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SCRIVERE IL FILM

1. Professione sceneggiatore

La professione dello sceneggiatore nasce negli anni ’30 con il cinema sonoro, e quindi con la necessità di

uno scrittore specializzato in dialoghi e storie per lo schermo. Si verifica infatti una divisione del lavoro con

la graduale trasformazione da una fase artigianale a quella industriale. Lo sceneggiatore è quindi colui che

prepara il testo scritto destinato a trasformarsi in film (ruolo limitato al campo della parola).

Lo statuto professionale dello sceneggiatore si è formato nello stesso periodo in cui si definivano i caratteri

del testo classico (montaggio invisibile, recitazione naturalistica, storie senza emittente…). Lo sceneggiatore

ideale per il cinema classico era lo sceneggiatore senza stile, che rinuncia a firmare attraverso una spiccata

personalità creativa e lascia che la storia si racconti da sé.

Dal cinema muto al cinema sonoro

Nel periodo delle origini si filmava di tutto, ma ben presto l’operatore-regista non bastava più e si iniziarono

ad acquistare soggetti cinematografici, inizialmente idee più che storie, che vista la brevità venivano pagate

bene.

Il primo scrittore per il cinema fu questo soggettista, che veniva pagato per l’idea per un film.

Il soggettista passava spesso di grado diventando regista, del cinema muto come di quello sonoro, ma se

restava soggettista non controllava il prodotto del proprio lavoro nella sua evoluzione. Questo perché

spesso era un intellettuale che si vergognava di un’attività considerata degradante come quella

cinematografica.

Verso il 1915 nell’industria cinematografica americana si cominciarono ad assumere i primi scrittori per il

cinema; il nucleo di questo gruppo professionale è composto da personale femminile (scenarista). In

particolare dal 1914 gli sceneggiatori principali dell’industria hollywoodiana erano donne (Anita Loos).

Questo probabilmente perché in quegli anni dominavano nel cinema americano melokitsch e drammi

sentimentali, con cui le donne erano a più agio degli uomini.

Con l’allungamento dei film, l’evoluzione tecnologica e del linguaggio cinematografico, i film diventarono

racconti di più ampio respiro. Lo scenario e la continuity divennero pratiche diffuse e crebbero le forme di

scrittura specializzata. La didascalia non era più solo un riassunto o una spiegazione, ma si trasformò in

bello stile (battuta spiritosa, commento ironico…).

Dal 1919 al 1925 apparve nei titoli di testa il nome dello scrittore di didascalie, egli era la figura di primo

piano. Man mano che il cinema divenne autosufficiente nel raccontare per immagini e la didascalia perdeva

di importanza, lo scenarista diventava sempre più importante. Così che dal 1925 gli scenari che Hollywood

utilizzava erano il prodotto dell’attività di personale qualificato e assunto dall’industria a questo scopo.

In Italia invece, fin dal 1909, si rileva un movimento di scrittori che si trasformano in scenaristi o

soggettisti: Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco, Grazia Deledda, Giovanni Verga, Luigi Pirandello… Molti

di questi scrittori mantengono forti riserve nei confronti del cinema e di un impegno più deciso e specifico

nel settore, in particolare per quel che riguarda l’esposizione personale. Questo si ebbe fino al 1914

quando D’Annunzio scrisse le didascalie per Cabiria di Pastrone. Anche in Italia si rileva la presenza di molti

registi-scenaristi, cioè che si scrivevano da sé i film (anche alcune dive, Bertini o Duse, che si scrivono i

proprio scenari). Nel cinema muto italiano, che passò precocemente al lungometraggio, lo sceneggiatore

fece la sua comparsa prima che nel cinema americano, ma identificandosi spesso col letterato non sviluppò

una professionalità autonoma. Complessivamente lo spazio per lo scenarista di professione era limitato,

anche perché l’industria italiana ebbe una contrazione proprio in quegli anni in cui nelle altre

cinematografie nasceva la necessità di un’attività specializzata dello scrittore per lo schermo (1922-1930).

Con l’introduzione del sonoro si creò una nuova specializzazione per lo scrittore per il cinema: il dialoghista.

Anche la funzione del dialoghista fu poi inglobata in seguito nel lavoro dello sceneggiatore.

Lo sceneggiatore nello studio system

Con l’affermazione del cinema sonoro l’industria cinematografica riunì nel lavoro dello sceneggiatore tutte

le forme di scrittura specializzata, emergeva quindi la figura professionale dello sceneggiatore

(screenwriter, scenarista e sceneggiatore). 10

Tra il 1929 e i primi anni ’30, in America ci fu la grande Depressione, ma l’industria americana non ne risentì

particolarmente, anzi essa portò a un aumento netto degli incassi cinematografici, rispetto ad altri tipi di

impiego del tempo libero.

Nella maggior parte dei casi lo sceneggiatore lavorava su progetti assegnati dal produttore. La

sceneggiatura comprendeva: dialoghi, descrizioni dell’ambiente e dell’azione, indicazioni tecniche

sull’inquadratura, l’angolo di ripresa… Tutto ciò facilitava il lavoro nell’ambito della produzione

programmata e serializzata di Hollywood. Questo era possibile perché si girava nei teatri di posa, e quindi

su un set che veniva organizzato e studiato il funzione della sceneggiatura, dei movimenti di macchina e

degli angoli di ripresa (non vi erano limitazioni tipiche di un ambiente reale).

Il regista non aveva un ruolo decisivo, era un cinema di sceneggiatura.

Molti dei nuovi sceneggiatori provenivano dell’ambiente giornalistico e letterario, molto spesso i giornalisti

di adattavano meglio al nuovo mezzo dei romanzieri. Altri ancora provenivano dalla scuola di sceneggiatori

del New Yorker.

Screen Writers Guild

Negli anni ’30 erano pochi gli sceneggiatori ben pagati e il lavoro era in buona parte sottovalutato.

Inoltre lo sceneggiatore era l’ultimo arrivato sulla scena professionale hollywoodiana, e in quegli anni c’era

lo scontro di potere tra registi e produttori. Lo sceneggiatore insoddisfatto continuava a sognare di tornare

a New York o di fare abbastanza quattrini da potersene andare, o desiderava scrivere romanzi e opere più

impegnate.

Questo tuttavia non è in contraddizione con l’affermazione che il cinema degli anni ’30 è un cinema di

sceneggiatura perché questa affermazione viene dall’analisi del film e dallo studio del processo produttivo.

Gli sceneggiatori di successo godevano di un certo margine di libertà, avevano un rapporto privilegiato con

i produttori; questi erano gli sceneggiatori in grado di determinare i loro film più che i registi, o di

trasformarsi in registi. Questa generazione di sceneggiatori (Hecht e McGuinness) era integrata nella

produzione hollywoodiana, ne condivideva modi e presupposti e non riteneva di essere impegnata in una

professione minore.

Nel 1933 si forma la Screen Writers Guild che intendeva lottare per: miglioramenti economici,

regolarizzazione delle pratiche di assunzione, standardizzazione dei contratti, sistema arbitrario per la

questione dei credit, per tutti quegli sceneggiatori di secondo piano, che erano sottopagati e potevano

essere licenziati da un giorno all’altro. La Guild si proponeva si proteggere il lavoro degli sceneggiatori dagli

studios, ma anche dai registi e dai produttori, affermando che gli sceneggiatori erano i creatori dei film.

Tuttavia la Guild non ottenne molti risultati per il controllo della sceneggiatura, non si giunse ad un

trattamento paritetico a quello riservato all’opera teatrale (consenso autore per modificazioni). Non si

ottenne neanche il copyright sulla sceneggiatura, che diventa proprietà della Casa che l’ha prodotta e

pagata, al punto che una sua eventuale pubblicazione non maturava fino a pochi anni fa’ alcun diritto

economico per lo sceneggiatore.

La Guild costituisce comunque un punto di riferimento importante nell’organizzazione hollywoodiana e

nella sua successiva sindacalizzazione, e ha contribuito allo sviluppo di una figura di sceneggiatore

professionista con diritti e doveri.

Gli anni ’30 in Italia

In Italia lo sceneggiatore non lavorava a stipendio fisso ma film per film. Si usavano molto di rado le

indicazioni tecniche, quindi la sceneggiatura non si trasformò in una forma di scrittura veramente

specializzata.

Nel 1931 Emilio Checchi fu nominato direttore della Cines. La scelta di un letterato così illustre corrisponde

alla tendenza italiana che vede un ricambio costante nei ranghi intellettuali che dalla letteratura arrivano al

cinema. Gli intellettuali entrano nel cinema attirati spesso dalla garanzia di un guadagno che l’alta cultura di

solito non consentiva; ma in certi casi si dedicarono a questa attività portando con sé il dibattito culturale

dell’epoca sui problemi estetici o per la questione del realismo, e un desiderio di esprimersi attraverso un

mezzo di comunicazione diverso. 11

In questi anni si tendeva a un prodotto di consumo mirato alla media e piccola borghesia e non più ad una

divulgazione della cultura o un prodotto che rispecchiava l’alta borghesia.

Anche in Italia ci si interroga sul ruolo dello sceneggiatore nel sistema cinematografico.

I soggetti in Italia venivano scelti dall’ufficio dei soggetti, che si occupava di recuperarli e selezionarli per

farci un film.

Il cinema neorealista

Il cinema neorealista è frutto della cultura e dell’antifascismo solidale dell’immediato dopoguerra, e

prende l’avvio tra i tavoli delle trattorie romane frequentate dall’intellettualità, in una fase in cui l’industria

cinematografica nazionale è inoperante per i danni e le requisizioni del dopoguerra.

In questo cinema lo sceneggiatore ha una posizione contraddittoria: le sceneggiature neorealiste sono il

prodotto di un lavoro di gruppo (ammucchiate) all’interno del quale parecchie persone portano un

contributo. Lo sceneggiatore è quindi espressione di un ambiente del cinema, che comprendeva persone

che lavoravano nei giornali umoristici (battutisti e vignettisti), nel teatro di varietà e alla radio, giornalisti,

scrittori, uomini politici… Questa comunità inizia ad esprimersi in termini cinematografici, riflettendo il

concetto di lavoro collettivo in lunghi elenchi di nomi sui titoli di testa alla voce sceneggiatura. I lunghi

elenchi però non sempre indicano un lavoro di gruppo, a volte si tratta di scelte di nomi che danno garanzie

o che hanno valenza politica, per facilitare la vita del film presso la censura o le banche.

Questi registi lavorano sia per il cinema alto (“artistico” e neorealista) sia per quello di largo consumo

(popolare e di genere).

Nel cinema neorealista si proclama che il film deve nascere dall’esperienza della realtà, quindi

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Publisher
A.A. 2014-2015
16 pagine
9 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher calime di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scrittura per il cinema e la televisione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Guerrini Loretta.