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§ 1. I soggetti del diritto penale dell’impresa.
Le fattispecie incriminatrici disciplinate dal diritto penale dell'economia sono, per la maggior
parte dei casi, reati propri, che, come è noto, possono essere realizzati solo da determinate
categorie di soggetti, individuati dal legislatore in base alla loro particolare qualifica.
La responsabilità penale, quindi, si può configurare non in capo a chiunque operi ed agisca
all'interno dell'impresa, ma solo in relazione a chi, per la specifica posizione che riveste, o
funzione che svolge, è posto in una relazione qualificata rispetto al bene giuridico protetto.
La scelta di una tutela rafforzata mediante l'utilizzo del modello del reato proprio, da parte
dell'ordinamento, trova giustificazione nella particolare natura dei beni giuridici tutelati da
parte del diritto penale dell'economia. La stessa qualifica soggettiva richiesta e tipizzata dal
legislatore ha una sua ragion d’essere che si concretizza nella titolarità, in capo all’agente, di
poteri di disposizione, di intervento, di garanzia e controllo sul bene tutelato, allo scopo di
evitare il verificarsi di possibili eventi per esso lesivi.
È, tuttavia, il caso di rilevare che allo schema tradizionale del reato proprio sin qui descritto si
affiancano anche alcune figure di reato, che per la loro natura intrinseca e la particolare
struttura che li caratterizza, presuppongono l'esistenza di un rapporto di tutela “privilegiata” tra
il soggetto ed il bene tutelato.
Le figure di reato di cui si discute sono propriamente quelle riferibili ai c.d. reati omissivi, in cui
la responsabilità penale può fondarsi, ora sulla violazione di un obbligo giuridico di agire (c.d.
reati omissivi propri) ora sulla violazione dell'obbligo di vigilare e di impedire il verificarsi
dell'evento vietato (c.d. reati omissivi impropri).
Da quanto detto, se ne conclude che non tutti gli operatori dell'impresa possono essere
incriminati per il solo fatto di aver commesso un illecito, concretizzatosi attraverso la
realizzazione di una condotta omissiva, ma soltanto coloro i quali risultano titolari dell'obbligo
giuridico di attivarsi, poiché, quest’ultimi rivestono una posizione di garanzia rispetto al bene
tutelato. D’altra parte, non si può, certamente, esigere l'azione da parte di chi sia sfornito di
poteri giuridici di intervento!
Premesso ciò, sul piano generale, possiamo, adesso, affrontare il tema oggetto di nostro
interesse: i soggetti del diritto penale dell’impresa.
L'individuazione dei soggetti e delle posizioni penalmente rilevanti nella disciplina del diritto
penale commerciale è affidata ad un criterio selettivo che tiene conto del particolare rapporto di
affidamento tra il destinatario della norma ed il bene giuridico tutelato nonché alla posizione di
garanzia che il destinatario della norma riveste sempre in relazione al bene protetto dalla legge.
universitaria.me@libero.it
Diritto Penale dell’impresa – Ambrosetti, Mezzetti, Ronco [2009]
Quanto ai soggetti garanti - secondo parte della dottrina – la loro selezione è effettuata 14
direttamente dal legislatore mediante l'implicito rinvio alle norme extra penali che disciplinano
l'attività di impresa e le singole posizioni di coloro che operano al suo interno.
Secondo tale impostazione, la responsabilità penale è, dunque, strettamente collegata alla
qualificazione che il soggetto riceve dalle norme civili o extra penali in ordine ai poteri e doveri
connessi alla sua carica. Si presume, pertanto, che l’imprenditore, insieme coi suoi più stretti
collaboratori, in quanto titolare dell’iniziativa economica, è senza dubbio il primo responsabile
dal punto di vista penale dell’attività d’impresa.
Se, tuttavia, seguiamo tale schema, che parte dal rigido presupposto che solo il soggetto posto in
posizione apicale, in quanto titolare dei poteri e dei doveri di tutela dei beni giuridici protetti, è
l'unico responsabile penalmente, si corre il rischio di perviene all'iniqua conclusione che questi
sia punito solo per la formale posizione che riveste in campo aziendale piuttosto che per
l’effettivo operato svolto in concreto.
Ed infatti, altra parte della dottrina (quella maggioritaria), svincolandosi dalla qualificata
formale del soggetto, si è indirizzata verso un approccio di tipo funzionale che valorizza, la
sfera di competenza entro il quale il soggetto opera e che difatti costituisce il perimetro stesso
della sua probabile responsabilità. In altre parole, sono le specifiche funzioni che, in un dato
momento storico, il soggetto esercita in concreto il presupposto per l'individuazione del vero
destinatario del comando penale normativo.
Vi è poi una terza linea interpretativa secondo cui per l'individuazione dei soggetti garanti è
necessario fare riferimento all'organizzazione dell'impresa, intesa come insieme di regole
interne di riparto delle competenze e di distribuzione degli obblighi. Secondo quest'ultima
impostazione, infatti, il criterio funzionale deve necessariamente essere integrato al contesto
normativo interno che regola la struttura organizzativa dell'impresa e che determina i ruoli e gli
specifici doveri e potere connessi. Soltanto così, infatti, dalla funzione si può risalire alla persona
fisica alla quale sono attribuiti i poteri della funzione stessa!
§ 2. Qualifiche di fatto e di diritto penale economico.
Con la modifica dell'art. 2639 c.c., introdotta dal d.lgs. 11 Aprile 2002, n. 61, in materia di
riforma della disciplina dei reati societari, il legislatore definitivamente risolvere il contrasto, per
anni esistente in dottrina e in giurisprudenza, sui criteri di individuazione dei soggetti attivi
nell'ambito del diritto penale dell'impresa e sulla conseguente loro imputazione della
responsabilità penale.
La norma in esame, infatti, equipara ai soggetti di diritto, ossia coloro i quali sono formalmente
investiti della qualifica legale che li abilita a rivestire determinate posizioni all'interno
dell'impresa, i soggetti di fatto, ossia tutti gli operatori che, sebbene, sprovvisti di una formale
investitura svolgono in concreto l'effettiva funzione richiamata dalla norma incriminatrice.
A titolo di esempio, si pensi al caso della società nel cui atto costitutivo risulti amministratore e
legale rappresentante un dato soggetto (amministratore di diritto), ma che, invece, è totalmente
gestita ed amministrata da un soggetto diverso (amministratore di fatto), il cui nome non
compare in alcun documento sociale.
Prima della riforma del 2002, la figura dell'amministratore di fatto era considerata come una
creazione meramente giurisprudenziale che veniva utilizzata soprattutto nell'ambito dei reati
fallimentari. Con il passare del tempo, si riconosce, in numerose sentenze, la responsabilità
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Diritto Penale dell’impresa – Ambrosetti, Mezzetti, Ronco [2009]
diretta del soggetto di fatto accompagnata, in taluni casi, anche alla condanna del soggetto di 15
diritto, a titolo di concorso omissivo.
Ed è difatti in questo clima di incertezza e di contratto che interviene la riforma del 2002 con la
modifica del citato art. 2639 c.c. con il quale si chiarisce, in modo definitivo, la questione inerente
l'estensione delle qualifiche soggettive.
N.B. l'ambito di operatività dell'art. 2639 è limitato al solo i reati contenuti nel Titolo XI del Libro
V del Codice Civile, ovvero ai reati societari con esclusione dei reati fallimentari! Tuttavia, c'è chi
ritiene che la disposizione in esame appaia come una norma di principio che, come tale,
potrebbe essere estesa pure a settori diversi dal diritto penale societario, persino a quello
fallimentare, nonostante l'espressa indicazione contraria del legislatore.
Come si evince dalla sua rubrica [art. 2639 c.c. - “Estensione delle qualifiche soggettive”], scopo
della norma è quella di estendere la nozione di qualifiche soggettive in modo da ricomprendere
sotto tale categoria anche ulteriori soggetti formalmente sforniti della qualifica ma
potenzialmente perseguibili per la commissione di reati propri tipici della qualifica stessa.
E difatti, oggi, ai soggetti formalmente titolari della funzione civilistica vengono equiparati
coloro che svolgono la stessa funzione diversamente qualificata o esercitano in modo
continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla quantità o alla funzione.
A titolo di esempio, si pensi all'ipotesi del soggetto che svolge una funzione diversa o più ampia
rispetto a quella che concretamente gli è stata attribuita (semplice direttore che di fatto agisce
come se fosse un direttore generale).
Ma la clausola estensiva prevista dall'art. 2639 c.c. incontra dei precisi limiti:
quello della continuità dell'esercizio della funzione pertanto, rimangono escluse
tutte le ipotesi di esercizio sporadico o meramente occasionale delle attività connesse
alla più ampia carica attribuita al soggetto di fatto.
quello della significatività dell’attività prestata pertanto, gli atti posti in essere dal
soggetto di fatto devono rispecchiare nella sostanza l'insieme dei poteri e dei doveri
attribuiti alla particolare qualifica da lui svolta in via di fatto, non rilevando, in alcun
modo, gli eventuali contributi di importanza marginale realizzati dal soggetto
nell'ambito dell'impresa.
Alla luce dei criteri della continuità e significatività ci si chiede allora se, ai fini dell'applicazione
della legge penale, possa essere equiparato alla figura dell'amministratore di diritto solo il
soggetto che di fatto svolta la funzione tipica nel suo insieme oppure anche colui il quale si
occupi in concreto solo di una parte di essa.
La dottrina e la giurisprudenza prevalente sono propensi per la seconda soluzione avallando la
loro preferenza sul fatto che alla base del criterio funzionale recepito dalla norma si richiede,
infatti, l'esigenza di dare rilevanza alle mansioni svolte in concreto. In altre parole, la
responsabilità penale può configurarsi anche in relazione al compimento di un singolo atto se
questo rientra sotto la sfera di dominio dell