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CAPITOLO XXXVI LA MANCANZA DI VOLONTA’ E LA SIMULAZIONE
Dichiarazioni a scopo rappresentativo o didattico; scherzo; riserva mentale; violenza fisica
E’ applicando la teoria dell’affidamento che solitamente si risolvono i casi di mancanza di volontà o di divergenza tra volontà e
dichiarazione.
Dobbiamo distinguere le dichiarazioni fatte “nello scherzo”, ossia in condizioni tali che ciascuno intenda che non si agisce sul serio; e le
dichiarazioni fatte “per scherzo”, ossia con intenzione non seria, senza, però, che ciò risulti all’altra parte. Nella prima il negozio è nullo,
nella seconda è valido, se la controparte non si è accorta dello scherzo. Ovviamente non hanno valore le dichiarazioni con contenuto
giuridico fatte in una rappresentazione o come spiegazione di un professore. La riserva mentale consiste nel dichiarare intenzionalmente
cosa diversa da quel che si vuole effettivamente, senza che l’altra parte sia in condizione di scoprire la divergenza. E, siccome chi riceve la
dichiarazione non è tenuto ad indagare sulle reali intenzioni del dichiarante, questo rimane vincolato.
La violenza fisica si ha quando manca del tutto la volontà; la violenza psichica, invece, consiste in una minaccia che fa deviare la
volontà inducendo il soggetto ad emettere una dichiarazione che, senza la minaccia, non avrebbe emesso. Il negozio concluso per violenza
fisica è nullo.
La simulazione. La nozione
Gli artt. 1414 ss. c.c. si occupano della simulazione senza però dare una definizione al contratto. Si considera “simulato” un contratto
quando le parti ne documentano la stipulazione, al fine di poterlo invocare di fronte ai terzi, ma sono tra loro d’accordo che gli effetti
previsti dall’atto simulato non si devono verificare. Ad es. quando un soggetto per non denunciare al fisco un suo immobile, lo vende ad
un altro, ma con un accordo riservato che la vendita è solo apparente, in fatti l’apparente acquirente non potrà godere del bene e non
dovrà pagare il prezzo pattuito. Così, la situazione giuridica che dovrebbe essere effetto del contratto è solo apparente, mentre rimane
quella anteriore all’atto.
La divergenza tra la dichiarazione e la reale volontà delle parti è concordata. Lo scopo per cui le parti ricorrono alla simulazione si
chiama causa simulandi, e può avvenire per motivi illeciti o di riservatezza.
Simulazione assoluta e relativa
La simulazione si dice assoluta se le parti si limitano ad escludere la rilevanza, nei loro rapporti, del contratto apparentemente simulato,
ma rimane la situazione preesistente; si dice invece relativa qualora le parti concordino che assuma rilevanza un diverso negozio, che si
dice dissimulato, celato dal negozio simulato (quindi le parti non vogliono lasciare immutata la situazione giuridica preesistente, ma
intendono modificarla con l’atto dissimulato). La simulazione relativa può riguardare il tipo di contratto, che nasconde dietro il contratto
apparente, uno vero, di diversa natura (ad es. Tizio e Caio simulano la vendita di un bene, in realtà la parti danno vita ad una
donazione,che è il contratto dissimulato, quindi a titolo gratuito);può riguardare l’oggetto del negozio (spesso viene dichiarato un prezzo
inferiore rispetto a quello pattuito, per ridurre le tasse); o può riguardare il soggetto; in questo caso può verificarsi l’interposizione fittizia
di persona, che ricorre quando il contratto simulato viene stipulato tra Tizio e Caio, ma entrambi sono d’accordo con Sempronio che, in
realtà, gli effetti dell’atto si verificheranno nei confronti di quest’ultimo. Caio quindi è il prestanome.
L’interposizione fittizia si distingue dall’interposizione reale dove l’alienante non partecipa agli accordi tra acquirente (persona
interposta) e terzo, cosicchè l’alienazione non è simulata, ma realmente voluta e gli effetti dell’atto si producono regolarmente in capo
all’acquirente, restando indifferente per l’alienante che quest’ultimo non intende acquistare per sé, ma per conto di un terzo.
Effetti della simulazione tra le parti
Gli effetti della simulazione sono diversi nei confronti delle parti e dei terzi. Nei confronti delle parti va distinta la natura della
simulazione, assoluta o relativa. Se la simulazione è assoluta, si giunge alla conclusione che il negozio simulato non produce effetto,
poiché vi è un accordo tra le parti (art.1414 c.c.). Quindi se Caio pretende di esercitare i diritti che avrebbe ottenuto dall’atto apparente,
Tizio può utilizzare l’azione di accertamento, che permette di far constatare al giudice l’effettiva situazione giuridica esistente tra le
parti. Se la simulazione è relativa, il contratto simulato non può produrre effetti tra le parti in quanto queste sono d’accordo nell’averlo
stipulato quale sola apparenza ma senza volerne realmente gli effetti. Può però avere effetto il negozio dissimulato. Se le parti hanno
voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, se però è valido, cioè se sussistono
i requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge. Infatti se il negozio dissimulato è illecito o non vengono soddisfatti i requisiti di
forma è nullo. Solitamente la donazione dev’essere stipulata per atto pubblico e in presenza di 2 testimoni; nel caso di vendita
dissimulante una donazione, non è richiesta la forma pubblica, ma è sufficiente che i requisiti richiesti dalla donazione siano soddisfatti
dall’apparente contratto di vendita, mentre le parti potranno validamente pattuire che l’atto è effettivamente voluto con una semplice
scrittura privata.
Effetti della simulazione di fronte a terzi
Riguardo agli effetti della simulazione sui terzi, la prima situazione è quella dei terzi interessati a dedurre la simulazione (art.1415.2
c.c.): i terzi estranei al contratto simulato, se ne sono pregiudicati, possono farne accertare la nullità. Ad es. i creditori di Tizio, simulato
alienante, possono far dichiarare la simulazione e quindi l’inefficacia, della finta vendita per aggredire il bene del debitore, che è uscito
dal suo patrimonio solo apparentemente. O i figli di Tizio, dopo la sua morte vogliono dimostrare che la vendita di un bene dissimulava
una donazione lesiva della loro quota di legittima. Riguardo ai terzi che hanno acquistato diritti dal titolare apparente, se la vendita
simulata da Tizio e Caio è priva di effetti neanche un atto successivo posto in essere da Caio può avere effetti. In base alla tutela
dell’affidamento, al terzo in buona fede, ignaro che Caio abbia acquistato con un atto simulato, la simulazione non può essere opposta e
l’atto con il quale ha acquistato dei diritti produrrà effetti. Per quanto riguarda l’onere della prova della buona fede, si applica il
principio dell’art.1147 c.c., in base al quale la buona fede si presume. Perciò spetta a chi vuole opporre la simulazione fornire la prova che
il terzo acquirente è in mala fede. È importante chiarire che il terzo non solo è chi ha acquistato a titolo oneroso, ma anche chi ha
acquistato a titolo gratuito.
Effetti della simulazione nei confronti dei creditori
I creditori dell’apparente alienante hanno interesse a far valere la simulazione, perché ne vengono ad essere pregiudicati, in quanto non
possono agire sui beni che sono apparentemente usciti dal patrimonio del loro debitore; quelli dell’acquirente simulato invece, hanno un
interesse contrario: essi infatti, hanno tutto da guadagnare dalla possibilità di espropriare i beni che sono fittiziamente entrati nel
patrimonio del loro debitore. Ora, i creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti e agire
sui beni che solo apparentemente sono usciti dal patrimonio del loro debitore (art.1416 c.c.).
Per quanto riguarda i creditori dell’acquirente apparente bisogna distinguere: la simulazione è in opponibile al creditore che abbia
acquistato un diritto reale di garanzia (pegno o ipoteca) sui beni che hanno formato oggetto dell’apparente alienazione. Quindi il simulato
alienante è esposto al rischio che il simulato acquirente conceda diritti reali di garanzia sul bene simulatamente alienato. Inoltre la
simulazione è in opponibile al creditore del simulato acquirente che abbiano già compiuto in buona fede atti di esecuzione sui beni oggetto
dell’acquisto simulato. Infatti con il pignoramento i beni del debitore che ne siano colpiti restano vincolati alla garanzia del creditore
pignorante e quindi il simulato alienante soccombe rispetto al diritto acquistato, su quei beni dai creditori del simulato acquirente. Al
contrario la simulazione è opponibile ai creditori chirografari, cioè non muniti di garanzia, se non hanno ancora avviato un procedimento
esecutivo sui beni simulatamente acquistati dal debitore. Colui che simulatamente ha alienato i beni potrà agire per l’accertamento della
simulazione e l’inefficacia del trasferimento sarà opponibile ai creditori chirografari dell’acquirente simulato. Se sia l’alienante che
l’acquirente apparente hanno dei creditori su cui incide la simulazione, la legge preferisce i creditori chirografari del simulato alienante
soltanto se il loro credito è anteriore all’atto simulato (art. 1416. 2 c.c.)
La prova della simulazione
La simulazione essendo un atto riservato è problematico in relazione alla prova. Di questo si occupa l’art. 1417 c.c. . Se ad agire per
l’accertamento della situazione è una delle parti, deve allegare al contratto simulato da lui stipulato, una controdichiarazione scritta o
dar prova della simulazione con un interrogatorio dell’altra parte per ottenere la confessione o per ottenere il giuramento decisorio. I
testimoni possono essere richiesti solo nei casi previsti dall’art. 2724 c.c. .I terzi non sono soggetti alle restrizioni che sono stabilite per la
prova testimoniale e per le presunzioni, che sono i mezzi di prova più utilizzati dai terzi, che sottoporranno al giudice gli elementi di
fatto dai quali è possibile dedurre la simulazione del contratto (i rapporti di parentela tra le parti; il fatto che la vendita è avvenuta
nell’imminenza di un’azione esecutiva).
Negozio indiretto e negozio fiduciario. Il trust
La simulazione non va confusa né con la frode di legge o dei creditori, poiché nella prima gli effetti negoziali non sono voluti dalle parti,
nella seconda invece gli effetti del negozio sono voluti anche se hanno un intento di frode; né con l’intestazione di un bene a nome d’altri,
poiché quest’ultima figura si ha quando un bene vene intestato non simulatamente ad un altro soggetto anche se i mezzi sono stati