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Si prende in considerazione il piano del significante come portatore di significato quindi si studiano
i segni di prima articolazione come questi segni si combinano tra loro per formare le parole. La
morfologia studia la struttura della parola: definire rigorosamente il concetto di parola è difficile. La
parola è la minima combinazione di elementi minori portatori di significato, i morfemi (da almeno
un morfema) e spesso attorno ad una base lessicale (un morfema con significato referenziale), che
funzioni come entità autonoma della lingua e possa rappresentare da sola un segno linguistico
compiuto. Ci sono criteri che permettono di definire più precisamente la parola:
a. I morfemi che costituiscono la parola non possono scambiarsi di posto al suo interno ad
esempio: gatt-o e non *ogatt (o-gatt);
b. I confini della parola sono potenziali pause del discorso;
c. Le parole tra loro, nella scrittura, sono tutte separate tra loro;
d. La parola fonicamente si pronuncia con un solo accento primario e non è interrotta.
Scomponendo le parole per ottenere unità di prima articolazione con significato proprio si
ottengono i morfemi. Nel caso di dentale abbiamo tre morfemi: dent- (organo della masticazione)
al- (aggettivo relativo a-) –e (nel senso di singolare) tutti e tre i morfemi possono essere utilizzati
per formare altre parole (dent- dente, dentario, dentista..; al-: stradale, mortale, normale...; -e:
mente, bene, pelle, feroce..). un modo per individuare i morfemi è confrontare la parola data con
altre parole simili come dentale e dentali che contengono due morfemi identici mentre differiscono
per i morfemi –e ed –i quindi si presume che –e sia proprio un morfema, poi dentale si confronta
con stradale da cui si ricava che dent- è probabilmente un altro morfema, infine si confronta con
dente e si ottiene che al- è un altro morfema ancora. Questo procedimento si chiama prova di
commutazione. Il morfema è l’unità minima di prima articolazione portatrice di significato proprio
e con valore e funzione precisi ed individuabili, quindi riusabile in tal modo. Si tratta della minima
associazione di significato e significante. Monema è sinonimo di morfema con il significato
generico di unità di prima articolazione, si distinguono due classi di monemi: semantemi quando si
tratta di elementi lessicali, morfemi quando di tratta di elementi grammaticali. Si distinguono
morfema, morfo e allomorfo: il suffisso –ema designano le unità minime come astratte quindi di
langue, il suffisso –o designa le unità concrete corrispondenti alle astratte (morfema,fonema vs.
morfo, fono). Il morfo è un morfema visto dal punto di vista del significante (come forma).
L’ allomorfo è la variante formale di un morfema con uno stesso significato usando un morfo con la
stessa funzione. Per vedere se si tratta di un allomorfo si deve vedere se i due morfi hanno lo
stesso significato e si posizionano nello stesso luogo della parola. ( -abil-, -ibil-, -ubil- sono
allomorfi di uno stesso morfema perché hanno tutti valore funzionale di formare aggettivi con
significato di potenzialità). I fenomeni di allomorfia in diacronia sono dovuti ai mutamenti fonetici
avvenuti nel passaggio dal latino all’italiano. In sincronia sono dovuti invece a modificazioni
fonetica per la fusione di morfemi chiamati fonosintattici con in- in inutile, il- in illecito che sono
allomorfi di uno stesso morfema quindi prefisso con valore di negazione in- : davanti ad una vocale
[n] finale del prefisso rimane invariata, invece davanti a consonanti laterali, vibranti e nasali [n] si
assimila alla consonante iniziale della parola che segue (illecito, irregolare,impuro, immobile ecc.).
A volte un morfema lessicale nella derivazione viene sostituito da un morfema completamente
diverso ma con ugual significato (acqua idrico) e questo fenomeno si chiama suppletivismo.
Tipi di morfemi
Si classificano i morfemi secondo due punti di vista: la classificazione funzionale, quindi in base
alla funzione svolta, e la classificazione posizionale, in base alla posizione dei morfemi nella
parola.
Tipi funzionali di morfemi
In dentale si ha che dent- è il morfema con significato referenziale, ossia fa riferimento alla realtà
esterna rappresentata nella lingua: ‘morfema lessicale’ detto anche radice o base. Invece -al- ed –
e recano significato interno alla lingua quindi di tipo grammaticale: -al- si attacca ad una radice
modificandone il significato è quindi un ‘morfema derivazionale’, infine –e reca il significato previsto
obbligatoriamente dal sistema grammaticale di una lingua poiché marca flessionalmente la parola
indicando quindi che si tratta di una parola singolare ed è un ‘morfema flessionale’.
Morfemi M. Grammaticali
M. Lessicali:
- formano una
classe aperta M. Flessionali:
M. Derivazionali: - formano una classe chiusa
- formano una classe chiusa
- derivano parole da altre - danno luogo alle diverse
forme di parola
Pur ignorando il significato di un morfema lessicale si conosce sempre il contributo che da un
morfema grammaticale alla radice a cui si aggiunge. In italiano esistono le parole funzionali come
gli articoli, i pronomi personali, le proposizioni che formano classi grammaticali chiuse ma non si
possono definire morfemi grammaticali e alcuni elementi di queste parole possono essere
scomposti in morfemi come lo ( l-o e poi la, le) oppure uno ( un-o e una). I morfemi lessicali sono
chiamati morfemi liberi mentre i morfemi grammaticali si chiamano legati poiché non possono
comparire da soli ma soltanto legati ad altri morfemi. Il processo di derivazione dà luogo a parole
e regola i processi di formazione, la flessione dà luogo alle forme di una parola regolandone il
modo di attualizzarle nelle frasi. Nella lingua prima si opera la derivazione, la formazione della
parola, e poi la flessione delle parole; la conseguenza è che i morfemi flessionali sono sempre più
lontani dalla radice della parola, mentre i morfemi derivazionali sono contigui alla radice. La
derivazione non è un processo obbligatorio, al contrario la flessione lo è. In italiano non esistono
parole costituite dalla radice lessicale nuda ma in altre lingue quali l’inglese o il latino esistono.
Tipi posizionali di morfemi
Parlano della posizione i morfemi grammaticali si distinguono in classi a seconda della
collocazione nelle parole. Un parola è piena non è tale se non contiene un morfema lessicale, che
da solo può costituire una parola autonoma. Le parole funzionali invece sono considerate parole
vuote e sono spesso costituite da un solo morfema. I morfemi grammaticali possono essere
chiamati affissi: tutti i morfemi che si possono combinare con una radice. Esistono diversi tipi di
affissi:
a. Prefissi: si trovano prima della radice (in italiano sono sempre derivazionali);
b. Suffissi: si trovano dopo la radice, i suffissi con valore flessionale (in italiano sempre
all’ultima posizione) prendono il nome di desinenze;
c. Infissi: si trovano all’interno della radice (l’infissazione interrompe la continuità della radice
e crea morfemi discontinui);
d. Circonfissi: contengono al loro interno la radice poiché una parte sta prima e una dopo la
radice.
La trascrizione morfematica permette di analizzare i morfemi che si trovano all’interno di
parentesi graffe ({ }) e sotto di essi si indica il valore e significato di ogni morfema con
abbreviazioni e sigle opportune. {dent}- -{al}- -{e}
“ ”
dente AGG. SG
In alcune lingue esistono i transfissi che si inseriscono alternativamente nella radice e si dividono
essi stessi in parti creando discontinuità nella radice e nell’infisso stesso, su questi tipi di affissi si
basa la morfologia dell’arabo.
Altri tipi di morfemi
Esistono morfemi i cui morfi non si possono isolare, essi sono chiamati sostitutivi perché si
manifestano per sostituzione di un fono con un altro fono, consistono in mutamenti fonetici della
radice e per questo non si possono separare da essa (ingl. foot/feet, goose/geese dove il valore
PL si ottiene per modificazione della vocale della radice). Esistono anche morfemi zero (morfi
zero) come nel caso dell’inglese in cui ci sono parole che nel significante non cambiano dal
singolare al plurale pur essendoci differenze obbligatorie nella grammatica: è il caso di sheep
SG/sheep PL (pecora/pecore). In questi casi il plurale nella forma fonica non viene marcato da
nessun morfo e viene segnalato proprio dall’assenza di morfi. Ciò avveniva anche in latino con
alcuni nomi della terza declinazione che presentavo il caso nominativo con un morfema 0.
Esistono morfemi soprasegmentali (sopraffissi) in cui il valore morfologico sta nella posizione
dell’accento o nel tono (attraverso un tratto soprasegmentale) come nel caso in inglese di record
[‘rɛkɔ:d] “registrazione” e record [ri’kɔ:d] “registrare”. Esistono processi a cui si affidano alcuni
valori morfologici nel caso di certe lingue, uno di questi è la ‘reduplicazione’ ossia la ripetizione
della radice o di una sua parte: indonesiano anak “bambino”/ anak-anak “bambini”. Altra
caratteristica di alcuni morfemi grammaticali è quella di avere più di un significato: in buone {e} ha
valore sia di femminile che di plurale; in latino pulchras puellas “(le) belle ragazze) in accusativo
{as} vale “prima declinazione”, “accusativo”, “plurale” e per quanto vale l’aggettivo anche
“femminile”. Poiché il morfema indica una classe flessionale (prima declinazione) crea problemi
nello stabilire la natura di tale morfema perché esso non ha significato referenziale o
grammaticale. Stesso problema esiste nel caso delle vocali tematiche e perciò in questi casi si
parla di morfemi cumulativi. {pulchr}- -{as} {puell}- -{as}
“ bell(o)” ACC “ragazz(a)” ACC
FEMM PL
a
PL (1 DECL)
Caso più complesso di morfema cumulativo è l’amalgama derivato dalla fusione di due morfemi,
una volta uniti questi due non potranno più essere distinti e riconosciuti, diventando indivisibili.
(articolo i in italiano, derivato dall’articolo determinativo l- e dal plurale –i).
Derivazione e formazione delle parole
I morfemi derivazionali modificano il significato della parola in cui si inseriscono. Essi permettono di
creare una gamma teoricamente infinita, tramite prefissazione e suffissazione, di parole derivate
da una stessa radice lessicale. In italiano ci si pone il problema della vocale tematica nei verbi o
nelle parole deverbali (mangiare, leggere, dormire) che indica l’appartenenza ad una certa classe
di forme della lingue (le coniugazioni). Nel caso delle forme deverbali come socializzabi