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I Lunsi usano oltre al lunna, anche un altro tamburo, il gunguon (o gung-gong): un
tamburo di bipelle cilindrico, fissato con una cinghia al corpo del suonatore e percosso
da un bastone curvo, il gunguonduelè. Questo tamburo non parla, ma svolge la funzione
di accompagnamento.
Per poter imparare a suonare il tamburo bisogna essere membro della famiglia dei Lunsi,
oppure bisogna diventarlo. Alhaji Abubakari Lunna, morto nel 2008, è stato uno dei Lunsi
più importanti e autorevoli del Dagbon. Egli non conosceva la scrittura, ma oltre al
Dagbani parlava un ottimo inglese; era dotato di forte carisma, era temuto e rispettato
da tutti, in primis dalla sua stessa famiglia. È stato attivo come membro della Ghana
Folkloric Company, poi si era stabilito a Tamale e aveva vissuto con la sua famiglia,
svolgendo il ruolo di musicista e agricoltore. Fonte di reddito maggiore però era l’attività
di musicista svolta all’estero, in particolare negli USA. La corte della famiglia di Alhaji a
Tamale era simile a quella in Dagbon: al centro vi è un pozzo, intorno ci sono le case dei
membri della famiglia. Le case sono ambienti unicellulari, a pianta circolare, in fango e
con soffitto in paglia. Il soggiorno a Tamale è stato un periodo di tempo abbastanza
limitato, circa una settimana. Qui si è svolta una intervista ad Alhaji, in cui rievoca quasi
con tono mitico, il suo primo incontro con Locke, descritto quasi come se avesse
incontrato il Messia. Si sono poi fatte videoriprese e registrazioni musicali:
La prima sessione ha avuto luogo il giorno dell’arrivo della troupe: Alhaji aveva
radunato la famiglia, con i membri maschi intenti nella manutenzione dei tamburi,
le donne intente nei lavori domestici; lui si dedicava invece all’intrattenimento degli
ospiti.
La seconda sessione ha avuto luogo un paio di giorni dopo: Alhaji aveva
organizzato una performance musicale apposta, per la quale ha richiamato tutti i
figli maggiori, fatti venire dai campi, e in questo frangente sono state eseguite
musiche del loro repertorio rituale.
La terza consiste in una lunga conversazione, un’intervista a Alhaji stesso,
accompagnata dall’esecuzione di musiche col tamburo.
Singing Drums è stato poi montato mettendo assieme le riprese di questi due eventi,
usando come filo conduttore l’intervista. Alhaji a Tamale non insegna; l’unico modo per
poter “imparare” da lui a Tamale se non si è della famiglia, è quello di diventare suo figlio,
una sorte di adozione, quindi, che implica il condividere la sorte degli altri figli, sottostare
all’assoluta autorità paterna. La situazione è diversa quando Alhaji va in USA per
insegnare a suonare gli strumenti a percussione. Se a Tamale gli strumenti sono usati
solamente dai membri della famiglia, possono però essere venduti agli stranieri e agli
studenti americani. Perché questo trattamento diverso? Dipende sia dal fatto che gli
americani (gli stranieri) pagano in dollari, molto più di valore rispetto alla moneta locale, e
anche dipende dal fatto che gli stranieri sono degli estranei, che non si integreranno mai
al clan, dunque mai ne rovineranno gli equilibri. La lingua parlata dal tamburo lunna non
è segreta o cerimoniale, ma è molto ambigua: la conoscenza della lingua Dagbani non
assicura l’assoluta comprensione dei messaggi. L’ascoltatore ha spesso l’idea di non poter
mai conoscere quello che il tamburo lunna gli stia comunicando.
Nel montare il documentario,si sono seguiti diversi temi:
Il mito di fondazione dell’uso del tamburo parlante, fatta risalire da Alhaji ad un suo
antenato, e quello dell’origine propria del tamburo
La spiegazione di alcune parole e formule suonate dal tamburo
La funzione sociale dei Lunsi nella conservazione del patrimonio culturale in
Dagbon
La relazione tra parlare, suonare e cantare nella cultura dei Dagomba
La trasmissione e la didattica di insegnamento
L’esperienza americana di Alhaji, soprattutto alla Tufts University
Confronto fra la pratica dei Lunsi e quello dei musicisti occidentali
Bisogna distinguere la musica “percepibile”, quella occidentale, per una fruizione di tipo
emotivo, e la musica “comprensibile”, i suoni del tamburo. Secondo Alhaji, la musica
occidentale è “senza senso”.
§ WILLIAM THOMAS CHEETHAM - RISING POWER OF GOD
Il secondo episodio si intitola “Rising power of God”, scritta che campeggia all’interno
dell’edificio di Korlegonno, un sobborgo della periferia della capitale Accra, in cui ogni
domenica i fedeli si riuniscono sotto la guida di William Thomas Cheetham, fondatore e
vescovo di una comunità carismatico-pentecostale. Ruoli attivi nella comunità lo hanno
anche gran parte dei membri della famiglia di Cheetham: la moglie, Rebecca, una delle
officianti del culto, e molti dei loro 10 figli. I più attivi fra questi, anche dal punto di vista
musicale, sono i figli Richmond (tastierista), Johnatan (percussionista), Gloria (cantante).
L’evento consiste di per sé in diversi eventi musicali che occupano quasi i 2/3 della
celebrazione; un orologio al centro della sala scandisce il tempo e fornisce un
orientamento ai musicisti per la durata delle sessioni musicali.
Il fenomeno dei movimenti cristiani pentecostali in Ghana è iniziato intorno al 1920 circa,
ma è dagli anni ’80 che si sono moltiplicate le comunità di orientamento carismatico,
soprattutto nella parte meridionale del Ghana, dove vi è una prevalenza di religione
cristiana, a differenza della parte nord del paese, in cui vi è la prevalenza di religione
musulmana. Le caratteristiche delle forme cerimoniali sono: la creazione di gruppi di
preghiera in base al sesso, età, relazioni parentali, di amicizia; la presenza centrale di
momenti di glossolalia; la presenza musicale, il canto e la danza; l’uso dei media e di
mezzi tecnologici. L’uso di microfoni, tastiere, batterie, amplificatori, strumenti moderni,
costosi, la presenza di buoni musicisti pagati, costituiscono per Cheetham un motivo di
vanto.
Le riprese audiovisive si sono concentrate in 2 momenti:
La celebrazione domenicale, durata diverse ore, con canti, danze, predicazioni. La
lingua usata maggiormente è il Ga; spesso i discorsi vengono tradotti in altre lingue
locali, mentre la lingua inglese è assente, confinata solo a qualche occasionale
canto religioso. Importanti sono i momenti di glossolalia, in cui ogni fedele parla
direttamente con Dio: Cheetham chiama questo momento “inner-self”, il momento
più importante dell’esperienza religiosa. Originale è il momento dell’ “esorcismo”,
nei confronti di una figlia del vescovo.
La funzione del mercoledì sera: un momento di preghiera esclusivamente
femminile, ripreso in via eccezionale, grazie alla presenza del figlio di Cheetham,
Richmond, che ha dato l’autorizzazione ad assistere. Erano assenti i musicisti e altre
presenze maschili; l’unico strumento musicale usato dalla donna che guida la
funzione è un sistro (cornice plastica con sonagli).
Per non creare problemi e inciampi al cerimoniale, soprattutto alle danze, non era
possibile fare movimenti di ripresa all’interno del luogo di culto: gran parte delle riprese,
soprattutto della domenica, sono state fatte da un unico punto di vista. Fondamentale
è l’intervista a William Thomas Cheetham, in cui ha ricostruito l’attività della comunità, ha
espresso i principi ispiratori, e ha illustrato il ruolo della musica. Quello che emerge è
l’importanza della musica come preghiera, come mezzo per entrare in contatto con Dio;
la consapevolezza anche del vescovo, della centralità della musica; l’importanza della
danza e della performance corporea come momento di preghiera. Importanti anche la
glossolalia, e la partecipazione comunitaria. Il montaggio non ha seguito un ordine
cronologico: i momenti della preghiera femminile del mercoledì sera sono stati inseriti al
centro del documentario; la performance vocale di Cheetham è stata inserita quasi alla
fine. Si è scelto inoltre di selezionare solo le risposte alle domande poste nell’intervista e si
è deciso di non sottolineare i testi dei canti. L’episodio è stato visionato e approvato dal
vescovo Cheetham che ha mostrato grande apprezzamento per il lavoro svolto
dall’equipe. LE ATTREZZATURE SUL CAMPO – ELISA PIRIA
§
Il Ghana e il Burkina Faso sono paesi con climi tropicali, umidi e molto caldi; il periodo del
soggiorno coincideva con la stagione delle piogge e ciò ha creato problemi per l’uso
delle attrezzature. Le aree di ricerca erano di per sé molto distanti l’una dall’altra, quindi
per motivi logistici ed economici, si è deciso di usare per gli spostamenti mezzi di trasporto
pubblici, scelta che però implicava l’obbligo di portare a mano le attrezzature. Per le
riprese video Elisa Piria ha scelto una telecamera HDV, compatta ma dotata di ingressi
audio, che produce immagini ad alta gamma dinamica, profonde e precise. I problemi
diffusi sono: le condizioni di illuminazione forte, la qualità della luce naturale, il forte
contrasto con il volto scurissimo delle persone, che rendono difficilmente leggibili le
espressioni facciali. Elisa ha usato un dispositivo compatto, quindi, efficiente per
risoluzione, bilanciamento, e fedeltà del colore. Le riprese audio invece sono state
realizzate su Sound Devices, un registratore “solid state”, parallelamente alla possibilità di
registrare contemporaneamente sull’hard disk interno da 40 Gb e schede di memoria
rimuovibili. Per i microfoni Elisa ha optato per un microfono condensatore stereo, che
garantisce ampiezza e regolarità, buona qualità sonora e alta sensibilità, anche se sono
molto sensibili all’umidità e alla condensa. La resa del microfono è soddisfacente per la
capacità di reggere alti livelli di pressione sonora, meno per il parlato, soprattutto per il
parlato a lunga distanza. Per le interviste, infatti, si è usato il microfono direzionale in
dotazione assieme alla telecamera; Elisa ha previsto anche un secondo microfono stereo
come scorta, il cosiddetto microfono “mezzo fucile”, più diretto e sensibile, che si è
rivelato utilissimo per la registrazione notturna dei richiami alla preghiera dei muezzin dei
minareti ad Accra. § NOTE SUL MONTAGGIO – TOMMASO VITALI
Si è concordato di mantenere più lungo il secondo episodio, relativo al vescovo
Cheetham. Una volta ritrovatisi davanti al materiale girato, si è intrapreso il percorso di
post produzione, articolato in 3 fasi:
Dopo aver sbobinato, tradotto