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INTERNAZIONALE

La principale teoria, degli effetti dell’interdipendenza economica sulla politica internazionale

appartiene all’altra grande tradizione di pensiero internazionalista: quella liberale.

Essa emerge da una critica dei principali assunti del realismo:

1. Lo stato non è visto come l’unico attore rilevante sulla scena internazionale. Esistono

pertanto altri soggetti di cui tenere conto quando si analizzano le relazioni internazionali.

Alcuni di questi si trovano ad un livello più alto dello stato, come le organizzazioni

internazionali. Alcuni sono di livello transnazionale, come ad esempio le compagnie

multinazionali o grandi chiese religiose. Altri infine si trovano a un livello subnazionale, e

rendono necessario prendere in considerazione anche le variabili di politica interna per

spiegare la politica estera.

Vari tipi di configurazione dei RAPPORTI TRA SOCIETA’ E STATO.

-Realisti: gli stati interagiscono come palle di biliardo, ognuna si muove in base alle azioni e

reazioni delle altre.

- Liberale: ogni unità-stato è un insieme di unità subnazionali, che possono generare una

spinta autonoma a legarsi a ragnatela con altre unità subnazionali.

- Marxista: le unità politiche sono sovrastrutture che rispondono ai rapporti di forza della

struttura economica (K capitalisti dominano i proletari L). Le unità sono disposte in modo

gerarchico e piramidale.

2. In secondo luogo, l’ambiente in cui operano questi diversificati tipi di attori non è sempre lo

stesso tipo di anarchia.

3. In terzo luogo, almeno nei casi in cui l’anarchia sia meno severa e i rapporti meno

conflittuali, le relazioni tra stati non sono necessariamente dominate solo da considerazioni

che riguardano la sicurezza.

Le prime versioni del liberismo internazionalista contemporaneo emersero dopo le devastazioni

della Prima Guerra Mondiale. Esse adottavano una visione idealista e utopica, che immaginava

possibile basare l’intero sistema internazionale su un’armonia degli interessi e una pacifica

interdipendenza tra stati. Le delusioni culminate nello scoppio della Seconda guerra mondiale,

hanno portato alla nascita di una nuova scuola, quella neoliberale. Questa adottava una visione

più articolata di interdipendenza complessa, secondo la quale nello stesso sistema internazionale

potevano convivere sia relazioni conflittuali tra avversari che relazioni più cooperative tra stati che

non percepivano un conflitto così imminente, e sarebbe quindi possibile concentrarsi sui rapporti

di tipo economico. 18

I liberali credono in una direzione progressiva nell’evoluzione storica da una condizione passata di

instabilità a una futura pace, non più intesa semplicemente come tregua tra un conflitto e l’altro,

ma come una condizione di autentica stabilità e fiducia che renda obsoleto l’uso della violenza.

Secondo il liberismo sono 3 i principali possibili percorsi verso la riduzione della guerra come

fenomeno della politica internazionale: le istituzioni internazionali, il commercio internazionale e la

democratizzazione.

1.2. Il liberalismo commerciale

Il liberismo commerciale identifica il progresso nelle relazioni internazionali con la diffusione delle

moderne economie industriali di mercato. L’incremento della produzione economica mondiale ha

comportato un aumento costante della ricchezza. Questo ha spinto molti paesi a concentrarsi sul

benessere economico piuttosto che sul proprio successo militare.

L’ottimismo del liberalismo commerciale è basato sulla visione di Smith e di Ricardo sui benefici

del libero commercio che, senza interferenze statali, porta ad un aumento del benessere per tutti.

Secondo la teoria del vantaggio comparato (mano invisibile), se ciascuno stato si specializza

nell’attività che gli è più congeniale, questo porta sia alla massimizzazione delle potenzialità di

ciascuno, sia ad una maggiore efficienza complessiva. La ricchezza dei vicini favoriva infatti il

proprio sviluppo economico in quanto facilitava l’accesso a tecnologie più avanzate e mercati più

facoltosi, in grado di assorbire maggiormente le proprie esportazioni.

Gli aspetti diplomatici e militari dipendono dal controllo del governo, i processi economici

dipendono in larga misura da attori privati e sociali che possono essere influenzati dallo stato solo

in maniera indiretta. Questo gruppo di attori è chiamato gruppo di interesse.

Come ha dimostrato Olson nella sua teoria dell’azione collettiva, questi gruppi hanno sia

l’incentivo che l’opportunità di distorcere la politica commerciale.

Un’ulteriore distorsione può emergere dal fatto che i vari gruppi d’interesse possono allearsi, al

fine di controllare meglio le decisioni pubbliche. Secondo la logica del log rolling , ciascun gruppo

imporrà le proprie preferenze alla coalizione, che potrebbe così avere una maggiore probabilità di

successo, al prezzo di una minore coerenza negli obiettivi comuni.

Una diversa conseguenza riguarda le società multinazionali, dotate di notevoli risorse

economiche. Esse svolgono attività in molteplici paesi, rendendo impossibile a ciascun singolo

governo di esercitare controllo su di loro. In alcuni casi, le multinazionali sarebbero in grado di

modificare le politiche dei governi, persuadendoli o costringendoli ad aprire l’economia nazionale

alle loro attività.

L’ottimismo liberale viene aspramente criticato dalla scuola marxista , che si trova in netto

disaccordo riguardo agli effetti dell’interdipendenza. Per i neomarxisti il mercato non porta ad una

maggiore ricchezza complessiva, ma all’inevitabile sfruttamento delle classi meno privilegiate, che

basano il loro sostentamento sul proprio lavoro, da parte delle classi che detengono i capitali.

Anche a livello internazionale l’apertura del commercio comporta l’estrazione di risorse

dall’economia meno ricca da parte di quella più avanzata aumentando la disuguaglianza globale.

Si creerebbe così un particolare tipo di sottosviluppo, descritto dalla teoria della dipendenza, per

il quale gli stati più arretrati nel contesto dell’economia capitalista globale rimangono poveri perché

interagiscono con quelli più ricchi, che li inducono a specializzarsi in settori poco redditizi. 19

Wallerstein, teorico neomarxista, descrive un modello di sistema-mondo strettamente integrato

alla divisione internazionale e suddiviso in tre aree poste in un ordine gerarchico: il centro

avanzato ed industrializzato, la semiperiferia in via di sviluppo e la periferia arretrata e sfruttata

dalle altre due zone.

La più rilevante aspettativa del liberalismo commerciale riguardo alla politica internazionale

concerne gli effetti dell’interdipendenza economica sui rapporti tra stati.

L’apogeo della pace commerciale è stato poi raggiunto dalla scuola di Manchester, guidata da

Cobden, egli sostiene siano tre sono gli effetti principali del commercio a favore della pace e della

stabilità.

1. Il commercio modifica gli incentivi degli stati nell’arena internazionale . Il libero commercio

permette agli stati di ottenere i prodotti di cui hanno bisogno senza dover correre dei rischi,

e i costi di una guerra di conquista.

2. I benefici economici di una maggiore interdipendenza diventano un incentivo a mantenere

la pace in quanto la competizione politica e la guerra interromperebbero i flussi economici e

la maggiore efficienza ad essi connessi.

3. Vi sono effetti sociologici di un’economia internazionale capitalista. Le frequenti relazioni

che intercorrono tra gli stati interdipendenti riducono i pregiudizi reciproci e, secondo il

liberismo sociologico, enfatizzano le comunanze , piuttosto che le differenze, tra popoli e

nazioni.

Il realismo non condivide l’enfasi posta dai liberali sui fattori economici e ritiene che i vantaggi

provenienti da una politica economica aperta siano insufficienti per prevalere sulle considerazioni

riguardo alla sicurezza.

Allo stesso modo altri pensatori, come Hamilton e List, suggerivano di rinunciare ai benefici

dell’apertura del commercio per mantenere una capacità economica indipendente che potesse

garantire la sicurezza dello stato. Lo sviluppo di un intenso scambio commerciale, non creerebbe

una reciproca interdipendenza volta all’aumento del benessere complessivo, ma un rapporto di

competizione e di controllo. Gli stati sarebbero più vulnerabili. Temendo che i prodotti necessari

per la propria economia possano venire negati nel momento del bisogno, gli stati potrebbero

cercare di ottenerli con la forza.

Secondo una visione strutturalista, solo chi è forte e sicuro, oppure chi si trova in un ambiente

già pacifico, può permettersi di intraprendere un commercio libero da condizionamenti politici o

strategici.

Tre pericoli per la sicurezza degli stati:

Economia capitalistica = andamento ciclico dell’economia mondiale

- Concetto di interdipendenza implica 1 simmetria di condizioni che è raro nella pratica.

- La vulnerabilità prodotta dall’esposizione a fenomeni oltre il proprio controllo.

- 20

L’ipotesi liberale sulle relazioni tra pace e scambi commerciali sostiene che livelli più alti di

commercio sono associati a una minore incidenza della guerra. E’ difficile stabilire se sia la

cooperazione economica a ridurre il conflitto politico, oppure se la riduzione del conflitto politico

permette l’emergere di una fruttuosa cooperazione economica. L’interdipendenza potrebbe quindi

essere considerata come un effetto, piuttosto che come causa della pace.

Capitolo 7: POLITICA INTERNA E PACE DEMOCRATICA

La disciplina delle relazioni internazionali si è sviluppata equiparando la politica internazionale alla

politica interstatale e assegnando un posto cruciale agli stati. E’ ovvio che la politica estera sia

dettata da ciò che succede nell’ambiente internazionale. La politica estera è l’attività con cui gli

stati definiscono e perseguono i propri obiettivi nel sistema internazionale.

Gli stati non possono essere considerati come attori compatti, ma sono dei costrutti mentali che

rimandano, nella realtà, ad aggregati complessi di persone e di elementi materiali o simbolici,

quindi per comprendere il modo in cui essi decidono e attuano la propria politica estera è

necessario tenere in conto il modo in cui quegli apparati funzionano e interagiscono.

Gli apparati pubblici non si limitano a negoziare le scelte che maggiormente realizzano i propri

interessi, ma devono considerare anche le richieste che provengono dall’interno. Il modo in cui

uno stato persegue i propri interessi esterni, infatti, produce numerose conseguenze interne. Ma

se le scelte di politica estera toccano questioni che coinvolgono gli attori economici e sociali

domestici

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
29 pagine
12 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lauraaguzzi94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Relazioni Internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Parsi Vittorio Emanuele.