vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’abbinamento fotografia e ricerca etnomusicologa è tradizionale nel campo delle ricerche in Italia
Meridionale ed in Basilicata (o Lucania), denominata “il paese dei cupa cupa” da Carpitella in uno
dei primi resoconti delle ricerche in tale luogo. La regione era affollata di studiosi, fotografi ed
etnomusicologi nel secondo dopoguerra ed il romanzo di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”
del 1945 è considerato una specie di “manuale politico-sentimentale” di tutti questi studiosi.
Grande attenzione era suscitata dalle condizioni di vita degli abitanti dei Sassi di Matera, dalle lotte
contadine e dalle inchieste sulla miseria. La Lucania è diventata il paradigma della realtà del
mondo subalterno nazionale. Gli anni tra il 1952 ed il 1963 costituiscono il momento cloue della
ricerca etnomusicologa nel nostro paese. L’impulso fondamentale giungeva dal CNSMP (Centro
Nazionale di Studi sulla Musica Popolare) oggi Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia e che sorse su iniziativa di Giorgio Nataletti nel 1948: fu il punto di
passaggio dall’etnofonia all’etnomusicologia che pone la ricerca sul campo come elemento
fondamentale. Importante fu anche il supporto della RAI.
Il canto era una modalità espressiva costante e dunque la via per la comprensione dei fenomeni.
L’unione di ricerca sul campo, fotografia e registrazione da un taglio peculiare a questi studi.
Fondamentali sono le esperienze di Carpitella e di De Martino intese come prefigurazione italiana
di un’antropologia della musica: le registrazioni di Carpitella e le foto di Pinna, usate da De Martino
nei suoi scritti, sono il risultato più significativo delle spedizioni in Lucania. Importante esempio è il
capolavoro di Luchino Visconti “Rocco ei suoi figli” del 1960 che mostra la Lucania attraverso
dialoghi, e mai compare, come una realtà di miseria, superstizione e lotte contadine diventando
l’esatto opposto della Milano del boom economico; si ricorda anche i paesaggi di “Vangelo
secondo Matteo” di Pasolini nel 1964.
Importante attenzione ricevettero i balli e le musiche come tarantella e pizzica, che con il loro ritmo
coinvolgono emotivamente. Importanti furono anche le ricerche di Bronzini sul ciclo della vita
umana e sul canto narrativo dove l’elemento musicale era fondamentale. Queste ricerche hanno
dato rilevanza alla tradizione agro-pastorale del luogo con canto di diverse forme e strumenti come
zampogna e, suo sostituto moderno, organetto.
Tra il 60 ed il 70 molte ricerche vennero effettuate dalla Discoteca di Stato di Roma soprattutto con
Levi e nella musica religiosa. Ginnattasio promosse poi un’indagine focalizzata sulle feste religiose
e sul rito di nozze in alcuni paesi della Val Sarmento, in particolare le comunità “arbëresh”,
organizzando nel 1991 il convegno “Fonti scritte e orali della musica del Mezzogiorno d’Italia” in
ricordo di Carpitella. L’ultimo studioso attivo fu Sassu, poi la ricerca etnomusicologa in questa zona
è rallentata.
Percorso di ricerca nella Lucania del Duemila
Il lavoro è iniziato con un percorso personale negli anni 80 rivolto soprattutto alla musica arbëresh
e poi l’indagine iniziò nel 2001 con l’importante laboratorio di full immersion con Mirizzi per
verificare lo stato attuale della musica stiglianese (di Stigliano) e centri limitrofi. È emersa
un’estraneità delle nuove generazioni verso la tradizione musicale popolare, ma invece i pellegrini
erano numerosi soprattutto per la festa della Madonna di Viggiano: ciò testimoniò che il terreno
della devozione religiosa è significativamente fondamentale per la trasmissione di alcuni repertori
musicali. Al di fuori dei momenti religiosi venivano eseguiti canti profani, brani strumentali e danze
mettendo in evidenza che la “devozione sonora” fosse molto diffusa.
Negli anni 50 il ciclo della vita della popolazione contadina si sintetizzava nella celebre formula
“dalla culla alla bara” e nei corrispettivi musicali della ninna nanna e del lamento funebre. A tale
schema del ciclo della vita, schema ideale, si è sostituito il ciclo dell’anno non legato alle attività
lavorative del mondo campestre, ma al calendario con feste e rituali come momenti di grande
partecipazione musicale.
Negli ultimi decenni dono state svolte ricerche etnomusicologiche “interattive” intese come
l’incontro tra lo studioso e l’informatore non con il dialogo, ma con una performance dove entrambi
hanno parte attiva. In Italia si ricorda il “ricercarcantando” con una partecipazione osservante ed
ascoltante.
Dinamiche del terreno d’immagine
I cambiamenti maggiori delle ricerche si vedono nel rapporto col mondo contadino dove la realtà
agropastorale è poggi in forte disgregazione e con essa i relativi fenomeni musicali. La regione è
formata da piccoli comuni ed ha una forte emigrazione così che i sistemi di vita tradizionali sono in
declino ed hanno unicamente una componente affettiva e non economica. I repertori sopravvivono
nella memoria delle persone più anziane e figure eccezionali li rieseguono su richiesta: essi hanno
un valore documentario; tuttavia vi è contemporaneamente una rivitalizzazione con reinvenzioni
così che soprattutto gli strumenti musicali sono diventati oggetto di attenzione di numerosi giovani
negli ultimi anni. Si tratta ovviamente di esecuzioni in eventi culturali e cdi calendario e si
mescolano a fenomeni di sincretismo e deterritorializzazione che trovano spazio nella world music.
I suonatori di zampogna non sono più i pastori, ma cultori e giovani che provengono da studi
musicali classici e conservatori.
La nozione di paesaggio sonoro, “soundscape”, vede due distinzioni: il paesaggio sonoro inteso
come equivalente acustico del paesaggio visivo ed il soundscape di Shelemay, ovvero la
declinazione musicale dell’“ethnoscape” (= panorama etnico o etnorama) proposto dall’antropologo
Appadurai nell’ambito degli studi sulla globalizzazione. Quest’ultimo intende un paesaggio sonoro
come fenomeni musicali in quanto tali, ovvero pratiche vocali e strumentali formalizzate, e dunque
sono musica ed è uno dei tanti ethnoscape che compongono il quadro della nostra esperienza: si
tratta di eventi costruiti e percepiti tramite processi che coinvolgono la memoria e gli affetti.
Dunque il campo di ricerca etnomusicologica è un sistema deterritorializzato di relazioni dove lo
studioso ha un ruolo centrale e dinamico.
Luoghi e momenti della musica
Le esecuzioni significative di musica tradizionale è durante le feste calendariali e religiose; in
ordine cronologico i riti di Sant’Antonio Abate (13 gennaio) e Carnevale; i maggiori sono nei paesi
dii riti di Aliano, Teana, Montescaglioso, Strigliano e Tricarico. Nelle feste dei Campanacci a
Tricarico si tratta di momenti collettivi con tratti spettacolari ed accanto ed ad essi vengono eseguiti
i riti di questua con canti con i cupa cupa.
Devozioni musicali
La sfera religiosa è il terreno più significativo, soprattutto perla varietà di situazioni musicali; in
Basilicata si distinguono tre contesti: quello liturgico (dei paesi arbëresh della Val Sarmento con
rito bizantino, in passato celebrata in greco, ma dopo il Concilio Vaticano II in albanese che è la
lingua più vicina a quelle locali), quello dall’area paraliturgica (= comprende tutti i momenti al di
fuori della celebrazione eucaristica come processioni ed i riti della Settimana Santa: in queste
occasioni vengono usati strumenti particolari come traccole e corni, vi sono presenti le
confraternite che sono importanti come mediazione tra la chiesa ufficiale e le pratiche popolari) e
quello dell’area extraliturgico-tradizionale. Tra le confraternite si ricorda l’attività di quella del SS.
Rosario di Rapone, una delle 13 della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, attiva dal XVII secolo.
Interessante è l’Ufficio della Beata Vergine che viene cantato interamente in latino e celebrato ogni
domenica mattina per sette mesi l’anno da novembre a giugno fino alla domenica precedente S.
Vito: l’Ufficio è d’importanza primaria dal punto di vista musicale e viene eseguito su moduli di
tradizione orale con sezioni corali e solistiche accompagnate dall’armonium.
Oltre alle confraternite ci sono altre forme di sodalizi religiosi; ci sono poi situazioni “intermedie”
con musiche religiose e profane; ci sono poi le squadre organizzate di fedeli che partecipano ai
pellegrinaggi con stendardi e cinti con musicisti in rappresentanza di un intero paese. Soprattutto
nei pellegrinaggi si assiste a significativi eventi musicali.
Una parte consistente delle feste religiose lucane è costituita dai culti mariani che si articolano in
più fasi nei momenti di salita e discesa nei santuari di montagna (soprattutto nelle feste di Viggiano
e Pollino); si tratta di eventi relativamente piccoli, ma non strettamente locali in quanto il circuito
creato da queste feste abbracciano una vasta area. Certi culti mariani sono molto antichi. La
Madonna di Pollino e quella di Viggiano sono raduni spontanei di musicisti che consistono in
lunghe “Jam Sessions”: ognuno suona quello che può secondo le sue abilità. I brani eseguiti sono
principalmente delle lunghe tarantelle e pastorali a struttura aperti dove gli esecutori entrano ed
escono liberamente. La Madonna di Viggiano costituisce uno dei più importanti momenti di
incontro di zamponi della penisola; il legame tra Viggiano e Caggiano è in un significativo dettaglio
che riguarda il suonare delle zampogne, ovvero “alla mancina” che consiste nei due chanter della
zampogna chiave invertiti. I pellegrinaggi mariani sono una consueta meta anche dei venditori e
costruttori di strumenti.
Per la diffusione della surdulina, significati sono due santuari: quello del Pollino e quello del
Pettoruto, in Calabria, le cui feste sono occasione di incontro annuale di suonatori e
contemporaneamente occasione di ascolto e condivisione di caratteri stilistici e musicali ed in
questi momenti si creano della comunità momentanee di partecipanti.
Tra le feste dei santi importanti sono quelle di San Rocco e di Sant’Antonio da Padova. L’autorità
ecclesiastiche è importante per il mantenimento e la conservazione di repertori musicali e dunque
il rapporto musicale e la chiesa è complesso e mutevole tanto che spesso si assiste a scontri con il
clero.
Nelle feste religiose trova spazio anche la danza, anche se nella sfera del cattolicesimo essa non è
contemplata; nelle pratiche devozionali popolari essa è invece un elemento importante. Si va dalle
danze di intrattenimento durante i pellegrinaggi a quelle rare dei