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Estratto del documento

*J, *W

di maggiore o minore debolezza articolatoria fanno mostra i legamenti *J, *W, che, in posizione interna

intervocalica, in genere scompaiono senza lasciare traccia. Es., treîs, tre < **trées < *tréjes.

A inizio di parola davanti a vocale, *j resta come [h-], graficamente resa, al solito, con lo spirito aspro,

ma in un certo numero di casi *j si rafforza in [dz-]. Es., dzygòn, giogo sscr. yugà / lat. iugum.

*w, sempre a inizio di parola o si azzera o reso graficamente con <F>, cosiddetto digamma

- e di I.E. *S in latino in Latino, s- iniziale antevocalica non mostra segno alcuno di cedimento, la –s-

interna fra vocali, invece attraverso una fase di sonorizzazione in *[z], passa a [-r]. Es., aurōra, < *ausōs-a,

da una base * usōs- da cui anche sscr. uṣā . Il fenomeno è collocabile tra la metà e la fine del IV secolo a.C

ed è conosciuto come rotacismo e, in latino ha notevole impatto morfonologico. Talvolta, tuttavia, la

pressione del paradigma ha portato a generalizzare le forme rotacizzate anche dove, sotto il profilo

fonologico, rotacismo non avrebbe dovuto esserci. Es., ō che, in posizione finale mantiene la –r che fra

vocali ricorre al genitivo ō i e al dativo ō -ī < ō testimonianza antica Catone. D’altra parte non

sempre le forme suscettibili d’essere rotacizzate si rotacizzano, infatti, una volta esauritosi gli effetti del

rotacismo, una nuova sibilante intervocalica ha potuto originarsi sia per accidenti fonetici vari

(semplificazione di –ss- geminato in –s-, ī i < i ī ), sia in conseguenza di prestiti da altre lingue.

LE SONANTI

Latino [em] / [en] = greco e sanscrito [a] / got. e lingue germaniche <un>

ipotetici comuni punti di partenza

 1. un elemento originariamente solo vocalico, cui

in certe lingue abbiamo solo certe lingue avrebbero aggiunto un elemento

una vocale

 nasale. NO

in altre abbiamo la 2. un sequenza originaria vocale + nasale, che poi,

combinazione vocale + nasale

 in alcune lingue, si sarebbe ridotta alla sola

in ogni caso le vocali sono vocale. NO

eterogenee: e in latino, a in 3. un elemento esclusivamente nasale, cui certe

greco e in sanscrito, u in gotico. lingue avrebbero aggiunto una vocale, in

alcune di esse destinata a svilupparsi tanto da

prendere il sopravento. SI

Ma in quale modo un elemento nasale sviluppa una

vocale d’appoggio? differenza fra vocali e consonanti. ≠ grado di

apertura dell’apparato fonatorio.

In questo caso le nasali, ma anche le liquide, dato che Vocali: la detta apertura è massima o assai vicino al

sono caratterizzate da una apertura dell’apparato massimo, flusSo d’aria dai polmoni non incontra

fonatorio che è inferiore a quella propria delle vocali e ostacoli.

dei legamenti, quando si trovano a fungere da Consonanti: l’aria che fuoriesce dai polmoni o passa

elemento più aperto della sillaba, se nella sillaba non ci attraverso un restringimento sensibile, in un punto di

sono vocali vere e proprie, vengono dette sonanti. *ṃ+, volta in volta diverso dell’apparato fonatorio, oppure

viene bloccata da una chiusura totale, seppur

*ṇ+, *ḷ+, *ṛ+. momentanea, dell’apparato fonatorio in un suo dato

punto. = confine vocali e consonanti è graduale, e

Tuttavia le sonanti costituiscono sempre il caso quindi ci saranno anche articolazioni intermedie, i

marcato, mentre il caso non marcato resta quello della cosiddetti legamenti (j, w, *h+, *Ɂ+)

sillaba che ha la vocale come elemento di massima

apertura. = tendenza delle sonanti a sviluppare prima o Anche dagli elementi di cui

poi, e in misura maggiore o minore, una più o meno disponiamo non emerge con chiarezza

percettibile vocale d’appoggio. = quale sonante abbia avuto la vocale

attestata in una lingua, possiamo

 i.e. probabilmente possedeva delle sonanti ricorrere al principio dell’area

 dopo la frammentazione dell’unità i.e. abbia maggiore, dove, ad esempio, è

preso a sviluppare delle vocali d’appoggio, senz’altro più frequente m > n e che

diverse da lingua a lingua se anteconsonantica, la nasale

 che in certe lingue e in certi casi, le vocali assume lo stesso luogo di

d’appoggio possano essersi sviluppate fino al articolazione della consonante che

punto d’assorbire le sonanti che le avevano viene dopo. Es., *ḱṃt *ḱṇt.

originate. VEDI SCHEMA LIBRO PAG. 127

IL VOCALISCMO DELL’INDOEUROPEO

Costituito dalle cinque vocali brevi e dalle corrispettive lunghe, tuttavia esse avevano ≠ importanza.

- *i e *u: esistevano in quanto realizzazioni vocaliche dei legamenti *j e *w.

- *o: si pensa che comparisse come partener di *e nelle alternanze innescate dal meccanismo apofonico.

- *a: viene di norma attribuito un peso statico notevolmente basso (altrimenti la *a doveva essere una

vocale che, in i.e. compariva di rado).

- *e: vocale più importante del sistema i.e., fatto che pare confermato dal fatto che le basi lessicali

ricostruibili per l’i.e., la *e è la vocale che compare con la frequenza di gran lunga più elevata.

- vocali lunghe: si suppone siano sorte per coalescenza delle vocali brevi con le cosiddette laringali.

Legamenti [j] e [w], dal punto di vista articolatorio, sono semplicemente le vocali [i] ed [u], realizzate con

un’apertura del canale fonatorio alquanto inferiore a quella necessaria per la realizzazione delle vocali vere

e proprie = rapporto particolarmente stretto di questi elementi. Il motivo del passaggio di [i] > [j] e [u] > [w]

attestato in varie lingue, è da cercare in un’ottimizzazione delle risorse fonatorie: poiché a fare da nucleo

(da elemento cioè più aperto della sillaba) è di norma sufficiente un solo l’elemento vocalico, il passaggio

non fa che sottolineare la distanza articolatoria fra l’elemento vocalico che costituisce il nucleo della sillaba

e tutti gli altri elementi che appartengono alla medesima sillaba e che, dunque, o sono nettamente

consonantici ovvero è il caso di [j] e [w], devono configurarsi per lo meno come non vocalici. Ovviamente è

possibile pure il passaggio inverso quando, ad esempio, manca l’elemento vocalico a compensare.

Il meccanismo apofonico:

per apofonia intendiamo un complesso gioco di alternanze vocaliche, che possono coinvolgere tanto i

lessemi quanto i morfemi e nelle quali la vocale e può scambiarsi con la vocale o oppure con Ǿ, cioè zero,

così originando l’apofonia qualitativa ( e o zero), ovvero, può scambiarsi con ē oppure con ō, nel qual

caso origina l’apofonia quantitativa (e ).

Ottimo esempio di alternanze apofoniche lo fornisce il greco, con le varie modificazioni esibite dal nome

per padre:

Peculiarità del meccanismo apofonico:

 le alternanze vocaliche sembrano funzionare non tanto da veicolo primario di determinate

distinzioni (morfologiche), quanto da cosegnalatori delle stesse.

 di norma le alternanze vocaliche sembrano non riportabili a condizionamenti di tipo contestuale.

Eccezione, in certa misura, grado zero, , poiché ricorre fuori accento. Es., presente indicativo

“essere” *es- (grado e) *s- (grado zero, ) che è correlata appunto dalla presenza (primo caso) o

dall’assenza dell’accento (secondo), tuttavia non è vero che in posizione atona possa sempre

ricorrere .

Ruolo dell’apofonia:

Tuttavia, quale sia stato il vero ruolo dell’apofonia, non è ancora chiaro. E’ plausibile fosse per lo più una

manifestazione di morfologia non concatenativa (morfologia in cui lessemi e morfemi non si susseguono in

successione lineare ma si compenetrano in una struttura a incastro senza che sia possibile isolarli

nettamente) , ma il valore morfologico e, più in generale, la funzione delle alternanze apofoniche ci è

estremamente difficile, se non impossibile. Questo perché il meccanismo apofonico che noi osserviamo

nelle lingue che ancora lo conservano, non è, direttamente, il meccanismo così come doveva presentarsi in

i.e., ma solo un riflesso, di sicuro assai sbiadito rispetto all’originale e funzionante secondo modalità che

nulla ci garantisce essere ancora quelle i.e. originarie.

Le lingue i.e. che conservano meglio il meccanismo apofonico sono il greco e il sanscrito (nel quale il

confluire in a anche di e e di o, riduce l’intero gioco alle sole alternanze: grado g d ā Residuali le

tracce conservate nel latino, mentre lingue germanica hanno profondamente riorganizzato il sistema. Su

questo aspetto però il punto veramente critico è il grado , poiché proprio al grado zero la vocale

apofonica si cancella e gli elementi consonantici a sinistra e a destra vengono a contatto fra volo, da cui

una serie di conseguenze:

 la vocale si azzera e gli elementi non vocalici venuti a contatto si appoggiano alle sillabe vicine:

anche la sillaba dunque si azzera. Qui i casi possono essere due: 1. quello in cui le consonanti

vengono a contatto, ma non vanno incontro a ulteriori modifiche. Es., cl-am, latino. 2. il caso in cui

le consonanti che vengono a contatto, vanno incontro a fenomeni di natura per lo più assimilatoria,

che mascherano la situazione originaria. Es., gr. epì-bd-a [bd].

 la vocale si azzera – ciò nonostante, uno degli elementi non vocalici venuti a contatto può

trasformarsi esso stesso in vocale e così ripristinare, pur sotto altre condizioni, la sillaba. Ciò può

avvenire solo in due casi. 1. Elemento non vocalico è un legamento (j > [i] o w> [u]) Es., lat video,

dal grado , *wjd-, di *wejd- /*wojd-.. 2. l’elemento non vocalico è costituito da una consonante

liquida (l o r) o da una consonante nasale (m o n) che, per condizionamenti fonotattici, non possa

appoggiarsi al contesto, allora poi la liquida o la nasale si vocalizzano diventando sonanti. Es., latino

ten-tus, teso, gr. - < * d l i * ṇ-tòs, la cui nasale non potendosi appoggiare , come

consonante, alla *ò, si trova ad essere l’elemento più aperto della sequenza, e dunque, a far sillaba

con la *t precedente.

La teoria degli “švà”

La necessità di postulare per l’i.e. un elemento vocalico *ә, nasce dall’esigenza di giustificare

corrispondenze del tipo: gr. e lat. ă = ĭ gruppo indoiranico del sanscrito. La spiegazione più plausibile è

quella di ipotizzare che né la ă né la ĭ siano vocali originali dall’i.e., ma derivino entrambe da una terza

vocale, lo ә, il quale configurandosi articolatoriamente come la vocale non caratterizzata per eccellenza, è

anche l’elemento vocalico che più facilmente può evolvere nei modi più disparati. Poi in certi casi, nel greco

ad esempio, a volte esibisce una ĕ e a volte una ŏ, proprio lì dove il latino continua a presenta

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
30 pagine
7 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FEFERONZA92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Glottologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Fanciullo Franco.