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2. LE FUNZIONI DELLA PAROLA
La facoltà del linguaggio è la capacità intellettiva fondamentale della specie umana che lo
distingue dalle altre specie. Homo sapiens infatti si distingue tra le creature per il fatto che usa
unicamente il linguaggio per sapere le cose, per interagire con gli altri membri della specie, per
trasmettere informazioni o per immagazzinare la sua sapienza. Nel passato si distingueva tra
logos che significa parola e idein che significa idea, mente, quindi tra la capacità di parlare e la
capacità di sapere. Ovviamente il linguaggio è suscettibile e adattabile al mezzo e al canale in cui
viene usato, infatti oggi, più che mai, la parola stessa sta avendo un radicale impatto
sull’evoluzione della langue: quando cambia il modo di parlare (quando cambia le parole), cambia
la competenza linguistica (cioè la langue).
Funzioni della comunicazione
Jakobson elaborò il suo modello delle funzioni comunicative proponendo la presenza di sei
elementi costitutivi nell’atto comunicativo, i quali influenzano il flow sia del contenuto che delle
funzioni dell’atto stesso:
- Un mittente che invia o codifica un messaggio preparandolo per la sua trasmissione al suo
interlocutore;
- Un destinatario che riceve il messaggio sapendo come decodificarlo;
- Un messaggio contente informazioni selezionate;
- Un sistema di contatto che è sia l’apparato fisico usato per la trasmissione del messaggio
sia le relazioni sociali che pre-esistono tra gli interlocutori;
- Un contesto che è l’insieme di condizioni in cui la comunicazione avviene;
- Un codice che è il sistema si segni utilizzato che permettono di realizzare l’atto
comunicativo.
A questi elementi vengono associati sei funzioni generali:
1. Funzione emotiva, o espressione: motivazione psichica principale per cui si comunica. Non
c’è comunicazione senza soggettività, infatti si comunica soprattutto per motivi psico -
affettivi e non solo per scambiare informazioni. Quindi l’atto comunicativo diventa un modo
per relazionarsi con gli altri e oggi ai tempi di Internet e di Myspace il ruolo dell’emotività
diventa sempre più importante sottolineando l’importanza che il sé sta assumendo, basti
pensare al significato del nome di Facebook o Myspace.
2. Funzione conativa: effetto del messaggio di un emittente sul destinatario. Si riferisce
all’intenzione di un emittente di modificare, influenzare o condizionare il comportamento,
l’opinione o lo stato d’animo del destinatario. Rientrano i messaggi d’aiuto, di persuasione.
Infatti la rapida diffusione globale di reti come Facebook dimostra anche quanto si cerchi
oggi di farsi osservare pubblicamente e allo stesso tempo di influenzare gli altri.
3. Funzione fatica consente il mantenimento e la verifica dei rapporti sociali;
4. Funzione poetica permette di puntare sul messaggio stesso rendendolo orecchiabile come
la poesia;
5. Funzione referenziale permette di far riferimento al mondo reale e non all’atto comunicativo
stesso;
6. Funzione metalinguistica consente di far riferimento al codice usato.
L’emotività e la conatività svolgono un ruolo determinate nella formulazione e trasmissione del
messaggio. Inoltre secondo Jakobson la parole (le funzioni della parola) e la langue (le forme della
parola) formano un singolo sistema espressivo poiché la parole influenza l’evoluzione della langue.
In Jakobson la comunicazione (parole) è un’attività psico-fisica che fa parte della nostra identità e
di come ci relazioniamo con gli altri e trasforma il sistema cioè la langue.
Il dialogo
Una delle invenzioni più importanti di Platone fu il concetto di dialogo, definito come presentazione
e discussione di idee in forma di conversazione strutturata e funzionale tra più interlocutori. Per
Platone il dialogo era interazione filosofica, scientifica e didattica che imparò dal suo maestro
Socrate. Il dialogo ebbe molto fortuna nella letteratura greca. Nella cultura cristiana il dialogo
diventò mezzo apologetico, mentre nel Medioevo divenne il veicolo letterario e didattico principale
per la formazione umanistica. Galileo lo inserì nel contesto scientifico. Nell’era moderna il
linguaggio e quindi il dialogo viene ad essere considerato parte intrinseca del cervello perché
abilità in parte innata e in parte acquisita dal contesto. Secondo Bachtin è il contesto che svolge un
ruolo centrale nella comunicazione.
Ogni atto discorsivo è comunque risultato dell’attività singola di una o più persone e congiunge
emittente e destinatario.
È importante in questo considerare la prima opera fondamentale della linguistica scientifica
contemporanea di Saussure cioè” Corso di linguistica generale”. Saussure definì il linguaggio un
sistema segnico in quanto ogni parola è sostanzialmente un segno. la componente fisica del
segno, cioè i suoni stessi che formano la parola viene chiamata da Saussure significante, mentre il
concetto a cui si riferisce viene chiamato significato. Secondo lui, la langue costituisce un sistema
di segni che permette un riferimento arbitrario alla realtà, fissato da convenzioni stabilite per
facilitare la comunicazione tra gli individui. Mentre la parole è stata definita come l’atto linguistico
concreto con cui l’individuo realizza la langue servendosi del sistema linguistico per motivi pratici.
Chomsky chiamerà poi linguistic competence la langue e linguistic performance quella di parole.
Invece negli anni Ottanta cominciò a nascere un interesse pragmatico dell’atto linguistico e anche
storico-sociale. Sempre negli anni Ottanta fu dedicato un interesse importante per la metafora
come strumento fondamentale per l’atto cognitivo che porta alla creazione del messaggio
linguistico e quindi come elemento centrale della competenza comunicativa. Nacque da ciò il
movimento della linguistica cognitiva attraverso cui si fece notare quanto gli aspetti metaforici della
comunicazione sono una forma prevalente del comportamento comunicativo umano. Ad esempio
gli inglesi producono circa 3000 nuove metafore al giorno. Il solo fatto che la metafora si manifesti
regolarmente nel discorso umano e che possa essere facilmente capita rende ovvio che essa è
ben altra cosa da un’opzione stilistica.
L’autocomunicazione
Non esiste soltanto la comunicazione “mittente-destinatario”, ma anche la comunicazione “io-io”
dove il mittente trasmette un messaggio a se stesso che ha una funzione psico-culturale. Un
esempio è sicuramente il diario attraverso il quale il soggetto espone le vicende nella propria vita
analizzandole tramite varie annotazioni. I nuovi strumenti della comunicazione sono supporti
terapeutici che permettono anche di superare alcune questioni personali, e il senso distruttivo
dell’alienazione, tematica oggi trattata in molte letterature. Essa può essere definita come
privazione di potere individuale, un’assenza di significato, un rifiuto a partecipare al processo
sociale. Nell’era di Internet si sta riacquistando il senso comunitario attraverso la comunicazione
io-io-altri, altro tipo di comunicazione che vuole raggiungere un pubblico vasto ma che allo stesso
tempo racconta le vicende dell’autore stesso.
La parola interattiva
Come già detto prima, anche il silenzio è comunicativo. Il fatto stesso che non si risponde ai
messaggini, tale strategia di silenzio sembra comunicare molto più di una risposta istantanea,
anche se conflittuale. Quindi non parlare è un segno potentissimo.
La corporeità nella comunicazione da computer
L’assenza del corpo fisico nelle comunicazioni digitali ha trasferito un senso ionico della corporeità
alla parola. L’azione del corpo fa parte della comunicazione orale, ma anche di quella scritta in
quanto implica l’uso delle mani. Infatti digitale significa con le mai. Una caratteristica assai evidente
della CMC (comunicazione mediata da computer) è la simulazione del corpo attraverso l’iconicità
delle immagini. L’esempio lampante è costituito dagli emoticon e dagli smiley. Gli smiley sono
simboli grafici che rappresentano un volto stilizzato e che vengono utilizzati nei messaggi digitali
per simulare la mimica facciale. Quindi la persona che sorride o che fa l’occhiolino. Oggi i caratteri
si sono trasformati in vere e proprie faccette che permettono di esprimere lo stato d’animo di una
persona.
Un altro scopo fondamentale è quello di chiarire gli enunciati e di assicurare che il destinatario
interpreterà in modo giusto l’intenzione del mittente. Se nell’enunciato c’è uno smiley, si può
sbagliare per quanto riguarda il significato ma l’intenzione del mittente di trasmettere la sua
emozione è reale. Ci fanno anche capire le intenzioni e i sentimenti dell’autore di un testo: vediamo
il mondo come lo vede l’autore, dalla sua posizione, dalla sua ottica particolare.
Il mondo virtuale sta mutando in un mondo che simula la realtà e in molti casi permette di
sostituirla. Molti smiley riescono a recuperare un aspetto della comunicazione faccia-a-faccia che
richiede obbligatoriamente la presenza fisica. La cosa interessante è che sta emergendo un vero
linguaggio globale pittografico. Non vi è nessuna regola che definisca come rappresentare le varie
emozioni, vi sono solo convenzioni emerse spontaneamente online che hanno dato vita gli smiley.
Essi costituiscono il primo vero linguaggio universale, una sorta di Esperanto pittografico che non è
stato creato artificialmente da una singola persona. La CMC sembra avere impatti assai profondi
anche su coloro che non la usano. Sembra proprio che la CMC tenda ad attenuare i rischi presenti
nella comunicazione faccia-a-faccia.
Parola e realtà
Oggi si possono provare sensazioni corporee tramite computer che vengono esattamente
percepite come se fosse reali. In The Matrix il protagonista Neo scopre che tutto quello che lui ha
sempre ritenuto reale non è altro che una ricostruzione al computer. La virtualità del computer è
oggi molto usata in ambienti di lavoro. Nella realtà che il computer ci permette di creare ci si
muove non solo per conoscere il mondo ma spesso per fuggirlo. Da un lato il soggetto è conscio
del fatto di accedere ad un ambiente fittizio, diverso dalla realtà quotidiana, ma d’altro lato facendo
esperienze all’interno dell’ambiente, si pone nella condizione di non poter distinguere più tra eventi
interni ed eventi virtuali. La realtà esterna viene fatta fuori molto spesso per ricrearne una più
piacevole e più facilmente controllabile. La rottura con il mondo esterno porta per&og