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UNA RETE PER I DIRITTI
Può il mondo del web avere delle regole? Questi interrogativi accompagnano da sempre le
discussioni sul futuro di Internet.
Internet è il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto ed è al rete che avvolge
l’intera pianeta ma non ha sovrano. Più internet cresceva più si è fatta aggressiva la pretesa degli
Stati di far valere le loro antiche prerogative , di continuare a considerare la rete come l’oggetto del
desiderio delle sovranità esistenti. Però non è possibile stabilire una sovranità nel cyberspazio,
quindi impossibilità, inutilità e illegittimità di qualsiasi regolazione di Internet.
Sull’orizzonte originario di Internet si staglia il mito fondativo della democrazia: l’agorà di Atene. Nel
villaggio globale, nell’immensa sua piazza virtuale, sarebbe stato possibile ricostruire le condizioni
della democrazia diretta. Internet sarebbe venuta in soccorso della morente democrazia
rappresentativa. È stato proposto un “Congresso virtuale” che avrebbe dovuto sostituire il Senato e
la Camera dei rappresentanti, affidando a tutti i cittadini il diritto di decidere sulle leggi attraverso il
voto elettronico.
Proprio il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0, quello delle reti sociali, ha attribuito una dimensione
nuova al rapporto tra democrazia e diritti. Si sono arricchite le possibilità di azione organizzata, non
solo e non tanto dal punto di vista quantitativo, quanto piuttosto per la qualità dei soggetti che sono
ormai in grado di articolare in modo nuovo le relazioni sociali. Continuando ad usare sempre più
intensamente la tecnologia, la vita esce dallo schermo e invade e ridefinisce la sfera pubblica e
quella privata, e disegna una ridistribuzione dei poteri.
Vi sono stati vari eventi di fama mondiale che sono stati resi possibili grazie all’utilizzo di internet
come mezzo. Nel 1999 a Seattle , in occasione della grande manifestazione e contro il WTO,
l’Organizzazione mondiale del commercio. Questa manifestazione non sarebbe stata possibile
senza la rete, che mise in contatto gli attivisti e identificò le modalità dell’azione. Assunse
significato quando uscì dalla piazza virtuale e si materializzò in quella reale, nelle strade di Seattle,
dove i manifestanti bloccavano i delegati e impedivano loro di raggiungere il Convention Center,
luogo della riunione.
Il mondo nuovo della rete, l’uso massiccio di Internet, non possono essere rappresentati come una
discontinuità radicale, come l’entrata in una dimensione nella quale non si trovano più tracce del
passato. Essa è caratterizzata da una fase di transizione, dove il nuovo fatalmente deve convivere
con il vecchio, di cui tuttavia trasforma il significato. Accade sempre più spesso che l’attivismo in
rete avvii pure una fase ulteriore, rappresentata proprio da riunioni fisiche tra le persone
interessate. Si deve sottolineare come le piazze, luogo storico della comunicazione politica,
svuotate dalla televisione, siano state di nuovo riempite grazie appunto al ruolo giocato dalle reti
sociali.
Siamo di fronte ad una integrazione tra vecchi e nuovi media, anzi ad un gioco di rinvii, destinato a
presentarsi in forme continuamente rinnovate. L’euforia immediatamente successiva alla caduta
dei regimi autoritari nordafricani ha indotto molti attivisti ad identificare questo successo con lo
strumento che più visibilmente gli era stato associato, così che si è chiesto che Facebook venisse
riconosciuto come diritto fondamentale della persona.
Attraverso la considerazione dei diritti fondamentali, si giunge così al tema della cittadinanza
digitale. Punto di partenza di questa riflessione è il diritto di accesso a Internet inteso non solo
come diritto a essere tecnicamente connessi alla rete ma come espressione di un diverso modo di
essere della persona nel mondo, dunque come un effetto di una nuova distribuzione del potere
sociale. Il diritto di accesso si presenta ormai come sintesi tra una situazione strumentale e
l’indicazione di una serie aperta di poteri che la persona può esercitare in rete. La cittadinanza
digitale non è diversa dalla cittadinanza che si è consolidata nella fase più recente. Essa è
dinamica e accompagna la sua persona nel suo essere nel mondo, integra la dotazione di diritti
tutte le volte che questo suo ampliamento viene sollecitato dall’incessante mutamento prodotto
dall’innovazione scientifica e tecnologica. È necessario chiedersi se davvero il riconoscimento di
un nuovo diritto, cioè quello di accedere ad internet, sia necessario in sistemi che sono
caratterizzati dall’art. 21 della Costituzione che garantisce il diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, scritto e ogni altro mezzo di diffusione, come per l’Italia.
Ovviamente Internet si presenta più specifico rispetto alla stampa e la televisione. Nessuno può
vantare il diritto di accedere alla stampa o alla televisione se non nei casi singoli dell’esercizio del
diritto di rettifica o del diritto alla parità di trattamento televisivo in occasione come le campagne
elettorali. Sono diverse le modalità tecniche attraverso le quali in diversi paesi si è dato
riconoscimento al diritto di accesso. Si manifestano continue iniziative che considerano Internet
come un territorio dove si possa liberamente intervenire, e la debole o nulla tutela nei confronti di
queste è giustificata dai giudici con l’inesistenza di una specifica garanzia costituzionale.
L’apertura verso un diritto a Internet rafforza indirettamente il principio di neutralità della rete e la
considerazione della conoscenza in rete come bene comune al quale deve essere sempre
possibile l’accesso. La questione non interessa la politica interna dei singoli stati ma è una
peculiarità della rete un gioco continuo di rinvii interazioni e connessioni che attribuisce a ciascuna
iniziativa la capacità di contribuire alla costruzione di una trama comune, grazie alla quale le
iniziative locali si rafforzano e possono individuare più generali linee di sviluppo.
Per un riconoscimento dell’accesso a Internet come diritto fondamentale bisogna tenere in mente
due implicazioni. La prima riguarda il tema generale del rapporto tra rete e strumentazione
giuridico-istituzionale che viene così liberata dal sospetto permanente di interferenza indebita e di
controllo esterno e ricondotto all’opposta logica della garanzia della libertà della rete e dei soggetti
che agiscono in essa. La seconda riguarda l’esistenza di un diritto fondamentale che porta con sé
un ben più sostanziale vincolo per tutto ciò che riguarda gli interventi pubblici relativi alla possibilità
stessa di utilizzare la rete. Obbedendo alle pressioni esercitate dalle grandi società che
distribuiscono musica e film, la tutela del diritto d’autore è stata convertita in normative che
prevedono la disconnessione da internet di coloro i quali scaricano illegalmente contenuti dalla
rete. Internet sta diventando il luogo dove concretamente si svolgono rapporti significativi tra
cittadini e Stato, non solo per quanto riguarda la disponibilità di informazioni, ma per la stessa
possibilità di accedere a servizi e adempimenti amministrativi. Le stesse dinamiche che governano
la rete individuano nel diritto fondamentale all’accesso ad Internet una condizione necessaria per il
mantenimento della democraticità di un sistema. Internet è diventato uno strumento indispensabile
per rendere effettivo un gran numero di diritti fondamentali, per combattere la diseguaglianza e per
accelerare lo sviluppo e il progressi civile, la garanzia di un accesso universale a Internet deve
rappresentare una proprietà per tutti gli Stati.
La resistenza contro il diritto fondamentale all’accesso ad Internet come contro ogni diritto
fondamentale ha la sua profonda ragione nella consapevolezza che ogni diritto introduce un
vincolo. La vincenda della rete mette a nudo appunto le relazioni di potere e i conflitti che esse
generano nella dimensione del cyberspazio. La neutralità della rete trova il suo fondamento
nell’eguaglianza e consiste nel divieto di ogni discriminazione riguardante i dati e il traffico su
Internet. La neutralità è la precondizione perché il diritto di accesso ad internet non venga
sostanzialmente svuotato, impedendo, attraverso una censura di mercato esercitata dagli
intermediari che taluni soggetti o contenuti possano contribuire alla costruzione del bene globale
della conoscenza. In particolare la libertà dell’imprenditore in rete incontra due specifici limiti. Il
primo è legato alla neutralità della rete e consiste nel divieto di ogni discriminazione. Il secondo
muove dalla considerazione della conoscenza in rete come bene comune e vigila affinché questo
bene non venga più o meno direttamente trasformato in merce. Esistono anche dei diritti
dell’imprenditore così come devono essere presi in considerazione i diritti dell’autore di fronte ad
un uso della rete che ne consente la violazione nella forma definita come pirateria.
Diritto di accesso riguarda sia la conoscenza in uscita quella che ciascuno può attingere alla rete
sia quella in entrata prodotta appunto da tutti coloro che la accrescono con il loro intervento. Esso
ha delle condizioni ben precise: se si torna all’accesso in entrata emerge con nettezza il profilo
della censura che viola il diritto di cercare e ricevere informazioni. Nell’articolo 19 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo si parla anche del diffondere informazioni, diritto che
può essere violato non solo con forme vecchie e nuove di censura ma negando il diritto
dell’anonimato. Ad esempio per il dissidente politico rifiutasi in un altro paese, la rispettiva identità
disvelata può portare a persecuzioni e minacce. L’anonimato si presenta come una precondizione
della libertà di manifestazione del pensiero così che non può essere considerato soltanto come
una componente dello statuto del rifugiato, ma come un elemento costitutivo della versione digitale
della cittadinanza.
Negli ultimi tempi due grandi poteri della rete quali Google e Facebook e alcuni Stati autoritari
come la Cina hanno scelto la strada della real name policy subordinando l’accesso alla
dichiarazione della propria identità. Da qui sono nati conflitti che nascono dalla distinzione
necessario che vi è tra anonimato e pseudonimo. Al pseudonimo si può ricorrere sia non per
falsificare la propria identità che avere un riconoscimento sociale più forte di quello legato ai dati
anagrafici. Ma anonimato e pseudonimo impediscono a