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TUTELA DELLA VERICITA’ DELLE INFORMAZIONI
Il Titolo 11° “disposizioni penali in materia di società e consorzi” del libro V “del lavoro” del codice civile è
dedicato alle sanzioni penali. Incominciamo ad occuparci del capo “delle falsità” dagli artt. 2621 e 2625 c.c.;
tali artt. sono stati sottoposti a diversi interventi normativi: nel 1942, nel 2002 dove si ha un’importante
riforma del diritto penale societario, nel 2005 dove il legislatore è intervenuto a modificare le norme del
2002 perché troppo “patrimoniali”, creando delle zone “franche” ( ) ed, infine, nel
prima tutela dei beni giuridici
2015 si ha una riforma più strutturale delle riforme. Nel 2002 il primo capo delle “falsità” era composto da 5
norme ( ), tuttavia nel corso dell’evoluzione normativa tali norme sono state
appunto gli artt. dal 2621 al 2625
ampliate. In particolare, nel 2002 si ha che gli artt. 2621 e 2622 erano dedicati alle false comunicazioni
sociali, l’art. 2623 alla falsità nei prospetti, l’art. 2624 alle false comunicazioni delle società di revisioni e
l’art. 2625 dedicato all’impedito controllo ( NB: ha poco a che fare con le falsità, inserito “a sproposito” in quanto
).
riguarda l’ostacolo messo davanti agli organi di controllo da parte degli organi di amministrazione
Nel corso dell’evoluzione normativa, l’art. 2623 è stato abolito nel 2005 in quanto le società che diffondono
“prospetti” ( ) sono soltanto le società con titoli quotati o con partecipazione
sollecitazioni di investimento
azionaria diffusa tra il pubblico, dunque, società che vengono regolamentate dal TUF, ne segue che l’art.
2623 è stato spostato dal codice civile al testo unico della finanza nell’art. 173-bis. L’art. 2624, invece, è
stato abolito nel 2010 in quanto è stato emanato un decreto legislativo n. 39 che ha integrato in un unico
prospetto tutte le norme che riguardano lo stato giuridico del revisore, con, inoltre, le relative sanzioni
penali; ne segue che l’art. 2624 è stato spostato dal codice civile al decreto 39/2010, con qualche modifica
nel contenuto. Con la riforma avvenuta nel 2015, le norme del capo 1 sono ritornate ad essere 5, in quanto
oltre alla modifica degli artt. 2621 e 2622, si sono aggiunti gli artt. 2621-bis ( ) e 2621-ter
falsità di lieve entità
( ).
non punibilità per particolare tenuità del fatto
Per capire il contenuto attuale delle fattispecie di falso in bilancio bisogna percorre l’evoluzione normativa e
i guasti che il legislatore ha voluto riparare. La norma del 1942, “false comunicazioni sociali ed illegale
ripartizione di utili o di acconti sui dividendi” ( ), prevedeva un reato di mera condotta in quanto non
art. 2621
era previsto nessun danno e il bene giuridico che si voleva tutelare era la veridicità dei bilanci ( ).
trasparenza
La condotta si ritrova nell’avverbio “fraudolentemente ( ) e l’oggetto materiale si ritrova “nelle
dolo di frode
relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali”. La norma aveva delle maglie molto ampie e andava a
colpire numerosi comportamenti, tra cui anche il c.d. falso qualitativo. [ ad es. se sono una società che
corrompe pubblici ufficiali, alla fine il CE e SP le cifre sono correte perché l’utile o la perdita è esatto, ma si è arrivato a
quel valore con cose non vere: si son gonfiati i costi attraverso ad es. studi di fattibilità. Il bilancio è falso? Se il
risultato economico d’esercizio è giusto, ma i soldi invece che spenderli nello studio si è spesi per corruzione, si
risponde o no di questo reato? Certo che sì: si son esposti dei fatti non rispondenti al vero ossia la scrittura contabile
]. Infatti, tale norma si occupò del fenomeno della corruzione di “mani pulite”
non corrisponde a quello verificato
avendo come realtà di base il rapporto tra impresa-politica si è deciso di incanalare il tutto nelle norme del
diritto penale, ossia per dare la prova della corruzione si è trovata la verifica nei bilanci delle società, cioè
quando gli amministratori di una società corrompe un pubblico ufficiale, questo viene corrotto attraverso
un’artificiosa falsificazione delle uscite per far nascere dei costi eccessivi in modo tale da poter avere
un’uscita di cassa per la corruzione. Di conseguenza verificare il bilancio e la sua falsità era la base per
poter accertare la corruzione.
Nel 2002 ( ) il legislatore ritiene che questa norma consenta un
riformata nel 2005 con qualche lieve modifica
sindacato troppo esteso all’autorità giudiziaria, ossia che all’investitore interessa sapere se i pilastri del
bilancio sono buoni e se è presente qualche scostamento rispetto al vero senza cambiare i pilastri
sottostanti; ne segue il rinnovo delle norme sul falso in bilancio, con l’introduzione delle due fattispecie agli
artt. 2621 “false comunicazioni sociali” e 2622 “false comunicazioni sociali in danno alla società, ai soci o ai
creditori”. In particolare, il legislatore decide di sdoppiare le tutele prevedendo una natura di tipo
contravvenzionale per le false comunicazioni semplici ( ) e un reato avente natura di delitto per le
art. 2621
ipotesi di falsità che portano un danno alla società, ai soci o ai creditori ( ): il fatto viene considerato
art. 2622 28
“delitto” solo se ne deriva un danno viceversa, se non si prova un danno il fatto è sempre un illecito penale,
però, di tipo “contravvenzionale”. In entrambi gli artt. si fa riferimento a dei “soggetti attivi” ( si parla di reato
), quali amministratori, direttori generali, dirigente preposto alla direzione dei documenti (
proprio introdotto nel
), sindaci e liquidatori ( ).
2005 Nota: sono gli stessi soggetti che si ritrovavano nell’art. del 1942
Art. 2621 cod. civ. – False comunicazioni sociali
L’art. 2621 si apre con una clausola di riserva, “salvo quanto previso dall’art.2622”, in quanto è una norma
che entra in gioco quando non è scaturito un danno.
L’oggetto materiale coperto dalla norma viene ridotto rispetto al 1942, in quanto ora comprende i bilanci, le
relazioni e le comunicazioni sociali previste dalla legge ( prima anche le comunicazioni volontarie erano
).
sanzionate penalmente
La condotta è di tipo commissiva in quanto riguarda “l’esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero,
ancorché oggetto di valutazione”, rispetto alla norma del 1942 viene introdotto il concetto di “fatto
materiale”, ed anche di tipo omissiva in quanto riguarda “l’omissione di informazioni la cui comunicazioni è
imposta da legge (…) in modo da indurre in errore (…)”, ossia con la condotta omissiva si deve veicolare
un’informazione complessivamente “decettiva” ( ). Il falso deve essere tale da
mendace, menzognera, falsa
indurre in errore non sulla singola voce del bilancio, ma sulla situazione economica ( ), patrimoniale ( )
CE SP
e finanziaria ( ) della società.
flussi monetari
[ NOTA: l’espressione “fatto materiale” è una “cattiva” traduzione dalla normativa inglese dove si parla di “material
fact”, ossia di “fatti rilevanti” e non materiali. Tuttavia, è vero in ogni caso che si fa riferimento a “fatti contabili” e il
concetto di “fatto materiale” è da intendersi nel senso che la falsità deve assumere una certa sostanza/corposità, non
basta dunque un minimo scostamento. Inoltre, in molti hanno ritenuto che l’esposizione dei fatti materiali richiesti dal
legislatore escludesse la rilevanza penale del falso qualitativo, ossia se non c’è alterazioni del risultato complessivo o
finale del bilancio allora non c’è un’esposizione di un fatto materiale non rispondente al vero e dunque il falso
qualitativo diventa non sanzionale, ristringendo ancora di più l’ambito di applicazione della norma. A questa tesi si
contrappone quella che sostiene comunque la presenza del falso qualitativo in quanto rientra nella categoria dei fatti
materiali, in quanto la maggior parte delle voci di bilancio sono soggette ad una valutazioni e dunque se il richiamo ai
fatti materiali dovesse escludere la rilevanza delle valutazioni allora nessuna voce di bilancio sarebbe rilevante
penalmente ( ). Il legislatore per
se dove c’è una valutazione non c’è un fatto materiale, allora non si avrebbe il falso il bilancio
]
frugare ogni dubbio ha aggiunto l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”.
Sotto il profilo della colpevolezza, si fa riferimento “all’intenzione di ingannare, al fine di perseguire per sé o
per altri un ingiusto profitto”. La norma, dunque, è una contravvenzione di tipo dolosa e non colpa,
prevedendo le forme del dolo intenzionale e del dolo specifico: il reato può essere commesso se si ha
contemporaneamente un dolo intenzionale ( ) e un dolo specifico (
fine ultimo è di “ingannare” procurare per sé o
).
altri un ingiusto profitto
La norma così prevista dal legislatore del 2002 era di difficile applicazione data la presenza dei troppi
elementi richiesti e della prescrizione troppo breve fissata in 4 anni ( ): con
data la natura di contravvenzione
questa norma si disse che il legislatore avesse “abolito il falso in bilancio”. In aggiunta a tutto ciò, la
previsione nei commi 3 e 4 delle soglie di punibilità: dopo la descrizione del fatto tipico, il legislatore afferma
che la punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni ( ) non alterano in modo
condotta attiva ed omissiva
sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del
gruppo. Per individuare un’”alterazione sensibile”, il legislatore indica cosa non è “alterazione sensibile”,
affermando che la “punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione
del risultato economico ( ) non superiore al 5% ovvero una variazione del patrimonio netto ( ) non
CE SP
superiore al 1%”. Da notare che per aver rilevanza penale entrambe le soglie devono essere superate, e
anche se queste vengono superate spetterà poi al giudice decidere se c’è stata o meno un’alterazione
sensibile della rappresentazione economica, finanziaria e patrimoniale ( riduzione dei confini di applicabilità
).
della norma
[ NOTA: le alterazioni che si mant