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MANDATO D'ARRESTO EUROPEO E LIMITI ALL'ATTIVITA PROBATORIA DEL GIUDICE NAZIONALE
La genesi del mandato d'arresto europeo
Il progetto volto alla previsione di un mandato d'arresto europeo risale al Consiglio Europeo di Tampere del
1999, che nella conclusione n.35 aveva indicato l'abolizione della procedura formale di estradizione tra gli
Stati membri. Ciò sulla base della convinzione che il crescente livello di cooperazione tra i Paesi dell'U.E
rendesse necessario introdurre, anche nel settore giudiziario, il reciproco riconoscimento delle decisioni
emesse dagli Stati nazionali. A fronte del grado di integrazione e fiducia raggiunto dagli Stati europei
risultava farraginoso dover ricorrere alla classica procedura di estradizione, preordinata a garantire la tutela
della sovranità nazionale attraverso il riconoscimento di un ruolo decisivo nella decisione sulla consegna
all'autorità politico-amministrativa. A tal fine, il Consiglio dell'U.E ha adottato (sulla base degli artt. 31 lett a)
e b) e 34, lett b) TUE), la decisione-quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2001, relativa al mandato d'arresto
europeo ed alle procedure di consegna tra Stati membri.
L'art 1 di tale atto normativo chiarisce la portata del nuovo strumento di cooperazione giudiziaria,
definendo “mandato d'arresto europeo” una “decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista
dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata, ai fini dell'esercizio
di un'azione penale o dell'esecuzione di una pena o misura di sicurezza, privative della libertà personale”.
[Non rientra nella nozione di MAE il provv emesso per sottoporre i soggetti che debbano essere catturati ad
atti di istruzione, con impegno di riconsegna, e cioè al fine di impiegare uno strumento coercitivo a fini
investigativi]. La divergenza del MAE rispetto all'estradizione risulta lampante già da una prima lettura della
decisione-quadro: non vi è spazio, nella normativa europea, per alcuna fase politico-amministrativa, con la
conseguenza che le autorità governative centrali vengono private dei poteri d'impulso e di interdizione che
caratterizzano l'estradizione passiva. Il procedimento finalizzato alla consegna della persona viene sottratto
dalla valutazione politica ed assume i caratteri di una procedura giudiziaria. Inoltre, l'art 2 della decisione-
quadro enuncia le 32 fattispecie di reato che danno luogo a consegna, quando comportino l'applicazione di
una pena pari o superiore a 3 anni, indipendentemente dalla circostanza che i fatti de quibus costituiscano
reato anche nell'ord dello Stato richiesto. Quindi, l'esecuzione del MAE viene sottratta al rispetto di uno dei
presupposti classici dell'estradizione, ossia al principio di doppia incriminazione [Ciò vale solo nelle ipotesi in
cui il mandato d'arresto europeo abbia ad oggetto uno dei reati indicati nell'art 2]. Infine, la decisione-
quadro afferma che il mandato d'arresto europeo deve costituire un provv autonomo e distinto dalla
sentenza o dal provv giurisdizionale statale. Proprio in ragione di tale autonomia, il legislatore europeo
esclude che sussista un onore di allegare al MAE il provv emesso dallo Stato, precisando che il mandato
d'arresto europeo deve venir eseguito in virtù della reciproca fiducia tra Paesi europei. [Per questi motivi, la
decisione-quadro non attua in senso stretto il principio di mutuo riconoscimento, che ha per oggetto i
singoli provv giudiziari emessi dalle competenti autorità statali].
Diversamente, l'art 700 c.p.p prevede che alla domanda di estradizione debba essere allegata una copia del
provv restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna, tradotti nella lingua del paese
richiesto. La ragione della divergenza risiede nel diverso tipo di controllo che lo Stato richiesto deve
effettuare a fronte di una domanda di estradizione rispetto a quello necessario per dar corso ad un mandato
d'arresto europeo. Nel primo caso, sia l'autorità politico-amministrativa sia l'autorità giudiziaria effettuano
un controllo approfondito sul provvedimento straniero; mentre nella seconda ipotesi, il legislatore europeo
ha ritenuto che gli Stati membri debbano limitarsi ad un “controllo sufficiente”, ossia ad una verifica di tipo
formale e procedurale. Quindi, nel sistema delineato dalla decisione-quadro, l'attività di valutazione ed
acquisizione di prove, da parte del giudice dello Stato a cui viene richiesto di dar esecuzione al mandato,
risulta circoscritta. L'autorità giudiziaria deve infatti limitarsi a vagliare la sussistenza dei presupposti
necessari alla consegna del ricercato, sulla base delle informazioni fornite dallo Stato richiedente. [A tale
scopo, l'art 8 della decisione-quadro indica le informazioni da inserire nel mandato: identità e cittadinanza
del ricercato; l'indicazione dell'esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d'arresto o di qualsiasi
altra decisione giudiziaria esecutiva; natura e la qualificazione giuridica del reato; la descrizione delle
circostanze della commissione del reato; la pena inflitta, se vi è una sentenza definitiva, ovvero, negli altri
casi, la pena minima e massima stabilita dalla legge dello Stato di emissione]. Anche nelle ipotesi in cui tali
informazioni non siano sufficienti a decidere in ordine alla consegna, l'art 15 della decisione-quadro non
contempla una fase istruttoria vera e propria, regolando, piuttosto, una procedura di scambio informativo
tra Stati. Da un lato, l'autorità giudiziaria dello Stato richiesto può domandare all'emittente le informazioni
complementari necessarie alla decisione, fissando un termine per la ricezione, e da un'altra parte, l'autorità
emittente può trasmettere alla sua omologa i materiali supplementari ritenuti utili.
Il complesso iter di recepimento del MAE nell'ordinamento italiano
La portata innovativa della normativa europea sul mandato d'arresto ha suscitato, in Italia, un acceso
dibattito sia a livello politico sia tra gli addetti ai lavori. Un orientamento di pensiero ha ritenuto
incompatibili con l'ord costituzionale della Repubblica italiana alcune disposizioni della decisione-quadro.
Secondo tale impostazione, la previsione di un mandato d'arresto europeo costituisce un tentativo volto alla
creazione di un diritto penale comune, consentendo a tutti i giudici dell'U.E di perseguire qualunque
violazione commessa in ambito comunitario, se compresa nell'elenco previsto dall'art 2 della decisione-
quadro. Secondo tale ragionamento, la normativa europea appare in contrasto con il canone della
tassatività e della determinatezza delle fattispecie penali, limitandosi l'art 2 della decisione ad indicare fatti
o comportamenti in modo generico. Ne discende un concreto pericolo di ledere sia il principio di
obbligatorietà dell'azione penale sia il diritto di difesa dell'imputato, che postula un'imputazione precisa,
contenente l'enunciazione di un fatto non equivoco.
Ulteriore motivo di contrasto tra la normativa europea e la Carta costituzionale discende, secondo tale
corrente di pensiero, dalla considerazione che le garanzie accordate dagli artt. 13, 104 e 111 Cost, nelle
ipotesi di provv restrittivi della libertà personale anteriori alla condanna definitiva, risultano vanificate
dall'equiparazione tra un provv giudiziario proveniente da altro Stato membro e l'atto motivato ricorribile in
Cassazione richiamato dalla costituzione. Inoltre, un cittadino dell'Unione potrebbe essere fatto oggetto di
un mandato d'arresto emesso da uno Stato nel quale i requisiti per procedere alla restrizione della libertà
personale sono meno rigorosi di quelli propri del Paese in cui egli risiede, determinando una palese
violazione del principio di uguaglianza.
Ciò porta a ritenere che l'attuazione del mandato d'arresto europeo, per risultare conforme ai principi
costituzionali italiani, presuppone l'uniformazione delle norme sostanziali e delle garanzie procedurali dei
diversi Stati dell'Unione, ossia la creazione di un sistema unitario di diritto penale europeo. Tale drastica
conclusione non è condivisa da coloro che considerano il mandato d'arresto uno strumento di natura
prettamente processuale, applicabile prima di un'uniformazione del diritto degli Stati membri. Seguendo
tale diversa visione, la lista di reati contenuta nell'art 2 della decisione-quadro vale unicamente a definire
l'ambito di operatività del mandato d'arresto europeo. Quindi, i principi e le garanzie riconosciuti dai sistemi
penali sostanziali presenti nei vari Paesi non vengono compromessi dal nuovo meccanismo processuale,
finalizzato a consentire più agevole consegna dei soggetti ricercati all'interno dell'U.E. Di qui la conclusione
che il mandato d'arresto europeo non pone alcun problema di costituzionalità che non fosse già ravvisabile
nel caso dell'estradizione. La presenza di opinioni così divergenti sulla portata del mandato d'arresto
europeo e sulla sua compatibilità con la Carta costituzionale, ha determinato un serio ritardo nella
procedura di recepimento della decisione comunitaria nell'ordinamento interno. L'Italia ha approvato la
legge di recepimento solo dopo un lungo iter parlamentare.
Da una parte, sono molti i frequenti richiami, presenti nel testo della legge, al rispetto dei principi
fondamentali e, da un'altra parte, bisogna notare la dichiarazione di principio contenuta nell'art 1, secondo
la quale “la presente legge attua, nell'ord interno, le disposizioni della decisione-quadro relativa al mandato
d'arresto europeo, nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell'ord
costituzionale in tema di diritti fondamentali”. Il legislatore ha introdotto alcune barriere e limitazioni
all'esecuzione del mandato d'arresto europeo.
Fenomenologia della prova
La legge n.69/2005 muove dall'intento di ampliare, rispetto a quanto stabilito dalla decisione-quadro,
l'ambito di valutazione del provv straniero da parte della Corte d'Appello, organo giurisdizionale deputato a
decidere in ordine alla ricorrenza dei presupposti per la consegna del ricercato allo Stato richiedente [L'art 5
della predetta legge stabilisce che la consegna di un imputato o di un condannato all'estero non può essere
concessa senza la decisione favorevole della Corte di Appello. La procedura di consegna può essere istaurata
in due modi. Nel caso in cui lo Stato emittente abbia diffuso la segnalazione del ricercato nel Sistema di
informazione Schengen, l'ufficiale di polizia giudiziaria che procede all'arresto deve trasmettere il verbale al
presidente dalla Corte di Appello. Quest'ultimo procede alla convalida dell'arresto e all