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SONETTO 6 (FOLLE CORSA APOLLINEA)

Parafrasi

Si traviato è 'l folle mi' desio il folle mio desiderio è così sviato

a seguitar costei che 'n fuga è volta, per seguire costei che fugge,

et de' lacci d'Amor leggiera et sciolta e priva del peso e dell'impaccio dei lacci d'amore

vola dinanzi al lento correr mio, vola davanti alla mia lenta corsa,

che quanto richiamando più l'envio che quanto più chiamandolo con la voce cerco di dirigerlo a

per la secura strada, men m'ascolta: percorrere la strada sicura meno mi dà retta, né mi serve

né mi vale spronarlo, o dargli volta, spronarlo o incitarlo o tirarlo con le briglie per voltarlo indietro,

ch'Amor per sua natura il fa restio. perché Amore per sua stessa natura lo rende recalcitante.

Et poi che 'l fren per forza a sé raccoglie, e dopo che (poiché temporale non causale) si impadronisce

i' mi rimango in signoria di lui, del freno con la forza, io resto in suo potere che mio mal

che mal mio grado a morte mi trasporta: grado mi conduce alla morte:

Parafrasi

sol per venir al lauro onde si coglie (e tutto ciò) solamente per raggiungere il lauro dal quale si

acerbo frutto, che le piaghe altrui coglie un frutto aspro che quando sia gustato inasprisce le

gustando affligge più che non conforta. ferite più che alleviarle.

Il sonetto è ancora legato alla miniserie precedente, ma attraverso il legame con il sonetto 5: la

fuga in riferimento al mito dafneico. L’amore per Laura è rappresentato come un inseguimento

disperato e senza frutto per l’inseguitore; simbolicamente Petrarca non riesce a raggiungerla

perchè lei è leggera e non ha le catene d’amore che appesantiscono l’autore (lento correr mio).

Quest’immagine avrà molta fortuna nella letteratura, come l’immagine dell’amore come

smarrimento in una foresta o in un labirinto.

L’amore viene visto come follia, perdita di sé (v1 travia, etimologicamente da sviare), opposto al

controllo delle passioni da parte del saggio. Il v5 (quanto richiamando più l’envio per la secura

strada, men m’ascolta) denuncia l’incapacità di governo di Petrarca; inoltre, anche quando egli

arresta o rallenta l’inseguimento, per stanchezza, non cessa di essere innamorato e di essere

quindi condotto alla morte (interiore). La morte spirituale è dovuta al fatto che non si è in grado di

coltivare nessun altro pensiero che non sia quello di arrivare al desiderio, irraggiungibile.

I sonetti di questo miniciclo hanno tessuto una trama fondativa dei motivi che saranno ripresi in

tutto il Canzoniere, l’amore per la gloria e per Laura. Non si parla solo di gloria poetica, ma anche

in senso più religioso dell’eternità del poeta non solo attraverso la poesia ma con la grazia divina

(vita eterna).

Il folle desio, folle desiderio amoroso ma sensuale (non si parla di amore platonico), è protagonista

del sonetto: l’aggettivo folle riprende tutta una tradizione classica di amore come furor, in antitesi

con l’atarassia stoica. Petrarca afferma in una ballata che Laura muta atteggiamento nei suoi

confronti quando si rende conto della natura della passione dell’autore. La strada secura è la

strada della razionalità, il dominio della razionalità sul folle desio è un’impresa ardua. Questa folle

lotta, persa in partenza, tra folle desio e ritorno alla razionalità, è tutta rivolta a gustare un acerbo

frutto che non appena lo si è mangiato non può far altro che aumentare il dolore. Laura è meta di

ogni desiderio ma anche di ogni punizione.

La data di composizione è un’incognita, possiamo però farlo risalire al periodo avignonese

(primavera 1327-fine del 1336). Wilkins, uno studioso inglese, propone questa datazione in base

alla sua collocazione nel Canzoniere, datazione che, dal punto di vista storico e filologico, non è

attendibile perchè la cucitura del testo è avvenuta a posteriori.

Questo testo è costruito per contrasti: la donna leggera che vola davanti all’inseguitore e la

pesantezza di quest’ultimo, gravato dal peso delle catene dell’amore; l’inseguitore che è a cavallo,

ma il cavallo è incontrollabile. Non è quindi l’inseguitore che guida l’inseguimento, si lascia

trascinare in questa corsa inarrestabile ed ingovernabile; egli infatti non riesce neanche a fermarsi

(anche, fuor di metafora, a smettere di amare). La frenata che Petrarca tenta non significa la

salvezza o il recupero della razionalità, solo stanchezza, ma è pur sempre la passione amorosa a

guidare il cavallo.

Le due quartine vedono una complicazione sintattica di significato estetico-comunicativo, lo

smarrimento labirintico nella selva delle passioni è riflesso nella costruzione. Lo smarrimento è

anche “formale” (relativo alla forma), sottolinea la mancanza di un tracciato, una via da seguire.

Petrarca si perde all’inseguimento di una Laura che sempre lo precederà.

Se nella fronte Petrarca ha rappresentato con efficacia visiva la corsa dietro Laura e nella prima

parte della sirma ha sottolineato che la frenata di questa corsa non significa la salvezza, nell’ultima

terzina, designata nella fronte del sonetto solo con il pronome costei (v1), è diventata lauro. Il

sonetto quindi si propone come la riscrittura del mito dafneo. La trasformazione indica

l’irraggiungibilità di Laura, la mancanza di speranza, aggravata dal fatto che, in una ipotetica

possibilità di raggiungimento, gustar di lei sarà solo amarezza.

Rime

raccoglie volta

coglie volta

rima derivativa: una parola sta perfettamente dentro rima equivoca: volta (v2) volta (v7), due parole

ad un'altra, coglie sta perfettamente dentro a uguali ma con significato diverso (v2: participio

raccogliere. passato di volgere; v7: sostantivo)

Troviamo un ulteriore contrasto tra il sonetto, molto movimentato, e la paralisi dell’autore di fronte

all’inasprirsi delle sue pene.

Petrarca non mette l’accento sulla conclusione del mito dafneo, ma evidenzia più che altro la fuga

e l’irraggiungibilità del desiderio, incrociandola con una simbologia cristiana (tempus fugit, topo

della caducità del tempo e della vita che se ne va).

Notare il collegamento tra la cesura del v1 (folle) e l’inizio del v4 (volo). Vi è un chiaro riferimento

dantesco al folle volo di Ulisse, per Dante punito tra i fraudolenti (traditori di chi si è fidato). Ulisse

racconta infatti a Dante l’ultima parte della sua vita: non si è fermato ad Itaca ma è partito per

oltrepassare le colonne d’Ercole ed ampliare la conoscenza dell’umanità. Dante definisce questo

attraversamento come folle volo.

Folle, collocato in una posizione forte come la cesura, è il centro del sonetto. Inoltre si sottolinea

ancora il contrasto tra leggerezza e pesantezza e, traslato sull’immagine di una corsa, lentezza e

velocità.

Il lento correre è un sintagma antifrastico, un contrasto.

L’acerbo frutto, possibile premio dell’inseguimento, è anche una memoria biblica del frutto proibito,

consumato da Eva. Il tentativo di mangiare questo frutto ha un valore tutto simbolico: la morte,

perchè evidenzia la rottura della consonanza tra volontà e ragione (so che mangiarlo è sbagliato

ma lo voglio lo stesso). SONETTO 7 (DEPRECAZIONE MORALE)

Il sonetto è probabilmente indirizzato a Giovanni Colonna da Gallicano (destinatario incerto), un

frate domenicano che lascia Avignone per Roma dove completa un’opera avviata negli anni del

soggiorno avignonese (de viris illustribus, intorno agli uomini illustri). La difficoltà di identificare il

destinatario complica anche la datazione; accettare la teoria di Giovanni Colonna significa

collocare il sonetto in un periodo anteriore ma contiguo alla partenza di Giovanni per Roma (tra il

1331 e il 1332).

Si tratta di un sonetto di deprecazione morale, una critica verso la società, tutta incentrata sulla

materialità dell’esistenza, disinteressata all’interiorità. Critica la società avignonese e mercantile

dedicata più all’arricchimento che allo studio. Si configura come il primo dei sonetti antiavignonesi.

Parafrasi

La gola e 'l somno et l'otïose piume La golosità, la pigrizia e la comodità dell'ozio,

ànno del mondo ogni vertù sbandita, hanno messo al bando (scacciato) ogni virtù che c'è nel

ond'è dal corso suo quasi smarrita mondo, per cui la nostra umana natura sopraffatta dalle

nostra natura vinta dal costume; comuni abitudini ha quasi smarrito la sua retta via;

et è si spento ogni benigno lume ed è ormai così spento ogni influsso favorevole

del ciel, per cui s'informa humana vita, da cui prende forma la vita umana

che per cosa mirabile s'addita che colui che si dedica alla poesia

chi vòl d'Elicona nascer fiume. è additato come un essere singolare, strabiliante.

Qual vaghezza di lauro, qual di mirto? Chi desidera ancora l'alloro, chi il mirto? La filosofia (amore

Povera et nuda vai, Philosophia, per la sapienza) va in giro povera e nuda, (non aiuta ad

dice la turba al vil guadagno intesa. arricchirsi) dice il popolo vilmente intento solo a guadagnare.

Parafrasi

Pochi compagni avrai per l'altra via; Avrai pochi compagni se segui l'altra via (la via della virtù e

tanto ti prego più, gentile spirto: del sapere) quindi ti prego non di più o uomo gentile, di nobile

non lassar la magnanima tua impresa. spirito, di non abbandonare la tua magnanima impresa.

Nella fronte viene presentata una critica di memoria letteraria classica, la descrizione degli Ozi di

Capua, Tito Livio (molto amato da Petrarca).Tito Livio parla delle truppe di Annibale che,

scendendo verso Roma ed aggirandola, si abbandonano ad una vita di ozio, abbassando la

guardia, in preparazione alla battaglia. Le attinenze non sono strette con il sonetto, ma è da qui

che scocca l’incipit, la gola e ‘l somno e le otïose piume, ovvero gola, accidia e lussuria.

Quest’ultime sono anche le tre fiere che Dante incontra nella selva oscura dove si perde. L’accidia

non è solo il non agire ma anche la mancanza di voglia di farlo.

In questo sonetto chi continua a praticare la virtù è visto come perdente dal popolo.

Nei vv4-5 (et è sì spento ogni benigno lume del ciel, per cui s’informa humana vita) Petrarca

afferma che gli uomini tendono naturalmente al bene e alla virtù, ma questa tendenza è deviata

dall’uniformazione alle abitudini ed al costume corrotto generale, possibilità data dal li

Dettagli
A.A. 2014-2015
56 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MrsGessleItalien di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Pellizzari Patrizia.