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-L’ARTISTA E L’ARTIGIANO
Convergenza etimologica e storica.
Come abbiamo visto, era la stessa parola greca téchne che designava insieme l’arte, il mestiere, il saper
fare, la tecnica. La definizione di Aristotele, nel capitolo VI dell’Etica nicomachea, è particolarmente
importante: l’arte è „‟un certo stato abituale produttivo unito a ragione‟‟. In questo senso, una tale
definizione può applicarsi altrettanto bene sia all’artista sia all’artigiano: nei due casi in effetti, si tratta di
portare qualcosa ad esistenza, sapendo che questo stesso processo sarebbe potuto non avvenire.
Sottomesso alle costrizioni e alle contingenze della materia, l’artista è dunque un lavoratore manuale, né più
né meno. Come l’artigiano, l’artista-pittore produce certamente qualcosa, ma a differenza dell’artigiano, non
produce la cosa stessa, ma l’apparenza di questa cosa.
Convergenza materiale.
Secondo la classica opposizione tra piacere intellettuale e lavoro manuale, è chiaro che sia l’artista sia
l’artigiano si trovano dalla stessa parte della barricata: lontano dalle delizie dell’otium (il piacere in
opposizione al negozio, negotium), hanno tutti e due bisogno di lavorare per guadagnarsi da vivere, e
questo stesso lavoro li tiene nella dipendenza materiale. Ma qui viene alla luce un movimento che
ritroveremo più tardi: questa dipendenza dalla materia, un tempo così nefasta da far sprofondare l’artista ai
gradi più bassi della società, si trasformerà in qualità nel momento in cui si tratterà di pensare all’artista come
colui che dà forma alla materia, in senso aristotelico. Le idee stesse si costruiscono e si congegnano come
dei materiali, e il pensiero come lavoro trova ugualmente la sua propria fatica, il sovraccarico cognitivo.
Convergenza tecnica.
L’artigiano ha sostenuto un apprendistato tecnico estremamente codificato. Anche l’artista obbedisce a delle
regole tecniche che deve come minimo dominare. In breve, ecco una formula per caratterizzare in un modo
comune nello stesso tempo l’artista e l’artigiano: tutti e due realizzano l’applicazione di una tecnica a un
materiale. Nello stesso ordine di idee, la vicinanza si estende dal punto di vista dello stesso apprendistato:
tra le confraternite o le corporazioni di artigiani da una parte, e gli antichi atelier degli artisti dall’altra. In
entrambi i casi, in effetti, constatiamo che il sapere tecnico si trasmette dal maestro all’allievo.
Convergenza psicologica.
Fatte le giuste proporzioni, e messe da parte provvisoriamente tutte le eccezioni, certi artisti e certi artigiani
potrebbero ritrovarsi nel loro rispettivo lavoro in termini di preoccupazione di far bene, di esigenza
personale, o di ricerca del bello: in una parola, l’amore per il proprio mestiere, per la propria produzione,
generalmente unica. Dominando l’insieme delle tecniche applicate a differenti oggetti, godono di una certa
libertà nell’innovazione tecnica come nell’invenzione formale.
Divergenza filosofica.
Già nella Grecia antica esisteva malgrado tutto una differenza tra artista e artigiano, al di là dello status
sociale: la produzione di una rappresentazione attraverso l’imitazione (mìmesis), e non di un oggetto utile.
Ma la differenza, qui, è al contrario di quella che ci si aspetterebbe: si fa a spese dell’artista, poiché questo,
per il fatto stesso che produce essenzialmente delle illusioni, si ritrova al fondo della scala filosofica, mentre
l’artigiano, più vicino all’Idea per il fatto che produce almeno una sorta di realtà, risulta gerarchicamente
superiore all’artista imitatore. In altre parole, l’artista non è mai altro che un imitatore di secondo grado del
lavoro dell’artigiano.
Divergenza storica e teorica.
Tutto il movimento storico e teorico del Rinascimento mirerà precisamente a invertire questo tipo di rapporto.
Si tratta allora di ridare all’artista il suo posto nella società, a partire da una valorizzazione dell’attività
intellettuale rispetto all’attività unicamente manuale dell’artigiano. Per fare ciò, occorre instaurare un legame
molto forte tra arte e intelletto, attraverso due elementi-chiave: il discorso da una parte, l’istituzione dall’altra.
Secondo la ben nota metafora militare, l’artista vuole ormai appartenere all’avanguardia, relegando
logicamente l’artigiano alla retroguardia del movimento.
Divergenza di finalità.
Nel paragrafo 43 della Critica della facoltà di giudizio Kant indica tre distinzioni, presentate dalla più ampia
alla più stretta verso una sempre maggiore specializzazione: distinzione dell’arte della natura, dell’arte della
scienza, e infine dell’arte dell’artigianato. Oltre all’opposizione tra il bello e l’utile, oltre all’opposizione tra
liberale e mercenario, Kant distingue l’arte e l’artigianato allo stesso modo in cui, procedendo per analogia, di
distinguono il gioco e il lavoro. La stessa questione della finalità dipende allora logicamente dalla modalità: il
modo dell’arte è di essere il suo proprio fine a se stessa, mentre il modo dell’artigianato è di rinviare senza
sosta a un’esteriorità costruttiva. Nel lavoro artigianale, eterotelico, Kant suppone in effetti che conti
unicamente il fine economico. Riassumendo, l’artigiano fabbrica un oggetto, l’artista crea un’opera.
Divergenza di progetto.
L’artigiano è colui che applica regole preesistenti a una produzione in un quadro limitato; le costrizioni della
produzione sono indiscutibilmente superiori alla libertà di creazione. Ora, è l’inverso per l’artista, per il quale
l’opera non può rispondere totalmente a un piano determinato; il progetto esiste, ma l’opera per definizione
non si fa che creandola. E se così è, ciò avviene anche a costo di moltiplicare le bozze preliminari, riprendere
più volte lo stesso dettaglio, accettare i pentimenti e le correzioni.
-L’ARTISTA E IL FILOSOFO
L’artista filosofo.
L’artigiano appare come un artista di grado inferiore, e l’artista superiore guarda logicamente al filosofo. Un
uomo tra gli altri si distingue qui: Leonardo da Vinci, divenuto oggetto di studio privilegiato dalla psicologia o
dalla psicoanalisi dell’artista. Quando si aprono per esempio gli affascinanti Codici di Leonardo, non si può
che rimanere colpiti dalla ricchezza e dall’ampiezza del suo sapere e delle sue scoperte. È attraverso questa
sorprendente contemplazione che si fa luce su un nuovo punto in comune fra arte e filosofia: entrambe non
servono direttamente a qualcosa. Sia l’artista sia il filosofo hanno scelto di prendere distanza rispetto
all’azione utilitaria, per darsi il tempo di cercare qualcosa di più profondo del banale o del quotidiano. Infine, è
possibile che il filosofo e l’artista cerchino in fondo la stessa cosa, ma con mezzi differenti: per parlare come
Klee, avvicinarsi al cuore della creazione, l’uno attraverso il lògos, l’altro attraverso il pàthos, l’uno attraverso
il discorso e la ragione, l’altro attraverso l’intuizione e la sensazione.
Il filosofo artista.
Questa formula ormai rovesciata, con la quale Nietzsche definiva la sua attività speculativa, mette in
questione precisamente il tratto che unisce i due termini: come può un filosofo dirsi allo stesso tempo artista,
in altre parole come si uniscono attraverso un tratto grafico l’intelligibile e il sensibile, la riflessione e la
spontaneità, la grande ragione e il grande stile?
L’arte dal punto di vista dell’artista.
Secondo Nietzsche l‟arte deve essere concepita dalla prospettiva dell‟artista. Egli rimprovera spesso ai
suoi predecessori di aver meditato sull’arte e sul bello dal solo punto di vista dello spettatore, senza mai
affrontare il problema estetico a partire dall’esperienza dell’artista, del creatore. Nietzsche reclama così
un’estetica della creazione.
Il mondo come opera d’arte.
Nietzsche voleva insegnare ai suoi lettori a vedere il mondo con il più gran numero di occhi possibile. Egli
sviluppa una visione artistica del mondo, „‟poiché solo come fenomeni estetici l‟esistenza e il mondo
sono eternamente giustificati‟‟. L’arte è il più potente stimolo alla vita. L’arte è la grande trasfiguratrice
dell’esistenza, che abbellisce e accetta il mondo invece di giustificarlo attraverso una negazione ascetica.
Il pensiero attraverso lo stile.
Nietzsche rappresenta la svolta estetica della filosofia. L’estetica come teoria dell’arte diventa di colpo una
pratica: quella stessa della scrittura. Lo sto diviene di conseguenza un criterio di giudizio. L’essenza di un
pensiero si fa comprendere attraverso la sua forma. Tale è il senso ultimo del filosofo che voleva divenire
artista. L’estetica di Nietzsche, se esiste, si caratterizza in primo luogo per la sua esplosione, o piuttosto la
sua invasione progressiva di tutti gli ambiti della filosofia, fino allo stile stesso.
-L’ARTISTA E L’ARTISTA
Artista e artigiano, artista e filosofo: al di là di questo triangolo, si possono pensare molte altre convergenze,
a cominciare da quella tra artista e artista. Le differenze tra artista e artista potrebbero articolarsi attraverso
tre grandi assi: nella storia, all’interno di una stessa disciplina e nei rapporti tra le arti. È per progressiva
derivazione che la parola artista si è estesa alle altre arti oltre che alla pittura e alla poesia. „‟L‟artista non
sarà più colui che produce delle opere d‟arte, quanto colui che riesce a farsi riconoscere come
artista‟‟. La questione dell’artista oggi non è più quella dell’arte, e nemmeno dell’opera, ma quella del
riconoscimento. Capitolo IV – L’opera d’arte
L’opera è in primo luogo ciò che ha il carattere di essere operato, ossia lavorato. Il termine in effetti deriva
dal latino opera (lavoro, cura), vicino al senso di opus (risultato del lavoro, cosa fabbricata). L’opera, in
senso classico, è ciò che crea un mondo, a forza di lavoro. Da una parte, non ci sono mai stati così tanti
artisti che hanno rifiutato il termine opera preferendogli quello di lavoro, procedimento, produzione,
processo, dispositivo, eccetera. Dall’altra parte, gli estetologi contemporanei continuano a utilizzare il
termine opera, forse semplicemente perché si tratta ancora del termine generico più comune.
-ASSIOLOGIA
Il bello.
Ogni oper