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IV. I PLURALI ETEROGENEI DEI TEMI IN -O/E-
Il caso classico è rappresentato dalla coppia loci/loca: il primo anche in senso figurato (anche "luoghi" di un libro cfr. il secondo soltanto in senso proprio. L'opposizione originaria tra il tòpoi, plurale in -i e quello in -ă era diversa: nel primo caso si trattava di un plurale singolativo (che distingue), nel secondo di un plurale collettivo (che ammassa). Il suffisso -a del neutro plurale era un antico suffisso collettivo indoeuropeo, il che spiega come in greco il neutro plurale si dovesse accordare col verbo singolare (pánta). In latino l'opposizione è più ridotta: sopravvive morfologicamente nei doppioni clivi/cliva, colli/colla e il già detto loci/loca. Semanticamente l'opposizione è viva in qualche passo del latino arcaico. Ma altrove i due plurali sono intercambiabili o si sceglie quale usare in base a motivi di eufonia o metrica. La differenza tra
loci eloca classicamente è ormai solo quella secondaria tra senso proprio e senso figurato che si è innestato sul singolativo.V. VIS, SUS, BOSVīs, come il suo corrispondente etimologico è difettivo. Il gen. vīs si trova in Tacito (55 d.C.– 120 d.C.), dove viene corretto in bilis, e nei tardi testi giuridici. Un maestro di concinnitas come Cicerone allinea de vi a maiestatis: nella lingua, anche giuridica, del suo tempo il genitivo non era disponibile. Il suppletivismo vis, robŏris, diffuso solo nella nostra tradizione italiana, si deve – pare – a Luigi Ceci. I due concetti non sono identici infatti: vis è la forza in movimento, di genere animato (cfr. Robur, di genere inanimato, è il “legno (rosso) della rovere” e indica d’Únamij). metaforicamente la forza statica che sostiene e resiste. Solo il plurale vires, collettivo e concreto (cfr. copia/copiae “milizie”, operae/operae “operai”,
-i- (puppium) La desinenza è in entrambi la stessa.consonante (regum)
La regola dei parisillabi – imparisillabi è puramente empirica. I temi in -i- hanno lo stesso numero di sillabe nel nominativo e nel genitivo singolare né temi in consonante, i quali hanno una sillaba in più nel gen. sing. Altri temi in -i- sono divenuti imparisillabi in seguito all’apocope o alla sincopede lla vocale tematica al nom. sing. 24
Temi misti Neutri in -ali- e in -ari-(*animāl(ĭ) > animăl) animal, is gen. plur. animalium
Aggettivi (sostantivati e non) in -ās e -īs
Nostrás, nostratis gen. plur. nostratium (*nostrā-t(ĭ)s > *nostrāts > *nostrass > nostrás)
Samnís, Samnitis gen. plur. Samnitium (*Samnit(ĭ)s > *Samnits > *Samniss > Samnís)
Alcuni monosillabi
Pars, partis gen. plur. partium (*part(ĭ)s > *parts > *parss > pars)
Per analogia molti altri monosillabi, originariamente in consonante, hanno assunto il gen. plur. in -ium.
Alcuni temi in consonante si presentano come
parisillabi e sono di due tipi:
- Pater, mater, frater: sono temi in -r- con alternanza ē / ĕ / in indoeuropeo, i quali in latino hanno generalizzato il grado zero nei casi obliqui e abbreviato la vocale al nominativo.
- Iuvenis, senex, canis, panis, mensis: antichi imparisillabi che la lingua ha reso parisillabi o aggiungendo il suffisso -i- al nom. (*Iuven > Iuvenis) o ricavando i casi obliqui da un tema diverso (senex gen. senis).
Tutto ciò generò confusione e sulla ripartizione delle forme si ebbero due motivi di influenza:
- Comodità metrica di evitare il cretico in poesia esametrica (amāntūm invece di amāntĭūm)
- Posizione degli scrittori di fronte all'antitesi analogia - anomalia
5.4. La flessione verbale
La desinenza dell'infinito originariamente era -se, poi per rotacismo divenne -re. La seconda persona singolare dell'imperativo è uguale al puro tema (vd. supra Radice, tema, desinenza).
TEMATICI Amāre /
amā(presenza della vocale di collegamento Monēre / monētra radice e desinenza) Legĕre / legĕAudīre / audīVERBI ATEMATICI Esse / es 1(la desinenza si unisce direttamente alla radice) Velle / vel (?)Ferre / ferĪre / īLa prassi scolastica ripartisce i verbi tematici in 4 coniugazioni, distinte dalla vocalepredesinenziale. Essa è valida per l'infectum e non tiene conto dei verbi in -io della III coniug.1 Più probabilmente indicativo presente. Si confronti la diversa origine degli imperativi seguenti: dīc, dūc, făc, fĕr, ĕs,tra cui i primi tre sono apocopati (la -ĕ finale compare ancora in Plauto e nei composti), gli ultimi due sono atematici equindi non hanno mai avuto la -ĕ (vocale tematica). Si ricordi anche inger di Catullo (27, 2), analogico di infer, laparticella em < eme "prendi" (accezione originaria di emo) e cfr. ital. to' < togli, ve' < vedi, te' < t(i)eni.25(căpio, căpere), tutti con vocale radicale
breve; sono temi in la cui vocale tematica è venutaparzialmente a coincidere con quella dei temi in -ī- dove questa si è abbreviata o con quella deitemi in -ĕ- dove la ĭ si è aperta: - per apofonia davanti a r (capĭse > capĕre) - in finale (capĭ > capĕ) La ĭ originaria si è conservata in capĭs di fronte ad audīs. Capĭmus vs audīmus Capĭtis vs audītis Capĭte vs audīte Si riconoscano 5 temi raggruppabili in due categorie: 1) temi in vocale lunga (-ā-, -ē-, -ī-) con perfetto e supino prevedibili 2) temi in vocale breve (-ĕ-, -ĭ-) con perfetto e supino variabili 5.5. I principali tipi di verbi derivati I. FREQUENTATIVI (O INTENSIVI O ITERATIVI) Morfologicamente sono verbi in -ā- derivati dal participio perfetto o dal supino. Es. Dico > dictus > dictāre / Quatio > quassus > quassāre / Dormīo > dormītum > dormitāre Dai verbi in -ĭto questo suffisso si è esteso a temi del presente, soprattutto della I- coniugazione(rogo – rogito / poto – potito / clamo – clamito).
- Fu anche utilizzato per creare frequentativi di∅secondo grado (cano – canto – cantito).
- In qualche caso manca il grado intermedio (lego – –lectito) o è attestato soltanto nei composti (facio – affecto – factito).
- Derivando dal participioperfetto, indicante stato, questi verbi sono originariamente durativi.
- Perché questo valore siaevidente è necessario che sussista l’opposizione col verbo primitivo.
- Se il verbo primitivo èscomparso l’opposizione è tra il derivato frequentativo e i composti momentanei (ad-, con-, in-, re-spicio – specto).
- Se il verbo primitivo indica anch’esso stato, il frequentativo ne mette in risalto lacontinuità o la consuetudine (per questo detti anche iterativi).
- Se manca l’opposizione, il valoredurativo tende a sbiadire e si screzia in varie accezioni:
Intensità → Conato → Intermittenza → Consuetudine → Attenuazione (più di rado, in quanto azione diluita nel tempo ≠ intensivi)
Il derivato si può anche essere specializzato in un accezione particolare. Sono verbi prediletti dallalingua d’uso per la loro espressività e regolarità: hanno talvolta soppiantato il verbo primitivo (cfr. specto / nuto) e anche dalla lingua poetica, anche per motivi metrici.
II. INCOATIVI (< incŏho “imposto, incomincio”)
Si tratta di verbi della III coniugazione caratterizzati dal suffisso -sco e starebbero ad indicarel’inizio del processo verbale. In realtà si tratta di processi verbali che si realizzanoprogressivamente, durante un certo spazio di tempo. Indicano un divenire graduale, unprogressivo cambiamento di stato. È il loro dinamismo ad apporsi ai verbi di stato in -ē, egualmente durativi. Se la progressione si concentra in un momento in cui si cambia stato il valore passa
da progressivo a ingressivo, cioè da durativo a momentaneo. Questo mutamento d'aspetto avviene solitamente mediante l'aggiunta di preverbi. Il verbo ingressivo, rispetto all'incoativo, è terminativo o egressivo, indica cioè la completa realizzazione dell'azione.
Incipio rubescere Erubesco
Rubesco Rubĕo, ĕs, rubēre
Negli incoativi in cui il valore ingressivo predomina su quello progressivo si è generalizzata la forma del composto. Più raramente gli incoativi si oppongono a verbi di stato con temi diversi da -ē. Se l'incoativo deriva da un nome, senza l'intermediario di un verbo, si dice denominativo o deverbativo. Se non è chiaro il rapporto oppositivo né quello derivativo il verbo incoativo rischia di perdere la sua caratterizzazione semantica originaria (vd. quiesco). Il suffisso -sco è limitato all'infectum. Il perfetto è comune al verbo di stato,
In quanto nell'azione compiuta non occorre distinguere tra stato e progressione*!
Es. Lucet “è giorno” Luxit “si è fatto giorno” Lucescit “si fa giorno”
Quando il perfectum assunse valore temporale si potè applicare una differenza aspettuale: da unaparte l’aspetto complessivo, comprendente uno spazio di tempo concluso (“dormii due ore”),dall’altra quello ingressivo, indicante un’azione puntuale (“mi addormentai”).
Infectum Perfectum
Statico Ardeo Arsi
Durativo Dinamico Ardesco
Momentaneo Exardesco Exarsi
2 È egressivo rispetto a rubesco, ingressivo rispetto a rubeo.
3 Dicesi di nome che fa derivare la propria forma da verbo, altrimenti detto anche deverbale.
27 L’azione ingressiva può anche essere resa dalla perifrasi INCIPIO / COEPI + INF. oppure mediante sostantivi (in amorem incĭdo “mi innamoro”).