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PROGETTARE COSTRUENDO MONDI POSSIBILI

Complessità e incertezze dei contesti organizzativi contemporanei

Sempre più ci si rende conto di come i contesti organizzativi nei quali i diversi attori sono chiamati

a progettare siano caratterizzati da un’elevata frammentazione, incertezza e ambiguità.

Tali contesti prevedono una molteplicità di interessi, significati, conflitti e motivazioni e sono

caratterizzati sempre più spesso da eventi imprevisti e improbabili, in cui sono difficili le previsioni

di qualsiasi aspetto. Si ha la sensazione che i contesti organizzativi siano fluidi, in continua

trasformazione.

In contesti simili non è possibile prevedere un centro di controllo, al contrario i centri di controllo e

di valutazione dei processi sono molteplici e spesso tra loro autonomi (es. ospedali).

Inoltre la frammentazione e l’ambiguità di questi contesti mettono in discussione il senso e i

significati che sostengono i legami sociali tra le persone. Diventa cosi sempre più complessa la

possibilità di attribuire significati condivisi alla quotidianità.

Sorgono a questo punto due interrogativi ai quali si può rispondere attraverso l’analisi degli

orientamenti progettuali scelti dalle organizzazioni:

- Come l’operatore può essere costruttore di significati per dare senso al proprio lavoro? Allo

stare nell’organizzazione?

- Come le persone in contesti organizzativi incerti costruiscono un significato condiviso degli

obiettivi progettuali?

Quattro orientamenti progettuali

La progettazione ha una funzione centrale nell’individuazione di un senso e di un significato

individuale e collettivo dei processi lavorativi.

Nelle organizzazioni è possibile incontrare quattro tipi di orientamenti culturali alla progettazione:

1. La ricerca di saperi forti

Il senso di smarrimento e perdita di controllo può generare in alcune organizzazioni la

convinzione che sia necessaria una ricomposizione del senso del lavoro attraverso l’utilizzo di

saperi scientificamente capaci di dare unitarietà e ordine ai processi lavorativi.

Il progetto è quindi definito da un “manager illuminato” il quale possiede tutte le competenze,

capacità e i saperi per individuare le procedure corrette per guidare verso gli obiettivi stabiliti.

Attraverso ricerche e analisi il manager è convinto di giungere a una fotografia oggettiva della

situazione che gli consentirà di elaborare un progetto che ha la funzione di individuare gli

obiettivi, e gli strumenti e i tempi necessari per erogare il servizio.

Conflittualità e incertezze sono dunque affrontate attraverso strategie di natura programmatica e

attraverso la pianificazione operativa.

La ricomposizione del significato individuale e collettivo dei processi lavorativi è garantita dal

fatto che tutti sono chiamati ad attenersi alle norme e alle prescrizioni sancite dal progetto.

2. Le relazioni parentali-familistiche

A fronte di contraddizioni e complessità è anche possibile costruire un senso dei processi

organizzativi attraverso una progettualità fondata sulla ricomposizione di legami di tipo

parentale-familistico. Tale progettualità evoca negli operatori il bisogno di un “organizzatore”

cognitivo ed emotivo molto forte: la famiglia. La famiglia richiama e attiva identità e

appartenenza, inoltre evoca e produce le tipiche gerarchie.

In questi casi il legame è prodotto da una forte solidarietà tra i partecipanti alla vita

organizzativa che si basa sull’omogeneità, sulla vicinanza, sulla comunanza di vita e sulla

fratellanza. Si costituisce così una comunità-famiglia di piccole dimensioni, dove i singoli

membri hanno una chiara identità sociale e conoscono il loro ruolo. La dimensione parentale

fornisce infatti protezione, sicurezza e una stabilizzazione dei rapporti intimi, in modo da

ricomporre la frantumazione del legame sociale nell’organizzazione. Questi legami fondati

sull’affettività contribuiscono ad individuare una serie di obblighi e responsabilità che assicurano

la solidarietà e impediscono la disaggregazione.

Le organizzazioni che assumono una cultura familistica sono guidate da un “padre”, un leader

carismatico che propone ai suoi collaboratori una richiesta di identificazione con la sua persona

ed enuncia i valori necessari per sentirsi parte del progetto famiglia.

3. L’eterno ritorno

Le persone che condividono questo orientamento progettuale attribuiscono un senso ai

processi lavorativi attraverso un’adesione formale a prescrizioni e norme che permettono agli

attori organizzativi di non mobilitare il proprio pensiero. Il senso e il significato delle azioni sono

legati ai qui e ora, al compito specifico in un tempo presente, senza la possibilità di prefigurarsi

delle azioni future. In questi contesti lavorativi le situazioni e gli eventi sono vissuti come

continue ripetizioni e tutte le persone si sentono orfane e abbandonate in quanto adempiendo

esclusivamente alle prescrizioni, sono estranee ai processi produttivi.

4. Produzione di inter-conoscenze

Il quarto orientamento nella progettazione sostiene che un modo per affrontare l’incertezza è

quello di attivare una progettualità intesa come un processo di comunicazione volto a produrre

conoscenze inter-soggettive contestuali. Tali conoscenze devono offrire la possibilità di costruire

significati delle azioni e delle decisioni intraprese.

Quattro criteri metodologici della progettualità dialogica

I. Produzione di conoscenze sui fatti

Il primo criterio metodologico è relativo alla comunicazione tra gli attori organizzativi che ha

l’obiettivo di produrre conoscenze sui fatti che li coinvolgono.

La ricerca di un significato dei processi lavorativi è quindi intesa come un processo di

comunicazione dialogica tra gli operatori i quali si scambiamo rappresentazioni, emozioni, allusioni

e ambiguità che rappresentano codici linguistici che devono essere sottoposti a un faticoso

aggiustamento reciproco per costruire dei significati condivisi rispetto al fenomeno considerato.

Nella comunicazione dialogica due o più partner letteralmente contrattano il senso delle parole e

delle preposizioni. La comunicazione ha quindi l'obiettivo di produrre una conoscenza

intersoggettiva contestuale dei processi organizzativi.

II. Condivisione di fatti

Il secondo criterio metodologico riguarda la mobilitazione e l’investimento degli attori a partecipare

alla comunicazione. Tale impegno alla fatica della comunicazione avverrebbe perché gli operatori

sono mossi da fatti che coinvolgono tutti. Sono appunto i fatti vissuti come un ostacolo a spingere i

diversi attori organizzativi a partecipare al faticoso lavoro della comunicazione finalizzata a

produrre conoscenze intersoggettive. È dunque in relazione a questi fatti che gli attori producono

conoscenze utili per riconnettere il singolo fatto agli obiettivi complessivi dell’organizzazione.

Secondo questa visione le conoscenze contestuali non sono generalizzazioni valide per qualsiasi

situazione; per progettare occorre soffermarsi sulle specificità, sugli elementi concreti che

definiscono localmente il contesto organizzativo.

III. Costruzione di significati comuni dei fatti

Il terzo criterio metodologico è relativo alla costruzione di significati comuni dei fatti che rendono

possibile la formulazione di obiettivi condivisibili.

Gli operatori, nella ricerca della condivisione delle conoscenze sul proprio contesto lavorativo,

attivano un processo di integrazione tra i diversi “ingredienti simbolici”; in questo processo si

costruisce il senso del lavoro che nasce dall’intersoggettività: ciascuno infatti argomenta le proprie

proposizioni, ascolta gli altri e cambia opinione in base agli argomenti esposti da altri. Il risultato è

la costruzione di significati comuni e condivisi degli eventi.

IV. L’azione e il pensiero sulla e dall’azione

Il quarto criterio metodologico prevede che gli operatori, dopo aver attribuito un significato comune

ai fenomeni organizzativi, decidono di agire. Infatti il lavoro simbolico si deve tradurre in una

decisione operativa. Gli operatori proprio perché hanno partecipato al processo collettivo di

costruzione dei significati, sono maggiormente motivati ad agire nella realtà per verificare se le

decisioni intraprese hanno attivato un cambiamento dei funzionamenti organizzativi. nella

progettazione dialogica l'equipe atti’a un continuo lavoro di riflessione sulle e dalle azioni attivate

dalle decisioni collettive.

Essere auto-imprenditori

I processi produttivi contemporanei richiedono la competenza di saper produrre autonomamente le

conoscenze e quindi le azioni capaci di attribuire un senso e un significato alle informazioni.

Le organizzazioni che promuovono l’autonomia degli attori organizzativi esprimono una maggiore

capacità imprenditoriale e di innovazione; senza queste capacità l’impresa è destinata a

rispondere sempre peggio alle esigenze dell’ambiente. Sffinchè l’impresa sia viva è necessario che

sia autonoma. L’orientamento culturale della progettazione dialogica sembra sostenere

l’imprenditività.

ASCOLTO E OSSERVAZIONE NELLA PROGETTUALITÀ DIALOGICA

Nei procedimenti di progettazione sono spesso previste e raccomandate fasi di analisi e di

rilevazione preliminari che dovrebbero permettere un’adeguata formulazione di una diagnosi dei

problemi in gioco.

Molto spesso per fare ciò si ricorre a parametri numerici che tuttavia esprimono aspetti molto

limitati della realtà.

La progettualità dialogica prende le distanze da questo approccio in quanto ritiene cruciale che le

rappresentazioni dei problemi non siano troppo semplificate. Secondo questo approccio la realtà

deve essere decifrata e scoperta attraverso interazioni intense e continue: per questo diventano

cruciali l’osservazione e l’ascolto. Tali concetti sottolineano che la conoscenza nel sociale avviene

nella relazione, che il soggetto conoscente è parte viva della realtà da conoscere e si accosta ad

essa avendo e suscitando emozioni.

Le culture negli ascolti e nelle osservazioni

L’ascolto e l’osservazione sono i processi necessari per raccogliere informazioni necessarie alla

costruzione di una rappresentazione dei problemi. Ascolto e osservazione sono processi culturali

in quanto gli operatori di un servizio ascoltano e osservano i funzionamenti organizzativi attraverso

quadri culturali di riferimento che strutturano le mappe cognitive ed emotive le quali consentono di

orientarsi nella molteplicità degli indizi presenti nella quotidianità dei contesti lavorativi. Le mappe

sono come delle cornici che permettono alle persone di identificare, etichet

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
29 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarcoGandini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia degli interventi nelle comunità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Marta Elena.