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INTERDIPENDENZA ECONOMICA E POLITICA INTERNAZIONALE

Origini della teoria dell'interdipendenza 1. 1.1 Il liberalismo nelle relazioni internazionali si occupa degli effetti dell'interdipendenza economica. La principale teoria che si è sviluppata è quella liberale, ed emerge da una critica dei principali assunti del realismo: lo stato non è visto come l'attore rilevante della scena internazionale, ma come uno dei vari livelli ai quali è possibile aggregare le preferenze degli individui. Inoltre, si considera che lo stato operi in contrapposizione ad altri attori principali, come le organizzazioni internazionali a livello superiore dello stato, gli attori transnazionali come le chiese o le compagnie multinazionali, o a livello subnazionale. Si prendono in considerazione vari tipi di configurazione dei rapporti tra società e stato, sia in questioni economiche che politiche, tenendo conto delle caratteristiche interne degli stati (per i realisti ogni stato si comporta nello stesso modo a prescindere dalle sue caratteristiche interne).sue(l'anarchia internazionale non è caratteristiche particolari); diversi tipi di anarchia internazionale omogenea nel tempo e nello spazio e potrà essere quindi più o meno vincolante e con effetti conflittuali a seconda delle circostanze e le relazioni tra gli stati saranno determinate dalla politica interna degli stati, che porta questi ultimi ad avere rapporto con coloro che hanno forme di governo simili alla propria); le relazioni tra gli stati non sono dominate solo dalla sicurezza, ma anche dalla ricchezza economica. In definitiva, il realismo no guarda alle questioni economiche, la teoria Altra differenza sta nella visione dell'evoluzione storica: i realisti non liberale ne fa il suo centro. credono nel cambiamento che consente di ridurre i sospetti reciproci e i conseguenti conflitti armati, i liberali si. Quindi per i realisti la storia è ciclica, scandita da alternanza di momenti di pace e momenti di guerra, mentre per i liberali la storia

è lineare, una direzione progressiva di miglioramento. Per il liberalismo ci sono tre modi per ridurre la guerra: le istituzioni internazionali, il commercio internazionale e la democratizzazione. Le prime versioni del liberalismo erano molto idealiste, credevano che potesse esistere una pacifica e perpetua interdipendenza tra stati, ma sono state smentite dalla Seconda Guerra Mondiale. Poi sono arrivate le teorie neoliberaliste, che illustrano l’esistenza di un’interdipendenza complessa, secondo la quale nello stesso sistema internazionale potevano convivere sia relazioni conflittuali tra avversari che relazioni più cooperative tra stati che non sentivano la loro sicurezza minacciata e quindi si occupavano dell’economia. Perciò per i neoliberali non c’è più una gerarchia dei tipi di potere con quello militare alla sommità, ma il tipo di risorse richieste dipenderebbe dal contesto nel quale devono essere impiegate.

liberalismo commerciale è che il libero scambio tra le nazioni porta a benefici economici per tutti i paesi coinvolti. Secondo questa visione, quando i paesi si specializzano nella produzione di beni e servizi in cui hanno un vantaggio comparativo, possono massimizzare le loro potenzialità e ottenere una maggiore efficienza complessiva. Questo approccio si basa sulle teorie di Adam Smith e David Ricardo, che sostengono che il libero commercio porta al benessere generale. Nel corso degli ultimi due secoli, grazie ai progressi tecnologici, la ricchezza economica è cresciuta notevolmente, anche se non sempre in modo equo. Tuttavia, si ritiene che lo sviluppo economico abbia contribuito a pacificare le relazioni internazionali nelle aree in cui è presente. L'ottimismo del liberalismo commerciale si basa sulla convinzione che il libero scambio sia un fattore chiave per il progresso e la prosperità delle nazioni.

La precedenza era che era meglio attuare protezionismo che liberocommercio, perché lo stato poteva teoricamente arricchirsi solo a discapito dell'altro. La dottrina mercantilista predicava principi che avrebbero portato allo stato sia ricchezza che potere: il sostegno governativo alle esportazioni, l'accumulo di grandi risorse auree, il conseguimento della massima autosufficienza economica.

L'apparato teorico del liberalismo è molto solido e ha successo empirico, quindi molte economie sono diventate liberali, sviluppandosi in fretta ed alimentando le relazioni economiche internazionali, fino all'odierna globalizzazione.

  1. Interdipendenza economica e politica interna
    1. Interessi particolari e decisioni collettive

La scelta di diventare economicamente liberali è anche dettata dalle dinamiche interne che ci sono tra i settori produttivi e che il governo non controlla direttamente, perché la maggior parte dei settori produttivi dipende da attori.

sociali privati, i gruppi di interesse, che possono essere influenzati allo stato solo indirettamente. Il miglioramento dato dal libero commercio nel breve termine non è distribuito equamente: i gruppi ristretti e non competitivi a livello internazionale guadagnano di più o prima. A volte il loro interesse può prevalere sull'interesse dello stato, quindi influenzano lo stato; che sceglie un interesse diverso da quello comune (logica del log rolling). Ci sono teorie che descrivono come e in che misura lo stato possa resistere all'influenza dei gruppi di interesse. Katzenstein divide tra stati deboli e stati forti. I democratici sono i forti e non democratici sono i deboli. I forti devono sottoporsi periodicamente alla prova elettorale, quindi si lasceranno meno influenzare dai gruppi di interesse e perseguiranno l'interesse del paese, mentre i deboli non hanno un grosso motivo come le elezioni per resistere all'influenza dei gruppi.

Gli interscambi economici sono arrivati dei nuovi attori sul piano internazionale, le società multinazionali (corporations), che non possono essere controllate da un singolo governo, perché svolgono attività in più stati (quindi sono ad un livello superiore rispetto allo stato). Anche le multinazionali influenzano le politiche dei governi, per far aprire il proprio mercato alle loro attività. Secondo l'IPE (International Political Economy) le multinazionali sono diventate così tanto importanti che, oltre alle relazioni tra gli stati, bisognerebbe considerare le relazioni tra stato e multinazionali e quelle delle multinazionali tra di loro.

Le critiche neomarxiste hanno una visione diametralmente opposta a quella dei liberali. Per i neomarxisti, sia a livello statale che a livello globale, il mercato non porta alla ricchezza complessiva, ma allo sfruttamento delle classi meno privilegiate, che prima o poi si stufano, cominciando una

Lotta di classe risolvibile solo con la rivoluzione che collettivizzi i mezzi di produzione. Allo stesso modo, a livello internazionale, le economie potenti sfruttano quelle deboli (indipendenti), che restano deboli e continuano a indebolirsi proprio perché interagiscono con quelle potenti (dipendenti dalle prime) e in cima c'è chi detiene le leve economiche. Per i neomarxisti, il sistema globale è piramidale, con le economie potenti che dominano le altre anche politicamente. Il loro sistema-mondo piramidale è diviso in aree poste in ordine gerarchico: il centro (avanzato ed industrializzato), la semiperiferia (in via di sviluppo), la periferia (arretrata e sfruttata dalle altre due zone; la ricchezza del centro poggia sull'arretratezza della periferia).

Le conseguenze dell'interdipendenza sulla politica internazionale:

3. Gli effetti pacifici dell'interdipendenza

3.1 La conseguenza di una maggiore interdipendenza economica è una maggiore propensione a cooperare.

ed evitare il conflitto. Già filosofi come Montesquieu, Hume e Mill hanno sostenuto che il libero commercio pacifica la zona in cui è presente, ma l'apogeo della pace commerciale è stato raggiunto dalla Scuola di Manchester. Secondo alcuni teorici liberali contemporanei la pace è più probabile quando interessi commerciali interdipendenti rendono il conflitto non economico. Gli incentivi degli stati nell'arena internazionale vengono modificati (se prima doveva guerreggiare per ottenere delle risorse, ora le può ottenere col commercio); i benefici economici di una maggiore interdipendenza diventano un incentivo a mantenere la pace (la guerra spezzerebbe il flusso economico dal quale derivano i benefici, e in tale ambito si distinguono due tipi di interdipendenza, quella sensibile, perché gli stati diventano sensibili a eventi che avvengono presso i loro partner economici,e quella vulnerabile, perché un'interruzione dei flussi economici peserebbe sul paese in termini di perdita di benefici); (liberalismo sociologico, per il quale l'interdipendenza riduce i pregiudizi e effetti sociologici reciproci ed enfatizza i tratti comuni tra popoli e nazioni). 3.2 le critiche realiste alla prospettiva liberale Per il realismo le considerazioni economiche non prevalgono su quelle della sicurezza. Gli stati sono in competizione per vantaggi relativi, non economici assoluti. Bisogna garantire la sicurezza dello stato con misure protezionistiche e autarchiche. Solo chi è già forte e sicuro, o si trova in un ambiente pacifico, può permettersi di intraprendere un commercio libero da condizionamenti politici o strategici. Gli aspetti economici sono in secondo piano, anche se un gruppo, chiamato neomercantilista, va oltre, dicendo che la cooperazione economica può essere inibita dalla politica e può generare instabilità. Lo

sviluppo dell'economia mondiale aperta a competizione secondo i realisti: il capitalismo fa andare l'economia ciclicamente, generando tre pericoli processi di espansione e contrazione, che generano instabilità economica, che genera cambiamenti degli scenari politici, con conseguenze pericolose; l'interdipendenza deve essere simmetrica, ma empiricamente non lo è, questo genera la possibilità che lo stato che perderebbe meno per l'interruzione dell'interdipendenza influenzi quello che perderebbe di più, quindi lo sviluppo di un intenso scambio commerciale crea un rapporto di competizione e controllo; la vulnerabilità derivata dall'esposizione a fenomeni non controllabili può esaltare l'insicurezza ed incentivare il conflitto (perché alcune materie potrebbero essere negate nel momento del bisogno, quindi diventerebbe necessario ottenerle con la forza).

4. Interdipendenza e pace nella storia

La storia

conferma entrambe le teorie: l'interdipendenza economica genera pace (liberismo) e l'interdipendenza economica genera conflitto.
Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
54 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Relazioni Internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Parsi Vittorio Emanuele.