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CRITICHE DEL REALISMO ALLA PACE COMMERCIALE
Il realismo non condivide l'enfasi posta dai liberali sui fattori economici. Alcuni pensatori di '700 e '800 suggerivano di rifiutare ai benefici dell'apertura commerciale per mantenere una capacità economica indipendente che potesse garantire la sicurezza dello stato, affermando che un'economia liberale e cosmopolita favoriva solo chi era già forte e indipendente, ma non era nell'interesse di stati emergenti che avrebbero dovuto invece ricercare una loro autonomia industriale per poter perseguire una politica autonoma: dicevano che solo chi è già forte e sicuro può permettersi di intraprendere un commercio libero da condizionamenti politici. L'apertura commerciale che si è progressivamente affermata negli ultimi due secoli non sarebbe quindi frutto di un mutuo interesse da parte degli stati, ma della capacità di una potenza egemone (prima GB e poi USA).
La maggior parte dei realisti relega quindi gli argomenti economici in secondo piano, ma un gruppo neo-mercantilista va oltre, dicendo che non solo la competizione politica potrebbe inibire la cooperazione economica, ma le interferenze provenienti dall'arena economica potrebbero essere addirittura rischiose e controproducenti. L'interdipendenza non porta all'armonia ma al reciproco sospetto. Anche Fichte sosteneva che solo uno stato commerciale chiuso poteva garantire giustizia sociale all'interno e pace all'esterno.
Nella letteratura contemporanea vengono identificati 3 pericoli per la sicurezza degli stati per quanto riguarda lo sviluppo di un'economia mondiale aperta:
- Un'economia capitalista porta a un andamento ciclico dell'economia mondiale, generando processi di espansione e contrazione. Questa instabilità economica può innescare improvvisi cambiamenti degli scenari politici domestici ed internazionali,
1) Dopo la crisi del 1929, si sono verificati diversi eventi che hanno avuto un impatto significativo sull'economia mondiale.
2) L'idea di "mutua dipendenza" implica che le parti coinvolte attribuiscano un valore uguale allo scambio reciproco. Tuttavia, spesso accade che la cessazione delle relazioni economiche sia dannosa solo per una delle parti. Lo sviluppo di un intenso scambio commerciale crea quindi una relazione di competizione e controllo, anziché una reciproca interdipendenza finalizzata all'aumento del benessere complessivo.
3) La vulnerabilità derivante dall'esposizione a eventi al di fuori del proprio controllo potrebbe essere considerata come un costo anziché un'opportunità, aumentando l'insicurezza e incentivando il conflitto. Gli stati potrebbero cercare di ottenere i beni necessari con la forza, temendo che possano essere negati in momenti di bisogno. In questi casi, una stretta interdipendenza può essere una fonte di tensione.
sospetto e addirittura di guerra. ASPETTI EMPIRICI Mansfield sostiene che livelli più alti di commercio sono associati a una minore incidenza della guerra (effetto pacificatore dell'interdipendenza economica). È comunque difficile stabilire se è la cooperazione economica a ridurre il conflitto politico, o se è la riduzione dei conflitti a permettere la nascita di una fruttuosa cooperazione economica. C'è anche da dire che durante la Belle Époque c'era un'elevata interdipendenza economica, eppure la WW1 scoppiò comunque. Il modello stato-centrico si basa su 3 assunti, che presuppongono una distinzione fra l'ambiente interno e l'ambiente internazionale di uno stato: 1. La razionalità: la logica seguita dagli stati nel decidere i propri comportamenti: gli stati calcolano i costi e i benefici delle loro potenziali azioni. 2. L'autonomia: il rapporto fra il potere politico e l'ambiente domestico di uno stato. 3. L'interdipendenza: la relazione fra gli stati e l'ambiente internazionale, che può essere caratterizzata da una maggiore o minore interdipendenza economica, politica o militare.unostato: coloro che ricoprono ruoli di autorità politica decidono gli obiettivi e i mezzi della politica estera reagendo prima di tutto alle sfide del sistema internazionale, e quindi sono isolati da domande e pressioni politiche che provengono dall'interno3. L'unitarietà: il modo in cui interagiscono i diversi apparati statali: il potere politico controlla gli apparati burocratici così da selezionare e attuare in modo centralizzato le decisioni di politica estera, agendo come un soggetto unitario. [Analisi della politica estera (Ape) La fine della Guerra fredda ha ridato notevole linfa all'Ape, grazie al fatto che, con la fine della logica bipolare, i comportamenti dei singoli stati sono diventati meno prevedibili e più importanti nel determinare le prospettive di pace o guerra internazionale. 3 aree in cui si è concentrata l'Ape: 1) La questione di come spiegare la politica estera, se in funzione di variabili interne (es. il tipo di]regime politico) o esterne agli stati (es. geopolitica): c'è la contrapposizione tra due tesi: primato della politica interna e primato della politica estera.
Il processo decisionale in politica estera, studiando il ruolo della razionalità e delle burocrazie.
Strategie di politica estera, specialmente il dibattito sulla grand strategy americana, che ha contrapposto tesi ottimistiche e pessimistiche sulla tenuta futura della potenza americana.
PACE DEMOCRATICA
La teoria della pace democratica instaura un nesso causale fra il principale attributo istituzionale degli stati (la natura del regime politico) e i loro comportamenti internazionali; in particolare, questa teoria instaura un nesso fra la natura democratica di un regime e la guerra/pace.
L'origine dell'idea che le democrazie si comportino diversamente da altri regimi politici per via della loro natura pacifica risale a Kant.
Risultati empirici dimostrano comunque che in realtà le democrazie
economiche. Le cause istituzionali si riferiscono alla presenza di istituzioni democratiche all'interno di uno stato. Queste istituzioni promuovono la partecipazione politica dei cittadini e la responsabilità dei governanti verso di loro. Inoltre, le democrazie tendono ad avere un sistema di controllo dei poteri che limita l'autoritarismo e la concentrazione di potere nelle mani di pochi. Le cause normative si basano sul rispetto delle norme internazionali da parte delle democrazie. Le democrazie tendono ad aderire a principi come il rispetto dei diritti umani, la non aggressione e la risoluzione pacifica dei conflitti. Queste norme sono spesso sancite da trattati internazionali e organizzazioni come le Nazioni Unite. Le cause economiche si riferiscono agli interessi economici condivisi tra le democrazie. Le democrazie tendono ad avere economie aperte e orientate al libero scambio. Il commercio internazionale e gli investimenti reciproci creano interdipendenza economica tra le nazioni, rendendo meno attraente l'opzione della guerra. In sintesi, la teoria della pace democratica sostiene che le democrazie sono meno propense alla guerra a causa delle loro istituzioni, del rispetto delle norme internazionali e degli interessi economici condivisi. Tuttavia, è importante notare che questa teoria non nega la possibilità di conflitti tra democrazie, ma sostiene che sono meno frequenti e meno intensi rispetto ai conflitti tra regimi non democratici.ed economiche.
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Le cause istituzionali riguardano gli assetti istituzionali delle democrazie; le democrazie sono sistemi politici in cui il governo dipende dalla capacità di conquistare e ottenere il consenso dei cittadini, e sono sistemi politici con governo limitato, poiché c'è la divisione dei poteri. Ciò produce costrizioni alla scelta di guerreggiare; si deve tener conto del consenso dei cittadini e dell'opposizione.
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Le cause normative dipendono dalla cultura politica delle democrazie, che è fatta di valori pacifici.
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Le cause economiche della pace democratica riguardano il fatto che le democrazie tutelano la proprietà privata e la libertà economica, e l'alta interdipendenza economica aumenta i costi della guerra.
Nella visione neokantiana, queste 3 cause porterebbero le democrazie liberali a formare una comunità pluralistica di sicurezza, ovvero un insieme di stati indipendenti che escludono l'uso della
Forza nei loro rapporti. Alcuni esponenti del realismo dicono che è difficile calcolare i risultati empirici della teoria della pace democratica, poiché la maggior parte delle democrazie si è sviluppata solo di recente.
SICUREZZA
Insicurezza = ogni attore può infliggere danni alla sopravvivenza fisica di altri attori, o minacciare di farlo. La sicurezza è coinvolta quando gli attori minacciano o impiegano la forza per ottenere ciò che vogliono.
Lo stato è l'istituzione che ha realizzato con maggiore efficacia la garanzia nei confronti di incertezza e insicurezza verso ogni minaccia interna ed esterna; ed è proprio la presenza di più stati indipendenti che mette a repentaglio la sopravvivenza delle persone, attraverso la partecipazione alla guerra.
Sovranità verso l'interno = supremazia nei confronti di qualunque altra istanza di autorità.
Sovranità verso l'esterno = non subordinazione nei confronti
di ogni altra istanza diautorità. L'idea che il perseguimento della sicurezza è possibile solo a condizione di superare la natura anarchica del sistema politico internazionale è al cuore del pensiero idealista. Il concetto di sicurezza verrà ripreso dopo la WW2 dal realismo classico come "sicurezza nazionale", in contrapposizione all'idea di "sicurezza collettiva". Per il realismo, la protezione della propria comunità politica dalle minacce esterne dev'essere conseguita attraverso la potenza: ciò deriva dalla condizione generale per cui tutti gli stati sono possibili nemici e perciò ugualmente sottoposti al pericolo di un attacco da parte degli altri; ogni stato può contare solo su se stesso. La sicurezza misura, in senso oggettivo, l'assenza di minacce nei confronti di valori acquisiti, e in senso soggettivo, l'assenza di paura circa il fatto che tali valori saranno attaccati. LaLa componente soggettiva è l'elemento variabile da stato a stato, ma la componente oggettiva è l'elemento costante, che accomuna tutti gli stati e implica il mantenimento della propria indipendenza.
L'unico modo per garantirsi la sicurezza in un'arena anarchica è cercare di massimizzare le proprie risorse di potenza (risorse militari) dilemma della sicurezza = l'incremento di potenza di un singolo stato viene percepito come minaccia dagli altri, che quindi decideranno di incrementare la propria potenza corsa agli armamenti. Ogni sforzo di accrescere la propria sicurezza alimenta le fonti stesse dell'insicurezza.
Il dilemma della sicurezza è una condizione strutturale del sistema politico internazionale per cui i tentativi degli stati di far da sé nel provvedere alle proprie esigenze di sicurezza tendono a produrre una crescente insicurezza per gli altri.
L'equilibrio della sicurezza è quindi un obiettivo difficile da raggiungere, poiché richiede una gestione efficace delle relazioni internazionali e una cooperazione tra gli stati per garantire la sicurezza collettiva.