Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L S
E BASI ETICHE DELLA COGNIZIONE SOCIALE IN OREL
Sorel è interessato alla genesi della mente sociale. Lo consideriamo come un teorico della
morale, la cui riflessione si articola su tre temi: il tema del mito come formula verbale che
guida alla scissione e alla trasformazione dell'ordine morale esistente; quella della morale del
sublime come etica del soggetto che, secondo Sorel, porta al compimento della trasformazione
morale moderna; quella della cité, modello storico-genetico delle trasformazioni sociali sfociate
nella modernità, e ancora oggi probabilmente aperte.
8.1. La sociogenesi delle formule
In Sorel, il mito è legato ad uno dei concetti fondamentali della sua teoria politica, ovvero lo
spirito di scissione che deve animare la nuova classe dei produttori, se vuole porsi come
l'artefice della nuova società.
Sorel parte da un presupposto: la storia è fatta dalla massa degli uomini, definiti come
portatori di formule, dogmi. Questi simboli vengono visti come esterni agli uomini, che non li
creano, ma li prendono a carico. Il soggetto della storia è diviso tra l'istanza creatori delle
grandi personalità, e la massa parlante che agisce nei confini di un sistema simbolico dato.
Simboli che sono indici di un assetto cognitivo, che permettono di scoprire la logica speciale del
popolo.
8.2. La morale del sublime
Il sublime è dato dal carattere del dovere che è eroico e terribile, legato al piacere
dell'orgoglio e dell'onore, ma anche al dolore del timore e della paura.
Questa struttura affettiva è accompagnata da una pratica sociale che rifiuta la tutela e
ricerca la responsabilità personale o self-governement.
Il pensiero di Sorel è caratterizzato da due fasi: nella prima, assegna un ruolo fondamentale
all'educazione e all'opera educatrice delle istituzioni che sorgono nelle classi povere. Nella
seconda le vedute di Sorel si radicalizzano sottolineando come l'eroismo delle classi povere che
si manifesta durante, ad esempio, una rivoluzione, non dipende dal ragionamento o
dall'educazione della volontà individuale, ma da uno stato di guerra a cui gli uomini accettano
di partecipare, e che si traduce in precisi miti.
L'etica del sublime appare come l'evoluzione dell'etica del rispetto che ha una duplice
struttura di piacere e dolore. Sorel denuncia il carattere illusorio di questo equilibrio.
L'evoluzione dei rapporti sociali che il socialismo impone con la sua lotta per
l'autodeterminazione trasforma la struttura dell'etica che acquista un contenuto affettivo
diverso: l'orgoglio del dovere autoimposto.
8.3. Le città della mente
A Sorel la cité appare come il contesto storico in cui si sviluppa una forma cognitiva: l'arte,
scienza, morale. Queste forme sono momenti di una visione genetica della mente sociale. Per
Sorel la storia è il risultato dell'attività adattiva dei soggetti sociali, che non segue un disegno
già scritto, ma nella quale si individuano delle costanti. Tali costanti sono: la primarietà logica e
storica del fatto estetico, il carattere operatorio della cognizione, la tensione verso un equilibrio
etico.
La citè non è la classe governante che esercita il comando, né l'élite che comprende i più
dotati in ciascun ramo dell'attività umana, né un'oligarchia che segue il proprio interesse. Per
Sorel è lo strato cognitivo del corpo sociale, che si trasforma sotto la spinta delle esigenze
adattive.
C IX
APITOLO
E , , G
SPRESSIVITÀ RECIPROCITÀ EGEMONIA IN RAMSCI
9.1. Un punto di sintesi
Nelle precedenti indagini abbiamo rintracciato numerosi elementi che ricomponiamo di
seguito:
In Pareto un'analisi delle forze sociali, dove il linguaggio è importante, ma non per via
della sua forma grammaticale, ma come capacità che permette agli attori sociali di effettuare
discorsi riguardo i loro comportamenti, che servono allo scienziato sociale per scoprire le
motivazioni delle loro azioni.
Sempre in Pareto, scopriamo che la grammatica normativa è come il diritto naturale,
che si contrappone a quello positivo, un costruzione arbitraria che risponde a residui
generalissimi, come il bisogno di uniformità che si esprime nel conformismo sociale (faccio così
perché si fa così). Ugualmente sono arbitrarie le costruzioni del diritto morale, che si
contrappone al diritto fatto.
In Vailati, invece, ritroviamo l'esigenza di una fondazione scientifica dei principi morali
di reciprocità ed equità. Vailati la ritrova nell'evoluzione sociale, quando questa favorisce tutti
gli strati sociali, ma soprattutto nelle sue élites, l'affermarsi della costituzione morale rispetto
all'intelligenza critica e strumentale.
In Vailati, la struttura istintivo-naturale viene ritenuta una costruzione sociale evolutiva,
dove i principi dell'autonomia morale del diritto ideale, sono il riflesso verbale di questa
evoluzione. In Vailati, viene depotenziato la dimensione critica dell'intelligenza morale, che si
traduce in un'evoluzione sociale necessaria ad un assetto ordinato dell'equilibrio sociale, su cui
sempre grava l'azione corrosiva dell'intelligenza critica.
Con Sorel, invece, ci si muove verso una concezione del comando sociale dove compare
la soggettività dell'attore sociale, dove viene visto non più come oggetto d'analisi scientifica,
ma come protagonista di trasformazioni evolutive dove la scienza è coinvolta. La fusione di
soggetto e oggetto si unisce al superamento della scissione tra norma e pulsione (come visto in
Marx, Lacan e Kant), che si fonda sull'etica liberale del rispetto, a favore di un'etica del sublime
basata sull'orgoglio del dovere autoimposto.
9.2. L'adattamento assimilatorio
Gramsci sostiene che ogni proposizione, anche se scorretta da un punto di vista logico o
grammaticale, può essere espressiva in certi contesti.
Gramsci, prendendo le distanze da Croce che vede la grammatica come un insieme di
schemi arbitrari, conferma il valore dell'espressività, dove le vere sgrammaticature sono quelle
che rivelano l'assenza di una disciplina mentale. Viene rivendicata l'espressività contro il
razionalismo linguistico, che diventa la base per una pratica politica che assume la costrizione
come comando autoimposto. E' grazie alla disciplina mentale che è possibile modificare certi
aspetti della civiltà.
La grammatica non sarà più una raccolta di schemi arbitrari, ma l'insieme dei
comportamenti linguistici, assunti come indici di forze non naturali ma storiche, che si
muovono nella civiltà da modificare.
La grammatica è semiotica dell'egemonia, che permette di comprendere le dinamiche
dell'egemonia in atto, consentendo di acquisire gli strumenti per la nuova egemonia da
stabilire. In questa semiotica dell'egemonia non esiste la grammatica, ma varie forme di
grammatica. Una prima forma è quella ''spontanea o immanente''.
Gramsci mira alla natura sociale delle regole linguistiche, notando come ognuno abbia una
propria grammatica, riferendosi a ciò che Wittgenstein chiama linguaggio privato. Ma affinché
vi sia linguaggio è necessario che delle menti private, attraverso la circolazione delle parole,
socializzino attraverso il linguaggio che diviene pubblico.
L'indagine politica deve partire dalla socialità linguistica immanente: capire come si passa
dalla disgregazione dei linguaggi privati all'omogeneità dell'organismo linguistico nazionale.
Gramsci è conscio del fatto che l'individuo è il riflesso e interprete dell'organismo linguistico
nazionale, ma si sottrae a questa circolarità assumendo la costrizione linguistica come
comando autoimposto. L'adattarsi per assimilare asseconda l'egemonia in atto, ma punta
all'impossessamento della tecnica espressiva da parte della massa popolare, con cui si potrà
stabilire la nuova egemonia, ovvero la modifica di certi aspetti della civiltà.
Per arrivare ad un conformismo linguistico nazionale unitario è necessario che la lingua si
incorpori nella politica, dove l'arbitrarietà della grammatica normativa di Pareto diventa una
scelta culturale evolutiva.
Evidente è lo schema morfogenico della sua indagine. Città, ceti dominanti e intellettuali
sono mediatori, a cui subentra l'azione più estesa di una seconda classe di mediatori quali la
scuola, i giornali, il teatro, il cinema o la radio. Per Gramsci si otterrà una lingua unitaria, se è
una necessità, e l'intervento organizzato accelererà i tempi del processo già esistente.
Nella morfogenesi della volontà collettiva, il primo momento è il passaggio dalla grammatica
normativa spontanea a quella politica, determinando la nascita della scienza del linguaggio. In
secondo luogo la seconda classe di mediatori si stabilizzerà, e la loro funzione diventa
sistematica in virtù del rapporto pedagogico che riguarda il rapporto linguistico.
Rapporto pedagogico che è unilaterale: intellettuali e non, maestro e allievo. Gramsci si
chiede se è possibile arrivare ad un rapporto reciproco integrale. Questa socialità allargata e
pedagogica si può attuare in vari modi. La grammatica normativa politica può essere sia scritta
che non, e ciò comporta un rapporto differente tra dirigenti e diretti. La grammatica normativa
politica va distinta in quella per le scuole e quella per le persone ''colte''. Ma la forma di
grammatica più importante, per quanto riguarda i rapporti tra dirigenti e diretti, è quella non
scritta, che si configura come una scelta politica radicale di escludere dall'apprendimento la
massa popolare nazionale.
Questa esclusione è l'opposto dell'inclusione che Gramsci esemplifica nei Quaderni. Sulla
base ineliminabile di costrizione unilaterale, le forme dell'egemonia in atto vanno dal
decentramento strategico, dove i dominanti prendono in conto gli interessi dei subalterni
incorporandoli nella loro volontà collettiva, al liberalismo reazionario del ''lascia fare'' che
persegue la subordinazione assoluta.
9.3. La libertà del cervello
Gramsci si concentra sull'esigenza pratica della nuova egemonia che deriva dalla modifica di
alcuni aspetti della civiltà, ed è qui che può trovare una risposta alla questione della
fluidificazione dei ruoli all'interno del rapporto pedagogico in cui consiste l'egemonia in atto.
Emerge qui il tema del linguaggio come processo produttivo, alternativa alla s