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L’esposizione parigina del 1867 rappresenta l’esposizione dove più compiutamente lo spazio
diviene metafora di un nuovo ordine sociale e culturale. Il progetto di Krantz de il Palais ombibus,
viene ricordato per l’ordine dettato tra la scienza e la tecnica dell’uomo più che per le soluzioni
costruttive o tecnologiche adottate. La successione delle sette gallerie, la galleria degli alimenti, al
padiglione delle monete pesi e misure, collocato al centro del giardino scoperto, le quattro strade
che muovendo dei quattro ingressi principali consentono una lettura tematica dell’esposizione. Lo
spazio sembra svolgere un racconto. Le stesse soluzioni tecniche adottate vedono entrare nel
ristretto novero dei protagonisti dell’esposizione anche Gustavo Eiffel. Particolarmente importanti
saranno le case operaie e di operai parigini introdotte fisicamente nell’esposizione da Blanzy e
Mulhouse. Le case operaie erano presenti già nell’esposizione di Londra del 1851, era erano state
promosse dal principe Albert ottenendo il massimo riscontro. Lo scambio tra città e architettura
effimera ritorna a Vienna ad essere definita da regole non scritte nella pianta dell’esposizione.
L’esposizione ritrova il palazzo dell’industria e dei suoi annessi. Il palazzo verrà progettato
dall’architetto Charles Hasenaur, presenta una tipologia a galleria parallele, collegate da navate
longitudinali facenti capo ad una grande rotonda centrale sormontata da una grande cupola di
Russel. La cupola di 100m di diametro e la facciata impropriamente presentata come Rinascimento
italiano costituiscono i due elementi architettonici di un edificio che ha debiti evidenti con la cultura
francese e tedesca delle halles. L’uso simbolico della struttura in ferro e l’autonomia della facciata
aprono una polemica sull’estetica dei materiali. Uno dei principali problemi che coinvolge tutte le
connessioni delle esposizioni sono soprattutto quello della localizzazione, lo scambio tra esposizioni
e città appare esplicito soprattutto quando si parla di esposizione per mobilitare aree terrene da
edificare. Le scelte simboliche come quella di collocare l’ingresso principale dell’esposizione per
esempio sulle Champs-Elysées costruendo un ideale continuità Louvre-esposizione, sono le prime
ad essere scartate. L’esposizione diventa una forma di promozione in grado di mobilitare valori
culturali ma anche processi di modernizzazione delle infrastrutture dei servizi, infatti in occasione
dell’esposizione si aprono strade, stazioni e una serie di edifici pubblici.
Particolarmente interessante a Torino in occasione dell’esposizione industriale del 1834 è la
ricostruzione del borgo medievale, che vuole essere la riappropriazione del valore metaforico
dell’architettura ma anche l’occasione per affermare un atteggiamento scientifico nei confronti del
passato, il villaggio svizzero ricostruito per l’esposizione nazionale di Ginevra del 1896 restituisce
circa settanta case, riproduzioni realizzate con grande cura delle abitazioni tipiche dei diversi
cantoni svizzeri. La ricostruzione segna una tappo importante nello studio dell’architettura montana
svizzera ed assurge a simbolo dell’unità politica e culturale del paese. Ma in realtà è l’esposizione
universale parigina del 1889 in cui convive un maggior numero di forme di circolazione delle idee.
Le allegorie e le simbologie che le architetture animano vanno dalla rue du caire di Gillet al Palais
indou di Clarke, tradotta in un racconto popolare, immagini europee di un folclore orientale
mercantile che si animano grazie all’esposizione. L’esposizione diventa l’occasione per il Cile e per
il Messico di costruire padiglioni in ferro e ghisa resistenti ai terremoti che diventeranno sedi
museali.
Simbolo di come l’architettura diventa protagonista essenziale dell’esposizione sia come soggetto
che oggetto è testimoniata soprattutto dalla torre Eiffel. All’interno dell’esposizione universale è
importante anche la ricerca attraverso il riconoscimento di uno stile, si possono incontrare così una
serie di stili come per esempio il: grecian-ionic style, Greek revival, renaissance.
Gli anni novanta del diciannovesimo secolo segnano anche per l’architettura il consolidamento di
forme e dei modi autonomi della comunicazione, ciò che sta fuori dalle esposizioni tende sempre
più a definire procedure non universali per promuovere la discussione e l’organizzazione.
L’esposizione nazionale dell’architettura di Torino del 1890 come quella delle arti and Craft a
Londra del 1896 testimoniano come anche gli architetti stiano forse riprendendo la strada della
specializzazione. Dal 9 luglio fino al 4 agosto del 1900 si tiene il quinto congresso internazionale
degli architetti a Parigi, usa l’esposizione come pretesto e come una delle escursioni da compiere, si
parla prevalentemente di conservare, la casa diviene elemento centrale di una politica sociale che
avrà varie declinazioni nel ventesimo secolo, il congresso testimonia la progressiva distanza che gli
architetti stanno prendendo dalla visione liberale della loro professione.
Con Parigi 1900 inizia per quanto riguarda l’architettura urbanistica un altro capitolo della storia
delle esposizioni. Gli anni che prendono la prima guerra mondiale segnano soprattutto il fiorire di
esposizioni riconducibili ad associazioni e istituzioni che poco hanno a che spartire con il mondo e
le filosofie dell’esposizione universale mentre queste ultime si continuano a realizzare in paesi che
hanno bisogno di affermare il loro essere nazione come gli Stati Uniti e l’Italia. L’esposizione del
1911 e si svolge a Torino Firenze Roma per celebrare il cinquantenario dell’unità. L’esposizione a
Torino guarda a modelli formali consumati nella storia delle esposizioni. L’esposizione di Roma è
occasione non solo di ridisegno urbano, ma della scrittura di un nuovo capitolo nella storia delle
esperienze culturali non solo a livello italiano. Si ricordano le architetture di Bazzani e di Piacentini
per il recupero delle architetture classiche che arriverà a maturare nelle esposizioni universali degli
anni trenta del novecento e che continuerà per le future esposizioni.
III le esposizione e le macchine
Dell’esposizione internazionale di Londra del 1851 restano alcune osservazioni che descrivono la
sezione inglese di macchine molto superiori nel settore dei motori idraulici e a vapore.
Le macchine sono presentate in movimento, seguendo quanto era già stato sperimentato nelle prime
esposizioni industriali francesi, ma nel Cristal Palace questa scelta viene applicata in una scala di
ampiezza fino ad allora mai raggiunta, consente di misurare i progressi ottenuti dall'inizio del
secolo, tende a valorizzare le sezioni dell'industria tessile e delle macchine utensili. Tutte le
macchine sono raggruppate nella settore nord ovest del Cristal Palace. Due settori industriali
trovano un rilievo che sarà poi ribadito successivamente nelle altre esposizioni ossia quello dei
grandi cantieri per la costruzione di infrastrutture, e industria tipografica,.
Una classe speciale raccoglie nel 1851 e nel 1862 le macchine utensili di Sir Joseph Whitworth,
all'epoca il più importante costruttore nel settore. A Londra vengono presentate per la prima volta le
pompe centrifughe, le prese inglesi per la produzione di tubi di Gres, il cemento Portland. Tra i
molti acquisti effettuati all'esposizione universale qualche modello sembra in seguito deludere ad
esempio la macchina a vapore di Tuxford. Dall'esposizione risulta evidente lo sviluppo tecnologico
soprattutto nel campo alimentare quando parliamo del cibo in scatola per il consumo della
popolazione civile. Nel 1853 scarsa è la presenza di macchine straniere all'esposizione di New York.
Viene registrato lo sviluppo tecnologico americano dall'inizio dell'ottocento tra le macchine più
discussa vi è la macchina sgranellatrice a seghe per le piantagioni di cotone. Quasi tutte le grandi
macchine vengono dagli stati del Nord in netta prevalenza dall'area di New York, nel settore
riservato alle macchine in movimento ricordiamo il gabinetto mineralogico, a New York viene
inoltre presentato per la prima volta l'ascensore Elisha Graves Otis.
Innovazioni di progresso e di prodotto testimoniano come una nuova fase della rivoluzione
industriale sia in atto. Innovazioni che trovano applicazione a Parigi in Inghilterra e in America in
quasi tutti i settori. Tra i settori più sviluppati ricordiamo però quello dell'industria tessile, oppure
quello dei mezzi di trasporto. In particolare si sviluppano svariati modelli di navi. L'esposizione di
Parigi indica un forte sviluppo nei motori idraulici nelle turbine e nelle pompe. Nel settore
tipografico interessante è la compositrice automatica o pianotype di Delcambre e Joung in grado di
distribuire circa 5000 lettere a l’ora. Inoltre in occasione della cerimonia di chiusura
dell'esposizione di Parigi il Palazzo dell'industria verrà illuminato elettricamente. Le relazioni dei
commissari italiani all'esposizione di Londra del 1862 contengono numerosi annotazioni sulle
risorse minerarie in Italia, nell'ottobre del 1862 vengono fatte eseguire dal comitato Italiano alcune
prove per la conversione dei file raggi italiani in acciaio, utilizzando il convertitore mobile in
funzione dal 1860 presso l'acciaieria di Sheffield. Questo procedimento consentiva il raddoppio
della produzione italiana di acciaio diminuendo così le importazioni. Inoltre all'interno delle
osservazioni vi sono una serie di commenti sull'industria siderurgica inglese. I prodotti degli
esperimenti condotti a Sheffield vengono esposti a Milano nel 1863 depositati nelle collezioni del
regio museo industriale di Torino dove vennero studiati. L'esposizione universale del 1867 vede
quasi raddoppiato il numero di cavalli vapore necessari a mettere in movimento le macchine,
vengono presentati una serie di modelli di macchine e navi. La forma ovale del palazzo crea alcune
difficoltà nella sistemazione delle condotte per il vapore, il perimetro esterno della galleria delle
macchine è lunga 1210 m, ogni sezione ha l’aspetto di una grande officina autonoma, il sistema di
collegamento delle condutture rimane coperto al pubblico. Tra le macchine più interessanti
ricordiamo il piccolo motore dell'americano Hick. Ricordiamo inoltre il motore a gas di Otto e
Langen premiato con medaglia d'oro. Grande successo ha il montacarichi che trasporta cinque o sei
persone alla volta ad un’altezza che consente una buona veduta panoramica dell'intero edificio. Ma
la vera novità è la macchina elettrica di Wild a Manchester, si tratta di un generatore di elettricità
brevettato nel 1863 do