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III - IL MATRIMONIO CELEBRATO SECONDO LA NORMATIVA SUI "CULTI AMMESSI"

Le formalità preliminari - Il riconoscimento civile del matrimonio celebrato davanti al ministro di una confessione

religiosa diversa dalla cattolica è disciplinato dalle intese stipulate dallo Stato con alcune confessioni e dalla disciplina

generale del 1929-30 (l.n.1159/29 e R.D.n.289/30, contenente norme di attuazione) sulle confessioni prive di intesa.

L'art.8 della l.n.1159/29 indica le formalità preliminari: le parti che intendono contrarre matrimonio davanti al ministro

di un culto acattolico devono dichiararlo all'ufficiale di stato civile che sarebbe competente a celebrare il matrimonio.

Questi, dopo aver compiuto le pubblicazioni ed aver accertato che nulla si oppone alla celebrazione del matrimonio

secondo le norme del cc, rilascia autorizzazione scritta con indicazione del ministro del culto (che, qualora si intenda

celebrare un matrimonio destinato a produrre effetti civili, deve avere la cittadinanza italiana e saper parlare la lingua

italiana: art.21, co.3, R.D.n.289/30).) davanti al quale la celebrazione deve aver luogo e della data del provvedimento

che ne approva la nomina. L’autorizzazione estende la sua efficacia anche alla facoltà del ministro di culto di delegare,

in caso di legittimo impedimento, il ministro di culto che legalmente lo sostituisce nell'ufficio (art.25, co.1,

R.D.n.289/30) sempre che quest'ultimo abbia ottenuto l'approvazione della sua nomina.

L'ufficiale dello stato civile, se viene a conoscenza di un’opposizione dopo aver rilasciato l'autorizzazione, ne deve dare

immediata notizia al ministro; se però il matrimonio è stato celebrato nonostante l'opposizione, è tenuto a sospendere la

trascrizione finché non sia definito il procedimento di opposizione (art.61, co.2, D.P.R.n.396/00).

L'approvazione governativa della nomina del ministro del culto acattolico - Ex art.3, co.2, L.n.1159/29, i ministri

dei culti acattolici possono compiere atti del proprio ministero produttivi di effetti civili solo se la loro nomina ha

ottenuto l'approvazione governativa (retaggio di un certo giurisdizionalismo, come il rilascio dell’autorizzazione). È lo

stesso ministro di culto che deve attivarsi per ottenere l'approvazione della nomina, facendone domanda al Ministro

dell'interno; essa deve essere presentata alla Prefettura, corredata dall'atto di nomina e da tutti i documenti atti a provare

che è avvenuta secondo le norme che regolano il culto cui il ministro appartiene. Inoltre, se il culto non è già noto al

governo, è necessario che siano fornite notizie circa la sua denominazione, i suoi scopi, i suoi riti, i mezzi finanziari di

cui dispone, i nomi degli amministratori, l'autorità ecclesiastica superiore da cui dipende (art.20, co.1-3, R.D.n.289/30).

Il Ministero dell'interno ha precisato che il ministro di culto può celebrare matrimoni produttivi di effetti civili solo

all'interno del territorio individuato nel decreto di approvazione della nomina, altrimenti il matrimonio non può essere

trascritto e, se per errore lo sia stato, l'ufficiale dello stato civile deve chiedere al tribunale la sua cancellazione. La

dottrina sottolinea però che la legge non prevede alcuna limitazione territoriale per l'approvazione e ritiene quindi che

l'atto in esame, essendo un provvedimento governativo (non locale), abbia portata generale.

Si ritiene che il ministro di culto la cui nomina sia stata approvata possa assistere alla celebrazione di un matrimonio

religioso con effetti civili anche di chi appartiene ad un’altra religione, giacché l'art.8, co.1, l.n.1159/29 ammette

chiunque a chiedere di contrarre matrimonio in forma religiosa diversa da quella della religione cattolica (nonostante

l'art.21 del R.D.n.289/30 faccia riferimento alla sua facoltà di celebrare matrimoni religiosi dei propri fedeli).

Gli accertamenti riservati allo Stato per l'approvazione della nomina - Secondo la Consulta, l'approvazione della

nomina non può essere considerata un provvedimento necessario perché il ministro di culto eserciti le funzioni connesse

al proprio ministero, ma ha, invece, lo scopo di attribuire effetti civili ad alcuni suoi atti. Una parte della dottrina ha poi

precisato che l'approvazione, attribuendo al ministro di culto poteri giuridici che non ha certo il comune cittadino, gli

conferisce una particolare posizione nel nostro ordinamento in quanto egli beneficia anche di alcune prerogative, oltre

che della facoltà di compiere atti civilmente rilevanti (per alcuni è un’abilitazione solo generica).

Vi è chi ha sottolineato la difficoltà di armonizzare l’istituto con la Costituzione; infatti, tenuto conto che esso trova la

sua prima ragion d'essere in considerazioni di ordine politico, nel passato si è parlato dell'approvazione come di un atto

puramente discrezionale ed insindacabile con cui la PA accerterebbe non solo l'esistenza dei requisiti previsti dalla legge

ed il possesso della qualifica sacra, ma anche l’idoneità morale e politica del soggetto. Si è ribattuto che, con tale atto,

ciò che si valuta è l’effettività della nomina in base ai documenti presentati, perché sulla qualificazione del ministro di

culto ogni valutazione è affidata alla confessione religiosa. Tuttavia, la dottrina sottolinea la necessità di valutare altri

elementi (come avere precedenti penali o essere sospettato di terrorismo) che possono far ritenere il richiedente

inidoneo a svolgere una funzione pubblica. Senza contare che, se il culto non è già noto al governo, è valutata

l'esistenza dei requisiti che caratterizzano il gruppo sociale come confessione religiosa ex art.8, capov., Cost.

La giurisprudenza ritiene che si debba valutare, oltre la personalità morale del soggetto, anche la serietà del fine

perseguito (che non può consistere nel godimento dei benefici collegati all'atto in questione) e le reali esigenze della

comunità religiosa che si intendono soddisfare. Perciò si è ritenuto legittimo il provvedimento con cui il Ministro

dell'interno ha negato l'approvazione della nomina di un ministro di culto per l'esiguità del numero dei fedeli.

La natura giuridica dell'approvazione della nomina - Sulla natura giuridica dell'approvazione le opinioni espresse in

dottrina appaiono divergenti; infatti, vi è chi la considera 21

- un’autorizzazione che rende possibile l'esercizio di un diritto o potere di cui è già titolare il soggetto cui essa è diretta;

in particolare, quanto al matrimonio acattolico, costituirebbe in capo al ministro di culto il potere di assistere (in modo

qualificato) a matrimoni (destinati ad essere) civilmente efficaci

- una concessione con cui la PA attribuisce ad un soggetto una facoltà o un potere che prima non possedeva (Di Marzio

vi include gli atti che attribuiscono uno status, dando luogo a una capacità giuridica generale)

- un’ammissione, cioè un atto amministrativo formale che attribuisce un nuovo stato giuridico, previo accertamento

delle condizioni e dei requisiti di legge

- un mero atto ricognitivo della qualificazione confessionale del soggetto, conosciuta attraverso uno strumento pubblico

Il rilascio dell’autorizzazione. Sua natura giuridica - In dottrina si registrano orientamenti contrastanti anche sulla

natura giuridica dell'autorizzazione scritta rilasciata dall'ufficiale dello stato civile, che, per alcuni è

1) un atto di delega con cui si abilita il ministro di culto ad esercitare, in forza di una potestà delegata a lui concessa, le

stesse funzioni che svolge l'ufficiale dello stato civile quando celebra un matrimonio civile. Ma si è osservato che

se fosse delegato a pubbliche funzioni, sarebbe obbligato manca il presupposto di una delega, cioè un rapporto

a svolgerle, mentre può rifiutarsi per motivi religiosi organico fra ufficiale dello stato civile e ministro di culto

2) una vera e propria autorizzazione e quindi un provvedimento diretto a trasformare in attuale, cioè operativa, la nuda

capacità conferita con l'approvazione della nomina, rimuovendo per un certo matrimonio il limite legale all'esercizio di

un potere già riconosciuto al ministro di culto con l'approvazione. Tuttavia, posto che l'autorizzazione è richiesta dagli

sposi, sarebbe ben strana un'autorizzazione rilasciata ad un soggetto non a conoscenza dell'atto da compiere.

Le 2 soluzioni non sembrano quindi molto convincenti, per cui alcuni autori hanno sottolineato che il provvedimento ha

natura sostanzialmente analoga a quella del nulla osta rilasciato dall'ufficiale dello stato civile per il matrimonio

concordatario, con l'unica differenza che attesta pure la verifica dell'approvazione governativa del ministro di culto, che

è un presupposto per poter trascrivere il matrimonio celebrato secondo il rito della confessione religiosa priva di intesa.

L'autorizzazione non sarebbe quindi una vera misura autorizzatoria, ma solo un certificato che attesta che non esistono

circostanze impeditive alla trascrizione e che il ministro di culto ha ottenuto effettivamente l'approvazione della nomina.

Autorevole dottrina ha, però, precisato che il provvedimento in esame ha il contenuto di un nulla osta per gli sposi, ma

per il ministro di culto consiste in un'abilitazione ad assistere ad un certo matrimonio destinato ad avere effetti civili.

La celebrazione del matrimonio. La compilazione dell'atto di matrimonio - Il matrimonio è celebrato secondo il rito

proprio di ciascuna confessione religiosa, ma il ministro di culto deve dare lettura agli sposi degli articoli del cc e

ricevere, alla presenza di 2 testimoni idonei, la dichiarazione espressa (non sottoposta a termine o a condizione) di

entrambi gli sposi, l'uno dopo l'altro, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie. Subito dopo la celebrazione

deve compilare l'atto di matrimonio in lingua italiana, secondo le norme relative alla formazione degli atti dello stato

civile e contenente le indicazioni richieste nell'art.10, e trasmetterlo in originale all'ufficiale dello stato civile subito e, in

ogni caso, non oltre 5gg dalla celebrazione (art.9 l.n.1159/29). La trasmissione, una vera e propria notificazione, per la

funzione pubblica esercitata dal celebrante, è considerata dalla prevalente dottrina un atto dovuto, che le parti hanno

diritto di vedere effettuato e della cui omissione il ministro può essere chiamato a rispondere personalmente.

Chi aderisce alla tesi per cui il matrimonio de quo deve essere considerato un matrimonio civile, seppur celebrato in

forma speciale, ritiene possibile inserire, pur nel silenzio della l.n.1159/29, le dichiarazioni dei coniugi consentite dalla

legge. A ciò non osta la natura dell'atto

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A.A. 2015-2016
25 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher moati di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Balbi Raffaele.