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M
entrambe decidono di entrare. A causa della concorrenza sui prezzi, avranno profitti nulli.
1. Π
solo l'impresa 1 decide di entrare e otterrà profitti di monopolio (che per ipotesi
2. M
sono > f), mentre l'impresa 2 avrà profitti nulli.
nessuna impresa entrerà nel mercato e i profitti saranno nulli per entrambe.
3.
Si nota quindi dalla tabella che se entrambe le imprese opteranno per la prima ipotesi subiranno
una perdita pari al costo fisso di avvio.
Esistono quindi 2 equilibri in strategia pure: (E, NE) e (NE, E). Considerano l'equilibrio (E, NE)
dove entra solo la prima impresa, affinché ci sia equilibrio è necessario che nessun'impresa abbia
incentivo a deviare dalla strategia, data la mossa dell'alto giocatore. Se ad esempio l'impresa 1
devia dalla sua strategia di "entrare", data la strategia di 2 di "non entrare", otterrà profitti nulli che
Π
sono evidentemente inferiori ai profitti . Quindi la deviazione non è conveniente.
−f
M
L'altra possibilità è che 2 devi dalla sua strategia per entrare sul mercato, data la strategia di
"entrare " di 1, a questi punto otterrebbe -f<0 che sarebbe anche peggio si quando riceve profitti
nulli. Quindi anche in questo caso la deviazione non è profittevoli.
Possiamo quindi concludere dicendo che l'equilibrio è (E, NE) e per simmetria quando (NE, E),
ottenendo quindi una struttura di mercato monopolistica, nonostante ci sia una situazione di libera
entrata.
Diversa dall'ipotesi appena fatta è la situazione in cui emergono equilibri di mercato con libertà di
entrata, ma con costi fissi irrecuperabili F che non siano univocamente determinati dalle
caratteristiche della tecnologia, ma rispondano all'evolversi delle strategie competitive delle
imprese. L'esempio più semplice sono le spese in R&S o in pubblicità nel quale sono le imprese
stesse a determinare l'ammontare dell'investimento.
Le imprese potranno, quindi, scegliere l'intensità dei loro investimenti I, determinando l'entità dei
costi fissi F(I).
In questo caso i costi fissi non sono più determinati esogenamente dalle caratteristiche della
tecnologia o dalle istituzioni, ma risultano endogeni e legati alle strategie dell'impresa. Per data
dimensione del mercato D, esisterà un numero massimo di imprese N* oltre il quale i profitti non
copriranno più i costi fissi irrecuperabili. Un mercato con dimensioni e profitti maggiori, aumenterà
gli incentivi delle imprese ad investire nell'attività di R&S o di pubblicità che consentono di
migliorare la propria posizione. Di conseguenza, i costi irrecuperabili F(I), e non solo i profitti,
aumenteranno al crescere di D, senza che si crei spazio per un aumento del numero delle
imprese. Questo risultato è noto come proprietà di finitezza, ossia la tendenza al persistere della
struttura di mercato concentrata anche quando la dimensione aumenta e nonostante la libertà di
entrata nel settore. 13
consideriamo ora come si modica il legame tra libertà di entrata e potere di mercato quando
abbandoniamo l'ipotesi di perfetta mobilità della domanda. Possiamo utilizzare due esempi: la
presenza di switching cost e di esternalità di rete.
Switching costs
Sono quei costi che sorgono qualora in consumatore desideri cambiare fornitore o marca di
prodotto che utilizza. Questo passaggio richiede dei costi di transazione e costi di apprendimento.
Alcuni di questi switching costs possono essere artificiali o contrattuali, ossia appositamente creati
dalle imprese per rendere difficile ai consumatori il passaggio da un prodotto all'altro.
In ogni caso, la presenza di questa tipologia di costi differenzia beni che altrimenti sarebbero
percepiti come perfettamente identici. Quando esistono gli switching costs i nuovi entranti
generalmente impiegheranno più tempo per sottrarre quote di mercato agli incumbent. Le imprese
con una forte base di clienti, avranno un vantaggio competitivo maggiore sulle nuove imprese,
poiché queste dovranno abbassare di molto i loro prezzi per convincere i consumatori fedeli a
cambiare fornitore. Anche in questo caso, quindi, la presenza di libertà d entrata in un mercato
non garantisce che il potere di mercato si riduca.
L'esistenza dei switching costs può anche consentire alle imprese già esistenti sul mercato di
scegliere, prima dell'entrata, prezzi e quantità tale che scoraggino ingresso di nuovi concorrenti.
C'è però da sottolineare che non sempre questi costi hanno effetti anticompetitivi, prendiamo ad
esempio un mercato nel quale 2 imprese che nel primo periodo devono costruirsi una base clienti
e nel secondo, invece, protette dagli switching costs, godranno di un certo potere di mercato sui
vecchi clienti; in ciascuno dei due periodi , le imprese scelgono simultaneamente il prezzo da
praticare.
Nel secondo periodo, ciascuna impresa avrà già una propria base di consumatori: i consumatori
che hanno acquistato nel primo periodo tenderanno a riacquistare la stessa manca anche il
periodo successivo, se il differenziale di prezzo passando da un produttore all'altro non copra gli
switching costs. Quindi, è plausibile che la loro più bassa elasticità di domanda permetta alle
imprese di fissare prezzi più alti nel secondo periodo.
NB. più ampia è la quota di mercato posseduta dall'impresa nel primo periodo, maggiori saranno i
profitti conseguiti dalla stessa nel secondo.
pero, nel primo periodo, concorrenza risulta essere più intensa rispetto ad una situazione in cui
non vi sono switching costs. Poiché la quota di mercato/base cliente del primo periodo ha un
impatto positivo suoi profitti del secondo periodo, ogni impresa adotterà una politica di prezzi più
aggressiva nella prima fase.
Quindi in questo modello a due periodi, il ruolo degli switching cost risulta ambiguo.
Tuttavia, l'idea che gli switching costs abbassino il livello di concorrenza è confermata dall'analisi
dei modelli in cui le imprese interagiscono per molti periodi e non solo per due.
Beggs e Klemperer considerano un mercato in cui in ogni periodo esiste un turn over della
domanda, con nuovi consumatori che ogni periodo entrano e altri escono. Essi dimostrano che in
una situazione simile, la presenza degli switching costs alle allenta il gioco competitivo e quindi i
prezzi saranno più alti.
Quindi, nel momento in cui in ogni periodo le imprese scelgono i prezzi, entrano in funzione due
effetti:
- da un lato le imprese deciderebbero di imporre prezzi elevati per sfruttare la base clienti
presente;
- dall'altro vorrebbero abbassare i prezzi per ampliare la futura base clienti
Nella realtà il primo effetto tende a dominare.
In conclusione, possiamo affermare che in un'ampia serie di circostanze gli switching costs siano
dannosi per il benessere sociale, dato che ostacolano l'entrata sul mercato, lasciano una spazio
limitato alle nuove imprese e lo rendono meno competitivo.
In tutto questo, l'autorità dovrebbero sempre controllare che gli switching costs creati della
imprese non ostacolino effettivamente la concorrenza.
Effetti di rete 14
Altre industrie nel quale un monopolio può perpetuare sono quelle caratterizzate dagli effetti di
rete. In queste industrie, i consumatori derivano la loro utilità dal numero di altri consumatori che
scelgono di utilizzare lo stesso prodotto. Se più consumatori hanno comprato lo stesso bene, sarà
difficile per le nuove imprese conquistare domanda di mercato.
Gli effetti di rete sono principalmente di due tipi:
reti fisiche o di comunicazione → l'utilità di un individuo associata al consumo di un bene,
1. aumenta direttamente al numero della altre persone che consumano lo stesso bene. Es.
reti telefoniche
Analizziamo un semplice modello di reti fisiche:
Ipotizziamo che i consumatori valutino un bene a rete i nel seguente modo:
U v n p
( )−
=r +
i i i v n
dove r = valore intrinseco del bene in assenza di effetti di rete, = valutazione del bene,
( )
i
p = prezzo che un consumatore deve pagare per partecipare alla rete i.
i
Ip: - r = 0, il bene ha un valore solo se appartiene alla rete
v n
- non decrescente e concava, ma dopo un certo numero di utilizzatori z la rete
( )
i v z z+ j
esaurisce le sue esternalità positive. → per tutti j>0
( )=v ( )
i i
v 1
- cioè che non ha alcun valore comprare un bene a rete per il quale esiste un
( )=0
i
solo consumatore.
Nel mercato operano un incumbent I e un potenziale entrante E. Quest'ultimo è più efficiente e
c c
può produrre ad un costo .
<
E I
Le due reti sono omogenee, nel senso che hanno la stessa dimensione e quindi arrecheranno la
v
stessa esternalità ai loro consumatori → (∙)=v (∙)=v (∙)
E I
Ipotizziamo in oltre che l'entrate sopporti un costo fisso d'entrata.
In questa situazione abbiamo due gruppi di consumatori, ognuno con una dimensione z. (i) il
primo gruppo sono i vecchi consumatori che già hanno acquistato il prodotto dell'incumbent e
ricevono utilità pari a . (ii) il secondo sono i nuovi consumatori.
v (z )
Attenzione perchè l'ipotesi che l'incumbent abbia già servito z consumatori in passato ha un
doppio significato: primo, implica che se i nuovi consumatori si uniscono alla rete dell'incumbent
non riceveranno alcuna esternalità dai vecchi consumatori; due, implica che l'asimmetria tra
incumbent e l'entrante è massima, nel senso che l'incumbent ha già raggiunto il più alto punto di
esternalità possibile.
Il gioco quindi ha la seguente struttura:
- E decide di entrare
- le imprese attive sul mercato scelgono i prezzi simultaneamente p o p
- l'acquirente decide a quale rete unirsi e quindi quale prezzo pagare (se )
E I
In questo gioco sono presenti due tipologie di equilibrio:
• Equilibrio di entrata → l'entrante entra e tutti i nuovi consumatori scelgono la sua rete.
c c
E entra, I fissa il suo prezzo ed E fissa un prezzo leggermente inferiore a . Tutti i
I I
nuovi consumatori z, quindi, sceglieranno la rete del nuovo entrante. In corrispondenza di
v z
questo equilibrio, i consumatori hanno un surplus pari a , se uno deviasse
( )−c I
v z
decidendo di acquistare un prodotto di I, otterrebbe un'utilità , quindi non si ha
( )−c I
incentivo a cambiare.
Neanche le imprese hanno incentivi a deviare dal loro comportamento di equilibrio, perchè I
non avrebbe motivo di ridurre il pre