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Dimensioni e caratteristiche del processo di aiuto
Le dimensioni
Il processo di aiuto si fonda su tre dimensioni fondamentali:
la dimensione del rapporto interpersonale;
• la dimensione dell’utenza,
• la dimensione dell’organizzazione.
•
Esse costituiscono la struttura portante dell’intervento.
Il venir meno di una di esse snatura il metodo o ne cambia le
caratteristiche proprie di servizio sociale.
I più recenti orientamenti del servizio sociale hanno sviluppato
modelli di intervento, quindi capacità metodologiche che implicano:
la co-presenza delle tre dimensioni;
• la multi direzionalità dell’intervento che si articola in modo
• mirato rispetto al rapporto interpersonale;
la simultaneità degli interventi che vengono progettati ed
• attuati nella stessa sequenza temporale, nei confronti delle
diverse dimensioni;
l’integrazione degli interventi che procede secondo una logica
• di interazione tra le diverse dimensioni e non di successione
stratificata o per piani paralleli.
La dimensione del rapporto interpersonale
Il servizio sociale è una professionalità che si fonda sul rapporto
interpersonale il cui contenuto fondamentale è dato dalla capacità
dell’operatore di comunicare a livello interpersonale.
L’assistente sociale attinge alla comunicazione umana come mezzo
per raggiungere obiettivi di cambiamento.
L’assistente sociale gioca nei confronti della comunicazione i tre
livelli fondamentali della sua professionalità:
Le motivazioni egli è responsabilizzato a identificare le radici del
1. suo interesse profondo per la persona, che può averlo indotto a
scegliere Una determinata professione. Se e vero che I’ interesse
per un oggetto determina il desiderio di una conoscenza vera dell’
oggetto stesso nei suoi aspetti fondamentali non vi è dubbio che
comunicazione e linguaggio sono aspetti di grande interesse
conoscitivo; L’assistente sociale deve poter identificare anzitutto
per sé chi è la persona e cosa rappresenta la comunicazione sul
piano del significato. A partire da questo approfondimento egli può
fondare atteggiamenti e interventi professionali efficaci, finalizzati
e coerenti;
Il sapere, l’assistente sociale ha l’opportunità di utilizzare i
2. contributi della psicologia per conoscere le teorie relative alla
comunicazione e individuare tra queste quale di esse è
maggiormente congruente all’identità di persona a cui egli fa
riferimento. Esistono in letteratura orientamenti e veri e propri
sistemi teorici. Ciascuno di essi e caratterizzato da una forte
coerenza interna.
Alcune di queste teorie sono l’ uno sviluppo dell’ altra altre si
contraddicono o si smentiscono, altre ancora possono essere
oggetto di integrazione reciproca:
psicologia generale
- psicologia sociale
- psicologia clinica
- analisi transazionale
- psicologia sistemico-relazionale
- psicoanalisi ecc.
-
Ciascuna di queste discipline mette a fuoco contenuti diversi della
comunicazione ad esempio nella teoria dei sistemi la comunicazione
è uno scambio di informazioni tra sistemi aperti;
nelle teorie psicoanalitiche la comunicazione e uno scambio
simbolico di contenuti inconsci.
Questa diversa focalizzazione pone conseguenze molto rilevanti dal
punto di vista metodologico e un diverso uso degli strumenti di
intervento. Si pone di conseguenza per l’assistente sociale
l’esigenza di un orientamento. Esso in parte si realizza nella
formazione di primo livello attraverso le scelte operate dalle scuole,
quando individuano attraverso i programmi sia i contenuti delle
docenze di psicologia, sia i modelli di servizio sociale da far
acquisire agli allievi.
In parte il problema si pone per la formazione di secondo livello,
quando l’assistente sociale decide di consolidare la sua formazione
di base e di iscrivere la sua professionalità in una determinata
“scuola”.
Ci limitiamo a fornire alcuni criteri rispetto a esso:
l’opportunità di conoscere gli orientamenti delle sedi di
a. formazione e le ragioni delle scelte dei contenuti specifici;
la necessità di una congruenza tra tali contenuti e il sistema di
b. valori personali e professionali;
la congruenza metodologica e tecnica come possibilità reale di
c. utilizzazione di determinati orientamenti tecnici all’interno del
setting di servizio sociale.
il saper fare, a livello del saper fare ci sembra importante mettere
3. in evidenza come le teorie sulla comunicazione e, comunque,
l’orientamento scientifico a esse relative, nel servizio sociale
assumono una valenza di tipo operativo, quindi un orientamento
d’azione, cioè una capacità di condurre la relazione interpersonale
e di utilizzare gli strumenti a essa relativi a favore di un’utenza. Il
sapere è per l’intervento e, nel servizio sociale, la comunicazione è
finalizzata a obiettivi di cambiamento. L’assistente sociale è un
operatore competente, capace cioè di agire la comunicazione a
vantaggio dell’utente.
L’assistente sociale opera attingendo al rapporto interpersonale
negli interventi diretti con l’utente, utilizzando gli strumenti del
lavoro sociale. Negli interventi indiretti egli utilizza il rapporto
interpersonale con altri soggetti. Quando attua interventi che non
implicano il rapporto interpersonale, ad esempio nelle procedure di
tipo amministrativo, egli assume modalità di lavoro che non sono
mai puramente burocratiche poiché tengono sempre conto di una
comunicazione e di uno scambio agibili in qualsiasi momento,
anche se non in atto nel momento presente.
Negli interventi di organizzazione e di programmazione,
l’operatore infine tiene in evidenza la dimensione relazionale come
una peculiarità propria dell’utente, cui devono essere dati spazio e
opportunità, fin dal momento ideativo delle risposte al servizio
delle persone.
La dimensione dell’utenza
Alle origini della professione l’elaborazione del metodo si
organizzava secondo tre livelli di studi differenziati che facevano
riferimento a tre diversi modi di operare: il servizio sociale
individuale, il servizio sociale di gruppo e il servizio sociale di
comunità.
In alcuni Paesi essi rappresentavano a loro volta tre tipi di
specializzazione diversa, come ad esempio nelle scuole statunitensi
che rilasciavano un master in servizio sociale individuale, di gruppo
e di comunità a seconda dell’orientamento intrapreso nella
formazione di base. In Italia essi costituivano tre distinti
insegnamenti che corrispondevano di fatto a tre livelli.
In tempi più recenti è maturata la consapevolezza che questa
suddivisione non solo è schematica ma anche finta in quanto
l’assistente sociale nel suo lavoro quotidiano, si misura con
entrambi questi aspetti, la dimensione individuale e quella
collettiva. Diciamo “dimensione”, piuttosto che livello, in quanto
questo termine dà l’idea dell’ordine di grandezza e di profondità del
fenomeno individuale o collettivo.
Di fronte a un utente un cliente che presenta un problema
individuale, l’assistente sociale rileva che questi appartiene
anzitutto a una famiglia alla quale è legato da relazioni
fondamentali e quasi sempre significative per il problema stesso. È
spesso inserito in un ambito di lavoro al cui interno ha stabilito
rapporti privilegiati con alcuni. Può far parte di vari gruppi in base a
interessi diversi, dal tempo libero allo sport.
Tutto ciò pone la persona in una relazione di appartenenza, che si
situa in un dato momento storico e in un dato luogo geografico,
all’interno di un ambiente, quartiere, città, regione, che a sua volta
ha una propria vita sociale, culturale economica, politica. Conoscere
e valutare un problema individuale implica che t’assistente sociale
sia capace di cogliere l’interazione esistente tra la dimensione
personale di esso e i legami esistenti con le suddette altre
dimensioni e sia anche capace di identificare le reciproche
influenze. Lavorando con i gruppi l’assistente sociale si rende conto
che i problemi di queste realtà di tipo collettivo il modo di affrontarli
e di risolverli è fortemente influenzato dalla dimensione individuale.
La conoscenza di un problema singolo, ma comune a tanti
costituisce l’elemento di partenza per la realizzazione di interventi
di tipo collettivo, sia con i gruppi e le comunità, sia con le
organizzazioni e le istituzioni. Riconosce l’importanza della
motivazione individuale dei singoli membri sia per la costituzione,
sia per il funzionamento e la stabilità nel tempo di un gruppo. Come
pure, esso mobilita e valorizza le diverse risorse individuali dei
singoli componenti di un gruppo aiutando ciascuno a sviluppare al
massimo le proprie capacità.
Nel lavoro con le comunità, l’assistente sociale interloquisce con
singoli soggetti che possono dare un contributo significativo al suo
progetto di intervento perché sono collocati in luoghi privilegiati,
perché appartengono a più gruppi o perché sono leader riconosciuti.
Lavorare con i gruppi e con le comunità implica che t’assistente
sociale sia capace di un approccio individuale sul piano della
conoscenza e della relazione e sappia ricondurre interventi
individuali a un progetto più ampio, pii articolato e più complesso,
come ad esempio può essere un processo di sviluppò di comunità.
In conclusione, dimensione individuale e collettiva sono due poli
della stessa realtà, l’una in primo piano, l’altra in prospettiva e
viceversa.
La dimensione dell’organizzazione
La dimensione organizzativa è una componente stabile del processo
di aiuto sotto quattro aspetti.
La dimensione organizzativa costituisce un “dato” del setting
1. operativo dell’assistente sociale. Egli opera all’interno di
un’organizzazione in condizioni quindi di scarsa autonomia
professionale se confrontata con quella di altre professioni libere;
l’operatore è un membro attivo dell’organizzazione, può
esercitare un ruolo propositivo affinché essa si evolva e diventi
più adeguata in termini dì finalità, modalità di funzionamento e
accessibilità.
La dimensione organizzativa è un elemento che attraversa tutte
2. le fasi del processo di aiuto influenzando o almeno costituendo
una variabile significativa.
Infatti:
nella fase di rilevazio