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Malaspina: SOSTA NEL PORTO DI MULGRAVE, IDENTIFICZIONE DEL PORTO DEL
ROSSI: “Alessandro
DISINGANNO, DELLA COSTA E DELLE ISOLE ADIACENTI: OSSERVAZIONI ASTRONOMICHE ED ALTRI
ACCADIMENTI DURANTE QUESTO PERIODO”
Il 1°maggio del 1791 M salpa al gran completo con le 2corvette per ottemperare agli ordini ricevuti dalla
capitale, mossa non solo da motivazioni politiche ed economiche, ma anche perché nel 1790, Philippe
Bauche aveva letto all’Accademia delle Scienze di Parigi una relazione che attribuiva a Lorenzo ferrer
Maldonado un viaggio in cui avrebbe scoperto nel 1588 il famoso passaggio a nord-ovest. Questi asseriva
che lo stretto si apriva nell’Atlantico al parallelo di 60° nord, si addentrava nel continente sino a 75° nord e
ripiegava sul Pacifico, per sboccare ancora alla latitudine 60°.
Se M si dimostrò in un primo momento entusiasta di quel ritrovamento, successivamente iniziò a prenderne
le distanze e dubitò della veridicità del documento.Ora però, non poteva esimersi dal rispetto del dispaccio
con cui il ministro della Marina Antonio Valdes gli ordinava di rintracciare il “canale” scoperto da
Maldonado.
Così M lascia il 1°maggio 1791 Acapulco, e si dirige alla ricerca dell’improbabile stretto del Maldonado.
Dopo quasi 2mesi di navigazione raggiunge, sul finire di giugno, il campo d’azione intorno ai 59° di
latitudine nord. Avvistò dapprima un monte che ritenne essere quello indicato da Cook col nome di
Edgeumbe. Si avvicinò alla costa e vi scorse un’insenatura dai lineamenti non chiaramente riconoscibili.
Gettò le ancore in una piccola rada e guidò le scialuppe ad esplorare l’insenatura. Questa presentava a
mezzogiorno una costa bassa e boscosa, a nord era delimitata da una ristretta cimosa,alle cui spalle si
estendeva una immensa e possente distesa di ghiaccio. E mentre le scialuppe erano intente a verificare se
quella ingolfatura potesse corrispondere all’imboccatura del presupposto passaggio, si fecero provviste di
acqua, di viveri e legna, si istaurarono rapporti amichevoli con gli indigeni. L’esplorazione delle scialuppe
non diede i risultati sperati e l’insenatura fu denominata Baia del Disinganno. Al principio di luglio
le2corvette si dirigono verso nord-ovest, fino al Golfo del Principe Guglielmo e all’isola Montague.Una costa
frastagliata da più o meno profonde insenature, tutte minuziosamente esplorate. Fu invertita la rotta e
verso la metà di ottobre si ritornò ad Acapulco.
Nonostante l’insuccesso della missione, M, tornato ad Acapulco, tentò di convincere il vicerè a organizzare
una nuova spedizione che dimostrasse a Madrid come tutto il possibile fosse stato tentato. Mentre lui stesso
si mette in Viaggio verso le Filippine,2golette sono state allestite al comando dei 2ufficiali Galiano e Valdes.
Le golette lasciano Acapulco l’8marzo 1792 e si dirigono verso l’isola di Vancouver. Fanno scalo a Nootka,
risalgono lo stretto del Rosario e il 22giungo si incontrano col comandante Vancouver.
Galiano e Valdes si dedicarono all’esplorazione e al rilevamento cartografico dell’isola. Le carte costruite
nel corso della spedizione il governo spagnolo ordinò di pubblicarle dopo il 1797, quando M era stato già
rinchiuso nel carcere della Coruna.
Nonostante la pioggia, tutto lasciava presupporre l’arrivo di un tempo mite. Gli indigeni erano vicini e
abbastanza numerosi da poter essere osservati senza disturbare le loro abitudini.
L’acqua e la zavorra andavano cercate sull’isola o sulla spiaggia ad est del porto. Non sarebbe stato facile
trovare tale luogo al primo tentativo, se un indigeno, salito a bordo al primo mattino, on ci avesse
accompagnati a cercalo. Sin dalla mattina gli indigeni erano saliti a bordo offrendo pelli, salmone fresco,
utensili di legno in cambio di vestiti e ferro.
Cercarono di fare amicizia col personale di bordo. Dato che, col temperamento del navigatore, specie
quello spagnolo, il desiderio occupa il posto della necessità, compresero che questo mercato gli avrebbe
favoriti. Gli stratagemmi di cui si servono gli indigeni sono stati ben descritti dal Capitano
Dixon:nascondono gli oggetti che vogliono cambiare, si muovono con grande indifferenza, per valutare la
convenienza del cambio. Dopo un lungo periodo di tempo scoprono una striscia di pelle, una bambola, un
cucchiaio e chiedono di scambiarla con ciò che vedono. Una volta deciso lo scambio, lo annullano
nuovamente. Se tra le cose che portano c’è una pelle particolarmente buona, la nascondono e la tirano
fuori nuovamente. Tra loro non vi è concorrenza,né all’acquisto né alla vendita. Gioiscono insieme se lo
scambio è vantaggioso.
Sin dalla mattina le2imbarcazioni si erano dirette ad identificare il luogo più opportuno per la provvista di
acqua. Uno degli indigeni, dotato di grande capacità comunicativa a farsi capire coi gesti, ci guidò su una
spiaggia a SE dove c’erano molte sorgenti in grado, quando si formavano delle pozze,di fornire l’acqua
necessaria.
In questa occasione visitammo una capanna che sembrava appartenere alla famiglia della guida indigena.
Osservati l’abbandono, la sporcizia, la ristrettezza in cui vivevano 2donne con dei bambini, così come gli
ornamenti, i vestiti, il cibo, gli utensili che lì si trovavano, ritornammo a bordo verso mezzogiorno,
accompagnati da una forte pioggia che ostacolava la vista di qualsiasi cosa distante. Sembrò opportuno
continuare le attività del giorno, facendo amicizia con gli indigeni e familiarizzando con le loro abitudini. Da
parte nostra, erano state prese delle precauzioni affinchè niente potesse turbare un contatto amichevole. Il
nostro controllo a tutte le ore, adoperando il passaparola notturno, doveva dissuarderli dall’idea di una
possibile sorpresa. Dato che non volevamo creare ostilità, facevamo loro costantemente regali.
I ripetuti inviti che ci avevano rivolto di approfittare delle loro donne, nonostante fossero chiari, ci
sembravano equivoci.trovandomi non distante dalle capanne e importunato da questo tipo di offerte, volli
accertarmi del vero significato. Guidato da2giovani indigeni, fui portato agli alberi vicino la capanna e mi fu
facile uscire dal dubbio: vicino all’albero si trovavano 4o5 donne che, coperte da pelli di lupo marino,
obbedivano alla volontà della tribù di prostituirle. Qualora la morale non riuscisse ad allontanarci da questa
idea, ci riuscirebbero la brutta apparenza, il grasso la sporcizia di cui erano coperte.
Il vecchio capo tribù che la mattina prima era salito sulla Atrevida, era passato sulla Descubierta. Siamo
riusciti a far fare a Don Tomas Suria un perfetto ritratto. Lasciò a suo figlio il compito di provvedere agli
scambi, in cui preferiva vestiti a qualsiasi altra cosa,iniziò con noi una conversazione il cui obiettivo era, per
noi, descrivere alcuni recenti scontri verificatesi con i suoi vicini. C’erano stati morti da entrambe le parti e
infine era stata chiesta la pace.
All’alba seguente il tempo sembrò lo stesso, con pioggerella e nubi. Dovemmo abbandonare l’idea di fare
qualsiasi operazione idrografica e astronomica, ma non quella di raccogliere acqua e zavorra.
Nell’immediata vicinanza dei luoghi delle provviste di questi beni, c’erano pochissime capanne. Dato che il
mio animo voleva evitare ogni tipo di discordia, non solo feci in modo che le barche avessero sempre un
ufficiale e soldati armati, ma cercai di conquistare il rispetto degli indigeni.
La predisposizione al furto degli indigeni si estese ancora di più dopo che pensarono di poterlo compiere
impunemente. Dall’Atrevida avevano rubato un lucchetto di ferro la mattina precedente, anche se il
sottotenente di fregata Murphy, se ne era reso conto e aveva fermato il colpevole,nonostante quest’ultimo
lo avesse minacciato con un coltello. Murphy era riuscito a fare in modo che lo stesso capo tribù lo
costringesse a restituire l’oggetto.
Furono prese nuove precauzioni. Non solo si proibì agli indigeni di salire a bordo, ma fu designata, come
luogo per gli scambi, la riva vicina alle corvette. L’obiettivo degli scambi mi fece sacrificare un paio di ore
all’organizzazione delle prime negoziazioni e mi portò a proporre loro di installare la tenda
dell’osservatorio,col pretesto di una protezione e comodità reciproca. Dopo averla installata si raccolsero
numerosi indigeni nelle sue vicinanze e continuarono gli scambi.Questi riguardavano l’acquisto degli
utensili, delle armi, dei manufatti. Un vantaggio fu stabilire il prezzo fisso sul salmone fresco da dare ogni
giorno all’equipaggio.
A mezzogiorno, finita la pioggia, Don Felipe Bauzà volle misurare una “base” dalla tenda dell’osservatorio
fino alla Punta di Turner, facendo i rilevamenti permessi dalla scarsa visibilità dei luoghi in lontananza. Si
misurarono le altezze assolute e , riportate per mezzo di segni agli orologi marini, venne fissata la prima
epoca delle comparazioni del suo movimento.
L’arrivo degli indigeni alla nostra tenda aumentava costantemente; desideravano provare a guardare con gli
occhiali, avvicinarsi alle casse. Mi sembrò più sicuro portare a bordo tutti gli strumenti e la stessa tenda. Per
quel che riguarda il nostro contatto con gli indigeni,esso non poteva essere più positivo:avevamo
familiarizzato con le parole più importanti della loro lingua; visitavamo le loro capanne, Don Tomas Suria
riuscì a ritrarre alcune donne e i pochi utensili domestici.
Nelle vicinanze dell’osservatorio era stato sepolto il cadavere di un individuo morto nell’ultimo scontro, il
luogo di sepoltura era indicato da un paletto conficcato nell’erba e un cumulo di pietre. Gli indigeni non
erano propensi ad avvicinarsi e insistevano affinchè noi non lo oltraggiassimo.
Tra le molte cose che gli indigeni avevano portato al mercato si scorgevano le tracce dello scalo del
Capitano Dixon. Vedemmo alcune casseruole e asce, un cucchiaio d’argento, libri e alcuni vestiti.
Erano continue le richieste affinchè facessimo uso delle loro donne; a tale proposito, io stesso dovetti non
solo riprendere il vecchio capo tribù che portò una donna nella tenda dell’osservatorio dove io mi trovavo
in quel momento, ma ribadire anche l’ordine di non avvicinarsi alle capanne. Crebbero le lusinghe delle
donne stesse e, verso le sei di pomeriggio, vedemmo avvicinarsi alla poppa della Descubierta una canoa con
3done a bordo,2 delle quali non avevano più di 18-20anni.
Arrivato il pomeriggio e schiaritosi il tempo, lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi fu nuovo.
Dissipatesi le nubi, che avevano occultato spazi lontani, si scoprì alla nostra vista l’imponente cordigliera
che dal Monte Buen Tiempo arriva fino al Monte di