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Dislessia oggi
In questo libro viene preso in esame il tema della dislessia e la recente legge 170 che ne definisce
le problematiche ad essa legate e gli eventuali interventi possibili.
Definizione dislessia: Sono molte le definizione che sono state date alla dislessia e anche a quale
area colpisca il deficit,ma oggi quella accettata in generale un po’ da tutti è che: la dislessia fa parte
dei Disagi Specifici dell’Apprendimento (DSA) ed è un disturbo di origine neurobiologica (cioè vi è
un’ alterazione nelle cellule dell’apparato fonologico deputate al riconoscimento di lettere e dl loro
suono corrispondente ,che si trasmette geneticamente fra le generazioni). Tale disturbo deriva da
un deficit nell’apparato fonologico e consiste in una difficoltà per l’individuo nelle lettura e nella
scrittura ,che consistono rispettivamente in una difficoltà nel riconoscere i vari suoni (nel non avere
un’adeguata consapevolezza dei vari suoni) quindi nella loro codifica e in una difficoltà nel creare un
insieme ordinato di lettere e quindi scrivere parole. In sostanza il disturbo consiste nella difficoltà di
transcodifica dei segni in suoni e viceversa ma anche difficoltà nella discriminazione dei grafemi che
possono somigliarsi(es. possono confondere la m con la n),o per come sono orientati nello spazio
(es. possono confondere la p con la b) ( l’individuo quindi capisce ciò che legge- nonostante
Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura ).
Tuttavia si è visto che alla base del disturbo non vi sono solo fattori biologici ma anche ambientali,i
quali interagiscono attivamente fra loro. Inoltre tale disturbo non è accompagnato da insufficienti
capacità intellettive. Infatti l’individuo è intelligente,ha solo difficoltà nella lettura, che dopo i primi
passi incerti nei normodotati diventa un’abilità automatica, mentre nei dislessici no,quindi anche
dove l’individuo raggiunga un livello migliore di codifica delle lettere e delle parole comunque la
lettura gli costa ancora molta fatica. Da questo si capisce che l’individuo dislessico con il tempo può
migliorare ma comunque il disturbo rimane durante tutto l’arco della vita,seppur in forma più lieve.
Questo a sua volta fa si che sia difficile riconoscere quando il disturbo è presente.
Di solito nella scuola primaria gli insegnanti bene o male riescono a riconoscere quando il problema
è presente,in quanto comunque è evidente se il bambino ha difficoltà davanti al testo da leggere,se
non riesce a scrivere in corsivo o se non impara le tabelline ma quando il bambino va alle scuole
superiori la situazione si complica in quanto nel passare dalla scuola elementare alla scuola
superiore ha ricevuto già degli interventi di aiuto e compenso che quindi lo hanno fatto arrivare al
livello dei suoi coetanei ma nel momento in cui entra alle superiori si trova di nuovo difronte a delle
difficoltà in quanto la mole di lavoro aumenta. Contemporaneamente però proprio perché ha
ricevuto questi interventi (quindi diciamo che è arrivato al livello dei suoi compagni) è più difficile per
l’insegnante rendersene conto (se egli cerca nella sua classe un dislessico pensando alla lettura
molto stentata del bambino della primaria non lo troverà) in quanto non capita più che ad esempio
egli chieda aiuto perchè non riesce a copiare o a scrivere oppure l’insegnante chieda all’alunno di
leggere ad alta voce in classe,quindi questo insieme al fatto che il ragazzo preferisce essere
considerato svogliato piuttosto che dislessico difronte ai compagni (quindi tiene in silenzio il proprio
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problema) rende difficile per l’insegnante riconoscere quando il disturbo è presente. Quindi cono
due in sostanza i problemi che rendono difficile riconoscere il problema alle superiori e mettere in
atto degli interventi: - i precedenti interventi compensativi hanno fatto si che il ragazzo abbai
raggiunto più o meno il livello dei suoi compagni ( questo viene chiamato “meccanismo di
compenso” che deriva dall’aver accumulato esperienza e da un maggior peso delle strategie
lessicali)– egli non vuole essere visto dai compagni come dislessico e quindi evita di far presente il
proprio problema e di conseguenza gli insegnanti scambiano tutti per svogliatezza. Le difficoltà che
incontra l’individuo dislessico nella lettura inoltre spesso lo portano alla demotivazione e a una
bassa stima di se. Dobbiamo poi dire che dalle ricerche risulta che a partire dal termine del primo
anno delle elementari è già possibile individuare se il disturbo è presente o meno e dalla terza
elementare sia possibile individuare se il disturbo è lieve oppure più severo e prevedere se da
grande l’individuo sarà un dislessico persistente o compensato.
Come sono tante le definizioni che gli studiosi hanno dato della dislessia, allo stesso modo tante
sono anche le idee su quale sia l’apparato interessato dal deficit (non tutte queste teorie sono
mutuamente esclusive ma alcune possono anche integrarsi fra loro in quanto di solito il disturbo di
lettura non si presenta isolato ma quasi sempre è accompagnato da altri disturbi come attentivi,di
coordinazione motoria,ecc quindi può essere giusto pensare che il deficit riguardi più apparati e poi
anche perché comunque la lettura è un processo complesso che comprende più processi: percettivi
,attentivi, ecc). Le principali sono:
- Teoria del deficit fonologico: secondo questa teoria tutti i sintomi sono da ricondurre a un
deficit nei processi fonologici quali la codifica dell’informazione fonologica,il mantenimento di
questa nella memoria,il suo eventuale recupero,ecc.
- Teoria del deficit visivo-uditivo: tale teoria diciamo che era la più accettata fino agli ’70. E
consiste nel pensare che il deficit riguardi la vista e l’udito
- Teoria del deficit attentivo: essa nacque da alcuni risultati a un esperimento nel quale si
chiedeva al soggetto di individuare un certo bersaglio,e i dislessici evidenziavano
significative difficoltà. Secondo questa teoria l’attenzione è necessaria nella prima fase di
apprendimento della lettura in qnt poi il processo diventa nell’individuo automatico,ma nei
dislessici poiché vi è appunto un deficit nell’attenzione questa automatizzazione non avviene
e quindi la sua esecuzione continua a richiedere all’individuo importanti risorse attentive.
- Teoria del deficit di automatizzazione: secondo questa teoria vi è un deficit nel processo di
automatizzazione delle abilità in generale (quindi non sono della lettura) che consisterebbe
in una disfunzione cerebellare (cioè del cervelletto)
Legge 170: nel libro poi si parla della recente legge 170 del 2010,la quale:
- Riconosce e distingue la dislessia,la disgrafia,la distortografia e la discalculia come Disturbi
Specifici dell’apprendimento (DSA) e in particolare definisce la dislessia come difficoltà nella
lettura ovvero nella decifrazione dei segni linguistici,la disgrafia come difficoltà nella
realizzazione grafica, la disortografia difficoltà nei processi linguistici di transcodifica e
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discalculia come difficoltà nel calcolo e sottolinea che tutte e quattro posso sussistere
separatamente o insieme.
- Riconosce agli studenti con dislessia il diritto di poter usufruire di strumenti dispensativi e
compensativi e ai familiari di bambini con dislessia impegnati nell’assistenza alle attività
scolastiche a casa di poter usufruire di orari di lavoro flessibili
- Definisce chi ha il compito di effettuare la diagnosi e linee guida d’intervento. La diagnosi
deve essere effettuata dal Servizio Sanitario Nazionale e comunicata dalla famiglia alla
scuola; nelle regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi attraverso il
servizio sanitario nazionale essa può essere effettuata da specialisti o strutture accreditate
(tuttavia vi è una certa ambiguità nella legge in quanto non definisce se la diagnosi effettuata
da quest’ultimi sia valida come lo è quella effettuata dal servizio sanitario nazionale). Inoltre
la legge evidenzia che è compito della scuola,previa comunicazione alle famiglie,attivare
interventi per individuare casi sospetti di DSA fra gli studenti
- Inoltre assicura un’adeguata preparazione sulle problematiche dei DSA agli insegnanti e ai
dirigenti delle scuole
Possiamo dire che tale legge all’inizio ha suscitato un pò di controversie, c’è stata un po’ difficoltà in
particolare negli insegnanti nell’accettarla in quanto essi temevano che tale legge potesse suggerire
alle famiglie l’idea che ogni insuccesso scolastico possa essere determinato da un disturbo
dell’apprendimento e nello stesso tempo la legge in un certo modo privava gli insegnanti della
possibilità di sanzionare una voglia di non studiare con una bocciatura. Ma dobbiamo dire che in
realtà la legge non affronta l’argomento bocciatura,indica solo il fatto di offrire allo studente degli
strumenti dispensativi e compensativi prima di giungere alla decisione di bocciatura. Riguardo alla
diagnosi e agli interventi possiamo dire che la legge 170 solo in parte è riuscita a delinearli in modo
adeguato,molto più preciso è invece il documento elaborato dalla Commissione del Consiglio
Superiore di Sanità dell’Olanda del 1997. Comunque entrambi concordano che il punto di partenza
è la diagnosi.
- Diagnosi/(con accanto) attività di screening: la diagnosi ad oggi viene effettuata in ambito
sanitario attraverso prove di abilità di lettura (decodifica parole,non parole, comprensione).
In particolare si valuta se vi è una discrepanza fra labilità di lettura (che deve risultare
significativamente compromessa rispetto all’età e alla classe frequentata) e l’abilità
intellettiva generale. Essa può essere effettuata già dal termine del primo anno delle
elementari e comunque le ricerche dimostrano che una diagnosi precoce permette di
ottenere risultati migliori. La diagnosi deve essere accompagnata anche da attività di
screening che effettua la scuola e che consistono in prove che permettono di individuare
casi sospetti di DSA (tuttavia ad oggi in Italia ancora non esiste un modello consolidato)
- Interventi riabilitativi/(accanto a ) potenziamento scolastico: gli interventi riabilitativi sono
quelli effettuati dalla sanità e devono far riferimento a un chiaro modello teorico e basarsi su
evidenze scientifiche della sua efficacia, purtroppo però in Italia non sono stati effettuati
sufficienti studi che stabiliscono quali sono i trattamenti più efficaci. Nel frattempo