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Luoghi
La maggiore produzione drammatica latina fu rappresentata quasi per intero in teatri ricavati da strutture
lignee di fortuna all’interno degli spazi destinati ai ludi, accanto ai templi o altri edifici pubblici. Nel 179
Marco Emilio Lepido fece costruire presso il tempio di Apollo un teatro con palcoscenico in legno, smontato
al termine delle rappresentazioni.
Nel 155 si tentò la costruzione di un teatro in pietra, ma venne demolito dal console Nasica in quanto
rigoroso interprete della tradizione romana.
Il primo teatro stabile in muratura fu costruito a Roma nel 55 a.C. a spese di Pompeo e da questi prese il
nome, posto vicino all’attuale Campo dei Fiori. Si ispirava alla forma del teatro attico, semicircolare, ma
aveva anche sostanziali differenze:
- Spazio dell’orchestra no circolare ma emiciclo verso cui convergevano i cunei delle gradinate.
- Palco fortemente sopraelevato
- Skene a fondo palco, ampia pedana che fungeva da luogo unico per la recitazione.
- No coro
La scena del teatro ci è nota da testimonianze di età augustea: rappresentava la facciata di una casa o di un
palazzo dove, al primo livello si aprivano tre porte; al secondo c’erano 3 nicchie equivalenti alle porte; a loro
volta queste erano sovrastate da una tettoia o da un cornicione. Il tutto arricchito da colonne, colonnine
oggetti vari, statue, piante.
NB: Il teatro romano di età imperiale era un complesso autonomo e indipendente dalla conformazione del
terreno: in quanto tale, raggiunse ben presto una struttura conclusa, con le gradinate della cavea che
andavano a saldarsi con la parete della scena. Gli accessi laterali del palcoscenico divennero veri e propri
corridoi (quello di sx “al porto” quello di dx “in piazza”)
Ultimi decenni della repubblica cavea ricoperta da teloni di seta o di lino per proteggere gli spettatori dalla
pioggia o dal sole.
Sipario (aulaeum): introdotto nel 133 a.C. su modello dei veli dipinti in uso nella ewggia di Attalo. Si tratta
di una grande tela rettangolare sostenuta da aste che per mostrare la scena calava all’inizio e si alzava (per
nasconderla) alla fine.
Siparium era detto invece un secondo telo azionato lateralmente; forse serviva agli operai per i cambi di
scena.
Di fisso sul palco c’era solo l’altare. L’uso di quinte girevoli dipinte e di scenografie dettagliate sarà solo
tardo repubblicano e imperiale. Non è escluso che ci fossero invenzioni “registiche” di questo tipo anche
prima, rimane il fatto che essendo fatte in legno, non ne è rimasta traccia.
Numero degli attori, maschera, tipi fissi
Solitamente nella commedia attica gli attori erano 3, anche dove i personaggi erano di più. La recitazione
risultava dunque poco realistica e stilizzata, dovuta anche all’uso della maschera. Nel teatro plautino i singoli
personaggi erano invece interpretati per intero da uno stesso attore e ciascuno da un attore diverso. Un
medesimo attore poteva sostenere più parti solo se bene differenziate l’una dall’altra per età, sesso o livello
sociale o musicale (cantava o meno). Questo criterio “realistico” portò nel teatro lattino all’infrazione della
regola dei 3 attori; questo permetteva l’introduzione di personaggi nuovi o ampliare la parte di quelli
esistenti. Questa possibilità comportò innovazioni strutturali.
Altra caratteristica del teatro medio repubblicano è l’assenza della maschera; ciò è dimostrato dalle
tempistiche di entrata e di uscita (raddoppiate), quindi è probabile che a cambiare dovesse essere costume,
parrucca e trucco. Inoltre la mimica facciale era considerata importante: il volto era l’immagine dell’animo e
gli occhi i rivelatori per eccellenza. Mascherati per eccellenza erano solo gli attori delle farse atellane
proprio la presenza a Roma di un teatro mascherato può esser stata la causa del mancato accoglimento della
maschera greca. Altri motivi sono riconducibili alla Commedia Nuova attica che disponeva di un repertorio
ricco di tipi fissi, cioè ruoli immediatamente riconoscibili grazie alla parrucca, al belletto e all’abito. A
partire da questi l’autore poteva esercitare la propria fantasia e il proprio senso del comico con trovate
funzionali alla vicenda.
I ruoli di base:
- Senex (vecchio)
- Adulescens (giovane)
- Meretrix (meretrice)
- Leno (ruffiano)
- Servus (schiavo)
- Ancilla (ancella)
- Miles gloriosus (soldato spaccone)
- Parasitus (parassita)
- Sykophanta (peggio del parassita)
- Il cuoco
- Il puer
- Il medico
Musica e modelli
Importante è la componente musicale, da cui tra l’altro si muove la storia del teatro romano raccontata da
Tito Livio, ma importante anche nell’introduzione del teatro alla greca. La maturità di Livio Andronico per la
metrica scenica greca ci fa presupporre una più antica confidenza con i metri teatrali greci. Affievolendosi
l’egemonia etrusca e consolidandosi una prassi teatrale romana, la sede più idonea a ospitare versi scenici
quali il senario giambico o il settenario trocaico dovette essere la satura. Il teatro latino , già preletterario,
aveva accolto molti influssi esterni. Influenza della commedia dalla farsa. Gli influssi esterni non sono
scindibili da quelli interni, forniti dal contesto culturale e spettacolare cui i drammi regolari sono destinati
furono proprio gli elementi culturali sia solenni che carnevaleschi a essere ripresi e criticamente rispecchiati
nelle tragedie e nelle commedie latine. Roma repubblicana crebbe e maturò una cultura adeguata alle proprie
ambizioni politiche e militari anche grazie alla contestualità e validità del suo teatro.
3. Autori
Livio Andronico
Si dedica prevalentemente al genere tragico. Egli attuò il passaggio dalla fase preletteraria a quella letteraria,
spostando l’attenzione del pubblico dalla produzione comica a quella tragica. Perfezionè l’uso dei versi noti,
ma ha introdotto versi greci ignoti alla satura. Grande attenzione per la varietà metrica.
La tragedia di tipi euripideo era più simile al teatro musicale cui i romani erano abituati di quanto non lo
fosse la commedia di tipo menandreo .
Le tragedie liviane rivelano una netta preferenza per il ciclo troiano (Achilles; Aiace fustigatore; Il cavallo di
troia; Egisto;Ermione). Ci sono anche 3 tragedie imperniate su miti celeberrimi e interpretati da Andronico
in chiave romanzesca (Danae; Andromeda; Tereo). Si cimenta anche con la commedia (Spadino).
Nevio
Combattè nella Prima guerra punica durante la quale approfondì la cultura siceliota e magnogreca. Si dedicò
soprattutto alla commedia, anche se ebbe meriti anche nella tragedia: 6 coturnate e inventò la praetexta.
Delle coturnate 4 rimandano al ciclo troiano (Cavallo di troia; Ifigenia, Il commiato di Ettore, Esione).
In gara con Andronico scrisse una Danae, ma la novità nel repertorio tragico fu Licurgo (Licurgo invasato da
dio Dioniso sgozza il figlio; punizione per aver scacciato il dio). Nevio ha un’apertura bacchica, ma non è
chiaro il senso: sappiamo solo che negli ultimi anni della II guerra punica, con Annibale alle porte della cirrà,
i Romani e molte donne furono sensibili al fascino del culto bacchico. Ne nacque un problema politico
d’ordine pubblico che fu risolto con la messa al bando del culto.
Altra novità fu la creazione della praetexta (Romulus; Casteggio; la Lupa). Non sappiamo se abbia
inventato anche una tragedia sul suo epos Bellum Poenicum.
Commedie: 34 titoli sicuri, alcuni sembrano riprodurre il titolo dell’originale greco rielaborato. Altri, pur
greci, fanno pensare a scherzose neoformazioni neviane. Indovinata era la trattazione dei vari aspetti
dell’amore: si andava dalla rievocazione quasi struggente dell’amore alle salaci implicazioni fescennine.
L’allusione in contesto greco ad un personaggio dell’attualità politica Romana(Scipione l’Africano)
riscontrato in un frammento di incerta attribuzione ci illumina su un trattato assai importante del tradurre di
Nevio comico. L’elemento autoctono romano-italico ha sempre avuto (anche nella produzione preletteraria)
un ruolo importante.
Un altro aspetto originale della palliata è quello dell’importanza conferita alla figura del servo furbo in abito
greco.
Plauto
Nacque a Sarsina tra il 255 e il 250 e morì a Roma nel 184. Non si sa se militò, ma probabilmente la sconfitta
di Sarsina conquistata dai consoli di Roma, portarono Plauto a trasferiesi a Roma.
IL più antico codice plautino sopravvissuto (palinsesto Ambrosiano) riporta per l’autore i tre nomi Titus
Marcus Plautus; mentre i primi due sembrano un aggiustamento tra un prenome edu ecognomi(cioè
soprannomi), Plautus indica “piedi piatti”: non si sa se fosse la sua conformazione fisica, oppure si riferisse a
“attore che recita a piedi nudi” quindi un attore di farsa; o ancora se si riferisse ad un particolare modo di
tenere i piedi mentre recitava.
Secondo Varrone Plauto dopo aver perso nel commercio tutto il denaro guadagnato facendo l’attore ed essere
stato costretto a girare la macina in un molino, proprio qui aveva cominciato a sceivere le sue commedie.
Orazio considera i parassiti di Plauto in modo farsesco, lo considera uno scrittore di farse. Qualcosa di umile
e farsesco c’era nella vita di Plauto ma ancdava circoscritto a un’esperienza diretta del teatro farsesco. Nelle
sue commedie Plauto pase far riferimento alla propria biografia: i temi paiono ben conosciuti da Plauto
(fame, schiavitù per debiti, speculazione commerciale).
Attività di Plauto: si svolge in un arco di tempo che va dalla ripresa delle ostilità con Cartagine a un
momento compreso tra il 186 e la morte. II secolo a.C. circolavano 130 commedie plautine, ma Varrone
stabilì una lista di 21 commedie sicuramente genuine dette “varroniane”, tanto che si sono imposte sulle
altre. Cronologia incerta.
17 dicembre 217 a.C. rifondazione e fissazione della festa dei Saturnali che ospitavano una forma di
teatralità domestica e improvvisata. Essi, raccogliendo e unificando molti tratti carnevaleschi presenti nei riti
di altre festività, divennero la festa di tutti per eccellenza, la festa della sospensione del tempo e del “mondo
alla rovescia”, senza regole e senza divisioni sociali.
NB: Questo clima carnevalesco di sospensione del tempo reale e di ribaltamento delle parti è uno dei tratti
dominanti del teatro di Plauto. Sulla scena la legge appartiene a coloro che sembrano i meno indicati a
possederla (parassiti, schiavi e adulescens).
In Plauto c’è il confronto (indiretto) tra la generazione dei padri e quella dei figli: i figli mandano in prima
linea i servi astuti o le madri gelose, mentre i padri ricorrono ali amici