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CAPITOLO 6: LA ESTENSIONE DEL FATTO TIPICO
Premessa. In questo capitolo sono esaminate quelle previsioni della parte generale che svolgono la funzione di estendere le fattispecie incriminatrici previste nella parte speciale del Codice penale e nelle leggi complementari ai fatti di tentativo di delitto e di concorso di persone nel reato:
- Nel tentativo di delitto = ne costituisce una nuova che prevede e sanziona autonomamente gli atti idonei e diretti a commettere ciascun delitto (es. furto tentato, omicidio tentato)
- Nel concorso di persone = crea una nuova fattispecie plurisoggettiva eventuale (es. concorso di persone nel furto, concorso di persone nell'omicidio) per ogni fattispecie monosoggettiva prevista.
Tentativo, reato putativo e impossibile (art. 49-56 c.p.). La parte speciale del Codice penale e le leggi cd. complementari prevedono fattispecie di reato la cui compiuta realizzazione o integrazione (vale a dire la presenza di tutti gli elementi della fattispecie) si dice consumazione. Tuttavia,
nel nostro ordinamento penale le fattispecie di delitto non sono fissate esclusivamente da tali previsioni ma sono estese agli atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere ciascun delitto previsto nell'ordinamento penale se l'azione non si compie o l'evento non si verifica. Praticamente per ciascun delitto è prevista una fattispecie di delitto tentato integrata dalla sussistenza di detti atti, configurabile nei casi in cui il delitto non si consuma, salvo i casi in cui il tentativo non sia ammissibile (da valutare caso per caso). Il tentativo, pertanto, nel nostro ordinamento presenta un carattere accessorio, l'innesto dell'art. 56 in ciascuna fattispecie incriminatrice crea una corrispondente nuova ed autonoma fattispecie di delitto tentato (furto, rapina, omicidio ecc.). L'istituto si relaziona al fatto che per giungere alla consumazione, normalmente si attraversano (in un arco temporale più o meno ampio) varie fasi, non sempre.presenti e di diversa complessità:
Quella ideativa- La preparazione- La decisione- L'inizio dell'esecuzione- Il compimento dell'azione-
Negli stati liberarli di diritto la fase ideativa non è tradizionalmente sanzionata in ragione del principio di materialità, egualmente non sono sanzionati gli atti preparatori allo stato embrionale.
Si pone invece l'interrogativo (a cui il codice Rocco risponde con l'art. 56) sulla rilevanza penale della fase intermedia tra ideazione e consumazione e specialmente su quale momento di tale fase debba assumere rilevanza penale.
Le concezioni soggettive (della volontà o del disvalore dell'azione) parificano anche sul piano sanzionatorio la consumazione al tentativo compiuto (ovvero in cui la condotta è stata interamente posta in essere) e anche all'inizio dell'esecuzione in attuazione della volontà criminosa (tentativo incompiuto).
Le concezioni oggettive (o del disvalore
del risultato) fondano il tentativo, punito in misura minore rispetto alla consumazione; dunque, attribuiscono rilievo a condotte aventi un significato di concreta pericolosità rispetto alla realizzazione dell'evento sanzionato. Con la conseguente irrilevanza del tentativo inidoneo. In Italia sono dominanti le teorie oggettive, che danno rilievo alla pericolosità della condotta; infatti, va sottolineato che il diritto penale ha la finalità di evitare lesioni ai beni giuridici per mezzo di condotte umane, cosicché non possono avere rilievo le sole condotte ma occorre che quanto meno mettano concretamente in pericolo i beni tutelati. Mentre un riconoscimento parziale della teoria soggettiva lo rileviamo, in positivo, nella previsione della misura di sicurezza per il reato impossibile, in negativo, nell'esecuzione del tentativo nel reato colposo. Il nostro codice pare aderire alla teoria oggettiva, ovvero attribuire un preminente rilievo aldisvalore dell'evento. Il codice Rocco adotta la formula "atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto" intendendo anticipare la punibilità del tentativo, pur rimanendo ancorati ad un criterio oggettivo. A tale indicazione si richiama quella giurisprudenza secondo cui il riferimento agli atti invece che all'inizio dell'esecuzione esprimerebbe un concetto più ampio capace di comprendere anche atti non necessariamente esecutivi e dunque preparatori che per le circostanze concrete (di luogo, tempo, mezzi) fanno senza dubbio ritenere che l'azione abbia la probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che l'agente si trovi ad un punto di non ritorno dell'imminente progettato delitto. Può dirsi che il codice Rocco pur avendo escluso rilievo decisivo ai fini della configurazione del tentativo alla distinzione tra atti preparatori ad atti esecutivi non ha tuttavia ricompreso gli atti preparatori.Nel tentativo, mantenendo aperta la questione di quale momento della fase esecutiva assuma rilievo. 93Per comprendere meglio la problematica è utile fare un cenno alla vicenda dell'anarchico Schirru, che venne giustiziato perché ritenuto colpevole di aver avuto l'intenzione di uccidere il capo del governo. In Francia sorse l'idea dell'attentato. Infatti, proprio in Francia l'anarchico Schirru ha compiuto gli atti preparatori, confezionando le bombe che dovevano servire per il delitto, le bombe che a una regolare perizia ha riconosciuto micidiali. Tuttavia, l'anarchico Schirru per riuscire nel suo intento adottò ulteriori accortezze: il treno di lusso, lo smoking, il falso nome, l'albergo scelto situato in un luogo in cui più facilmente può incontrare la vittima, l'affannosa ricerca di quest'ultima, il quotidiano appostamento con l'arma e le bombe. Ma codesti atti (dopo quello preparatorio
già sopracitato) sono evidentemente atti esecutivi idonei diretti in modo non equivoco alla consumazione del delitto. Va ricordato che Schirru venne arrestato mentre si trovava in un albergo romano in compagnia di una ballerina ungherese a cui aveva dedicato gli ultimi giorni abbandonando gli appostamenti per individuare i movimenti di Mussolini, che non ebbe mai l'occasione di vedere. Schirru confessò di essere venuto in Italia per uccidere Mussolini ma l'insuccesso degli appostamenti gli aveva fatto mutare l'obiettivo. Al di là della ricostruzione dei fatti come desistenza volontaria (linea seguita dal difensore di Schirru) che presuppone il tentativo, vanno analizzati i concetti di idoneità e univocità degli atti. La questione decisiva pare proprio il punto a cui siano giunti gli atti rispetto all'esecuzione del delitto o il compimento di atti prossimi all'esecuzione. La idoneità va valutata in stretta relazione alconcetto di univocità. La idoneità degli atti costituisce un elemento di indubbia natura oggettiva, che qualifica il tentativo quale pericolo reale per il bene giuridico tutelato (vale a dire qualche probabilità di realizzazione del delitto consumato. Il giudizio sulla idoneità deve essere necessariamente effettuato con riferimento al momento in cui è stato posto in essere l'ultimo atto della condotta dell'agente (ex ante), in quanto una valutazione ex post non potrebbe che essere negativa non essendosi consumato il delitto obiettivo dell'agente. Vanno considerate le modalità dell'azione e l'insieme delle circostanze concrete sussistenti in quel momento indipendentemente dall'insuccesso determinato da fattori estranei all'agente (giudizio sugli atti in concreto e non in astratto: c.d. prognosi postuma). Qui le soluzioni interpretative si divaricano: Per una tesi accolta anche in giurisprudenza sono idonei gli
dalle conoscenze o dalle intenzioni dell'agente. In questo caso, si tiene conto di tutti i fattori che possono influenzare la capacità dell'azione di produrre l'evento, compresi quelli successivi o concomitanti non conosciuti o non obiettivamente conoscibili dall'agente. D'altra parte, esistono casi in cui l'azione è assolutamente incapace di produrre l'evento o in cui l'oggetto materiale della condotta non esiste affatto. Questi sono i casi di reato impossibile, previsti dall'articolo 49 comma 2 del codice penale. In tali situazioni, non può mai sussistere il pericolo di offesa del bene tutelato. In conclusione, la valutazione dell'idoneità dell'azione a produrre l'evento dipende dalla prospettiva dell'agente e può tener conto di tutti i dati oggettivamente presenti al momento della condotta, indipendentemente dalle conoscenze o dalle intenzioni dell'agente. Tuttavia, esistono casi in cui l'azione è assolutamente incapace di produrre l'evento o in cui l'oggetto materiale della condotta non esiste, configurando così un reato impossibile.dalla loro conoscenza o conoscibilità (giudizio a base totale) la quale però inficia la stessa funzione generalpreventiva della sanzione del tentativo. Come abbiamo anticipato, il requisito dell'idoneità degli atti va letto in unione alla loro univocità, perché isolatamente inteso può attrarre nella sfera del tentativo incompiuto atti remotamente preparatori (intenzione attuate ad un livello embrionale es. l'acquisto di un veleno). L'intento legislativo distingue gli atti meramente preparatori dal tentativo. Infatti: - l'atto preparatorio – manifestazione esterna del proposito delittuoso che abbia un carattere strumentale. - il tentativo – realizzazione non ancora iniziata di una figura di reato. È espresso anche dal secondo elemento preteso dall'art. 56 comma 1 c.p. della direzione non equivoca o univoca degli atti. Naturalmente gli atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto.Possono essere esclusivamente atti esecutivi; infatti, soltanto dall'inizio di esecuzione di una fattispecie delittuosa può dedursi la direzione univoca dell'atto volto a provocare proprio il risultato criminoso del soggetto agente.
Altra tesi detta teoria soggettiva, che attribuisce al requisito una funzione probatoria processuale, richiede cioè la prova che gli atti tendevano al fine della consumazione del delitto desunta dagli atti stessi o da altri elementi quali la confessione, la condotta successiva ecc. Ne consegue l'attribuzione di rilevanza ad atti definiti meramente preparatori accompagnati dalla dichiarazione della finalità criminosa. La tesi non è condivisibile, sarebbe del tutto anomala una previsione di natura processuale, oltretutto superflua per l'ovvia necessità dell'elemento psicologico.
Non vi è dubbio, pertanto, che occorra anche ai fini della sussistenza del tentativo, i requisiti di idoneità.
L'eunivocità degli atti deve avere consistenza oggettiva e deve essere evincibile dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere. Tuttavia, anche nell'ambito della conce