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In Irlanda, anche dopo il caso X, la materia non era mai stata regolata di conseguenza. Nel

2005 tre ricorrenti (​

ABC c. Irlanda

) che erano andate ad abortire in Inghilterra impugnarono il

divieto irlandese davanti alla Corte dei Diritti dell'Uomo, le prime due sulla base del diritto

alla salute e al benessere, la terza ritenendo che l'assenza di legislazione attuativa dell'art.

40.3.3 Cost. si traducesse nell'impossibilità di ottenere un aborto legale in Irlanda in caso di

pericolo per la sua vita. La Corte diede ragione solo alla terza e solo riguardo alla violazione

dell'art. 8 ( diritto al rispetto della vita privata e familiare) e stabilendo che spettava allo stato

irlandese rivedere la propria regolamentazione..

La sentenza è sconcertante innanzitutto per l'uso che fa del margine di apprezzamento.

Esso si basa fondamentalmente su tre principi:

1. la CEDU stabilisce standards universali, all'interno dei quali agli Stati membri è

lasciato un margine di scelta

2. la Corte deve rispettare le scelte effettuate dalle autorità nazionali finché non

collidono con gli standards

3. l'ampiezza della scelta statale varia in base ad alcuni fattori:

1. natura del diritto in questione (in base a una gerarchia tra diritti)

2. natura dei doveri statali

3. natura dello scopo perseguito dall'azione statale

4. circostanze esterne

5. esistenza di un consenso europeo, che significa:

● esistenza di un terreno comune tra i sistemi degli Stati membri

● esistenza di un comune contesto morale e culturale in cui operano determinati diritti

Il margine di apprezzamento corrisponde a una visione relativistica dei diritti umani, che se

applicata con ampiezza può minarne alle fondamenta la tutela sovranazionale e

compromettere la credibilità della Corte, facendo presupporre l’esistenza di un doppio

standard se si analizzano le frequenti applicazioni ineguali della Convenzioni a fattispecie

analoghe. In A.B.C

. però il consenso non solo c'è, ma è sostanzialmente un'unanimità, in

quanto l'aborto è accessibile su richiesta in circa trenta Stati aderenti alla Convenzione e

sulla base della salute in circa quaranta. A ciò la Corte aggiunge di aver coscienza della

condanna unanime dell'Irlanda da parte dei comitati ONU per il suo divieto assoluto e sprona

le autorità irlandesi ad adottare una regolamentazione che risolva il problema. Nel 2012

muore Savita Halappanavar, una dentista irlandese di origine hindu, incinta di diciassette

settimane, lasciata agonizzare per tre giorni mentre al marito che scongiurava di intervenire

veniva risposto che “l'Irlanda è un Paese cattolico”. Nonostante emerga che l'Irlanda

costituisce un'eccezione in Europa, la Corte le concede un ampissimo margine di

apprezzamento, facendo un passo indietro rispetto al 1981, quando condannò l'Irlanda del

Nord perché era la sola a criminalizzare il sesso tra adulti omosessuali. ABC è il primo caso

in cui la Corte ignora l'esistenza di un consenso europeo sulla base di “radicate concezioni

morali”, giustificato con il fatto che le donne possono abortire altrove. Siamo davanti ad un

cortocircuito logico (già manifestato dalla Corte in un altro caso riguardante il divieto di

macellare la carne secondo i dettami della k

asherut

),che può portare a un pericoloso trend

giudiziario che giustificherebbe la non applicazione degli standard da parte degli stati e che

suggerisce l'idea di un godimento itinerante e alternativo dei diritti.

Le nuove sfide

Movimento pro­life: i veri termini del bilanciamento

La presunzione comune è che uno dei termini del bilanciamento sia in tutti i casi la tutela del

concepito, ma le decisioni degli organi internazionali non seguono necessariamente questo

schema. Ci si può senz'altro confrontare riguardo alla protezione da dare alla vita prenatale

se tutti gli attori politici, pur essendo motivati dalla propria fede religiosa, tentano di

persuadere ed influenzare gli altri attori politici attraverso argomenti derivanti dalla ragione

pubblica: oggi l'aborto non è più un “affare di donne”, ma un tema di bioetica che è

necessario affrontare superando la conflittualità tra i sessi. Per fare del concepito una

persona bisognerebbe rimuoverlo dal contesto della gravidanza e qualunque compromesso

sull'aborto sarebbe intrinsecamente contraddittorio; se invece il feto è “vita”, ma non

“persona”, l'aborto è il frutto della ponderazione tra le diverse vite in gioco. Poichè nessuna

scienza è in grado di stabilire l'inizio assoluto della vita individuale, la formazione della vita

va inquadrata come un procedimento graduale, che richiede l'interazione col corpo materno,

per cui anche il giudizio sull'aborto sarà di tipo gradualistico. Questa soluzione “minimalista”

solleva problemi importanti. In molte soluzioni legislative l'interesse dello Stato si traduce

nell'obbligo del colloquio o della consulenza preventiva; questo rappresenta anche una

particolare modalità di riconoscimento dei diritti e/o dell'autonomia femminile che ha

caratterizzato tutta la storia dell'emancipazione delle donne (cfr. art. 37 Cost. sulla donna

lavoratrice, cui le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale

funzione familiare; art. 29 sul matrimonio, con i limiti stabiliti a garanzia dell'unità familiare –

si veda la sent. 64/1961 che considerò legittima la disuguaglianza di trattamento in materia

di adulterio): le battaglie delle donne sono soltanto loro particolari battaglie, mentre altre,

come quella per il voto maschile, erano universali (si pensi al decreto del 30 gennaio 1945

che riconobbe il diritto di voto femminile in Italia con l'esclusione delle prostitute “visibili”). Le

donne, cioè, non hanno acquistato i diritti perché umane, ma in quanto donne, a patto di non

alterare gli equilibri del contratto sessuale; il caso del colloquio è un esempio: si richiede di

rendere pubbliche le proprie scelte e di non farlo a cuor leggero. Sono rare le eccezioni di

chi non adopera, nel discuterne, la retorica della debolezza e del dolore. E se invece le

donne non soffrissero quando vanno ad abortire, dovrebbero essere punite? E la gravità

dell'aborto sta nel negare la vita del nascituro o la propria natura di madre? Con i colloqui la

questione della coscienza individuale diviene una questione pubblica: la vera difficoltà

sembra essere quella di liberare definitivamente le donne dal ruolo tradizionalmente loro

imposto, per conquistare l'​

habeas corpus e la gestione delle proprie capacità riproduttive. Se

il punto di partenza della discussione è l'eguale libertà delle donne, allora chi propone di

restringere l'accesso all'aborto per tutelare la vita del nascituro dovrebbe promuovere

contemporaneamente altri obiettivi, come il potenziamento del welfare

, l'educazione alla

contraccezione, la ridistribuzione delle responsabilità di cura tra entrambi i sessi e la

promozione della conoscenza delle misure contraccetteve. inoltre definendo queste unltime

immorali non rientra tra un argomentazione di ragione pubblica in quanto in un contesto

pluralistico come quello odierno è assurdo monopolizzare la ragione pubblica in una sola

ottica.E' quando manca questa attenzione che la difesa della vita prenatale sembra

diventare un argomento molto secondario nel discorso politico e in questo senso l'aborto

diventa davvero un affare di donne.

Il costituzionalismo cattolico

Negli ultimi vent'anni la teologia si è tradotta in argomenti giuridici che appellandosi alla

ragione attaccano la regolamentazione sull'aborto. Robert P. George, professore di

Princeton, sceglie come punto centrale del proprio ragionamento la capacità innata degli

esseri umani di distinguere il giusto dall'ingiusto, capacità che presuppone il riconoscimento

universale del diritto naturale. La Dichiarazione di Manhattan del 2009, promossa da vari

leader cristiani, è incentrata intorno a tre questioni morali fondamentali:

1. la dignità umana connessa al diritto alla vita fin dal concepimento,

2. il matrimonio tra persone di sesso opposto come istituzione naturale,

3. la difesa e la protezione della libertà religiosa.

La tendenza del movimento antiabortista è oggi quella di appropriarsi di elementi tipici della

propaganda pro­choice degli anni '70 in quanto nessuna donna, dotata da Dio della capacità

di distinguere il bene dal male, esaurientemente informata e non sottoposta a pressioni

potrebbe naturalmente scegliere di abortire, perché ciò contrasta con la sua natura di donna

e madre. Questi argomenti consentono di eliminare la nozione stessa di conflitto tra i diritti

della donna e i diritti del nascituro, tra i quali vi è ora una necessaria coincidenza, essendo

diritto superiore della donna quello di essere madre anche contro quella che pensa essere la

sua volontà.

La lunga marcia dei nuovi argomenti pro­life

“Task Force to Study Abortion” in South Dakota

Nel 2005 una maggioranza schiacciante del legislativo del South Dakota approvò la

creazione di una speciale “Task Force to Study Abortion” che raccogliendo le testimonianze

di circa settanta esperti e duemila donne con passate esperienze di aborto giunse alla

conclusione che l'aborto fa male alle donne e dovrebbe essere vietato per proteggere la loro

salute, i loro diritti, i loro interessi, la loro libertà di scelta, usando a volte il linguaggio della

salute pubblica, altre quello del consenso informato, altre ancora quello del diritto naturale.

Di seguito i punti più salienti del rapporto. ​

Si afferma che mentre la Corte di Roe v. Wade dava per scontato che tra paziente e medico

vi fosse un sano e normale rapporto professionale e che la maternità e la cura dei figli

potessero causare problemi di salute mentale e fisica e angoscia di tale portata da

giustificare l'aborto, essa non teneva in conto l'angoscia che provoca nella donna la perdita

del suo bambino né la mancanza di informazione che spingerebbe molte donne ad abortire,

a causa dell'inconsapevolezza di star uccidendo una persona, in quanto “non si può dubitare

del fatto che l'”​

unborn child

” sin dal momento del concepimento costituisce un essere umano

completo e separato”. La Task Force ritiene che la legalizzazione dell'aborto abbia prodotto

conseguenze tragiche incalcolabili, anche nei casi in

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Publisher
A.A. 2015-2016
21 pagine
3 download
SSD Scienze giuridiche IUS/21 Diritto pubblico comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiaracroce di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico comparato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Mancini Susanna.