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La comunicazione verbale è lo studio della correlazione delle strutture del messaggio verbale o testo con la
funzione comunicativa.
CAPITOLO 2 – VERSO UN MODELLO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE
Descriviamo le componenti della comunicazione verbale, soffermandoci in particolare su quelle componenti
(semiosi categoriale e deittica) che la caratterizzano più propriamente come “verbale”, cioè come attività
compiuta dall’uomo valendosi della parola.
La comunicazione rappresenta un momento essenziale e indispensabile dell’interazione umana e questa è
riconducibile, a sua volta, all’incontro di azioni.
I primi modelli
1. Ferdinand De Saussure → circuit de la parole
Gli interlocutori dialogano scambiandosi segni: ciascuno dei due produce segni
materiali (fonetico-acustici) e interpreta quelli prodotti dall’interlocutore in
base alla propria conoscenza della lingua.
2. Karl Bühler → il segno
Elabora il concetto di lingua come strumento per comunicare. Incentrando l’attenzione
sull’analisi funzionale del segno lo colloca al centro di un triplice rapporto che coinvolge
il livello oggettuale, il mittente e il ricevente in tre fasci di relazioni.
Per l’emittente il segno è un sintomo che ha funzione di espressione, il ricevente coglie
il segno come segnale che ha funzione di appello e rispetto all’oggetto il segno è un
simbolo che funge da rappresentazione.
3. Claude Elwood Shannon → teorema di Shannon
Questo modello, elaborato in ambito matematico-informatico, riduce la comunicazione a una trasmissione di
informazioni e definisce le limitazioni alla comunicazione in termini di disturbi del canale o rumore.
4. Roman Jakobson → fattori fondamentali della comunicazione
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Parlare serve per comunicare e comunicare è un fatto complesso che nasce di volta in volta in rapporto a
diverse funzioni: si comunica per esprimersi, raccontare, spiegare etc. Si ispira al modello di Bütler.
Nel suo modello Jakobson mette a fuoco sei fattori fondamentali della comunicazione a cui corrispondono
sei funzioni testuali. La funzione dominante di un testo dipende dall’orientamento prevalente del messaggio
verso uno dei sei fattori costitutivi.
Fattori fondamentali della comunicazione: contesto
mittente messaggio destinatario
contatto
codice
Funzioni testuali: referenziale
emotiva poetica conativa
fàtica
metalinguistica
La prospettiva pragmatica
Nata nell’ambito della filosofia del linguaggio come modello per spiegare la comunicazione verbale in termini di
azione, la teoria degli atti linguistici (speech acts) è stata elaborata da John Austin nel 1962.
Austin parte dall’osservazione di un fenomeno particolare: in alcuni casi il fatto stesso di pronunciare una certa
espressione produce un cambiamento nella situazione reale (ex. licenziare – prima e dopo).
Ogni uso del linguaggio è, in qualche modo, “performativo” nella misura in cui provoca un cambiamento nella
realtà. Da qui il termine speech act.
La teoria degli atti linguistici distingue tre diverse “azioni” compiute nella formulazione di un discorso:
1. atto locutivo: l’atto stesso di parlare;
2. livello illocutivo: azione che si intende compiere;
3. atto perlocutivo: azione che provoca un certo effetto sul destinatario.
John Searle elabora il lavoro di Austin, approfondendo il livello illocutivo del discorso per descrivere la tipologia
degli atti che il parlante può compiere attraverso il linguaggio.
Parallelamente ad Austin e Searle, Paul Grice sviluppa un ulteriore modello, basato sul principio di cooperazione e
sulle massime della comunicazione: mette a fuoco il fatto che ogni intervento nel discorso deve rispondere ad una
serie di requisiti per essere comunicativamente adeguato.
Il modello di Grice viene ampliato e precisato dalla teoria della pertinenza di Sperber e Wilson. Si tratta di un
modello della comunicazione in cui gli autori sottolineano l’importanza del contesto per interpretare il messaggio
verbale. Del contesto fanno parte anche i parlanti stessi, con le loro conoscenze che ciascuno presuppone che
l’altro abbia. Tutti questi elementi guidano i processi inferenziali che costituiscono la componente fondamentale
dell’evento comunicativo. 4
L’atto comunicativo come evento
In che senso l’atto comunicativo è un evento? Un evento è una qualsiasi cosa che (ci) accade. Si parla di evento
quando si ha a che fare con qualcosa che accade e ci tocca, cambia e sposta più o meno direttamente. Quando un
evento comunicativo si compie produce un cambiamento nel destinatario e questo cambiamento è il “senso”
dell’avvenuta comunicazione.
Uno scambio di segni che produce senso
Tra tutti gli eventi che popolano il mondo, c’è la classe degli “eventi comunicativi”, intesi come gli eventi che i
soggetti umani producono per comunicare, per trasmettere l’uno all’altro un messaggio portatore di un senso. La
proprietà di produrre senso è tipica dei messaggi e viene studiata dalla semiotica (scienza dei segni) e dalla
linguistica (scienza dei segni verbali o linguistici), che affrontano la domanda “quali sono gli aspetti essenziali del
messaggio?”
La parola senso ha una grande polisemia, cioè ha molti significati diversi. In italiano si usa per dire direzione
quando diciamo che una strada è percorribile “a senso unico”, ma se diciamo che una persona “ha buon senso”
intendiamo dire che questa persona sa valutare le circostanze in modo ragionevole. Se invece parlo dei “cinque
sensi intendo gli organi di percezione. L’espressione “non ha senso” rappresenta un’accezione interessante. Se
una persona dice “Mio figlio non guida, è sposato” si pensa che scherzi, a meno che sia un matto, perché quello
che dice non ha senso.
Si pensa che ci sia un collegamento tra il senso e la ragionevolezza; un fatto “ha senso” quando ha un rapporto
con la ragione. Il non-senso esiste? L’unico non-senso potrebbe essere quello dei testi prodotti da psicopatici, il
tentativo di esprimere un disagio profondo.
Quando si parla di non-senso bisogna, pertanto, distinguere diversi livelli: nella dimensione ultima, comunicativa
(teatro dell’assurdo) il non-senso esiste perché il testo è tutt’altro che insensato e ha un forte messaggio da
trasmettere allo spettatore. Negli esempi “artificiali” il non-senso si da, ma solo come esito “metalinguistico”
(esempi inventati dai linguisti) e non come realtà comunicativa.
Per capire meglio che cos’è il senso è utile mettere a fuoco la distinzione tra due concetti: notizia e informazione.
Un’informazione, per poter essere considerata una notizia, deve essere pertinente per il destinatario. Bisogna
comunque che l’informazione risulti oggettivamente interessante per il destinatario. Il comunicatore seleziona e
comunica solo alcune delle informazioni che costituiscono il suo “database del mondo”, quelle che ritiene
pertinenti per il destinatario.
Comunicare è agire
Si ricorre alla comunicazione tutte le volte che il singolo soggetto non è in grado, da solo, di realizzare un proprio
scopo e, pertanto, cerca di coinvolgere altri soggetti. A questo punto gli scenari possibili sono due:
- se i due soggetti condividono lo scopo si realizza un’attività di cooperazione (soccorrere un ferito);
- se gli obbiettivi dei due agenti sono complementari ciascuno dei due agisce perseguendo il proprio obbiettivo
ma ricorre all’altro affidandosi a lui per la realizzazione del proprio obbiettivo: si tratta allora di interazione.
L’interazione può essere rappresentata, descrivendo i soggetti come agenti capaci di iniziativa nella realtà, capaci
di immaginare stati di cose corrispondenti ai loro desideri e di decidere di realizzarli → catena di realizzazione.
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L’aspetto pertinente di tutta la vicenda sta nel fatto che l’interazione non-comunicativa (scambio caffè-soldi al bar)
richiede la mediazione di un’interazione comunicativa. Quest’ultima si realizza attraverso l’attivazione della
catena di realizzazione di cui fanno parte anche gli atti linguistici costitutivi della comunicazione verbale.
I fattori della comunicazione verbale soggettività implicate
semiosi ostensione inferenza
categoriale deittica
Semiosi
Sabrina e Daniele salgono su un autobus affollato e parlano, cercando di distinguere quel che si dicono dal
sottofondo di rumori e da quello che dicono le altre persone.
Siamo abituati a distinguere gli eventi semiotici dagli altri eventi, pur senza renderci conto del diverso
trattamento che riserviamo a questi due tipi di realtà, che si presentano alla percezione sensibile in modo analogo.
I discorsi delle altre persone e il rumore del motore hanno la stessa natura fisica delle parole che si scambiano
Sabrina e Daniele: la differenza sta nel fatto che Sabrina ascolta le parole di Daniele non come evento fisico
qualunque, ma come un evento fisico che Daniele produce espressamente per comunicare con lei un significato. Il
rumore dell’autobus, invece, è una conseguenza (fisica) delle esplosioni e degli attriti nel motore (questo rumore
non viene realizzato apposta per significare qualcosa). Anche i discorsi delle altre persone sono solo un “rumore di
sottofondo” per chi non prende parte alla conversazione, mentre per gli interlocutori sono eventi semiotici.
Gli eventi semiotici sono reali e fisici (le parole che diciamo sono costituite materialmente da movimenti
dell’apparato fonatorio, le onde sonore mentre le parole scritte sono fatte di inchiostro o di onde luminose, come
lo schermo del pc). Questi eventi fisici non si esauriscono in se stessi: sono stimoli a cui è associato un significato.
Il segno è una realtà complessa che unisce inscindibilmente due diverse realtà: c’è qualcosa di fisico, o meglio di
“percettibile con i sensi”, che rimanda a qualcosa di non-fisico, il valore linguistico.
Significante e significato
Ci sono tanti tipi di segni quanti sono i sensi (i percettori) dell’uomo e le loro combinazioni possibili.
Sabrina e Daniele hanno voci di altezza molto diversa; quando Daniele ripetere la frase che Sabrina non ha sentito,
parla a volume più alto; Daniele parla più rapidamente, Sabrina più lentamente. Per realizzare un atto
comunicativo verbale, occorre produrre dei suoni concreti attraverso le corde vocali.
La “faccia” fonetica del segno non consiste tanto nella sua realizzazione materiale, quanto in un modello (pattern)
di realizzazione, che consente di riconoscere il segno, nonché di riprodurlo. Questo modello di realizzazione è
detto strategia di manifestazione.
Ognuno ha un suo concetto