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CAPITOLO 2. LE PAROLE DEL METODO
Già si è fatto cenno (in a come e quanto il tempo non solo
Introduzione) “tutto involve e
1. ma addirittura altera così radicalmente il significato delle parole che, per
trasforma”(Leopardi)
il senso, bisogna ricorrere ad esercizi non solo filologici ma talvolta pure storici e
ri-trovarne
addirittura filosofici. Peraltro, non solo col tempo cambia il significato delle parole, ma si può
dire che è proprio il mutare del registro semantico delle parole che produce l’effetto evolutivo
20
della cultura come del costume e della stessa scienza (Enriquez,1919; 1912). Tale carattere
integrale dell’evoluzione, che è linguistico ed antropologico insieme, di certo concorre ad
evitare la stereotipia dei codici semantici e soprattutto i fenomeni di omologazione in cui le
parole possono perdere la carica innovativa che pure è all’origine del loro uso. Ciò significa che
ci può essere un delle parole che di fatto non ne consente un uso creativo, nel senso che
ab-uso
l’orizzonte della loro applicazione risulta mortificato in quanto ripetitivo e burocratico, per cui
si determinano situazioni inquietanti in cui qualcuno ne controlla la circolazione ed altri ne
risultano dei passivi ripetitori. In effetti, però, gli apparati psichici di cui dispone la persona
sono tali per cui di fatto, in ogni circostanza, l’uso delle parole dipende dal modo con cui
ognuno degli attori sociali ne intende il significato. E qui si complicano le espressioni
fenomeniche con cui si devono interpretare i fatti sociali ed i comportamenti delle persone nelle
situazioni in cui agiscono. Cioè, ben al di là degli sforzi teorici che vengono compiuti per
rappresentare la razionalità sociale, esistono livelli di analisi che possono meglio dar conto dei
congegni sociali capaci di spiegare in che modo procedono le costruzioni di senso agite giusto
dalle persone che sono in ogni caso gli attori istituenti delle situazioni (Castoriadis, 1995). Per
entrare in questa logica interpretativa occorre spostarsi dai territori del (Viano,
pensiero forte
1985) ma senza necessariamente scivolarsene in quelli del (Vattimo e Rovatti,
pensiero debole
2010; Antiseri, 1993) – come è accaduto nel momento cruciale della disputa filosofica. Era
necessario, infatti, entrare nell’universo della complessità (Morin, 1993; 2001/a-b) per scoprire
la natura del pensiero rizomico e il senso del principio della ricorsività (De Siena, 2002) – che
sono giusto le condizioni che rendono visibile l’azione imprescindibile degli attori sociali nella
costruzione di rappresentazioni che non possono più legittimare le grandi rappresentazioni di
addetti ai lavori. Come direbbe Lapassade (1997), oggi sono tutti impegnati nel cantiere che
costruisce giorno per giorno il mondo sociale.
Una costruzione non di parole astratte, ovviamente, ma di termini che si sovraccaricano di
significati negoziali, dal momento che è grazie ad essi che gli attori di un cantiere possono
cooperare e collaborare, evitando di deformare il contesto sociale in una babelica situazione di
comportamenti inconcludenti. Ognuno avendo la consapevolezza, ovviamente, che le
negoziazioni sono connesse alle condizioni delle circostanze in cui si esplicitano, in cui
prendono forma, in cui producono gli effetti elaborati dalle rappresentazioni mentali degli attori
che se le sono configurate nel lavoro comune.
Ebbene, quando si considerano le parole che rinviano ai concetti di e di
metodo
accade giusto quanto si è anticipato in queste considerazioni che rinviano
metodologia,
all’analisi istituzionale. Nel cui ambito si ritiene che l’uso che ne fanno gli attori sociali
rappresenti comunque un valore aggiunto, specie se le interpretazioni soggettive vengono
21
confrontandosi nel cantiere sociale che lavora giusto per orientare le risorse individuali nella
direzione definita dagli scopi istituzionali. Così la ricchezza e diversità delle interpretazioni
non produrrà alcuna incertezza né disorientamenti culturali, agendo semmai per una
flessibile articolazione delle definizioni adottate, potendo contare su ogni possibile
cambiamento richiesto dalla situazione e di cui si può accorgere per tempo giusto l’attore
che ha concorso a definirla e che in ogni caso ci è dentro per gestirne le applicazioni.
Non si tratta di elaborare astrattamente congegni che qualcuno possa poi pretendere di
applicare – magari per – quanto piuttosto di mutare in profondità la
vedere l’effetto che fa
logica dell’argomentazione con cui sostenere la scientificità di una proposta che qui si
presenta come alternativa alla precedente in quanto basata sulla pratica (Glaser e Strauss,
1967).
Ed è proprio dentro ai dispositivi della che riescono comprensibili i
grounded theory
processi di rubricazione e derubricazione linguistica con cui si offrono opportunità
semantiche a parole che si richiamano l’un l’altra arricchendo l’universo di esperienza cui
esse rinviano. Si considerino le interconnessioni – che sono tanto logiche quanto operative –
dei termini (Tarozzi, 2008). A ben considerare
metodo, procedura, modalità, criterio
l’impianto argomentativo con cui si sostengono tali “concetti” (non più, dunque, semplici
“parole”), si comprende come sia venuta indebolendosi ogni pretesa prescrittività che veniva
fatta valere sulla base di un’ipotesi di sequenzialità logica ed operativa di quei termini. Ora,
invece, quei termini possono essere assunti in qualche modo come provvisori, giusto per
garantirne una negoziabilità che è alla base di azioni che tendono ad implementare i concetti
come pure a riformularne i significati sulla base degli effetti prodotti.
Ed è così che viene rimossa la preoccupazione di quanti ancora dovessero temere che
il metodo possa confondersi con la tecnica o col fare – dal momento che il discorso non
costruisce più ipotesi né può legittimare opzioni che risulterebbero sempre troppo
stravaganti rispetto ai dati a cui deve risultare vincolata ogni seria costruzione scientifica
(Lefebvre, 1969). Un vincolo, peraltro, che non esclude che l’azione dell’implementazione
non debba poi esser decisa dall’azione negoziale che gli attori sociali si impegnano ad
attivare per far funzionare i congegni dei servizi in cui operano. In questo senso le già tanto
citate parole di Becker (1970), a proposito del fatto che “la metodologia è troppo importante
-, devono servire per evitare una qualsivoglia
per lasciarla ai metodologi” pre-figurazione
astratta del metodo con cui si potrebbe tentare una legittimazione di chi ancora credesse di
riassumerlo in quattro disposizioni, giusto perché gli operatori dei servizi possano
compiacersene esibendole come certificazione di efficienza e qualità. 22
Una lingua non deve giustificar-si – e tuttavia se ne devono poter spiegare, in qualche modo, gli
2.
intrinseci meccanismi filologici, le profonde articolazioni semantiche, le costitutive strategie
sintattiche con cui essa è andata svolgendosi storicamente e con cui ancora continua a svilupparsi,
articolandosi col profilo culturale e antropologico di coloro che la parlano.
Come a dire che ma soprattutto che
“la lingua è sempre attuale” “i parlanti istituiscono la
La lingua, insomma, è
lingua che serve loro per organizzare le proprie pratiche sociali”. “come un
incontenibile in una qualsitvoglia grammatica che ne bloccherebbe la necessaria
fiume in piena”,
spinta propulsiva. È solo una tale spinta, infatti, che le consente di configurarsi come strumento con
cui l’uomo ordina il caos del mondo scoprendone la costitutiva provvisorietà così da organizzarla in
funzione delle necessità umane storicamente determinate.
Un carattere, questo, che dà ragione del dispositivo dell’Analisi Istituzionale, per il quale i
parlanti – nella fattispecie – denominano il mondo che non solo subisce così un cambiamento ma
induce a sua volta un cambiamento in coloro che hanno cambiato il mondo, in un effetto di
il cui flusso non può mai interrompersi. Peraltro, è proprio perché vien data importanza
reciprocità
ai parlanti che si può affermare che la loro lingua è e dunque non se ne può dare
sempre attuale
un’accezione meramente strumentale, dal momento che gli attori sociali si declinano parlando,
vivono parlando! È su tali effetti che si soffermano le seguenti riflessioni che riguardano giusto il
con cui la mente si configura una rappresentazione del mondo a partire dai processi
modus operandi
linguistici che rimbalzano da un soggetto all’altro. Come a dire, insomma, che qui la lingua non
spiega e non illustra alcun contenuto il contenuto, semmai, esiste solo grazie
pre-esistente;
all’invenzione linguistica. In questo senso il mondo viene prodotto ed espresso in forma linguistica
dalla mente che lo sottrae al caos per ordinarlo nelle forme di un’enciclopedia costruita con
vocabolari che non esistono prima che la mente non abbia cominciato ad inventarsene le parole.
Si può così sostenere che gli studi sulla lingua consentono di comprendere in che modo la
coscienza si costituisce – così come consentono, altresì di conoscere i criteri con cui tale coscienza
ha proceduto, con le forme linguistiche che la costituiscono, per inventarsi i mezzi con cui
umanamente è pervenuta all’auto-consapevolezza di sé (I. Aleksander, 2000).
L’uomo, pertanto, non è il con cui il mondo perviene all’auto-coscienza, ma il che
mezzo fine
si dal momento che ogni suo progresso linguistico realizza un allargamento della sua
auto-compie,
conoscenza del mondo. In questo senso l’uomo, che è capace di nominare il mondo, di fatto finisce
con l’inventare le uniche forme in cui sia possibile tradurlo in contenuto mentale. Ed è per questa
ragione, come già intuiva Giambatista Vico, che studiare la parola significa avvicinarsi al modo con
cui l’uomo si rappresenta il mondo. A condizione di intendere questa raccomandazione vichiana
ben oltre ogni riduttivo filologismo che si limiterebbe a suggerire il modo più pallido dei diversi
toni in cui studi più accorti possono farne cogliere i significati più profondi. Affrontare questioni
23
relative al linguaggio, significa allora penetrare, per esempio, nei meandri della metafora e della
comunicazione, perché è con un tale allargamento investigativo che si possono cogliere le
complesse questioni connesse ai processi che sovrintendono alla cognitivizzazione del mondo e
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