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ESIGENZE PSICOLOGICHE DELL'UOMO NEI CONFRONTI DEL LAVORO
Bisogno di un lavoro con un contenuto significativo e stimolante, dotato di un minimo di varietà
Bisogno di apprendere lavorando e di continuare ad apprendere
Bisogno di uno spazio minimo di presa di decisione che l'individuo possa considerare come proprio
Bisogno di collegare l'oggetto del proprio lavoro alla vita sociale (sapere quello che si fa e perché)
Bisogno di sentire che il lavoro prepara ad un futuro desiderabile
Bisogno di un grado minimo di sostegno sociale e di riconoscimento dell'ambiente di lavoro
165. TAYLORISMO, FORDISMO E TOYOTISMO (approfondimento)
F. Taylor, come già visto, creò le basi per un'organizzazione scientifica del lavoro (Scientific management), con lo scopo di rispondere teoricamente alle esigenze pratiche espresse dai nascenti gruppi industriali americani. Il principio fondamentale alla base era la rigida divisione fra lavoro
intellettuale e manuale. Come egli stesso scrisse: "L'attività di studio e di pianificazione della produzione spetta esclusivamente ad un apposito ufficio; il compito degli operai deve essere limitato all'esecuzione di mansioni predeterminate, scomposte con criteri scientifici in operazioni semplici e banali eseguite con utensili standardizzati e in tempi cronometricamente stabiliti". L'obiettivo della parcellizzazione del lavoro fu di limitare o annullare del tutto quell'ambito di discrezionalità residuo dei vecchi sistemi di lavoro che, secondo Taylor, rappresentava la fonte maggiore di spreco e di inefficienza. Questi concetti trovarono applicazione pratica nella produzione di massa, al cui sviluppo contribuì in maniera decisiva l'industriale H. Ford. La fabbrica fordista riuscì a fornire al consumatore prodotti in grande quantità, poco differenziati e a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli dei
produttori artigianali. La genialità di Ford consistette nell'avere capito che solo con l'intercambiabilità completa dei pezzi e la facilità di incastro era possibile ridurre i tempi (e i costi) di montaggio, aumentando quindi i volumi di produzione. Infatti, prima dell'affermazione di questi principi, le macchine nelle fabbriche venivano disposte in base alla loro funzione (layout funzionale) ma successivamente, per aumentare l'efficienza, dato che il trasporto dei lotti richiedeva tempo e costi, fu necessario adottare un layout basato su un flusso sequenziale (layout lineare). Ford ebbe l'idea rivoluzionaria di applicare il principio della linea di flusso ad un'industria metalmeccanica che richiedeva un gran numero di componenti complessi. Pertanto, il processo di produzione di un prodotto venne spezzato in tot operazioni complementari meccanizzate attuate da tot diversi lavoratori (linea di assemblaggio statica), diminuendo i tempi diproduzione (anche per la totale familiarità che il lavoratore aveva con una singola operazione). Questi diminuirono ulteriormente con l'introduzione del primo nastro trasportatore. Ford era riuscito a realizzare anche l'intercambiabilità della manodopera, dal momento che bastavano pochi minuti per addestrare un nuovo lavoratore. Grazie ai successi ottenuti in termini di profitto, egli poté aumentare drasticamente i salari e al tempo stesso continuare ad espandersi offrendo così molti posti di lavoro ad una classe sociale fino a quel momento ridotta alla fame. Inoltre, poiché la "classe operaia" si stava formando solo in quegli anni, non erano ancora nate associazioni di tipo sindacale per la tutela dei lavoratori.
Gli elementi in comune tra Ford e Taylor sono:
- Massimizzazione della produzione (produzione di massa) e aumento del profitto;
- Minimizzazione di spazio, tempi e costi di produzione;
- Scomposizione del lavoro (riduzione
modo più produttivo possibile. La logica alla base è il just in time, un sistema produttivo che garantisce il continuo e preciso adeguamento dell'offerta di beni prodotti alla domanda che proviene dal mercato, realizzando una progressiva riduzione dello spreco. Ne deriva che le persone investite da quei problemi sono direttamente coinvolte nella necessità di risolverli aumentando impegno e collaborazione. Per funzionare, questo modello richiede un ambiente sociale molto collaborativo ed estrema dedizione al lavoro (ambiente ottimale giapponese, ma applicabile ovunque). A fondamento di tutta la strategia è l'esame delle esigenze del cliente, tenendo presente che queste non rimangono immutate. Di qui, continue indagini sul cliente per stabilire il rendimento dell'impresa. Mentre nel taylorismo l'individualismo e lo scarso senso del collettivo portano a sprechi e inefficienze, nel toyotismo l'opinione di gruppo è della massima
importanza e impedisce al singolo di violare le norme di comportamento, tese al raggiungimento degli obiettivi. Mentre nel sistema taylorista il lavoratore licenziato perché ritenuto non in linea con i tempi e i metodi dettati dalla direzione veniva difeso e riceveva la solidarietà dei colleghi, nel toyotismo riceve l'ostracismo dei compagni che vedono compromessi i loro obiettivi. La nuova impresa cambia i rapporti con il mercato e con i lavoratori.CLIMA E CULTURA ORGANIZZATIVA
Il clima organizzativo indica una proprietà della situazione sociale complessiva, un fenomeno che si manifesta in modo relativamente stabile all'interno di un determinato gruppo di individui, permettendo di descrivere tale gruppo e di distinguerlo dagli altri. Le caratteristiche specifiche del clima organizzativo influenzano il comportamento degli individui appartenenti al gruppo, dal momento che contiene in sé molte variabili concernenti aspetti umani e relazionali. Di conseguenza,
Queste caratteristiche, attraverso un'indagine, possono essere dedotte dal modo in cui l'organizzazione si rapporta ai propri membri e al proprio ambiente.
Tra i vari contributi degli studiosi sul clima organizzativo, quello particolarmente significativo proviene da Schneider, che considera il clima come:
- variabile dipendente, in quanto effetto di atteggiamenti e comportamenti;
- variabile indipendente, in quanto causa di atteggiamenti e comportamenti;
- variabile interveniente, in quanto media tra il comportamento organizzativo e il comportamento individuale.
Vi possono essere diversi tipi di clima. Il modello, in figura, presenta per ciascun quadrante un diverso clima organizzativo, secondo le due dimensioni indicate. Il clima di supporto, caratterizzato da flessibilità e dall'orientamento verso l'individuo, è più facilmente riscontrabile nelle associazioni, piuttosto che nelle organizzazioni. Per quanto riguarda, invece, i due tipi di
climacaratterizzati dal controllo (sia con orientamento verso l'organizzazione che verso l'individuo), possono costituire dei limiti per lo sviluppo dellacollettività stessa. Il termine "clima organizzativo" viene spesso utilizzato come sinonimo di cultura organizzativa, ma fra i due concetti vi sono sottili differenze. Il clima può essere inteso come un riflesso della cultura organizzativa: gli atteggiamenti mentali che stanno alla base del clima organizzativo dipendono anche dagli assunti di base culturali, appresi e ritenuti validi, che orientano infatti il comportamento. La cultura influisce sul clima sia direttamente, aiutando gli individui a definire che cosa è importante ed attribuendo così un senso alla loro esperienza, che indirettamente, influenzando l'ambiente di lavoro oggettivo. A differenza dal clima, inoltre, la cultura è molto più duratura ed evolve solo lentamente. Quando accettati dai dipendenti, iValori aziendali fanno sì che il dipendente stesso si identifichi con l'organizzazione, ne accetti le regole e sia motivato a cercare di raggiungere gli obiettivi organizzativi. La cultura organizzativa viene rinforzata da un sistema di riti e rituali, forme di comunicazione, strutture informali, atteggiamenti e comportamenti. Pertanto, in sintesi, è la colla sociale e normativa (da cui scaturisce l'impegno collettivo), fonte di identità organizzativa, e proprietà di un gruppo, dà stabilità al sistema sociale ed è un mezzo per l'attribuzione del significato. Da qui ci si collega alla teoria di campo di Lewin, secondo la quale l'influenza dell'ambiente dipende dal modo in cui l'individuo lo percepisce. Questo concetto si può descrivere attraverso la formula C = f(P, A): il comportamento individuale © dipende dalla relazione tra la persona (P) e l'ambiente psicologico percepito dalla persona (A).
La “A” può avere a che fare con la cultura stessa. Importante a tal proposito è la teoria sulla cultura organizzativa del professor Schein. Secondo Schein (1980), si può desumere il modello di cultura di un’organizzazione attraverso l’osservazione di tre livelli concentrici di manifestazione dello stesso: - Livello degli artefatti, visibili (ma non sempre immediatamente comprensibili in termini culturali): comprende l’ambiente fisico e sociale (es. arredo e sfruttamento degli spazi), le tecnologie, il linguaggio e i comportamenti (i simboli); - Livello dei valori, già meno visibile, comprende le convinzioni su ciò che è preferibile ed auspicabile nell’organizzazione, quindi comprende anche i modi di affrontare i problemi che si presentano e che in passato si sono rivelati efficaci e validi, pertanto sono in grado di ridurre incertezza ed ansia; - Livello degli assunti di base, radicati, impliciti, invisibili e inconsapevoli.che orientano il comportamento e indicano come percepire, pensare e intervenire (es. concezione sulla natura dell'uomo; valore e significato dell'attività lavorativa...).