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Il cinema comunica, si fonda su un patrimonio di segni comune. La semiotica parla di <<sistemi di segni
linguistici>>. Il linguaggio cinematografico si fonda su un tale ipotetico sistema di segni visivi. Nell’uomo il
mondo della memoria e dei sogni si esprime attraverso immagini significanti. La mimica, la realtà bruta, i
sogni e la memoria sono fatti pre-umani, pre-grammaticali, pre-morfologici. Lo strumento linguistico su cui
si impianta il cinema è irrazionalistico.
Non esiste un dizionario delle immagini, sarebbe infinito, come infinito è il dizionario delle parole
impossibili. Parola=LINSEGNO; immagine significante=IM-SEGNO.
L’autore cinematografico fa una doppia operazione:
1)prendere dal caos l’im-segno, renderlo possibile e presupporlo come sistema in un dizionario degli im-
segni significativi (mimica, ambiente, sogno, memoria);
2) fare l’operazione dello scrittore: aggiungere a tale im-segno puramente morfologico la qualità espressiva
individuale (operazione linguistica poi estetica).
Il cinema può pervenire solo a una grammatica stilistica. Labilità del cinema: i suoi segni grammaticali sono
gli oggetti di un mondo cronologicamente ogni volta esaurito.
Le immagini o im-segni sono patrimonio comune, appartengono alla nostra memoria visiva. L’autore
cinematografico sceglie oggetti, cose, paesaggi o persone come sintagmi (=segni di un linguaggio simbolico)
che se hanno una storia grammaticale storica inventata in quel momento, hanno però una storia pre-
grammaticale più lunga.
Il cinema è onirico per l’elementarietà dei suoi archetipi (cioè l’osservazione abituale e quindi inconscia
dell’ambiente, della mimica, della memoria e dei sogni) e per la fondamentale prevalenza della
pregrammaticità degli oggetti in quanto simbolo del linguaggio visivo.
Le immagini sono sempre concrete, mai astratte. Il cinema è un linguaggio artistico, non filosofico. Ha
valenza espressiva, fisicità onirica. La lingua del cinema è la “lingua della prosa narrativa” (ma l’elemento
irrazionalistico è ineliminabile). Però è anche naturalistica ed oggettiva.
ARCHETIPI DEGLI IM-SEGNI:
MEMORIA + Soggettività
SOGNO (tendenza soggettivo-lirica)
MIMICA DEL PARLATO + Tendenza oggettiva e informativa
AMBIENTE 1
Quindi vi è una doppia natura del cinema!
Il cinema è potenzialmente metaforico. La tendenza del cinema da Rossellini alla nouvelle vague è verso un
cinema di poesia.
È possibile nel cinema il discorso libero indiretto? Sì. È l’immersione dell’autore nell’animo del suo
personaggio, quindi l’adozione da parte dell’autore non solo della psicologia del suo personaggio ma anche
della sua lingua. Il discorso diretto corrisponde alla soggettiva (l’autore si fa da parte e cede la parola). Al
cinema un discorso libero indiretto è una <<soggettiva libera indiretta>>.
La differenza tra il regista e il personaggio è psicologica e sociale, ma non linguistica. La sua operazione non
può essere che stilistica. La caratteristica fondamentale della soggettiva libera indiretta è quindi di essere
stilistica, è un monologo interiore privo dell’elemento concettuale e filosofico astratto esplicito.
Antonioni ha sostituito la visione del mondo di una nevrotica con la sua propria delirante di estetismo
(“Deserto rosso”). In Bertolucci invece c’è una contaminazione tra la visione del mondo della nevrotica e
quella dell’autore che richiedono lo stesso stile. Il formalismo di Godard è poetico, è la restituzione tecnica
perciò poetica della realtà.
Il cinema di poesia quindi produce film dalla doppia natura:
1) Una soggettiva libera indiretta in cui l’autore si avvale dello stato d’animo psicologico dominante
nel film (con protagonista malato);
2) Film espressivo-espressionistico anche senza il pretesto della mimesis visiva del protagonista
(inquadrature e ritmi di montaggio ossessivi).
La poeticità dei film classici non era ottenuta usando un linguaggio di poesia (quindi erano narrativi, in
prosa). L’uso della soggettiva libera indiretta nel cinema di poesia è pretestuale, per parlare indirettamente
in prima persona.
LA SCENEGGIATURA COME <<STRUTTURA CHE VUOLE ESSERE ALTRA STRUTTURA>>:
Il dato concreto del rapporto tra cinema e letteratura è la sceneggiatura. Può essere considerata una
tecnica autonoma, il cui elemento strutturale primo è il riferimento integrativo a un’opera cinematografica
da farsi.
Il segno della sceneggiatura allude al significato attraverso due strade: lingue scritte e film da farsi (con la
collaborazione del lettore).
Il segno è insieme orale (FONEMA), scritto (GRAFEMA), visivo (CINÈMA). Negli sceno-testi il lettore segue
due strade: il segno-significato e il segno-segno in quanto cinèma-significato. L’immagine nasce dalle
coordinazioni dei cinèmi.
Nelle lingue cinematografiche il cinèma è il segno per eccellenza, che è dunque l’im-segno, cinèma staccato
dagli altri due momenti della parola, è autonomo. Il cinèma è un’altra lingua!
È richiesto al lettore di vedere nel grafema il cinèma (pensare per immagini). Il cinema è segno di un altro
sistema linguistico. Il segno della sceneggiatura esprime <<una volontà della forma a essere un’altra>>, cioè
coglie la forma in movimento. Struttura dinamica della sceneggiatura (passaggio dallo stadio letterario a
quello cinematografico). 2
p.202. La realtà è cinema in natura (cinema in quanto tecnica audiovisiva). Quindi il primo linguaggio
umano è l’azione stessa.
Metz, definendo il cinema linguaggio e non lingua, crede possibile farne una descrizione semiologica, e non
una grammatica.
Per Pasolini “l’unità minima della lingua cinematografica sono i vari oggetti reali che compongono
un’inquadratura”. Possiamo chiamare tutti gli oggetti, forme o atti della realtà permanenti dentro
l’immagine cinematografica “cinèmi”. Sono innumerevoli (diversamente dai pochi fonemi).
I monemi del cinema –le inquadrature- sono composti da cinèmi. I cinèmi compaiono tutti insieme ma c’è
una successione di percezione.
Per Martinet la lingua del cinema è uno strumento di comunicazione doppiamente articolato. La lingua del
cinema è unica ed universale.
Il cinematografo è il momento scritto di una lingua naturale e totale, che è l’agire nella realtà.
4 momenti della grammatica della cinelingua:
1) Modi dell’ortografia o riproduzione (tecniche atte a riprodurre la realtà – ripresa cinematografica e
sonora)
2) Modi della sostantivazione (2 fasi: 2a) limitazione delle unità di seconda articolazione (cinèmi), mentre
quelle di prima (inquadrature-monemi) saranno infinite;
2b) costituzione di una serie di sostantivi nel loro momento di pura
Inquadratura. L’inquadratura o monema sostantivale corrisponde
ad una proposizione relativa. Quindi la prima forma di montaggio è
all’interno dell’inquadratura per accumulazione di relative
coordinate)
3) Modi della qualificazione (qualificazione profilmica e qualificazione filmica, quest’ultima suddivisa in
attiva –m.d.p. si muove- o passiva –m.d.p. ferma- , dove attività e la passività si riferiscono alla realtà
riprodotta)
4) Modi della verbalizzazione o sintattici (la definizione tecnica di questi modi è il montaggio.
4a) Montaggio denotativo: consiste in attacchi ellittici tra varie inquadrature dando loro una durata
poi una concatenazione;
4b) Montaggio ritmico o connotativo: definisce le durate delle inquadrature in se stesse e
relativamente alle altre). 3
Conosciamo i films ma non conosciamo il cinema (lo conosciamo solo come industria e fenomeno sociale).
Il cinema è la <<lingua scritta della realtà>>. La realtà è il cinema in natura. Bisogna quindi fare la
semiologia della realtà. Il cinema rappresenta la realtà attraverso la realtà. Il cinema è un continuo e infinito
piano-sequenza.
Ma Pasolini sostituisce il piano sequenza con il montaggio. Il cinema ha la linearità analitica di un piano-
sequenza infinito e continuo, mentre i film hanno una linearità sintetica per via del montaggio.
Cinema è arte metonimica, ha natura figurale (per Barthes). Per Pasolini è la realtà che è metonimica.
Il piano-sequenza tipico è una soggettiva. La soggettiva è il massimo limite realistico di ogni tecnica
audiovisiva. La realtà vista ed udita nel suo accadere è sempre al tempo presente. Quindi il cinema
<<riproduce il presente>>. Ma il montaggio moltiplica i presenti e li vanifica. Il narratore trasforma il
presente in passato.
Quindi il cinema è un infinito piano-sequenza, è la riproduzione del linguaggio della realtà quindi
del presente. Ma quando interviene il montaggio (cioè si passa dal cinema la film) il presente
diventa passato (che però ha sempre i modi del presente, quindi è un “presente storico”).
La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita. Il montaggio opera sul materiale del film
(costituito da piani-sequenza come possibili soggettive infinite), quello che la morte opera sulla vita.
p.246. Il film si potrebbe definire <<parola senza lingua>>. Noi abbiamo un codice della realtà, una
semiologia generale in potenza. Attraverso questo codice comprendiamo i film. Il codice della realtà è
analogo a quello del cinema.
Segni o sintagmi viventi dell’azione di un personaggio:
1) Il linguaggio della presenza fisica
2) “ “ del comportamento linguaggio dell’azione
3) “ “ della lingua scritto-parlata
Il cinema appartiene ai linguaggi figurali e viventi (simbolici ma non segnici).
Essere è naturale? Per Pasolini no. Il piano sequenza è il momento più naturalistico del racconto
cinematografico. Il cinema è accusato di naturalismo; ma la paura di naturalismo è paura della mancanza di
naturalezza dell’essere. L’equivoco è il passare del tempo.
Il cinema è un piano-sequenza infinito che esprime la realtà con la realtà.
Il nostro linguaggio primo e puro è la nostra presenza.
Il tempo rende la realtà naturalistica, quindi il cinema non è più naturalistico, perché mai nei film il suo
tempo è quello della realtà. Il cinema è fondato sull’abolizione del tempo come continuità. È come una vita
dopo la morte. Il m