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I sostenitori della concezione realistica del reato evidenziano che se la norma penale dovesse
essere applicata anche a fatti che in concreto non offendono l’interesse a tutela del quale la
norma è posta, la pena si ridurrebbe a punizione della mera disobbedienza.
La concezione realistica è stata criticata da una parte della dottrina che preferisce risolvere
l’assenza di offesa in concreto al bene giuridico nei termini di assenza dello stesso fatto tipico
tipicità apparente.
Il merito della concezione realistica del reato sta nell’avere garantito una base normativa al
principio di necessaria offensività in un contesto culturale ancora segnato dal tecnicismo
giuridico.
Secondo la concezione realistica l’offensività costituisce un elemento del reato che si aggiunge
agli elementi del fatto tipico (concezione strutturale); secondo la teoria della tipicità apparente,
l’offensività diventa criterio di interpretazione del fatto di reato (concezione interpretativa).
Entrambi gli orientamenti sostengono la necessità di garantire il rispetto del principio di
offensività in concreto: il reato, per essere punibile, richiede sempre che né si accerti la
necessaria offensività.
Il principio di offensività in giurisprudenza
La Corte Costituzionale riconosce importanza alla stretta connessione tra offensività in
astratto e offensività in concreto, quale strumento per un intervento del controllo penale
rispettoso dei principi di politica criminale di rilievo costituzionale. In principio di offensività opera
così su due piani: il primo è quello della previsione normativa, rivolta al legislatore, di
prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo di un bene o un interesse
oggetto della tutela penale (offensività in astratto); il secondo è quello dell’applicazione
giurisprudenziale (offensività in concreto), quale criterio interpretativo-applicativo affidato al
giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il
bene o l’interesse tutelato.
Anche la Corte di Cassazione si mostra sempre più sensibile nel garantire il rispetto del
principio di offensività in concreto.
Il principio d’irrilevanza penale del fatto
Il principio di offensività in concreto consente di escludere la rilevanza penale del fatto nei casi
in cui sia del tutto assente l’offesa all’interesse protetto. Può accadere che in concreto il fatto sia
offensivo del bene giuridico tutelato, sebbene l’offesa arrecata non sia così significativa si
tratta dei reati bagatellari in concreto (impropri), qui la scarsa significatività non sta nel tipo di
bene offeso (come nel caso dei reati bagatellari in astratto o propri), ma nell’esiguità dell’offesa
in concreto arrecata ad un interesse ritenuto meritevole di tutela.
L’offesa è un’entità graduale, tanto che si parla di gradualità del reato.
Tenuità di fatto: il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità
del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della
colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale.
Funzione deflattiva del carico penale che il legislatore ha inteso attuare attraverso le clausole
d’irrilevanza penale del fatto.
Vari progetti di riforma hanno tentato di modificare il principio di necessaria offensività del reato.
I reati di pericolo
L’offesa al bene giuridico è assicurata sia dalla lesione che dalla messa in pericolo del bene
giuridico tutelato. È possibile quindi distinguere tra:
• Reati di danno: il bene giuridico è, in tutto o in parte, pregiudicato nella sua consistenza.
• Reati di pericolo: è presente solo una probabilità di lesione del bene giuridico tutelato.
Il legislatore, per fronteggiare questo tipo di reato, ricorre all’anticipazione della tutela penale,
non si attende, infatti, che il bene giuridico sia leso, ma si anticipa la soglia di punibilità alla sola
messa in pericolo del bene, al fine di prevenirne la lesione.
Reati di pericolo concreto
In questo tipo di reati, il pericolo è l’elemento costitutivo espresso nella fattispecie. Spetta quindi
al giudice accertare in concreto la presenza di questo elemento. La nozione di pericolo viene
identificata come un giudizio di relazione tra una certa situazione ed un evento futuro dannoso
da prevenire (probabilità che accada).
Nell’accertamento del pericolo concreto è fondamentale distinguere il momento, la base e il
metro del giudizio.
Il momento del giudizio indica il tempo nel quale deve essere compiuta la valutazione di
probabilità dell’evento pregiudizievole. La valutazione va sempre collocata ex ante, secondo il
giudizio di prognosi postuma: il giudice deve mentalmente porsi al momento della situazione
da qualificare e chiedersi se apparisse probabile la verifica dell’evento.
La base del giudizio indica gli elementi della situazione concreta dei quali il giudice deve tener
conto per esprimere la prognosi: secondo il giudizio a base parziale si tiene conto delle
condizioni di fatto conoscibili da una persona avveduta posta nelle condizioni medesime; il
giudizio a base totale prende in considerazione la totalità delle circostanze del caso concreto
presenti al momento del giudizio.
Il metro di giudizio indica i parametri che il giudice deve utilizzare nell’accertamento del
pericolo: il giudice utilizza le leggi disponibili al momento del giudizio.
Reati di pericolo astratto
In questi reati il pericolo non compare come elemento costitutivo della fattispecie, ma si limita a
costituire la ratio della norma, ossia il legislatore descrive un fatto che, ad una valutazione
astratta, mette in pericolo il bene giuridico tutelato. Il giudice si deve limitare ad accertare che il
fatto concreto sia conforme alla fattispecie astratta, senza accettare che lo stesso abbia messo
in pericolo il bene tutelato (ex. Di chi guida in stato di ebbrezza e viene fermato, anche se non
ha causato danni).
A differenza dei reati di pericolo concreto, queste fattispecie sono più precise, in quanto il
legislatore descrive precisamente la situazione pericolosa, ma possono però essere
problematiche in relazione al rispetto del principio di offensività, laddove il fatto concreto non
costituisca alcun pericolo per il bene tutelato.
Per parte della dottrina i reati di pericolo astratto contrastano con il principio di offensività e
sarebbero quindi incostituzionali.
La dottrina prevalente ha invece rivalutato l’importanza dei reati di pericolo astratto proprio
nella prospettiva della tutela dei beni giuridici.
In particolare l’utilizzo di reati di pericolo astratto si presenta come tecnica di tutela adeguata ad
assicurare l’intervento penale in alcuni settori:
• Attività seriali il bene giuridico è ordinariamente offendibile solo attraverso una
pluralità di condotte (ex. L’inquinamento ambientale causato da varie attività).
• Violazione di regole a contenuto precauzionale il legislatore ricorre a fattispecie di
pericolo astratta trattandosi di prescrizioni a contenuto preventivo (ex infortuni sul
lavoro).
• Esercizio di attività in assenza della prescritta autorizzazione es. abusi edilizi.
• Laddove esiste incertezza scientifica in questi casi il principio di precauzione può
condurre ad evitare o limitare certe attività.
La Corte Costituzionale ha avallato la legittimità del ricorso ai reati di pericolo astratto che
sono da considerare incompatibili con il quadro delle garanzie costituzionali.
È compito del legislatore prevedere fattispecie di pericolo astratto, nelle quali siano descritti fatti
che appaiono pericolosi per gli interessi da salvaguardare.
Un reato di pericolo astratto richiede una corretta tipizzazione del pericolo, infatti, può essere
utile il ricorso a termini semanticamente pregnanti, ossia capaci di esprimere situazioni in
concreto pericolose per gli interessi tutelati.
I reati di pericolo astratto possono, quindi, essere dichiarati costituzionalmente illegittimi solo
qualora sia violato il principio di manifesta irragionevolezza, ossia se il legislatore ha descritto
una fattispecie incriminatrice in modo del tutto arbitrario.
Nei reati di pericolo astratto, l’accertamento della conformità del fatto concreto alla fattispecie
astratta non esaurisce il compito del giudice, il quale ha il compito di verificare anche nei reati
di pericolo astratto l’offensività in concreto.
Esistono, però, settori dell’ordinamento refrattari alla tecnica da pericolo astratto: si tratta
dei casi nei quali la fattispecie penale entra in conflitto con libertà e diritti di rilevanza
costituzionale.
Il reato di pericolo astratto è stato convertito in via interpretativa in reato di pericolo
concreto.
Capitolo 15: cause di giustificazione
In alcune situazioni un fatto, che normalmente costituirebbe un illecito penale, non è
considerato tale in quanto “giustificato” dall’ordinamento. Le cause di giustificazione (o
scriminanti) sono collegabili a norme che autorizzano o impongono la realizzazione del fatto
che normalmente costituirebbe reato.
Le cause di giustificazione sono considerate elementi “negativi” del fatto: la loro presenza fa
si che il fatto non possa essere considerato tale.
È importante distinguer le cause di giustificazione dalle cause di non punibilità, in cui il
legislatore stabilisce la non punibilità di un soggetto per semplici ragioni d’opportunità.
Si può fondare larga parte delle cause di giustificazione sul principio di non contraddizione:
se una norma autorizza o impone una certa condotta, non è possibile ammettere che essa
possa dare luogo ad una responsabilità penale.
Sul piano sostanziale è presente una valutazione dell’ordinamento che risolve ipotesi di
conflitto tra interessi contrapposti.
La disciplina delle cause di giustificazione non è delineata in maniera organica dal codice
penale.
In relazione ai principi generali, va sottolineato che le cause di giustificazione devono rispettare
il principio di riserva di legge, nei limiti in cui esso opera per gli altri elementi costitutivi del
reato. Quindi né la legge regionale né atti dell’esecutivo possono costituire una causa di
giustificazione, ma comunque fonti non statali o infralegislative possono influenzare l’ambito
di applicazione di quelle cause di giustificazione a struttura aperta.
È ammissibile inoltre un’estensione in via analogica di una causa di giustificazione.
Art