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COSTITUZIONE, CODICE CIVILE, LEGGI ORDINARIE.
12.
Le norme espresse dalla Costituzione si trovano in una situazione di supremazia
rispetto alle altre, al vertice della gerarchia delle fonti. La Costituzione fonda
l’ordinamento e le norme che esprime, quelle costituzionali, sono direttamente
applicabili nei rapporti di diritto civile: non occorre che una legge ordinaria le
recepisca. La legge è subordinata alla Costituzione che è rigida e quindi
modificabile solo con una maggioranza qualificata del Parlamento; la forma
repubblicana però non può essere modificata da nessuna maggioranza (139 cost.).
La Corte Costituzionale ha l’ufficio di dichiarare l’eliminazione di tutti quegli atti
aventi forza di legge che siano in contrasto con i principi costituzionali (134 e 136
cost.). L’unità dell’ordinamento è realizzata dalla corretta interpretazione del giurista
che ricompone le molteplici fonti in coerenza costituzionale, quindi non basta
considerare l’articolo di legge e risolvere la questione concreta. Il codice è una
fonte contenente un insieme di proposizioni prescrittive che disciplinano un
determinato settore; consta di 2969 articoli più le leggi speciali. Il codice vigente
(del 1942) pone in primo piano l’aspetto economico in tutte le sue forme: impresa,
attività produttiva, regolamentazione del lavoro. In seguito con l’avvento della
Costituzione, il codice è stato riletto e la produttività è stata subordinata ai diritti
fondamentali della persona. Attualmente si parla di decodificazione, ossia perdita
della centralità del codice civile attraverso l’emanazione di leggi speciali che hanno
disciplinato settori rilevanti in modo frammentario. Ciò tuttavia non significa perdita
14
pag.
di unitarietà dell’ordinamento, unitarietà che è assicurata dalla Costituzione. Spetta
al lavoro dell’interprete individuare i princìpi portanti della legislazione c.d. speciale,
riconducendoli all’unità.
FONTI DEL DIRITTO DELLA UNIONE EUROPEA.
13.
La Comunità Europea, istituita con trattato internazionale fra Stati sovrani, ha il
compito di promuovere mediante l’instaurazione di un mercato interno, di un’unione
economica e monetaria <<uno sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una
crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, sul progresso scientifico e
tecnologico, sulla parità tra uomini e donne>>, tutto ciò realizzando la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Così si è venuto a
costituire un ordinamento comunitario, distinto da quello statale, con proprie fonti e
un insieme di competenze enumerate, ristrette alla natura economica. Tale
specificità, però, vincola comunque le fonti comunitarie alla legalità alla legittimità
dello Stato italiano. Le fonti dell’Unione Europea aventi valore normativo
prevalgono sulle leggi ordinarie e le altre fonti primarie, purché esse siano
rispettose dei principi fondamentali della Costituzione e dei diritti inalienabili della
persona umana. Il contrasto tra una normativa dell’Unione e i principi fondamentali
e i diritti inalienabili garantiti dalla Costituzione italiana è controllato dalla Corte
costituzionale, la quale in tal caso deve dichiarare l’incostituzionalità della legge di
recepimento del Trattato dell’Unione della parte in cui consente l’introduzione
nell’ordinamento italiano della normativa europea incostituzionale. Il contrasto,
invece, tra una normativa interna e una normativa dell’Unione comporta per il
giudice il dovere di disapplicare la normativa nazionale e di applicare quella
dell’Unione. I cittadini italiani sono comunque destinati delle norme europee e i
giudici nazionali devono applicarle, le fonti dell’Unione sono operanti sul territorio
nazionale. In seguito con i vari trattati (ultimo quello di Maastricht del 07 febbraio
1992) i settori di competenza dell’U.E. si sono ampliati e le finalità sono uno
sviluppo sociale non solo economico ma soprattutto sociale dei paesi membri. La
comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi
che le sono assegnati. In altri settori la Comunità interviene solo se e nella misura
in cui gli obiettivi non possono essere realizzati sufficientemente dallo Stato
membro e possono essere realizzati meglio a livello comunitario (principio della
sussidiarietà). Il principio di sussidiarietà non è una clausola aperta per l’erosione
del potere statale ma rappresenta il riconoscimento di una funzione europea di
coordinamento di attività che rimangono pur sempre statali.
Tra e fonti comunitarie importanti sono i regolamenti e le direttive. I regolamenti
hanno portata generale e sono direttamente applicabili negli Stati membri. Le
direttive invece non sono direttamente applicabili, ma richiedono che lo Stato
membro emani norme interne corrispondenti. Qualora non vengano emanate tali
norme lo Stato è responsabile del danno provocato al cittadino. La direttiva, quando
è incondizionata, sufficientemente precisa e sia scaduto il termine concesso allo
Stato membro per il recepimento, è direttamente applicabile nei rapporti tra
cittadino e autorità statale (efficacia verticale); è esclusa l’applicabilità diretta della
15
pag.
direttiva nei rapporti tra cittadini (efficacia orizzontale). Nella ricostruzione delle fonti
comunitarie in ruolo preminente è stato assunto dalla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee, che ha il compito di curare la corretta interpretazione del
trattato, e di riflesso dalle Corti costituzionali dei singoli paesi membri. I regolamenti
e le direttive sono gerarchicamente posti al di sopra delle leggi ordinarie, ma
subordinate alla Costituzione; infatti, la Corte può definire incostituzionale un atto
normativo europeo e quindi privo di efficacia nel nostro ordinamento, perché le
norme comunitarie non posso intaccare i principi fondamentali, l’identità e l’essenza
del nostro ordinamento.
Questa forma di autotutela è importante per garantire un’identità nazionale e una
difesa del potere della Costituzione, perché la normativa costituzionale prevale su
quella comunitaria. Il problema sta nel fatto che non esiste ancora una
Confederazione Europea, che possa garantire ad ogni Stato che ne faccia parte
un’adeguata difesa e tutela. È impensabile rimettere nelle mani della Corte di
Giustizia delle Comunità Europee la funzione della Corte Costituzionale Italiana.
Ancora, le fonti comunitarie sono poste da organi nominati dai Governi degli Stati
membri e quindi manca un’autentica rappresentatività democratica, ossia una
dialettica tra maggioranza e minoranza, propria della legge: anche in materia
economica le fonti comunitarie devono rispettare la funzionalizzazione sociale
dell’impresa e della proprietà imposta dalla Costituzione.
GERARCHIA E VINCOLATIVITA’ DEGLI ATTI COMUNITARI.
14.
L’integrazione delle fonti nazionali e di quelle comunitarie ha prodotto un sistema
italo – comunitario delle fonti. L’ordinamento comunitario non è provvisto di una
rigorosa distinzione tra atti legislativi (fonti primarie) e atti amministrativi (fonti
secondarie e provvedimenti): l’assenza di una gerarchia delle fonti europee
danneggia il sistema e favorisce abusi e ambiguità. Quando la direttiva è
direttamente applicabile, il giudice disapplica la legge ordinaria contrastante e
applica la direttiva; nel caso contrario egli conserva la legge ordinaria, ma la
interpreta, se possibile, secondo la direttiva. Perciò spetta al giudice nazionale
decidere se la direttiva costituisce fonte del diritto ed è idonea a prevalere sulle
fonti primarie nazionali. Inoltre possiamo aggiungere che, quando non è
direttamente applicabile, la direttiva vale come criterio per l’interpretazione del
diritto interno. Le direttive direttamente applicabili sono pertanto fonti assai
particolari. Le norme interne sono, in sostanza, gerarchicamente subordinate a fonti
(le direttiva) che sono tali se qualcuno interpreta il loro contenuto in un certo modo.
Se pure la direttiva sia sufficientemente precisa ed abbia quindi efficacia diretta, il
suo contenuto normativo è vincolante per quanto riguarda il raggiungimento dello
scopo e non per la normativa di dettaglio in essa contenuta. Questa cede di fronte
alla legislazione ordinaria interna di dettaglio.
ALTRE FONTI. LEGGI REGIONALI. CONSUETUDINE.
15.
Fanno parte delle fonti primarie le leggi regionali competenti solo nelle materie
indicate nella Costituzione, tra cui beneficenza pubblica, assistenza sanitaria e
16
pag.
ospedaliera, turismo, ecc. Queste leggi devono rispettare i principi fondamentali
posti con le leggi dello Stato. La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato
che la legislazione regionale non può riguardare materie di diritto privato dirette a
salvaguardare l’unità dell’ordinamento e l’eguaglianza. Un diritto civile regionale è
giustificabile non soltanto perché il sistema è unitario, sì che risulterebbe
impossibile dividere diritto pubblico da diritto privato, ma anche perché il
superamento delle differenze, di fatto potrebbe essere realizzato con una
normazione che le compensi con trattamenti di favore. La consuetudine (o uso
normativo) è una fonte-fatto, manca di una dichiarazione imputabile di un soggetto
determinato (fonte-atto), essa risulta un comportamento reiterato e costante dei
consociati. Affinché il comportamento costante (usus) sia una consuetudine,
occorre che sia tenuto nel convincimento della sua doverosità (opinio iuris ac
necessitatis = il giudizio del diritto e della necessità). Questo secondo requisito è
difficile da definire: la regola si consolida quando il comportamento deviante è
valutato socialmente come illecito. La regola sociale è a quel punto recepita dal
diritto come consuetudine. È una fonte terziaria in quanto è subordinata alla legge e
ai regolamenti. Nelle materie regolate dalle leggi o dai regolamenti la consuetudine
ha efficacia se da essi richiamata.
Può essere:
Secundum legem, quando affianca la legge;
• praeter legem; nelle materie non coperte da fonti primarie o secondarie;
•
Non può essere logicamente contra legem, in contrasto con un principio del
sistema giuridico. Ogni consuetudine, anche in assenza di fonti primarie, deve
essere controllata dal punto di vista della sua rispondenza ai princìpi fondamentali.
Da tale punto di vista le consuetudini, piuttosto che prater