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Sostanzialmente gli ambienti si dividono in interni, esterni e la soglia,
quindi il confine che li divide. Nelle mille varianti di tipi di cinema non
dobbiamo pensare a interni ed esterni solo come spazi chiusi e spazi aperti,
ma semplicemente come ambienti in netta contrapposizione tra di loro,
spazi verticali e orizzontali o concettualmente opposti:
Interni
Le ambientazioni in ambienti interni sono per antonomasia ambientazioni
che rappresentano la casa sicura e luogo di rifugio e di protezione in
opposto all’ambiente esterno insicuro e pericoloso,un ventre materno, dove
un personaggio può pensare prima di agire, ma cosa più importante il
luogo dove grazie ai ricordi rievocati dagli oggetti convivono le temporalità
di passato e presente.
Ora queste non sono affermazioni dogmatiche, ma solamente i casi più
frequenti e ovvi, sappiamo che il cinema è fatto più di eccezioni che di
regole, abbiamo tanti esempi infatti dove la casa si trasforma in un luogo di
tortura e infelicità (“La morte e la fanciulla” Roman Polanski).
L’organizzazione del microcosmo di un ambiente e gli oggetti contenuti al
suo interno sono quindi spesso indice della caratterizzazione del
personaggio o simbolo di una particolare situazione. A tal proposito
prendiamo l’esempio del vello d’oro nella “Medea” di Pasolini: Questo
fin quando è nel territorio arcaico della Colchide
oggetto-reliquia
assume un potenziale magico e spirituale, quando invece viene trafugato
ed estirpato dalla sua civiltà viene visto come una banale pelle di caprone
che raffigura tutto quello che è materiale e terreno.
L'austerità dell'ambientazione, essenziale sia negli interni che nei pochi
esterni, la collocazione in uno spazio-tempo indefinito, conferiscono quel
tono solenne che scena dopo scena ci prepara al commovente finale nel
quale la sacralità della resurrezione della donna si scioglie.Anche gli oggetti
nell’ambiente casalingo del ”Ordet” non sono mai disposti a caso. I quadri
sugli alberi genealogici tendono a sottolineare il contesto ricco di valori
familiari, come la pipa che viene caricata e il gomitolo di lana che viene
raggomitolato da Inger per il suocero sono li per sottolineare che il
personaggio in questione oltre ad essere una grande credente sa anche
dominare la materia compiendo atti maschili. L’orologio che si ferma con
la morte di Inger e che verrà rimesso in marcia da Anders dopo la
resurrezione e quindi dopo il recupero della vita.
Tutti questi richiami sono vicini al cinema Bergmaniano che è ricco di
oggetti-simboli-ricordo tratti dalla sua infanzia, come lanterne, carillon e
teatrini.
Ad ogni modo più andiamo avanti col progresso, più gli oggetti perdono
tutti i loro significati poiché si serializzano e si omologano sempre più,
rendendo difficile creare un’unicità di legame oggetto-personaggio.
Esterni
Contrariamente alle ambientazioni interne, gli esterni per antonomasia
dallo sconfinato paesaggio naturale, alla periferia decadente,
rappresentano un luogo insicuro, pericoloso, dissoluto, la realtà
straordinaria dell’eroe (ma ripetiamo non ci sono regole, le sensazioni che
regala un tipo di ambiente possono essere capovolte quando meno ce lo
aspettiamo).
Per capire come si può emotivamente utilizzare un ambientazione esterna
confrontiamo due grandi film con lo stesso soggetto ma con registi
differenti, la “Medea” di Pasolini e di Von Trier. Nell’opera teatrale
originale si poneva pochissima importanza alla descrizione dell’ambiente
in quanto l’accento principale era concentrato sulla drammaticità della
storia e dell’azione che in questo caso sono molto forti, e inoltre lo spazio
era quello limitato dello spazio teatrale, quindi al cinema spetta
ricostruirlo. Nell’opera di Tryer prevale una descrizione metafisica e arida
dell’ambiente dove le inquadrature sono composte a stile pittorico (a più
livelli), grazie ad artifici come tendaggi, retroproiezioni e zoom, dando una
sensazione onirica, come quando si vedono alle spalle di mede i figli infanti
crescere, quasi a voler rappresentare l’interiorità di Medea che prende
coscienza sempre di più della necessità dell’infanticidio, o come quando la
Medea vaga tra la nebbia mentre Creonte cerca di bandirla dalla la sua
terra. Inoltre, a differenza di Pasolini, i cambi d’ambiente , dall’arcaico alla
civiltà, sono molto più vaghi e non sono segnati da cesure nette. In Von
Trier la Medea vede l’amato Giasone soltanto in luoghi esterni (il regista
sceglie di continuare la tradizione teatrale dove gli ambienti interni erano
sempre nascosti). In Pasolini, invece, al posto di un ambientazione
metafisica e arida, abbiamo una vera e propria dominante di ambienti
esterni ricchi di sfumature d’oro, una luminosità che sfocia nel sacro e che
da alla protagonista un’aurea bizantina. L’uso dell’ambientazione in questi
due registi infatti è talmente importante che incide moltissimo su una delle
scene madri della trama, l’infanticidio. Euripide non lo mostra, entrambi i
registi invece lo mostrano, ma mentre Von Trier lo ambienta nell’arido e
malevolo ambiente esterno, Pasolini invece lo ambienta nell’intimità
dell’ambiente interno. Entrambi i registi, tramite l’ambientazione ci fanno
capire che lo spessore di Medea è legato alla terra, in Pasolini con la
famosissima immagine dell’aureola di terra, e in Von Trier si capisce lo
staso fin dall’inizio grazie all’inquadratura sulla banchina, o le numerose
riprese subacquee o in ambienti forestali.
La Medea di Pasolini ci da inoltre la capacità di capire l’importanza che
Pasolini stesso riserva all’ambientazione in fase di scrittura. Per lui le
inquadrature costituiscono una nuova forma di linguaggio, costituiva le
relazioni tra le cose e i corpi del mondo, i quali legami sono inscindibili.
Pasolini con “Mamma Roma” e “Accattone” ancora una volta è l’esempio
ideale per parlare del rapporto tra due particolari ambiente esterni:la
Nell’AMBIENTAZIONE di Accattone e Mamma
città la periferia.
Roma predomina la figura ossimorica, come sfondo a scene di poveri
valori abbiamo la presenza imponente della monumentalità di Roma,
dietro ai papponi, e sullo sfondo quando l’accattone si getta nel Tevere,
metafora di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive
nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un
miglioramento della propria condizione, a cui non resta che la morte come
via di uscita da una condizione disperante. Spesso questi tipi di
ambientazioni tendono a sottolineare attraverso la dislocazione dei vari
quartieri e il loro stagliarsi all’orizzonte di tutte le imponenti della Roma
città, la confusione e il disagio interiore dell’animo dei personaggi, come
nel caso della cupola di Roma in Pasolini, che convoglierà alla fine
dell’opera un sentimento di odio e ribellione del protagonista. La periferia,
il luogo di nessuno che accoglie e ospita invece gli sconfitti della città, la
classe disagiata. Interessante è anche il movimento degli attori
nell’ambiente. Per esempio nella scena dove Roma Garofalo cammina
nello stradone notturno illuminato solo dalle luci dei lampioni la macchina
da presa invece di avvicinarsi retrocede come per dire che non può nulla
contro la forza e la fermezza dello sguardo dell’attrice che si fa
chiaramente portavoce del senso di ingiustizia presente nel film.
La Borghesia anche da Antonioni è presa di mira, in quanto è una classe
particolarmente depressa, alienata, che non riesce a contentarsi di tutto ciò
che ha (Blow up e il deserto rosso), completamente calati nel dramma
dell’incomunicabilità, male di vivere del del 900. Non è un caso che nel
“deserto rosso” Ravenna sia una città completamente disumanizzata, e il
luogo perfetto e paradisiaco della favola che la madre racconta al figlio è
riservato alla dimensione onirica. Mentre vediamo che in Blow up situa
questo male di vivere in un ambientazione allegra ed effervescente, chiara
(non usa lunghi campi focali) in netto contrasto con l’interiorità del
personaggio.
Un capovolgimento di tutto quello che abbiamo appena detto lo abbiamo
in “Sunrise”. I due sposi infatti si riuniscono nella città frenetica, luogo che
fin dall’inizio viene visto in maniera negativa per via dell’amante di fitta
sanguisuga, e durante il ritorno dopo la rappacificazione l’idilliaco
paesaggio di natura viene travolto da una terribile e pericolosa tempesta
che mina la vita degli innamorati. Il regista fin dall’inizio del film specifica
che questa vicenda può capitare a qualsiasi persona in qualsiasi luogo,
sembra quasi che il vettore principale dei concetti rievocati dal film siano i
fattori ambientali e primo di tutti quindi il clima. Bel tempo- passione
passata di sposi, natura-cupe incontro clandestino amanti, tempesta-
momento di maggiore pathos del film dove i due rischiano di perdersi
dopo aver ritrovato l’amore.
La soglia, il confine
Confine, soglia star due ambienti completamente opposti. Può avere molte
accezioni quando si parla di ambientazione, l’importante e diamo al
personaggio la possibilità di varcarlo. Possiamo parlare di confine
geografico, quindi parliamo di stato, e di elementi che caratterizzano
necessariamente un personaggio, a meno che il luogo non sia definito o
che parliamo di un giramondo. Possiamo intendere come soglia tra il
mondo della verticalità e orizzontalità, nel cinema la soglia tra verticalità e
orizzontalità è stata superata quando abbiamo iniziato a parlare di spazio,
a fare riprese aeree, che ci hanno dato una visione completamente diversa
della terra e dell’uomo visto da prospettive diverse. Si può attraversare un
confine tra reale e immaginario, ne abbiamo un ottimo esempio nello
“Specchio” di Tarkovskij, dove la donna immaginaria che beve del thè
seduta al tavolo quando scompare lascia l’alone della tazza del tè li, il
confine è stato superato. Molto più banalmente possiamo parlare di
confine tra interno sicuro e esterno pericoloso, in “la morte e la fanciulla”
di Roman Polanski, vediamo l’esempio dell’esterno burrascoso pericoloso,
quando la soglia viene varcata all’esterno abbiamo una sorta di inversione,
l’interno diventa il luogo della tortura e della malignità, mentre l’esterno in
qualche modo subisce un cambiamento e diventa