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VIAGGI SENZA INCONTRO PERCHè NON C’E’ ALLONTANAMENTO DA Sè ED ESODO
VERSO L’ALTRO.
Il viaggio è in rapporto con un distacco dall’identico, una frattura dall’ordinario. Probabilmente
nessuno viaggerebbe più se fosse sicuro di non incontrare davvero niente di diverso rispetto
alle coordinate solite di riferimento.
Nel viaggio si assiste a un intreccio di alterità e il viaggio stesso diventa tanto più interessante
se restituisce qualcosa a se stessi.
Negli intrecci di alterità del viaggio sono presenti dimensioni spaziotemporali ma soprattutto
umane incontri con altri stili di vita, con altre culture, con altre organizzazioni del vivere
collettivo...etc
L’alterità struttura il viaggio in due modi diversi:
1. essa può costituire il momento indispensabile del passaggio circolare da un’identità
iniziale alla stessa identità che si ritrova finalmente presso se stessa dopo le peripezie
del viaggio (viaggio circolare). Esempio: “odissea di Ulisse”, qui il viaggio è sempre un
partire da casa e un tornare a casa.
2. può anche rappresentare un’uscita dalla propria identità senza più un ritorno preciso
(viaggio lineare). Esempio: “Viaggio di Abramo”, si presenta in modo diverso, la casa
non è più casa, il partire vale più del tornare, il mondo è aperto, nuovo, non
conosciuto. Senza il ritorno alla propria casa, il momento iniziale del viaggio si carica
di un forte significato simbolico.
Da sempre c’è un rapporto tra VIAGGIO e RACCONTO.
Il rapporto tra viaggio e racconto non nasce solo dal bisogno di narrare ad altri. In questo
rapporto si assiste anche a una sovrapposizione che porta a riconoscere il carattere
inevitabilmente linguistico del viaggio e il carattere essenzialmente itinerante del racconto. E’
al racconto che si affida di solito una storia, un’avventura, un’esistenza.
Sia il viaggio che il racconto prevedono tre parti essenziali:
1. inizio
2. situazione intermedia che scompagina la tranquillità
3. una conclusione
Sia il viaggio che il racconto presentano uno o più personaggi principali: i protagonisti accanto
a personaggi secondari che li affiancano.
Il viaggio costringe a porre l’attenzione sul significato, sullo scardinamento dell’immobilità
iniziale e sul tempo del movimento ed estraneamento. Come se il viaggio facesse uscire il
racconto dal suo carattere linguistico per dargli fisicità.
Non tutti i viaggi e racconti si concludono con un ritorno; vi sono viaggi e racconti che si
aprono all’infinito, vi sono viaggi e racconti interrotti dove la conclusione manca.
Quando si viaggia sul serio si torna a ciò che si era lasciato in maniera diversa, perchè si è
passati attraverso una diversità che costringe il confronto.
Nel viaggio si viaggia tra altri e con altri.
La similitudine di struttura tra viaggiare e raccontare continua anche nell’aspetto comunitario.
RACCONTARE: è stare in una comunità di dialogo e di ascolto, raccontare è creare
comunità; anche VIAGGIARE è un “fare comunità”.
Dimensione comunitaria è essenziale sia al viaggio sia al racconto.
Società contemporanea caratterizzata da forte mobilità, movimento costante delle persone
sembra mettere in moto un viaggio globale/comunità globale deterritorializzata.
Viaggio può essere visto anche come una duplice apertura comunitaria: una comunità che si
apre al viaggio e una comunità che si apre a chi viaggia.
Viaggio e Accoglienza vanno di pari passo chi viaggia si apre a un’alterità e chi ospita si
apre a sua volta alla diversità che le viene incontro.
Incontro con e delle comunità: altro aspetto importante dell’esperienza del viaggio.
Viaggio di chi viaggia suscita un viaggio anche in chi ospita. L’apertura alla diversità vale nello
stesso modo e con la stessa forza sia per chi viaggia sia per chi ospita.
Dimensioni spaziotemporali del viaggio sono nello stesso tempo dimensioni culturali e
umane perchè a viaggiare è l’uomo e perchè il viaggio avviene con l’altro a una geografia
fisica si accompagna una geografia umana.
Ogni comunità si riconosce: in una interazione tra uno spazio fisico e uno spazio culturale.
Spazio fisico, il territorio, può intendersi anche in senso simbolico.
Le comunità sono territori culturali, il rapporto con lo spazio è vitale per la comunità, a
maggior ragione per le comunità nomadi che decidono di vivere nell’apertura stessa degli
spazi.
Dall’interscambio deriva che lo spazio naturale della comunità si fa culturale e che lo spazio
culturale si naturalizza.
Caso della città: ancora più significativo perchè la costruzione di una città equivale a insediare
in uno spazio naturale un luogo fisico di ritorno.
COMUNITA’ UMANA VIENE OSPITATA DALLA NATURA.
Tra comunità e ospitalità vi è una sovrapposizione sottile sino al punto di pensare che
accogliere sia per essenza un atto comunitario.
La comunità è uno sfondo di riferimento del viaggio: è insieme punto di partenza e punto di
arrivo o di passaggio del viaggio.
Cos’è in gioco nell’accoglienza? Sistema materiale di ospitalità, l’identità e la cultura stessa di
una comunità. Una comunità dimostra di avere tanta più identità quanto più riesce ad aprirsi e
a offrire ad altri questa identità.
Identità di una comunità: è più forte dello stesso assetto politicoistituzionale.
Identità di una comunità è complessa: implica una lingua, una cultura, dei rituali collettivi di
comportamento, delle tradizioni che tendono a riproporsi anche nelle forme nuove degli
intrecci multiculturali e dei riti della globalizzazione, implica anche l’eco interno di culture/di
lingue/tradizioni diverse.
Comunità mostra se stessa sotto aspetti molteplici.
Spazi, tempi, movimenti, rapporti che rinviano alla dimensione corporea del viaggiare.
Nelle comunità radicate al territorio emergono alcuni significativi aspetti della cultura
materiale: il rapporto con il territorio significa un modo di pensare la costruzione e di
rapportarsi al territorio con l’attività contadina e pastorale.
Anche la scansione del tempo è determinata dal territorio soprattutto se si pensa ai tempi di
festa e ai tempi di lavoro. Le feste (laiche e religiose) da sempre sono momenti della massima
espressione dell’identità di una comunità e della sua massima apertura.
Tra i molteplici modi con cui una comunità mostra se stessa: cultura materiale del cibo
mantiene ruolo centrale. Cibo diventa un fattore strategico eccezionale per il dialogo con la
comunità che accoglie (accoglienza culinaria del cibo da non fraintendere con turismo
culinario).
Senza cibo non c’è viaggio!
La condizione del turista rimane però quella di chi si trova, individuo o collettività che sia, nello
stesso tempo in sè e fuori di sè.
Nel viaggio è essenziale elemento di rottura, la presenza di una diversità che suggerisce la
doppia situazione dell’ospite e dell’ospitante.
Chi viaggia sembra stare sul lato dell’apertura, del movimento verso il diverso viaggiare è
accogliere e accogliere è viaggiare.
Nel viaggio è in gioco qualcosa dell’umano situazione del viaggio è uno stare tra identità
diverse e differenze.
L’ospitalità risponde a regole minime, riconoscibili e universali, tali da permettere a chiunque
di trovarsi a proprio agio.
L’etica dell’accoglienza suggerisce di aprire senza negare e di accogliere senza integrare.
L’ospite va rispettato nella sua alterità come portatore di una ricerca che parte da lontano
magari in modo inconsapevole.
La condizione di chi viaggia è quella di una provvisorietà strutturale è un trovarsi fuori di sè,
il ricordarsi di una non appartenenza.
ACCOGLIENZA e DISCREZIONE attraversano ruoli fondamentali nel turismo, sono richieste
da chi ospita e da chi viaggia.
“ACCOGLIENZA, DENARO, INSICUREZZA”
Nel nostro mondo globale la parola “accoglienza” è divenuta un imperativo di cui non si può
più fare a meno. Accoglienza mondializzata, globalizzata, standardizzata “accoglienza”
“reception” sono le parole d’ordine tutto sembra suggerire la casa mondiale dell’ospitalità.
Tutti adesso si muovono dappertutto con leggerezza e facilità turismo di massa si è
mondializzato esistere è stare nel movimento!
Si passa in modo sempre più veloce per luoghi diversi senza sostarvi nel vero senso della
parola. Non c’è più casa, siamo degli ospiti nel momento stesso in cui ospitiamo, la “casa”
non è più di nessuno.
Il problema della recettività da soddisfare costitiusce una priorità politica. Nonostante questa
priorità pubblica, la ricettività continua a mancare, eppure, il pensiero dell’accoglienza
procede perchè siamo continuamente preoccupati di accogliere fino a farne una priorità
assoluta nelle programmazioni pubbliche.
Siamo talmente sensibili al problema dell’accoglienza che non lasciamo nessuno per strada
costruiamo persino strutture di prima accoglienza.
Prima accoglienza: “accoglienza” per modo di dire, situazione solo provvisoria giusto per non
smentire il principio dell’accoglienza globale nel globale. Non possiamo smentirci intorno
all’accoglienza, sempre più insufficienti e sempre più inquietanti, le strutture di prima
accoglienza confermano per assurdo quant’è accogliente questo mondo accogliente fino al
punto di non negare a nessuno l’ospitalità.
Nessuno può rimanere fuori dalle carceri sociali dell’accoglienza.
Un mondo così “accogliente” suggerisce che la casa sia ovunque il sistema dell’accoglienza
dice proprio questo: nessuno è estraneo.
Le nostre abitazioni sono divise in “settori”, in queste si trova tutto ciò che è reperibile sul
mercato. La reperibilità della merce è talmente forte che non si esce neppure più di casa: non
si esce per fare la spesa, non si esce per fare gli acquisti, non si esce per vedere un film…
Tutto è in rete. La merce stessa quasi non esiste più, si materializza con l’ordine l’ordine
cre