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4. LESIONE CEREBRALI NELL’UOMO E MODELLI ANIMALI
4.1. LA DEGENERAZIONE NEURALE
Un metodo molto utilizzato per controllare le reazioni dei neuroni a un danno consiste nel tagliare
un assone (assotomia), dopo il taglio si verificano due tipi di degenerazione:
Una degenerazione anterograda: è il deterioramento del segmento distale, ha luogo
- rapidamente perché il taglio separa il segmento distale dell’assone dal corpo cellulare,
centro metabolico del neurone. Il segmento distale si gonfia e dopo pochi giorni si riduce in
piccoli frammenti.
Una retrograda: è il deterioramento del segmento prossimale, procede gradualmente e le
- modificazioni più evidenti sono visibili in 2 o 3 giorni circa. Queste modificazioni precoci
del corpo cellulare sono di natura sia degenerativa sia rigenerativa, le variazione
degenerative precoci suggeriscono che il neurone andrà in contro a morte cellulare alla fine
del processo, quelle rigenerative indicano che il corpo della cellula sta sintetizzando proteine
che verranno utilizzate per sostituire l’assone degenerato, queste variazioni non garantiscono
però la sopravvivenza a lungo termine del neurone; se l’assone in via di rigenerazione non
riuscirà a prendere contatto sinaptico con un bersaglio appropriato il neurone morirà.
Talvolta la degenerazione si estende dai neuroni danneggiati ai neuroni che sono connessi
sinapticamente a questi ultimi (degenerazione transneurale). Quando la degenerazione intacca i
neuroni sui quali le cellule danneggiate fanno sinapsi si parla di degenerazione transneurale
anterograda; quando la degenerazione si estende dai neuroni danneggiati a quelli che fanno sinapsi
su di essi si parla di degenerazione transneurale retrograda.
4.2 LA RIGENERAZIONE NEURALE
Nei mammiferi la ricrescita dei neuroni danneggiati (rigenerazione neurale) comincia due o tre
giorni dopo la lesione. Esistono tre possibilità:
Se le cellule di Schwann della guaina mielinica rimangono intatte allora gli assoni periferici
1. in ricrescita riprenderanno il loro percorso originale attraverso di esse verso i loro obiettivi;
Se il nervo periferico è reciso e le due appendici terminali rimangono separate gli apici
2. dell’assone in rigenerazione avranno la tendenza a crescere verso guaine diverse e verranno
diretti da queste ultime nella direzione sbagliata;
Se le due appendici terminali di un nervo periferico tagliato rimangono distanziate non si
3. verifica alcune rigenerazione significativa, pertanto i neuroni muoiono.
Le cellule di Schwann stimolano la rigenerazione dei neuroni del SNP producendo sia fattori
neurotrofici che stimolano la crescita di nuovi assoni, sia molecole si adesione delle cellule nervose
(CAM) che forniscono il percorso lungo il quale gli assoni del SNP ricrescono. L’oligodendroglia
rilascia dei fattori che impediscono la rigenerazione. Quando un assone degenera si verifica una
crescita delle branche assonali dei neuroni adiacenti che si dirigono a prendere contatto sinaptico
nelle zone lasciate scoperte dall’assone degenerato: questo processo è chiamato sprouting
collaterale.
4.3. RIORGANIZZAZIONE NEURALE
Sono stati proposti due meccanismi per spiegare la riorganizzazione dei circuiti neurali: un
rafforzamento di connessioni esistenti, attraverso la liberazione dall’inibizione, e la formazione di
nuove connessioni, attraverso lo sprouting collaterale.
Il recupero di una funzione dopo un danno cerebrale è un fenomeno ancora poco chiaro; si pensa
che la riserva cognitiva abbia un ruolo importante a tale proposito. Kapur ha condotto uno studio di
medici con danni al cervello e ha osservato un notevole recupero cognitivo. Il miglioramento non
avveniva perché i pazienti recuperavano la funzione cognitiva perduta ma perché la riserva
cognitiva permetteva loro di eseguire compiti cognitivi in modi diversi.
5. IL SISTEMA VISIVO
Il sistema visivo non dà origine a fedeli riproduzioni interne del mondo esterno, a partire da
un’immagine retinica bidimensionale, piccola, distorta e capovolta, proiettata sui recettori che
ricoprono il fondo degli occhi, il sistema visivo crea una percezione tridimensionale, accurata e
ricca di dettagli.
LA LUCE ENTRA NELL’OCCHIO E RAGGIUNGE LA RETINA
-
La luce riflessa nei nostri occhi dagli oggetti circostanti ci consente di vederli: senza la luce non c’è
visione. La luce può essere considerata in due modi, o come discrete particelle di energia (fotoni) o
come onde di energia. La luce visibile può essere definita come onde di energia elettromagnetica la
cui lunghezza d’onda è compresa tra 380 e 760 nanometri. La lunghezza d’onda e l’intensità sono le
due principali proprietà della luce: la lunghezza d’onda è importante nella percezione dei colori
mentre l’intensità è rilevante per la percezione della luminosità. La quantità di luce che raggiunge la
retina è regolata da bande contrattili circolari (iride) che conferiscono all’occhio il suo colore.
L’iride presenta nel centro un foro (pupilla) attraverso cui la luce entra nell’occhio. Le variazioni
della dimensione della pupilla in risposta ai cambiamenti dell’illuminazione rappresentano un
compromesso tra sensibilità (capacità di rilevare la presenza di oggetti poco illuminati) e acuità (la
capacità di vedere i più fini dettagli degli oggetti). Quando il livello di illuminazione è elevato,
quindi la sensibilità non è rilevante, il sistema visivo trae vantaggio da questa situazione
costringendo le pupille, così le immagini che cadono sulla retina sono più nitide e si ha una
maggiore profondità focale e una maggiore gamma di profondità è a fuoco sulla retina. Quando i
livelli di illuminazione sono bassi e insufficienti per attivare i recettori retinici le pupille si dilatano
e consentono l’ingresso di più luce anche se l’acuità e la profondità si riducono. Dietro ciascuna
pupilla vi è una lente (cristallino) che ha il compito di mettere a fuoco la luce sulla retina. Quando
dirigiamo lo sguardo verso qualcosa di vicino, la contrazione dei muscoli ciliari riduce la tensione
dei legamenti che mantengono in posizione la lente che può assumere la sua naturale forma
cilindrica, consentendo di mettere bene a fuoco gli oggetti vicini. Quando si volge lo sguardo verso
qualcosa di lontano i muscoli si rilassano e la lente si appiattisce; questo processo di adattamento
della lente prende il nome di accomodazione. Bisogna tener conto che gli occhi sono due e i loro
movimenti sono coordinati medianti movimenti di convergenza (cioè di rotazione verso l’interno).
La disparità binoculare, cioè la differenza di posizione della stessa immagine visiva sulle due retine,
è maggiore per gli oggetti vicini rispetto a quelli lontani.
LA RETINA E LA TRASDUZIONE DELLA LUCE IN SEGNALI NERVOSI
-
La retina è costituita da strati di cellule e da fibre nervose, la sua parte esterna, sensibile alla luce,
contiene due tipi di neuroni specializzati che hanno funzione di recettori: coni (visione diurna a
colori) e bastoncelli (visione notturna). Da questa distinzione prese avvio la teoria della duplicità
della visione, la visione mediata dai coni domina nelle condizioni di buona illuminazione, in
condizione di scarsa illuminazione domina quella mediata dai bastoncelli. Coni e bastoncelli
differiscono anche nella loro distribuzione della retina, la fovea non contiene bastoncelli ma solo
coni; ai confini della regione foveale il numero dei bastoncelli aumenta. Nella periferia retinica ci
sono più bastoncelli nella emiretina nasale (la metà della retina vicina al naso) che in quella
temporale (la metà della retina vicina alle tempie.
L’assone dei recettori si connette con i neuroni bipolari, a loro volta connessi alle cellule gangliari
della retina; l’assone di queste ultime forma il nervo ottico. Numerosi interneuroni inibitori (cellule
amacrine e orizzontali) sono connessi ai recettori, ai neuroni bipolari e alle cellule gangliari. Tutti
gli assoni che formano il nervo ottico lasciano l’occhio in un solo punto privo di recettori = macchia
cieca; per risolvere questo problema interviene il fenomeno del completamento che utilizza le
informazioni fornite dai recettori che circondano la macchia cieca che riempie il vuoto
dell’immagine retinica.
La fovea è un piccolo incavo, posto nel centro della retina, è la zona specializzata per la visione ad
alta acuità.
CURVA DI SENSIBILITÀ SPETTRALE = il grafico di luci della stessa intensità ma di diversa
lunghezza d’onda.
EFFETTO PURINJE = Se osserviamo un punto di luce colorata di intensità regolabile, notiamo che
inizialmente non si avrà nessuna impressione di colore e il punto luminoso ci apparirà bianco. Una
prima percezione del colore sarà possibile solo a partire da un certo livello d'intensità luminosa e
per riconoscere il colore con sufficiente certezza sarà necessario aumentare ulteriormente l'intensità.
I MOVIMENTI OCULARI = la nostra percezione non dipende solo da ciò che è proiettato sulla
retina in ogni istante, gli occhio continuamente esplorano il campo visivo mediante una serie di
fissazioni separate da rapidi movimenti detti saccadi. Ogni volta che l’occhio si muove la lente e il
proiettore si muovono con esso: ciò mantiene l’immagine retinica fissa sullo stesso gruppo di
recettori, dopo alcuni secondi di stimolazione l’immagine retinica stabilizzata scompare lasciando al
suo posto un campo visivo grigio uniforme, dopo alcuni secondi lo stimolo riappare per poi
scomparire nuovamente. Quando un’immagine retinica viene stabilizzata una parte del sistema
visivo smette di rispondere allo stimolo visivo che quindi scompare.
LA TRASDUZIONE = è la conversione di una forma di energia in un’altra. Nel 1876 venne estratto
dalla retina di una rana un pigmento rosso denominato rodopsina, questo quando era esposto a una
luce continua e intensa perdeva il suo colore e la capacità di assorbire la luce, tornando alla
condizione di oscurità riacquistava il suo colore e la capacità di assorbire luce. Coni e bastoncelli
rilasciano un trasmettitore eccitatorio, contengono i pigmenti che colpiti dalla luce si attivano e a
loro volta attivano una proteina G che chiude i canali del sodio e disattiva (iperpolarizza) i recettori.
Il segnale di un solo cono è trasmesso ad una cellula gangliare, il segnale di più bastoncelli attiva
un’unica cellula gangliare. L’integrazione dei segnali di recettori vicini, mediante gli interneuroni
inibitori GABAergici (inibizione laterale) determina le proprietà di risposta delle cellule gangliari.
Molte cellule trasmettono al cervello informazioni visive. Una dell