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FUNZIONI INTERAZIONALI DALLA PARTE DEL PARLANTE:
1. Segnali relativi al turno: La presa di turno è spesso indicata da un segnale discorsivo, come allora, ecco, ma, e, pronto (al telefono), con il quale si
prende la parola e si introduce l’enunciato
2. Richiesta di attenzione: mentre alcuni segnali discorsivi, come ehi servono solo per richiamare l’attenzione di un interlocutore da “selezionare”,
altri, come senta/i vengono usati all’inizio dell’enunciato come presa di turno i ma anche per richiamare l’attenzione del l’interlocutore
3. Segnali relativi all’accordo: in genere i segnali relativi all’accordo si trovano alla fine dell’enunciato, e sembrano in qualche modo segnalare anche
la disponibilità a cedere il turno da parte del parlante di turno per sentire il parere dell’altro sull’ argomento o per avere appunto una con ferma di
quello che ha appena detto. Possiamo distìnguere tra:
• segnali che danno per scontato l’accordo da parte dell’interlocutore
• segnali che invece richiedono un accordo o la conferma, in luanto il parlante non è sicuro che la posizione dell’Interlocutore concordi
con la sua o non è lui stesso convinto della verità del suo enunciato
4. Controllo della ricezione: Il parlante usa spesso dei segnali per verificare la ricezione corretta dell’enunciato da parte dell’interlocutore, non solo
nelle situazioni n cui manca il supporto dello scambio visivo ma anche in situazioni faccia-a-faccia, in assenza ad es. di segnali di risposta da parte
dell’interlocutore.
5. Fatismi e meccanismi di modulazione: abbiamo già accennato all’importanza della funzione fatica per i segnali discorsi in genere, che servono per
sottolineare l’aspetto di “coesione sociale” della comunicazione come strumento per creare, consolidare o evidenziare l’appartenenza di un
individuo ad un gruppo.
FUNZIONI INTERAZIONALI DALLA PARTE DELL’INTERLOCUTORE:
1. Meccanismi di interruzione:
2. Conferma di attenzione
3. Segnali relativi all’accordo
4. Segnali relativi alla ricezione
5. Fatismi
FUNZIONI METATESTUALI
1. Demarcativi: segnali cioè tramite cui si organizza il testo dal punto ii vista dell’articolazione e della struttura argomentativa. Tramite i demarcativi
ii possono segnalare anche variazioni di argomento, ed indiare digressioni: nel parlato colloquiale, comunque è molto frequente in questa funzione;
ancora più esplicito cambiando discorso
2. Focalizzatori: i focalizzatori sottolineano i punti centrali del discorso, in genere tramite proprio, appunto, eco. Limitato alla varietà settentrionale è
l’uso di mica. Oltre a questa funzione, alcuni segnali discorsivi/focalizzatori (come se e ma) possono indirizzare e regolare l’elaborazione
dell’informazione a livello cognitivo
3. Indicatori di riformulazione: alla difficoltà di pianificazione ed all’impossibilità di cancellazione pongono in parte riparo i segnali discorsivi di
correzione del caso che ii pariane di turno si renda conto da solo che ha sbagliato, mentre la Dresenza di feed-back favorisce le etero-correzioni, e
parafrasi e le esemplificazioni, in quanto il parlante di turno riceve dall’interlocutore un feed-back negativo, o di disaccordo o di non
comprensione. All’ interno della riformulazione, distinguiamo tre processi distinti:
• indicatori di parafrasi: nella parafrasi si mantiene la corrispondenza tra l’elemento usato inizialmente e quello tramite cui si attua la
riformulazione. Come indicatori di questo processo nel parlato sono freguenti: cioè, voglio dire, diciamo, in altre parole.
• Indicatori di correzione: Gli indicatori espliciti sia di autocorrezione che di etero-correzione nei parlato sono in genere: diciamo,
insomma ecc.
• Indicatori di esemplificazione Certe volte, per farsi capire meglio dall’interlocutore o per argomentare in modo più complesso, si può
utilizzare un esempio, sovente segnalato la mettiamo, facciamo, diciamo, prendiamo, ecco, per/ad esempio
LE INTERRUZIONI
L’andamento della conversazione non è una successione regolare di turni tra A e B ma è spezzato da sovrapposizioni, partenze simultanee, discorsi paralleli,
interruzioni di vario tipo. Prima di tutto si parlerà di discorso simultaneo (DS) nel caso in cui sia il parlante A che l’interlocutore B parlino
contemporaneamente. Casi particolari di discorso simultaneo, che non rientrano nelle interruzioni in senso stretto, sono la Partenza simultanea (PS) e il
Discorso parallelo (DP). La Partenza simultanea si realizza quando due parlanti iniziano a parlare contemporaneamente, e successivamente uno rinuncia al
turno (il problema è chi dei due…), alcune volte invitando esplicitamente l‘altro a continuare a parlare. ^a seconda variabile da prendere il considerazione è
il completamento dell’enunciato da parte del primo parlante CE). Il secondo parlante può iniziare a parlare quando il precedente parlante sta indicando che il
suo enunciato è completato, tramite determinate tracce di tipo linguistico e non linguistico, o, detto in altre parole, quando si trova in un PRT. La terza
variabile che incide sul tipo di interruzione è l’ottenimento del cambio di turno da parte di chi interrompe CT), il fatto cioè che l’interlocutore B, che si è
messo a parlare contemporaneamente ad A, diventa il parlante di turno ed A tace. I tipi di interruzione derivanti dall’incrocio di queste variabili sono i
seguenti:
1. Interruzione semplice (I), caratterizzata dalla presenza di DS, dall’ottenimento del cambio di turno da parte di B, e dal non completamento
dell’enunciato di A.
2. Sovrapposizione (S), caratterizzata dalla presenza di DS, dall’ottenimento del cambio di turno da parte di B, e dal completamento dell’enunciato di
A.
3. I back channels r Interruzione vana (IV) sono entrambi caratterizzati dalla presenza di DS, dall’assenza di cambio di turno da parte di B, e dal non
completamento dell’enunciato di A. Mentre però i back channels sono prodotti senza intenzione di prendere il turno, e quindi l’assenza di cambio
di turno da parte di B è del tutto prevedibile, nel caso dell’interruzione vana l’assenza di cambio di turno da parte di B è un insuccesso, in quanto il
cambio era stato tentato intenzionalmente.
4. Si parla di Interruzione silenziosa (IS), nel caso in cui, in assenza di discorso simultaneo, l’interlocutore prende U turno senza che il parlante di
turno abbia terminato il suo enunciato (perché si trova in un momento di difficoltà, o nella pianificazione del discorso, o nella ricerca di un termine
che gli sfugge), approfittando così del silenzio altrui
5. I Suggerimenti lessicali (SL), infine, come l’interruzione silenziosa, si ritrovano nel caso di assenza di discorso simultaneo e di assenza di
completamento dell’enunciato, ma non ricercano (e conseguentemente, non ottengono) il cambio di turno.
Non solo i tipi di interruzione, ma anche i motivi dell’interni zione possono essere diversi. L’interlocutore cioè può interrompere e sovrapporsi al parlante di
turno con diversi obiettivi conversazionali e non, se teniamo conto del fatto che l’interruzione può essere considerata un indicatore di potere sociale ed
interpersonale. Funzionalmente, ciò che sembra discriminante è l’intenzione o meno di prendere il turno tramite l’interruzione stessa; si parlerà quindi di
interruzioni «supportive» e «competitive» Le interruzioni supportive non mirano ad ottenere il cambio di turno, ma, al contrario, a sostenere il parlante di
turno. Rientrano tra le supportive i back-channels e i suggerimenti lessicali. Le interruzioni competitive, che possono essere considerate tra le strategie di
«minaccia della faccia» o indice di conflitto, comprendono invece l’interruzione semplice, la sovrapposizione, l’interruzione silenziosa, e l’interruzione
vana.
Questa distinzione dicotomica, tra supportive e competitive, in realtà non funziona, per almeno due ordini di motivi:
• Tipi di interruzione classificati sotto una categoria possono assumere il valore funzionale opposto in determinate situazioni. Ad es. un’interruzione
semplice può essere supportiva se viene usata dall’interlocutore per completare il turno del parlante di turno, o un back-channel può svolgere altre
funzioni
• L’effettiva “portata” supportiva o competiriva deve e sere calcolata in base ad un numero maggiore di pararametri, che non il semplice cambio di
turno.
Consideriamo parametri oggettivi i seguenti:
• Tono e/o volume alto 25 della parola/enunciato con cui si interrompe. Sono frequentemente associati alle interruzioni tradizionalmente definite
«competitive»: ombra infatti che l’interlocutore cerchi di “sopravanzare ‘ anche fisicamente il parlante di turno . Al contrario, i back-channels,
soprattutto nella forma di segnali di conferma di attenzione, sono in genere pronunciati con un tono e/o volume uguale, se non inferiore alla paro
la/enunciato che viene interrotto
• Durata della sovrapposizione, che indica il tempo in cui gli interventi di A e B si sovrappongono, senza che A ceda il turno e senza che B receda
dall’interruzione. Si parla in questi casi di «battaglia per il turno»
• Insistenza e persistenza nell’interrompere, con cui si indicano rispettivamente:
L’eventuale ripetizione dell’interruzione dopo un’interruzione vana. La volontà quindi di prendere il turno è forte e supera il primo
insuccesso.
A frequenza delle interruzioni compiute da parte dello stesso soggetto per tutta la durata di una data situazione comunicativa
• Vicinanza di PRT, cioè «il punto di rilevanza transizionale», con cui si identifica il punto terminale delle unità costitutive dei turni, in cui i parlanti
possono scambiarsi il turno. Più si è vicini al PRT, e più è completato l’enunciato, almeno semanticamente, minore sarà la portata negativa o
conflittuale dell’interruzione. In altre parole, se abbiamo già finito il nostro discorso, non ci disturba granché essere interrotti; mentre, se non
abbiamo ancora dato l’informazione essenziale e l’interlocutore non può ancora aver capito quello che abbiamo in mente ed abbiamo intenzione di
dire, il disturbo sarà alto.
• Presenza o assenza di modalizzatori, meccanismi linguistici che tendono a ridurre la portata conflittuale dell’Interruzione, o comunque a
“ripararla”. Tra questi sono frequenti l’imperfetto modale, i segnali discorsivi, sia nella forma di fatismi/allocutivi che di meccanismi di
modulazione
• Accordo o disaccordo proposizionale tra il contenuto dell’enunciato interrotto e quello dell