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APOFONIA LATINA
L'apofonia latina è un puro fenomeno meccanico, che non ha valore funzionale come quella indoeuropea, che riguarda unicamente le vocali brevi. Si tratta del mutamento del timbro vocalico che ha luogo quando una sillaba con vocale breve, originariamente in posizione iniziale o finale di parola, viene a trovarsi in posizione interna per composizione o derivazione o flessione.
Consiste nell'indebolimento della vocale che tende a passare da suoni più aperti o chiari (a, e) a suoni più chiusi o scuri (i, u): da facio si passa a con-ficio, da miles a militis.
L'esito estremo dell'indebolimento della vocale è la caduta della vocale stessa (sincope). Non si tratta di una legge, ma di una tendenza che ha operato nella fase preletteraria del latino (prima del III sec. a.C.) e che è probabilmente (anche se sulle cause si è molto discusso) dovuta a un originario accento latino protosillabico, ovvero l'accento si trovava
sempre sullaprima sillaba. Quindi in una parola come confacio, essendo l'intensità tutta sulla prima sillaba, sipassa da confacio a conficio.Fenomeno meccanico sta nel fatto che tra facio e conficio non è l'apofonia che determinaL'apofonia è un fenomeno cheil cambiamento di significato, ma è il preverbio che lo altera.non come nell'altra in cui cambia ad esempio i tempi verbali.riguarda puramente la fonemica,NB: l'apofonia coinvolge, con esiti diversi, le vocali brevi sia in sillaba aperta che insillaba chiusa.L'apofonia completa dà il passaggio da a ad i. Oppure può essere interrotta e diventare e.Abbiamo anche un'apofonia da a ad u, ma è più limitata. Tutto ciò secondo lo schema vocalicoI UE OAAPOFONIA IN SILLABA APERTA: la vocale evolve > i(breve)- a>ifacio> *con-facio> conficioago> *ex-ago> exigo (* indica forme non attestate ma presupposte)- e>isedeo>
ob-sedeo> obsideolego> inter-lego> intelligo- o>ilocus> *in-loco> ilico- u>icaput> *caputis> capitis
Se la sillaba è aperta e quindi più debole si passa al cambiamento completo da a ad i. Se l'apofonia interviene ma non si invece la sillaba è chiusa e quindi protetta da consonante, completa e si interrompe alla e.
a>efactum> *con-factum> confectumcaptum> *in-captum> inceptumannus> *bi-annium> bienniumdittongo ae (che deriva da ai)> ei> ī-Caedo (< *caido)> *con-ceido> concidoQuaero (< *quairo)> *re-queiro> requiroau> eu> ū-claudo> *ex-cleudo> excludo
Tutto ciò diventa fondamentale per l'accentazione delle parole e in particolare dei verbi composti. Poiché l'apofonia aiuta quando ci troviamo di fronte a una sillaba penultima aperta di cui va determinata la quantità vocalica, poiché se sappiamo che un verbo è apofonico sappiamo che la
sillaba è breve. ago> ex+ago> exigo, exigis— la i è breve e quindi l'accento è éxigo, éxigisec-si-gorego> con+rego> corrigo, corrigis—cor-ri-go la i è breve e quindi è còrrigo, corrigis. Però bisogna fare differenza tra i verbi apofonici con numero diverso di sillabe tra la prima e laseconda persona. Tipo facio, facis, e quindi anche il composto conficio, conficis.—con-fi-ci-o, con-fi-cis confìcio, cònficisSINCOPEcalidus> caldusCasi particolari di syncope con apofonia, aka l'apofonia che determina poi una sincope:particolare perché c'è la semiconsonante)> *ab-j(i)cio>- iacio (ja-ci-o abicio, abicis. Siincontra la i semiconsonantica e la a, che diventa ĭ con apofonia. La sincope fa cadere lai breve e quindi la i semiconsonantica diventa vocale.- quatio (qua-ti-o)> *con-qu(a)tio> concutio, concutis. La a cade perché accostata aun altro suono vocalico.
ROTACISMO
Fenomeno consonantico, avvenuto già prima del IV sec a.C. che consiste nel passaggio di -s- intervocalica pronunciata sonora (zzz) a r.- amase> amare, monese> monere
L’infinito dei verbi era dato dal tema dei verbi più la desinenza -se, sostituita poi con -re.- honos, *honosis> honoris- tempus(< tempos), *temposis> temporis
Ci sono alcune eccezioni. Il rotacismo non si applica quando la s è geminata, aka doppia s.- Non vale per esse, a cui si aggiunge normalmente la desinenza -se, gessi (perfetto del verbo gero (< geso)), causa (<caussa, rimane perché generata da una s geminata).- Altre eccezioni sono rosa, asinus (parole non indoeuropee), miser, Caesar per evitare l’incontro di due r *mirer, *Caerar)(dissimilazione
RADICE, TEMA, SUFFISSO, PREFISSO, DESINENZA (MORFOLOGIA NOMINALE)
● l’elemento minimo comune a una famiglia di parole ed esprime il significato
Radice: fondamentale (reg-)
Desinenza: parte finale variabile di una parola (regno, regnum), quindi nei sostantivi, aggettivi e pronomi è quello che indica numero, caso e genere. Nei verbi indica la diatesi, il modo, il tempo e la persona.
L'elemento intermedio tra radice e desinenza
Suffisso: (regula, regina)
Prefisso: precede la radice, quindi può tipicamente essere un preverbio (erigo)
Tema: parte rimanente di una parola, a finale variabile, senza la desinenza. Può coincidere o meno con la radice ma talvolta include anche il suffisso (regula, regina)
La differenza tra radice e tema è importante per quanto riguarda le declinazioni. Propriamente, è bene fare riferimento alle declinazioni in base alla vocale tematica tipica di una declinazione. La prima declinazione ha temi in -ā-, la seconda ha temi in -ŏ/ĕ-, la terza ha temi in consonante/ temi in -ĭ-, la quarta ha temi in -ŭ-, la quinta in -ē-. Originariamente, la ā del tema della prima declinazione era presente
in tutta la flessione. Nell'evoluzione della lingua la vocale tematica può scomparire o subire mutamenti a seguito dell'incontro con le desinenze. L'ablativo plurale. Il dativo e sono gli unici casi in cui la a scompare totalmente, in una contrazione dal causa-is originario arcaico. Anche la seconda declinazione ha una genesi simile alla prima. Il tema era la ŏ, come l'analoga declinazione greca. La seconda declinazione è l'unica che ha il nominativo e il vocativo diversi (unico caso in cui compare la vocale tematica ĕ), ed è una traccia di alternanza apofonica indoeuropea, tra il tema e (medio) e il tema forte o, e qui era funzionale poiché distingue due casi diversi, ovvero il nominativo e il vocativo appunto. È dibattuto come si arrivi al genitivo in i lunga. Secondo le ipotesi basate sulle iscrizioni si pensa che si abbia un genitivo in -sio. Nonostante quindi noi adesso abbiamo lupo e lupo sia in dativo che in ablativo; in
Origine erano in realtà due forme diverse perché la lingua aveva tutta la necessità di differenziare le forme.
Nel genitivo plurale luporum la o si allunga in analogia con il genitivo della prima declinazione, non originale, poiché si usa lupo-um. Il genitivo in -um rimane tuttavia in alcune forme arcaiche o poetiche come deum per deorum (pro deum fidem!) oppure virum in luogo di virorum, soprattutto nei composti come triumvirum.
L'elemento che identifica una declinazione è quindi la desinenza del genitivo singolare, però prendendo dal genitivo plurale, per tutte le declinazioni, possiamo risalire al tema originario togliendo la desinenza del genitivo che è o -rum (prima, seconda e quinta) o -um (terza e quarta).
La quinta declinazione è particolare che probabilmente fu un'invenzione latina abortita, che fonde insieme caratteristiche della terza declinazione (nominativo in s) ma un genitivo plurale in -rum che richiama la prima.
Ma mentre la quarta era abbastanza produttiva, perché sono sostantivi che prevalentemente derivano da verbi come exercitus, exercitus, oppure impetus, impetus (originano dal supino dei verbi). La quinta ha solo due termini che si declinano per intero, mentre per altri abbiamo solo il singolare.
LA TERZA DECLINAZIONE è la più complessa (oltre che la più usata) perché non si può risalire immediatamente al nominativo dal genitivo per una serie di trasformazioni fonetiche. A livello scolastico si usa la distinzione di parisillabi e imparisillabi che non è una distinzione morfologica ma è empirica che in qualche modo funziona, impiegata già dai grammatici tardo antichi per spiegare che nella terza declinazione tradizionalmente si distingue tra nomi che hanno il genitivo in -um e nomi che hanno il genitivo in -ium. Noi abbiamo visto che non è propriamente così ma semplicemente che i temi in consonante aggiungono direttamente
-um al genitivo, mentre i temi in i aggiungono -um alla i e quindi viene-ium.
Riprendendo parisillabi e imparisillabi quindi, i temi in i sono quelli generalmente parisillabi perché hanno solitamente lo stesso numero di sillabe tra il nominativo e il genitivo. I temi in consonante sono invece generalmente imparisillabi perché hanno un diverso numero di sillabe tra il nominativo e il genitivo.
La terza declinazione è una declinazione mista che unisce due declinazioni originariamente distinte, una con temi in consonante, l'altra con temi in -i-. I due gruppi si sono talora confusi a causa delle naturali modificazioni della lingua e degli influssi analogici.
Per i nominativi della terza distinguiamo tra un nominativo sigmatico in -s per i nomi maschili e femminili con tema in muta (velare, labiale, dentale), e un nominativo asigmatico (puro tema) per nomi maschili, femminili e neutri in liquida e nasale.
Per i nomi neutri come corpus, tempus, la s non è desinenza.
ma fa parte del tema, che poi vaincontro a rotacismo in casi come il genitivo corporis. La desinenza del dativo e ablativo plurale è in realtà -bus, perché la i è parte del tema ma che per analogia si applica anche a quelli in tema in consonante. FORMAZIONE DEL NOMINATIVO (sigmatico) - Velare: c/g + s > x: *duc-s>dux, ducis; *reg-s>rex, regis - Labiale: p/b + s> bs: *pricep-s, princip-is (apofonia); pleb-s, pleb-is - Dentale: t/d + s> s: *libertat-s> libertas, libertatis; *milet-s> miles, militis (apofonia) FORMAZIONE DEL NOMINATIVO (asigmatico) - Liquida (l/r): nom= tema puro: sol, sol-is - Nasale: -n, cade per lo più, tranne nei neutri: regio(n), region-is; flumen, flumin-is - Sibilante: rotacismo: honos, honor-is; corpus (<*corpos), corpor-is Alcuni temi in i- conservano in tutta la declinazione l