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L’eterogeneità migratoria si è creata sulla base di politiche restrittive a partire dagli anni '70 nei paesi europei, le congiunture economiche e politiche, o la semplice vicinanza.

3.3.2. La diffusione microterritoriale (risiedono in tutto il paese)

Dall’osservazione della distribuzione di stranieri nel paese si può confermare la relazione tra presenza e mercato del lavoro: 60% degli immigrati è al nord, 27% al centro, il

10% al sud, questo per la particolare rilevanza di delle piccole e medie imprese e per la presenza di aree industriali e produttive diffuse sul territorio. Ci sono aspetti che

determinano la diffusione microterritoriale della popolazione straniera come ad esempio il lavoro domestico, il progressivo invecchiamento della popolazione, la

femminilizzazione del lavoro, l’allentamento delle reti di parentela sono elementi che collaborano al continuo aumento di richiesta di colf, badanti e tate.

3.3.3. Le specificità dei contesti migratori locali

Le tipicizzazioni sono replicate in tutta Italia, non a livello regionale ma a livello locale: ad esempio in FVG vede a TS la presenza di serbi, bosniaci e albanesi, a Monfalcone il

gruppo prevalente diventa quello del Bangladesh mentre a Pordenone la provenienza più significativa è quella ghanese.

La ragione va cercata nell’intreccio tra due aspetti:

quello che dà avvio alla tipicizzazione: l’Italia è un paese con una spiccata vocazione localistica in termini culturali, paesaggistici enogastronomici e produttivi, è

• quest’ultima propensione a determinare una condizione attrattiva capace di intercettare flussi migratori rispondenti alle esigenze occupazionali specificatamente

espresse da un territorio. Nei casi friulani sono riconducibili alle industrie cantieristiche di Monfalcone, che attira operai dal Bangladesh, l’industria meccanica e

manifatturiera del pordenonese alla quale rispondo gli immigrati ghanesi o ad esempio l’industria tessile e l’immigrazione cinese, o il lavoro nelle stalle padane e

l’immigrazione sik.

quello che mantiene sostanzialmente la specificità della connotazione migratoria attraverso un meccanismo di stabilizzazione e ingrossamento: la catena

• migratoria di tipo etnico. Le reti etniche possono essere intese come:

reti di partenza: presenza dall’estero di familiari che fungono da stimolo alla partenza

▪ reti di arrivo: permettono di muoversi nel contesto autoctono

▪ reti inclusive: garantiscono al migrante la possibilità di legittimare la propria presenza

3.4. Le condizioni favorevoli sulle quali lavorare

Le condizioni di eterogeneità e diffusione microterritoriale sono delle peculiarità per il caso italiano, si tratta allora di capire se siano positive o negative.

Per quanto riguarda la diffusione microterritoriale come afferma Zanfrini “la diffusione spaziale rappresenta tradizionalmente una delle fondamentali chiavi di lettura del

processo integrativo”: a partire dall’ “ecologia urbana”, si è capito come la distribuzione territoriale da una parte riflette una disposizione integrativa, dall’altra facilita, oppure

ostacola, processualità di inserimento, e quindi di esclusione. Quindi in Italia rappresenta una potenzialità integrativa importante.

Se per integrazione sociale intendiamo un processo di reciproco inserimento volto alla valorizzazione delle diversità su un piano di convivialità e di arricchimento reciproco. Al

contrario, aggregazioni abitative isolate su zone marcate etnicamente finiscono per replicare il modello del ghetto.

In chiave positiva va considerato che il processo di integrazione sociale ha il carattere della contestualità strutturandosi nella realtà socio­culturale di cui è parte. In tal senso

l’integrazione si lega e differenzia a seconda del contesto territoriale, delle circostanze storico­politiche, e delle componenti etniche dei migranti. Ciò significa che è necessario

un contesto ambientale favorevole, come dice Aime “ a incontrarsi e scontrarsi non sono culture, ma persone” l’integrazione avviene tra persone con appartenenza culturale

differente.

Capitolo 4: L’immigrazione che (ci) cambia: la nostra società multiculturale

4.1. La stabilizzazione della realtà multiculturale

Il problema percepito è quello degli arrivi (degli “sbarchi” nell’immaginario comune), di conseguenza la risposta dovrebbe essere un controllo/limitazione delle entrate. Tuttavia

la questione più cruciale oggi pare essere quella della permanenza degli immigrati già presenti in Italia, che sono una quota piuttosto significativa della popolazione totale. È

chiara la tendenza alla stabilizzazione in Italia piuttosto di un loro nuovo spostamento.

È interessante la mole di elementi che confermano questo percorso di stabilizzazione e l’apparente incoscienza sociale e istituzionale.

4.2. Un’immigrazione sempre più rosa

La popolazione straniera soggiornante in Italia aumenta progressivamente la componente femminile, la percentuale di donne migranti è al 50,3% (2007), sebbene rimanda un

fenomeno percepito socialmente come maschile.

4.2.1. Donne e famiglie immigrate

Le prime donne immigrate in Italia sono arrivate negli anni ’70 provenienti dalle ex colonie, venivano a ricoprire mansioni di lavoro domestico, dagli anni ’90 ci sono i flussi per

ricongiungimento familiare.

Tali flussi hanno iniziato a riequilibrare l’incidenza del rapporto di genere all’interno della popolazione immigrata, oltre che distribuire la componente femminile in tutte le fasce

d’età.

Oggi vi è una nuova quota di migrazioni in autonomia o come primo arrivo.

Decimo sostiene che l’esperienza migratoria si muove all’interno di legami che la motivano, contribuiscono ad avviarla e mantenerla, la componente familiare e femminile ha

un ruolo essenziale. Tradizionalmente è l’uomo ad assolvere la funzione pionieristica utile a creare le condizioni per il successivo ricongiungimento familiare, non è raro che

siano le donne oggi a farlo, in virtù di nicchie occupazionali loro riservate.

La crescita della quota femminile tra la popolazione immigrata e del “peso qualitativo” dei processi è indice di un quadro migratorio tendente alla stabilità. I contesti migratori

maschili sono tipici di processi giovani o transitori. Le migrazioni femminili si organizzano in modo da garantire la riproduzione biologica, sociale e culturale delle famiglie e

della comunità.

Come evidenzia Zincone la presenza del nucleo familiare costringe, specialmente in presenza di bambini, l’apparire di nuovi bisogni e nuove richieste politiche, l’utilizzo delle

risorse del territorio in modo differenziato da parte dei diversi membri del nucleo familiare. In senso più pratico comporta più spese, necessità di un contatto più spesso con la

lingua, il territorio ed i servizi, nuovi bisogni abitativi, educativi e sanitari. La presenza femminile comporta quindi delle evidenti implicazioni sul progetto migratorio:

ricongiungimento nel nostro paese, fare una famiglia, avere un figlio, sono tutte scelte che radicano nel contesto.

4.2.2. Sensi femminili

È diffuso il pregiudizio che le donne immigrate siano una componente passiva della popolazione straniera e subordinate a quella maschile. Le donne straniere in realtà non

sono un’appendice dell’immigrazione maschile, il loro tasso di attività è superiore anche alle donne autoctone (58,4%).

Rimangono preoccupanti le condizioni di inserimento al lavoro: i settori occupazionali sono essenzialmente di basso livello e più della metà delle donne straniere occupate

risultano essere impiegate nel lavoro domestico e di cura alla persona.

Ancora più significativa è l’evoluzione sul piano sociale della presenza femminile, sottolineando le fondamentali funzioni di mediazione socio­identitaria tra il contesto

familiare­culturale e quello d’accoglienza, tra il processo d’inserimento e quello di mantenimento, ma anche la progressiva assunzione di responsabilità nella costruzione di

legami con il territorio e comunità autoctone.

Come evidenzia Favaro, le donne immigrate sono ben lontane dall’essere “l’anello debole” della catena migratoria, sono proprio le donne, in particolare le madri, i soggetti

privilegiati da coinvolgere per progettare insieme iniziative e interventi per l’inserimento e l’integrazione. Sono i partner educativi fondamentali.

4.3. Giovani stranieri, prossimi italiani?

4.3.1. Il fatto dei minori stranieri

La popolazione immigrata è più giovane di quella autoctona, si tratta di capire cosa questo implica nella realtà.

Risulta interessante confrontare la distribuzione percentuale della popolazione straniera e autoctona per fasce d’età.

È evidente la sostanziale differenza tra i due gruppi:

la popolazione straniera sia distribuita essenzialmente nella fascia giovane­adulto, la classe d’età con maggiore incidenza risulta essere 30­39 anni, segue quella

• dei 20­29, infine quella tra 40­49 anni. È la fascia più idonea al lavoro, essi vengono essenzialmente per lavorare.

nella popolazione autoctona la classe d’età con maggiore incidenza è quella relativa ai 60 anni e oltre, mentre la popolazione straniera ha solo un 3% di presenza

• dai 60 anni e oltre.

la forbice più significativa, anche se meno evidente, è quella relativa alla fascia di popolazione giovanissima, mentre per gli autoctoni si evidenzia la scarsa

• natalità. La percentuale elevata degli stranieri si può spiegare in due direzioni:

relativa al ricongiungimento familiare

▪ natalità tra stranieri

Nel complesso la popolazione straniera ha un tasso di incidenza maggiore rispetto a quella autoctona su tutta la fascia minorile, nel corso di 4 anni la presenza di minori

stranieri è raddoppiata, arrivando quasi a rappresentare 1/4 di tutta la popolazione immigrata nel nostro paese, il trend lascia ben poca immaginazione sull’andamento del

fenomeno.

Anche nella fascia minorile, la popolazione straniera è più giovane rispetto a quella autoctona. Per quanto riguarda i “nati stranieri” si intende figli di genitori, entrambi non

cittadini italiani, dato che il nostro sistema giudiziario si fonda sullo ius sanguinis.

4.3.2. Nuove generazioni e stabilizzazione migratoria

Bartolini e Morga sostengono che nel momento in cui i minori o gli adolescenti prendono parte all’atto migratorio, questo perde il suo carattere di transitorio, trasformandosi in

un’esperienza di stabilità e permanenza. Non si parla solo di ricongiungimento, ancor di più quando si fatto figli in Italia. Da un lato la decisione di far figli in Italia è segno di un

certo radicamento nel contesto autoctono, dall’altro lato provocherà una processu

Dettagli
A.A. 2014-2015
17 pagine
7 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ChiaraBrusadin di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Cornacchia Matteo.