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PSICOSOCIOLOGIA DEL MASCHILISMO
Soggetto irritante secondo de Beauvoir il soggetto è irritante, ma capitale: irritante perché ci
obbliga a tornare su discorsi che sentiamo obsoleti, capitale perché con la guerra l’incapacità di
pensare l’eguaglianza di opportunità costituisce uno dei segni dell’arretratezza umana. Tra uomini
e donne c’è un’asimmetria di potere, status e risorse che viene costruita e sorretta da
atteggiamenti e comportamenti che definiamo maschilismo; questa questione è rilevante perché
limita lo sviluppo culturale, sociale e civile.
La diseguaglianza tra generi affonda le sue radici nella struttura sociale patriarcale, che riserva
ancora oggi agli uomini l’autorità e il prestigio per dominare la vita della comunità attraverso il
controllo delle istituzioni politiche, sociali e religiose. Molte energie sono state spese attorno alla
questione femminile e maschile, però la vera questione riguarda il genere in quanto la relazione tra
uomini e donne è così stretta che una prospettiva che privilegi l’uno o l’altro gruppo risulterebbe
parziale.
1)IL MASCHILISMO
Nella civiltà occidentale gli uomini continuano ad essere il gruppo dominante. La loro supremazia,
così come la subordinazione femminile, sembra essere una cosa naturale, universale e
immutabile. È proprio questa naturalità che ha nascosto il fenomeno. Secondo Simmel, il privilegio
maschile consiste proprio nel non avere bisogno di pensare in termini di genere, al contrario di
quanto succede per le donne. Tutto ciò ha portato alla nascita degli studi di genere, termine usato
per la prima volta nel 1975 da Rubin la quale mostrò come la costruzione dell’identità di genere
comporti la soppressione delle somiglianze naturali tra uomini e donne e l’accentuazione delle loro
differenze. In campo psicosociale la maggior parte del lavoro si è concentrato sul genere
femminile, mentre sono stati poco approfonditi contenuti e funzioni dei pregiudizi e stereotipi del
gruppo dominante per varie ragioni: da un lato il fatto che la maggior parte degli studiosi siano
uomini ha generato una resistenza a indagare il proprio gruppo di appartenenza; dall’altro, il
gruppo dominante rappresenta un prototipo dell’umano e induce a concentrare l’attenzione su ciò
che si allontana da tale prototipo. Anche se recentemente sono stati avviati una serie di studi
anche sugli uomini.
La Connell ha distinto i concetti di:
- Mascolinità egemone: insieme di pratiche che perpetuano il dominio dell’uomo sulla donna;
nella società capitalista occidentale, l’ideale maschile egemone è rappresentato, secondo
l’autrice, da uomini competitivi, aggressivi, orientati al successo, eterosessuali.
- Mascolinità multiple: modi diversi di essere uomini a seconda della società e del periodo
storico; le mascolinità multiple sono connesse da rapporti di subordinazione.
- Gerarchia della mascolinità: a tal proposito l’autrice parla di marginalizzazione per indicare
il rapporto esistente tra la mascolinità delle classi dominanti e quella delle classi subalterne.
Poca attenzione è stata però dedicata al concetto di potere maschile, sul quale invece è
importante focalizzarsi per capire come si origina.
I tempi lunghi della mascolinità
La dominazione dell’uomo sulla donna affonda le sue radici nella notte dei tempi. Secondo molte
ricostruzioni fu la scoperta, durante il Neolitico, del ruolo maschile nella procreazione a causare
l’inizio della subordinazione femminile. La differenziazione delle tecniche agricole rese stabile
l’affermazione del patriarcato: la differenza di forza fisica e di impegno nella crescita delle nuove
generazioni nelle comunità agricole portò all’instaurazione del dominio maschile e alla creazione di
una serie di ideologie per legittimarlo. L’agricoltura promosse una chiara divisione del lavoro tra i
generi: non più relegate al raccolto, ma confinate nei ruoli domestici le donne persero il controllo
delle risorse comuni e di conseguenza del potere e della loro indipendenza. Gli uomini, fisicamente
più forti, monopolizzarono potere e risorse. La nuova organizzazione sociale incrementò il
benessere delle comunità; il surplus di beni prodotti portò alle competizioni tra gruppi e di
conseguenza la centralità del guerriero, il maschio supremo.
La moderna differenziazione dei generi risale invece al ‘700 durante il quale si stava rafforzando la
distinzione dei ruoli maschili e femminili con la completa esclusione delle donne dalla vita pubblica
sancita dal Codice Napoleonico che le privò di molti diritti. Lo stereotipo maschile che ha dominato
i secoli più recenti è stato analizzato da Mosse nel suo libro “L’immagine dell’uomo” delineando i
contenuti di: potenza, coraggio, audacia, onestà. La mascolinità moderna fece proprie le qualità
virili dell’ideale cavalleresco aristocratico, adattandole alle sensibilità borghesi: coraggio, sangue
freddo continuarono ad essere le caratteristiche centrali del mondo maschile spogliato però dei
tratti violenti dei secoli precedenti e caratterizzato invece da imperativi morali. I nemici della
mascolinità moderna, accusati di mancare di virilità, erano gli esclusi di sempre: ebrei, zingari,
vagabondi, criminali, pazzi e “deviati sessuali”. Con i primi movimenti femministi, l’egemonia
maschile fu messa in discussione: si verificò la “crisi maschile” a causa della massiccia entrata
delle donne nel mondo del lavoro; le loro richieste rappresentavano una minaccia perché le donne
occupavano un posto imprescindibile nella famiglia e nella società, quindi non si potevano adottare
strategie di marginalizzazione che funzionavano invece con gli altri “diversi”. La Belle Epoque
successivamente fu caratterizzata da una sorta di guerra contro il sesso debole combattuta
attraverso parole e immagini (dark lady che succhia le energie dell’uomo ad esempio).
Più che le opere letterarie furono le pubblicazioni di biologia e psicologia a screditare il genere
femminile. La Grande Guerra però poi rinforzò la minacciata egemonia maschile: il conflitto fu un
evento maschile che consolidò la supremazia dell’ideale maschile e il pilota di caccia, nuovo
cavaliere del cielo, divenne il prototipo di questa nuova mascolinità trionfante. È stato però
individuato un carattere contraddittorio: la guerra aveva anche messo in luce la sofferenza,
l’impossibilità per alcuni di “comportarsi da uomini”, attacchi di pianto, depressioni, incubi e fughe
che solitamente distinguevano il sesso debole e non gli uomini. Il modello virile fu messo in
discussione ma conservò lo stesso la sua credibilità raggiungendo l’apice in Germania e in Italia
(convinti che la guerra porta alla virilità): l’”uomo nuovo” era caratterizzato da eroismo, coraggio e
disciplina. Nella produzione della seconda parte dell’800 e del ‘900 da donna ha un ruolo
secondario: rappresenta il lavoro dei campo mentre l’uomo quello industriale. L’industrializzazione
aveva aumentato la divisione del lavoro tra maschi e femmine. Il paradosso del movimento operaio
fu quello di incoraggiare l’uguaglianza di genere scoraggiando, al tempo stesso, la reale
partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Dopo La seconda guerra mondiale vi fu un
cambiamento radicale: da un lato si affermarono nuovi modelli culturali indifferenti alla virilità
tradizionale, dall’altro il movimento femminista ha portato alla riappropriazione del pensiero e della
parola. Scomparsa della segregazione tra uomini e donne.
Il presente: grande è la confusione sotto il cielo
Le immagini contemporanee della mascolinità sono multiple e divergenti.
- Il modello tradizionale sottolinea la supremazia del potere, la centralità della competizione e
l’aggressività. Gli ambiti privilegiati di espressione della mascolinità sono quello militare,
quello sportivo. I media propongono immagini che enfatizzano i muscoli come indicatori di
mascolinità.
- Esiste però anche il “Metrosexual” si distingue dalla mascolinità tradizionale perché è
indifferente alla supremazia di genere ma vuole essere al centro dell’attenzione.
- “Ubersexual” coniuga mascolinità ad attenzione per le relazioni.
- “Laddism” enfatizza l’edonismo, caratterizza i giovani, essere single.
Il prototipo dell’uomo egemone si incarna comunque nell’uomo d’affari.
2)LA COSTRUZIONE DELLA SUPERIORITA’ MASCHILE
La nostra società pensa che uomini e donne siano profondamente diversi. Fin dalla nascita i
bambini sono pensati differentemente in base al sesso, e la loro educazione è costruita sulla
differenza. Da studi recenti però è emerso che le differenze tra uomini e donne su specifici tratti
psicologici sono sfumate fino a sparire di fronte alle differenze individuali: ci possono essere più
differenze tra donna e donna che tra gruppo maschile e gruppo femminile. È stato notato come sul
piano psicologico uomini e donne si differenziano molto poco: nel 78% degli studi psicologici
relativi alle abilità spaziali, al ragionamento morale, alle capacità comunicative, all’autostima le
differenze tra maschi e femmine sono molto piccole o addirittura nulle, essi sono molto simili. Le
uniche eccezioni riscontrate riguardano le abilità motorie, gli atteggiamenti relativi al sesso e
l’aggressività fisica.
Da uno studio è emerso che le differenze di genere possono essere create o annullate dalle norme
sociali e dal contesto: metà dei partecipanti nella condizione di individuazione si presentavano con
nome e cognome, l’altra metà, in una condizione di deindividuazione, avevano la garanzia
dell’anonimato; essi dovevano giocare a un videogame in cui subivano un attacco e dovevano
rispondere; nella condizione di individuazione, gli uomini si comportavano secondo le aspettative
sociali sganciando più bombe delle donne; nella condizione di deindividuazione la garanzia
dell’anonimato liberava l’aggressività e le donne superavano addirittura gli uomini. I risultati
suggeriscono che le differenze nel comportamento aggressivo tendono a scomparire se vengono
rimosse le norme di genere, che indicano le donne come sensibili e gentili e gli uomini forti e
decisi.
Come si costruisce allora la differenza? Con strategie psicologiche e sociali che si inseriscono
nelle ideologie e si trasformano in comportamenti quotidiani.
Stereotipi di genere
La rappresentazion