Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Infatti i costituenti possono essere soggetti a movimenti che ne alterano la posizione “naturale” (SVO: “Carlo
ha preso il giornale”; OVS: “Il giornale lo ha preso Carlo”). Alcuni sono semanticamente irrilevanti (è il caso
del “Chi hai visto?” nell’SVO dell’italiano invece del “Hai visto chi?”, perché “chi” si colloca in posizione PP1).
•• Con frasi relative in lingue con struttura SVO, il SN si mette indifferentemente o prima del verbo o dopo:
“Ecco il libro che Enzo (S) ha portato (V)” = “Ecco il libro che ha portato Enzo”. In spagnolo e in francese è
preferibile che il soggetto della relativa sia posizionato dopo il verbo.
•• A proposito dei movimenti del SV, lingue come l’inglese, il tedesco… per formare una clausola interrogativa
invertono la posizione del soggetto e del verbo.
5 - Tipi di clausola semplice
5.1 - Clausole nominali
•• Le clausole nominali sono costituite da un SN soggetto e da un predicato nominale (SN o puro aggettivo)
collegati tra loro senza verbo. Alcune lingue hanno questa struttura non-marcata (latino, russo), altre marcata
(italiano). Non avendo il verbo, la clausola nominale non può trasmettere informazioni proprie del verbo,
come il tempo, infatti molte volte è utilizzata per asserire proverbi o frasi generali (“bandiera vecchia onor di
capitano”). In alcune lingue, come l’italiano, la clausola nominale è usata in modo marcato, con un effetto di
enfasi (“Bella, questa casa”), in cui il predicato precede il soggetto ed è separato da una pausa virtuale ( ).
▵ ▵
5.2 - Clausole verbali
•• Le clausole verbali hanno il predicato costituito da un SV. Il verbo (lessicale, ovvero “normale”, distinto
dall’ausiliare) ha una struttura argomentale (ha argomenti collegati). I verbi lessicali hanno argomenti, i verbi
ausiliari si combinano con i verbi lessicali e hanno la funzione di specificare il valore grammaticale del verbo
lessicale (In “ho mandato un biglietto”, “ho” è verbo ausiliare e “mandato” è verbo lessicale).
6 - Clausole subordinate
•• In “Quando arriva Giovanni, partiamo insieme”, “quando arriva Giovanni” è una clausola subordinata,
“partiamo insieme” è una clausola indipendente (principale). I codici linguistici possono creare clausole
subordinate perché godono della proprietà di stand-by, ovvero permettono di lasciare in sospeso il
messaggio principale per inserire messaggi secondari per poi tornare al punto di partenza. Si possono quindi
ottenere strutture con diversi livelli di subordinazione. Di solito, le subordinate sono collegate con un
connettore alla principale. Le subordinate possono essere:
•• Clausole relative: le uniche subordinate ad avere un nucleo costituito da un SN; in alcune lingue il
connettore è un apposito pronome (pronome relativo) che è in contatto e “fa le veci” del nucleo del SN.
Siccome le relative conferiscono informazione a un nucleo nominale, hanno molto in comune con gli aggettivi
(dire “Luisa è una donna che apprezziamo molto” e dire “Luisa è una donna molto apprezzata da noi” è la
stessa cosa).
•• Clausole completive: operano come “complemento” (o argomento) del verbo della principale, che è il loro
nucleo. Molte lingue hanno come connettori i “complementatori”, come “che” in “dice che sarà in ritardo”. Il
complementare opera una forzatura perché trasforma la frase subordinata in un “nome” che poi viene messo
in relazione con la principale. Le completive, infatti, hanno qualcosa a che fare con i nomi.
•• Clausole interrogative: operano come i circostanziali, cioè restringendo e specificando il significato della
principale codificando alcune relazioni logiche fondamentali. I loro connettori sono le congiunzioni
subordinative (“quando”, “perché”, “siccome”…).
7 - Profili di clausole
7.1 - Clausole interrogative
•• La funzione primaria delle clausole interrogative è quella di richiedere una informazione (“che ore sono?”) o
una prestazione (“chiudi la porta?”). Strutturalmente, invece, le interrogative sono suddivise in:
•• Domande sì/no (o domande polari o totali): hanno risposte che comprendono “sì” o “no”.
•• Domande-k (o domande-wh o domande parziali): cominciano con “Quando”, “Come”, “Chi”… e prefigurano
risposte libere. Tutte queste domande incorporano una presupposizione, per questo sono domande parziali:
in “chi ha preso il latte?” sappiamo che qualcuno ha preso il latte, ma non sappiamo chi.
•• Al contrario delle asserzioni, le interrogative hanno diverse marche che le contraddistinguono (a volte si
trovano più marche in una sola interrogativa), tra le quali: intonazione, ordine degli elementi, morfi (liberi o
legati, come nel latino - “-ne” o “an” se non sappiamo se sì o no; “num” se ci si aspetta una risposta negativa;
“nonne” se ci si aspetta una risposta positiva), parole o sintagmi dedicati (est-ce que) (o semidedicati, come
“non è vero che…?”). Questi sono gli elementi usati dall’italiano. Altre lingue usano anche speciali strutture
sintagmatiche, domande-coda. In molte lingue la parola-k è lasciata in posizione normale (la posizione che
avrebbe nell’affermativa) oppure va al posto dove ci sarebbe la risposta, come in cinese mandarino: “tu
andare dove?” -> “dove vai?”.
7.2 - Clausole relative
•• La clausola relativa è generalmente incassata nella frase modificando così il SN aggiungendo una
informazione a riguardo. Dunque, la clausola relativa fa parte di una costruzione “in simbiosi” con il SN. In
molte lingue, la clausola incassata (relativa) contiene un sostituente (il pronome relativo) che collega la
relativa con la principale. Nella frase “i libri che gli antichi scrissero sono utili”, “libri” è il punto di attacco, “che”
è il pronome relativo coreferente con il nominale e “che gli antichi scrissero” è la clausola relativa. In inglese,
per esempio, la clausola relativa si collega con il punto di attacco senza pronome relativo (“this is the man Bill
knows”). Il pronome relativo può operare come soggetto (“il ragazzo che…”), come oggetto (“il libro che…”) o
come complemento indiretto (“il ragazzo con cui…”). In greco il pronome relativo “pou” (= pu) è invariabile e
può essere rinforzato da un pronome personale che specifica il genere e il numero del punto di attacco.
•• Rispetto al nominale che opera come punto di attacco, la clausola relativa può trovarsi dopo (come accade
più spesso, nelle lingue romanze come l’italiano, germaniche e slave), prima o inserirsi al suo interno. Alcune
lingue non hanno il pronome che si lega al punto di attacco, come l’inglese e il giapponese.
•• Alcune lingue, come il cinese e il turco, hanno una relativa formata da un SN.
•• Dal punto di vista logico, le clausole relative possono essere attributive (che attribuiscono una
determinata qualità agli individui indicati dal SN che opera come punto di attacco, come per esempio “chiama
i ragazzi, che aspettano in aula”, poiché presuppone che tutti i ragazzi aspettino in aula e dunque che tutti i
ragazzi vadano chiamati) o restrittive (che restringono una proprietà solo a una parte degli individui indicati
dal SN che opera come punto di attacco, come per esempio “chiama i ragazzi che aspettano in aula”, poiché
presuppone che solo alcuni ragazzi aspettino in aula e dunque che solo alcuni ragazzi vadano chiamati).
8 - Clausole completive
8.1 - Tipi
•• Le clausole completive operano come elementi nominali, dunque possono svolgere la funzione di soggetto
(“perché sia venuto è un mistero”) o di oggetto (“dicono che Giovanni sia partito”) della clausola principale,
anche sotto forma di interrogativa indiretta (“la polizia si domanda chi sia il colpevole”).
•• In alcune lingue, come in italiano, le completive possono anche avere il verbo all’infinito (clausole
infinitive). In questi casi, il soggetto scompare (“gli ho promesso di parlare”, in cui “soggetto di parlare =
soggetto di ho promesso”; “gli ho ordinato di partire”, in cui “soggetto di partire = coreferente con gli”) e
alcune volte è un problema identificarlo (“gli ho chiesto di parlare” può essere sia aver fatto richiesta che
qualcuno parli - ovvero “soggetto di parlare = soggetto di ho chiesto” -, sia aver fatto richiesta affinché io
possa parlare - ovvero “soggetto di partire = coreferente con gli”).
•• Per coreferenza si intende che due SN diversi indicano la stessa entità. I soggetti coreferenti, quindi,
indicano lo stesso partecipante. I soggetti non-coreferenti indicano partecipanti diversi. Quando non si sa di
chi si sta parlando (come in “gli ho chiesto di parlare”) si dice che la referenza dei soggetti è ambigua. In
latino, che per le frasi completive ha delle particolarità che le modificano e le fanno immediatamente
riconoscere (c’è un complementare zero, la forma del verbo è all’infinito e il caso dell’attore, di solito al
nominativo, è all’accusativo: da “felix est” - è felice - a “[scio] emu esse felicem” - [so] che lui è felice”), il
soggetto dell’infinitiva è sempre espresso, anche quando coincide con quello della principale.
8.2 - Complementatori
•• Per connettersi alla clausola principale, le completive usano i connettori chiamati complementatori (parole
o sintagmi) che trasformano la clausola verbale in un complemento del verbo della clausola principale (in
“credo che tu abbia la febbre”, il “che” trasforma “tu abbia la febbre” in complemento oggetto di “credo”). In
più, il tipo di complementare scelto seleziona la forma del verbo della clausola subordinata seguente (per
esempio, in italiano “di” seleziona clausole infinitive, come “credo di avere la febbre”; “che” seleziona clausole
finite, come “lo so che ti sei nascosto”; “se” seleziona clausole sia finite, come “non so se parto domani”, sia
infinitive, come “non so se partire domani”). In spagnolo c’è