa ed effetto di percezioni e variabili individuali descrive i processi comportamentali caratteristici di un
sistema sociale in un particolare momento.
L’ipotesi chiave di Payne e Pugh è che strutture diverse producono climi diversi e, malgrado gli autori introducano nel
loro modello sia variabili psicologiche, ovvero soggettive, che variabili eminentemente strutturali essi riconducono,
comunque, le prime alle seconde.
Di particolare interesse sono le conclusioni di Lawler III, Hall e Oldham che analizzano le relazioni tra variabili
strutturali e quelle tra clima percepito, prestazione e soddisfazione al lavoro.
Essi sostengono che la struttura non gioca un ruolo decisivo nel determinare il clima organizzativo, ipotizzano invece
che le percezioni del clima siano in relazione all’esperienza di lavoro quotidiana.
Non considerano adeguatamente che contesto, struttura, mete ecc non sono fenomeni naturali ma soluzioni contingenti,
indeterminate, arbitrarie e finiscono col disconoscere il peso degli elementi soggettivi o strategici accettando che esista
un sostanziale consenso delle percezioni climatiche, spiegato dall’identità della struttura organizzativa che le
determinerebbe.
In questo modo non si possono spiegare le differenze di clima che si riscontrano tra gruppi di lavoro della stessa
organizzazione perché essa è considerata stimolo unico di un unico clima e si perde di vista quell’area negoziale e
negoziata che dovrebbe avere una priorità nell’analisi psico-sociale delle organizzazioni.
Per De Vito il clima è dato dall’insieme delle dimensioni che compongono l’organizzazione e permettono di ottenere
una visione collettiva e globale dell’organizzazione. Il concetto di clima è indagato come il risultato di un determinato
insieme di dimensioni quali importanza, speranza, credibilità.
Tale concetto può essere inserito nel secondo approccio di James e Jones approccio che utilizza misure percettive
individuali; pertanto, il clima organizzativo viene considerato come un attributo percettivo individuale che riflette
l’interazione tra le caratteristiche individuali e quelle organizzative.
Per Spaltro il clima è parte integrante dell’organizzazione stessa, non può essere definito come una percezione semplice
ma complessa, percezione definita molare da Schneider.
Per Schneider il clima deve essere descritto come personalistico cioè come una percezione individuale.
Il clima organizzativo è decisamente un attributo individuale. Per Johannesson valutare il clima come una misura
percettiva comporta il rischio di riprodurre gli studi sugli atteggiamenti nei confronti del lavoro; mentre per Guion se ci
si riferisce al clima misurato percettivamente come ad un attributo individuale senza utilizzare alcun referente esterno
per verificarne l’accuratezza.
La soluzione proposta da James e Jones è di tenere ben distinti il clima visto come attributo organizzativo ed il clima
come attributo individuale. In quest’ultimo caso è più opportuno utilizzare il termine clima psicologico.
Il clima organizzativo si riferisce ad attributi organizzativi e ai loro effetti principali mentre il clima psicologico si
riferisce ad attributi individuali, chiamati processi psicologici intervenienti, per mezzo dei quali l’individuo trasforma
l’interazione tra attributi percepiti e caratteristiche individuali in una serie di aspettative, atteggiamenti e
comportamenti.
Il suo studio deve affrontare il problema della relazione con il concetto di soddisfazione al lavoro.
La soluzione è una distinzione logica e concettuale che Schneider e Snyder formulano e alla quale molti autori si
rifanno:
• Il clima organizzativo è concettualizzato come una caratteristica delle organizzazioni che è riflessa nelle
descrizioni, fatte dai membri, delle politiche, delle pratiche e delle condizioni presenti nell’ambiente di lavoro;
• La soddisfazione al lavoro è concettualizzata come una risposta affettiva degli individui che è riflessa nelle
valutazioni dei membri degli aspetti individualmente salienti del loro lavoro e dell’organizzazione in cui sono
occupati.
Anche la soddisfazione è stata considerata come variabile indipendente, dipendente o interveniente.
La soddisfazione pur riguardando lo stesso modo lavorativo strutturale coinvolto nella ricerca sul clima, implica una
valutazione della struttura nei termini di un sistema individuale di bisogni o valori.
Per chiarire la distinzione tra soddisfazione e clima si possono prendere in considerazione tre punti di ricerca e
concettualizzazione:
• Livello di astrazione: mirco-percezioni contrapposte a macro-percezioni. Le caratteristiche micro di
un’organizzazione sono relativamente facili da definire, sono analoghe a quelle atmosferiche. Le caratteristiche
macro richiedono astrazioni o sintesi delle caratteristiche micro, sono astrazioni di pratiche e procedure
organizzative.
• Livello di affettività: percezione descrittiva contrapposta ad una percezione valutativa. Il clima dovrebbe
rappresentare ciò che è esterno mentre la soddisfazione dovrebbe riflettere uno stato interno.
• Livello di analisi: l’individuo contrapposto all’organizzazione come unità di analisi. La scelta dell’unità di
analisi non va posta in termini di attendibilità in quanto è necessario definire attentamente il problema e poi
operare la scelta.
Infine, è necessario scegliere quale clima studiare; il clima organizzativo si riferisce ad un’area di ricerca piuttosto che
ad una specifica unità di analisi o a un insieme di dimensioni.
CLIMI PSICOLOGICI, TEORIE COGNITIVE E INTERAZIONISMO
La ricerca sui climi psicologici, in particolare negli Stati Uniti, viene potenzia