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Nei secoli XVI e XVII non è facile ricostruire le diverse decisioni e gli interventi che
danno forma ai testi stampati. La punteggiatura, ad esempio, viene considerata come una
variazione grafiche e ortografica, come abitudine dei tecnici di composizione e non per
volontà dell’autore. Secondo la prospettiva della storia della lingua l’essenziale avviene nel
lavoro del letterario, che si occupa dell’interpunzione. E’ dunque decisivo il ruolo dei
correttori, il cui intervento avviene in diverse fasi del processo di edizione: la correzione
avviene con due modalità; la correzione a penna delle copie già stampate o l’aggiunta di
un’errata corrige alla fine con cui il lettore si corregge da solo la copia. Nel 1540 Etienne
Dolet definisce le nuove convenzioni tipografiche che riguardano l’uso della punteggiatura.
Nelle prime edizione delle opere di Moliere la punteggiatura attesta il rapporto con la
dimensione orale.
Il repertorio della letteratura popolare diffusasi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII
secolo in Francia, fa uso di una nuova formula editoriale. I tipografi di Troyes inventano una
formula, servendosi si caratteri usati e stampando su carta mediocre: questi libri poco costosi
vengono chiamati libri blu, per il fatto che erano ricoperti di carta blu. Sono le caratteristiche
materiali a dare identità alla formula editoriale della biblioteca blu: il catalogo è comunque
vario in merito ai generi, ai periodi e alle letterature. Gli interventi dei correttori si muovono
su tre ordini: la modifica della presentazione del testo, in merito ai capitoli; l’abbreviazione
degli enunciati in semplici, brevi e lineari e infine la censura. Spesso le operazioni per rendere
agevole la lettura finiscono per creare incomprensioni. In Castiglia nel XV vengono composti
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i romance, composti per essere cantati e solo successivamente registrati in modo scritto. La
prima edizione è data dalle antologie, che prendono la forma dei cancioneros o raccolte di
canzoni e si rivolgono a lettori privilegiati. La seconda forma sono i pligos sueltos, cioè un
foglio stampato e piegato in due volte in modo da avere otto pagine. Senza controllare la
forma dei testi gli editori hanno svolto un ruolo essenziale nella mediazione culturale
inventando formule in grado di associare repertorio testuale e capacità produttiva.
Nel XV e XIX secolo gli uomini erano preoccupati dall’ansia della perdita e ciò ha
portato a salvaguardare il patrimonio scritto e gli editori hanno avuto un rulo importante. Da
qui nasce l’ambivalenza dell’attività editoriale e del commercio del liberi: da un lato solo gli
editori possono portare ad una costruzione del mercato; dall’altro l’editoria sottopone la
circolazione delle opere a limitazioni e a fini non paragonabili a quelli della scrittura.
PUBBLICO E LETTORE NELLO STUDIO DELL’EDITORIA ITALIA
(Cadioli)
Robert Escarpit ha sollecitato lo studio del rapporto tra l’editore e il suo pubblico,
studiando dati statistici, aspetti di riduzione, distribuzione e consumo librario nella
consapevolezza che l’editore esercita un ruolo fondamentale nella mediazione tra la scrittura
e la lettura. La latebra viene considerata come atto finale di un testo. In Italia su questa base,
nel anni sessanta e settanta, si svolte indagini sui processi produttivi e distributivi del libro, del
mercato e del consumo. L’indagine sociologia ci rivolge alla contemporaneità e ciò porta a
confondere la fisionomia dei lettori con quella degli acquirenti. Gian Carlo ferretti ne “Il
mercato delle lettere” prende in esame l’industria della cultura e delle sue scelte e rileva la
necessità di misurarsi con la crescita di questa industria. Le cifre relative al consumo dei libri
descrivono le scelte dell’industria editoriale e lo stato del suo pubblico che si configura in
primo luogo come un insieme di acquirenti. Una seconda parte del libro di Ferretti si dedica
ai lettori.
L’editoria il suo pubblico, l libro e lettura si sono proposti come terreno di confronto tra
diverse concezioni della cultura e della politica culturale. Il compito dell’editore sta nel
pianificare i tempi e i modi di pubblicazione di un libro per portarlo al successo e di rilevare
con sistemi di previsione i moduli formali più facilmente commerciabili. Sull’intreccio tra
progetto letterario nei confronti del pubblico e attività editoriale, Vittorio Spinazzola pubblica
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“Il pubblico nella letteratura”. La scelta della preposizione in al posto di di comporta lo
spostamento dall’indagine sociologica alla progettualità letteraria. Spinazzola sostiene
l’importanza di esaminare il pubblico in rapporto al progetto dell’autore, ma pone in campo
anche la centralità dell’editore nel rendere possibile il progetto. L’analisi dei testi si interroga
sull’accettazione delle regole dei mercati, spesso dettati dal contesto editoriale: in questo caso
si parla di sociologia della produzione. Nel caso l’analisi dei testi si interroga sul progetto
autorizzate e sulla mediazione editoriale, si parla di sociologia di ricezione. Lo spostamento
del punto di vista riguarda la riflessione teorica e metodologica e va sempre tenuto presente il
nesso con il pubblico.
Si può parlare di pubblico, come sinonimo di comunità di lettori, ma a livello teorico
occorre fare una distinzione tra pubblico - che sono gli acquirenti - e comunità di lettori. Sul
piano storico pubblico e comunità di lettori possono coincidere. Parlare di comunità di lettori
porta l’attenzione alla costituzione del testo: a questo proposito ci sono due grandi apporti
teorici, la teoria della ricezione e la bibliografia testuale inglese. La teoria della ricezione pone
in primo piano la figura del lettore, indagando il ruolo individuale nella costituzione del senso
dell’oggetto estetico e quello sociale nella determinazione dell’attesa di un testo. Vittorio
Spinazzola introduce un’attenzione per l’editoria a cui attribuisce il ruolo di creare lo spazio
nel quale avviene l’incontro tra i testi degli scrittori e le esperienze dei singoli lettori. Il
termine “Opera letteraria” sintetizza due diverse dimensioni: il testo così come è concepito
dall’autore e il libro così come è fruito dal lettore. La realizzazione dell’opera si concreta
nell’unità fra i due stadi che determina il passaggio dagli eventi privati a quelli pubblici.
Inquesto senso l’editore fa vivere il testo nel rapporto con i lettori.
La bibliografia testuale inglese porta ad interrogarsi sulla costituzione del significato e
delle interpretazioni di un testo. Si supera l’idea dell’editore come mediatore, sottolineando
l’interpretazione letteraria insita nel processo produttivo. Il passaggio dal dattiloscritto all
libro è compito dell’editore che non può che prescindere dall’esistenza di una comunità di
lettori. Spinazzola parla di pubblico della letterarie, formato da coloro che sono disponibili
alle lettura e pubblico letterario, inteso come coloro che hanno le competenze. La comunità
editoriale è lo spazio del mercato nel quale l’editore impone modelli; la comunità letteraria è
un gruppo di lettori consapevoli delle convenzioni e dei valori della letterarie. La Meneghetti
fa una distinzione tra due diverse fisionomie di lettori: il destinatario è un lettore terminale di
un progetto e il ricevente è in grado di appropriarsi del messaggio. Il controllo dell’editoria
passa attraverso la presentazione materiale, quindi il paratesto: due edizioni dello stesso testo
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possono essere del tutto differenti a seconda del momento e della comunità dei lettori a cui si
rivolgono. L’editore che opera a nome dei lettori è un ipermetrope e questa figura non
coincide con l’editore imprenditore. L’editore ipermetrope unisce le due funzioni di editor e
publisher, la prima per la cura del testo, la seconda per la trasformazione in libro. Esempio
dell’editore iperlettore è quanto avviene con il volume “Musulmani in Sicilia” di Amari, edito
nella collana “Corona” curata da Vittorini per Bompiani. Vittorini si fa ipermetrope di una
comunità di lettori da lui stesso prefigurata e dispone la pubblicazione per u pubblico che
autore non ha previsto. In questo cavolo limite l’intento auctoris, viene sostituita a quella del
lettore e dell’editore. All’idea di lettore implicito presente nel testo di aggiunge un’idea di
lettore implicito inerente all’edizione, che può non coincidere con il lettore implicito
configurato dallo scrittore.
EDITORIA ED EVOLUZIONE DEI GENERI (Ulrich Schulz-Buschhaus)
Il fenomeno più macroscopico della storia dei rapporti fra editori e morfologia letteraria
è il romanzo. Il romanzo, nato grazie alla diffusione della stampa, dal Cinquecento in poi
comincia ad uccidere l’epopea e il poema eroi: è la rottura più profonda nelle storia delle
letterature e delle mentalità europee. Tra le principali cause della rottura ci sono gli interessi
dell’industria editoriale che si stava espandendo a livello europeo e mondiale. I legami fra
romanzieri ed editori diventano evidenti tra Sei e Settecento grazie alla formazione della
letteratura di massa. L’inglese Watt è stato il primo a sottolineare come il romanzo sia la
prima forma letteraria che abbia rotto in maniera radicale con l a tradizione orale della
poesia. Secondo Watt dalla stampa proviene autorità e credibilità; inoltre fondamento è la
differenza tra la lettura di un romanzo e l’atto teatrale: con l’atto di lettura ci si sottrae al
controllo sociale che invece viene esercitato sullo spettacolo.
Esiste dunque un rapporto tra la stampa, il romanzo, l’editoria e l’evoluzione della
società di mercanti e borghesi. Il dominio del romanzo porta ad un aumento delle decisione
editoriali a livello di comunicazione, n particolare cambia il rapporto con la critica. Durante
l’ancien regime la critica aveva un potere quasi simile a quello di un legislatore; mentre con il
romanzo la critica da poca importanza all’opera, quasi come a sottovalutare il genere. Più
importante quindi l’apporto dell’editoria che stimola il genere contribuisce alla formazione
dei sotto generi, come ad esempio i Gialli Mondadori. Dai primi dell’Ottocento si assiste a
una tensione fra teoria polemologica e realtà della vita letteraria, dove la prima insiste su un
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nominalismo estetico che supera la genericità del testo e la seconda invece punta sulla
genericità che conferisce riconoscibili