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BEI;

• alle controversie aventi ad oggetto la violazione del TCE per omissione di attività.

Nelle controversie tra privati e Comunità, la CGCE svolge, essenzialmente, le funzioni di

giudice d’appello contro le sentenze emesse dal tribunale di primo grado. Di rilievo è la

competenza a decidere le questioni pregiudiziali sull’interpretazione dei Trattati, sollevate

nel corso dei procedimenti pendenti davanti ai giudici nazionali. La funzione interpretativa

consiste nel chiarire e precisare “il significato e la portata della norma” e può riguardare

anche le precedenti pronunce della CGCE. Le sentenze interpretative contribuiscono

all’applicazione uniforme della legislazione comunitaria. Nel corso degli anni il ruolo della

CGCE si è rivelato determinante nell’interpretazione del diritto comunitario; talvolta, ha

esercitato funzione di “supplenza normativa”, colmando alcune lacune dell’ordinamento

comunitario. Il ruolo della Corte di giustizia delle Comunità europee è oggetto di riflessione

da parte della Commissione nel quadro delle possibili soluzioni per eliminare gli ostacoli

fiscali che impediscono il corretto funzionamento del mercato unico. L’eliminazione di tali

ostacoli può essere conseguita attraverso due approcci:

• da un lato, è possibile intervenire adottando misure mirate alla risoluzione della

specifica problematica, per cui gli ostacoli di carattere fiscale vengono considerati

caso per caso;

• d’altra parte, si potrebbe agire prevedendo un approccio globale diretto ad eliminare

tutti gli ostacoli in maniera più uniforme ed omogenea, nell’ottica di un generale

processo di armonizzazione o di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati

membri.

Indipendentemente dal metodo che si voglia adottare, la CGCE riveste un ruolo

fondamentale nella rimozione degli ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico.

Anche se va detto che, malgrado l’efficacia dell’azione esercitata dalla CGCE in tale

ambito, appare evidente che un intervento complessivo diretto a garantire il corretto

funzionamento del mercato unico non possa fare affidamento esclusivamente sullo

strumento giudiziario. La giurisprudenza della CGCE svolge un ruolo decisivo nelle

materie riguardanti le quattro libertà fondamentali (libera circolazione di beni, servizi,

persone e capitali). Risale al 28 gennaio 1986 la prima rivoluzionaria sentenza della

CGCE in materia di imposte sui redditi. La CGCE ha inoltre colmato alcune delle lacune

legate alla lentezza del processo legislativo comunitario e dovute alla difficoltà di

raccogliere il consenso degli Stati membri sulle politiche fiscali dell’UE.

Il ruolo “costituzionale” della CGCE – Mediante l’esercizio della funzione giurisdizionale, la

CGCE svolge un ruolo costituzionale nell’ambito dell’UE. Nella sua qualità di istituzione

comunitaria, la CGCE si pone in una situazione di potere e svolge attività costituente dei

principi su cui si fonda lo stesso processo di integrazione europea. Nel corso degli anni

essa ha affermato una posizione egemonica, non solo nei confronti delle altre istituzioni

comunitarie, ma anche e soprattutto nei confronti delle autorità statali dei singoli Stati

membri. La giurisprudenza della CGCE ha influito sui rapporti tra organi statali e tra questi

e i cittadini, modificandoli. Con riferimento all’efficacia delle direttive, la CGCE ha statuito

che quando le direttive contengono obblighi chiari e incondizionati ed il termine per la loro

implementazione è decorso, esse acquistano efficacia diretta e possono essere invocate

dai privati dinanzi ai giudici nazionali. Non solo, ma le pubbliche amministrazioni hanno

l’obbligo di disapplicare la legge interna contrastante con la direttiva. La CGCE ha inoltre

inciso sui rapporti tra cittadino e Stato con l’enunciazione del principio della responsabilità

dello Stato per violazione del diritto europeo. In virtù di ciò, i privati hanno la facoltà di

agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata o ritardata trasposizione delle

direttive e, quindi, imputabili al legislatore statale.

Il ruolo di “integrazione” della CGCE: l’integrazione negativa e positiva – Il termine

integrazione negativa fa riferimento al processo attraverso il quale si attua la rimozione

delle barriere nazionali alle attività economiche transfrontaliere. La CGCE ha perseguito

tale progetto nel corso del periodo post-Compromesso di Lussemburgo, rimuovendo

sistematicamente regole nazionali e pratiche amministrative che ostacolavano la

circolazione dei lavoratori e le transazioni commerciali cross-border. L’integrazione

positiva, invece, ha come obiettivo la formazione di regimi legali dell’UE diretti a sostituire

quelli nazionali.

La fiscalità diretta nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

La contraddizione di un’Europa unita nei commerci ma frazionata in un numero cospicuo

di regimi fiscali ha sollevato problematiche che la CGCE ha cercato di risolvere. La CGCE

è intervenuta laddove gli Stati membri rischiavano di compromettere la libera circolazione

delle merci. L’intervento della Corte di Giustizia è stato particolarmente efficace nel

sanzionare ogni tentativo di ripristino delle abolite frontiere doganali e le distorsioni alla

concorrenza. Il Giudice comunitario ha avuto, inoltre, il merito di sviluppare

un’interpretazione dinamica delle disposizioni del TCE, assicurando una tutela fiscale

anche delle altre libertà fondamentali. L’attività interpretativa della CGCE è incentrata

essenzialmente sul principio di “non discriminazione”, del quale viene fornita una dinamica

interpretazione. L’art. 12 del TCE vieta “ogni discriminazione fondata sulla nazionalità”,

tale principio si ritrova poi nelle disposizioni sulla libera circolazione delle persone e dei

servizi. Occorre precisare che l’art. 12 trova applicazione solo nel caso di discriminazioni

operate da un singolo Stato membro nei confronti di soggetti che hanno tra loro diversa

cittadinanza; non si applica nel caso in cui la diversità di trattamento tra cittadini di Stati

membri diversi derivi dalla difformità delle rispettive legislazioni nazionali, non ancora

armonizzate. In più occasioni la Corte di Giustizia ha avuto modo di pronunciarsi

sull’applicabilità delle norme sulla libera circolazione in tema di imposte sui redditi. Gli

elementi di maggiore interesse emersi in tale settore riguardano:

• l’ambito di applicabilità del diritto comunitario all’imposizione diretta;

• la rilevanza, non solo delle “discriminazioni dirette” ma anche delle cd.

“discriminazioni indirette o dissimulate”;

• il problema dei cittadini non residenti;

• la possibilità di ammettere deroghe per “ragioni di interesse generale”.

Con riferimento all’ambito di applicazione del diritto comunitario, si rileva che i padri

fondatori della Comunità hanno trascurato quasi del tutto il tema della fiscalità diretta. La

CGCE, al contrario, sembra aver colmato in parte tale lacuna. In materia di libera

circolazione delle persone, la Corte di Giustizia ha osservato che tale principio “sarebbe

privato di effetto se potesse essere violato da norme nazionali discriminatorie in materia di

imposta sul reddito”.

Per quanto riguarda la discriminazione dissimulata e la tutela dei cittadini non residenti, le

interpretazioni della CGCE in materia di fiscalità diretta evidenziano che i casi sottoposti al

vaglio non vertevano su distinzioni fondate sulla nazionalità, bensì sulla residenza. Ciò ha

indotto a qualificare le fattispecie come fenomeni di cd. “discriminazione indiretta o

dissimulata”. Secondo la Corte di Giustizia “il principio di parità di trattamento vieta non

soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma qualsiasi discriminazione

dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, porti al medesimo risultato”. Si

rileva che nel diritto comunitario una discriminazione consiste nell’applicazione di norme

diverse a situazioni comparabili o nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse.

Ciò significa che un trattamento differenziato configura una discriminazione solo quando

incide su situazioni tra loro comparabili.

In tema di libera circolazione dei lavoratori dipendenti, la CGCE ha stabilito che si ha

discriminazione dissimulata quando la normativa di uno Stato membro non concede al

lavoratore non residente le agevolazioni fiscali di cui godono i lavoratori residenti.

In tema di libertà di stabilimento, costituiscono discriminazioni dissimulate le differenze di

trattamento fiscale tra succursali e filiali di società di altri Stati membri.

Gli artt. 12, 39 e 43 non prevedono, invece, la cd. “discriminazione a rovescio” che si

verifica quando uno Stato membro riserva ai propri soggetti nazionali un trattamento meno

favorevole rispetto a quello accordato ai soggetti di altri Stati membri.

Le cause di giustificazione – Per quanto riguarda le cause che potrebbero giustificare un

trattamento discriminatorio, la Corte ha ritenuto che questo possa ritenersi non

sanzionabile quando è oggettivamente giustificato da ragioni di interesse generale, come,

ad esempio, la necessità di garantire la “coerenza del sistema fiscale”. La coerenza fiscale

perde la sua forza nel momento in cui lo stesso risultato può essere raggiunto con mezzi

meno restrittivi. Il tema delle cause di giustificazione ad un trattamento discriminatorio ha

ottenuto ulteriori risposte nell’ambito della libertà di stabilimento.

7 – APPROCCI “COMPREHENSIVE” ALLA TASSAZIONE DELLE

SOCIETA’

Common Consolidated Corporate Tax Base

La fiscalità costituisce una rappresentazione significativa dell’incompiutezza dell’edificio

comunitario, nonché della complessità del processo di integrazione europea. Con

l’obiettivo di realizzare il coordinamento delle basi imponibili, il 23 Novembre 2004 è

iniziato il cammino della base imponibile comune e consolidata a livello UE (Common

Consolidated Corporate Tax Base). Come fondamento della sovranità nazionale, le

politiche fiscali nell’UE dipendono dagli Stati membri, i quali possono delegarne una parte

alle amministrazioni regionali o locali. L’azione europea, pertanto, è solo sussidiaria: no ha

lo scopo di standardizzare i sistemi fiscali, bensì quello di renderli compatibili, non soltanto

tra di loro, ma anche con gli obiettivi del TCE. La conformità delle legislazioni fiscali

nazionali con le norme comunitarie è verificata prendendo come punto di riferi

Dettagli
A.A. 2015-2016
39 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/03 Scienza delle finanze

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulio.curatola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politiche fiscali dell'UE e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Link Campus University di Roma o del prof Valente Piergiorgio.