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11 MATRIMONIO SECONDO IL CONCILIO VATICANO II
RIFORMA LITURGICA DEL MATRIMONIO
Chiesa del Concilio, invece di partire da Dio per scendere verso l’uomo, è partita dall’uomo per
salire verso Dio.
Concilio Vaticano II si sofferma ad esporre organicamente la dottrina matrimoniale nel contesto
della Gaudium et Spes, costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
L’unione dell’uomo e della donna, se realizza le ricchezze dell’amore umano, per la Chiesa del
Concilio è un Sacramento: il foedus coniugii simboleggia il patto d’alleanza tra Dio e Israele.
L’unione dell’uomo e della donna simboleggia l’unione del Cristo con la Chiesa. Cristo per la
Chiesa offrì il suo corpo, così gli sposi devono offrirsi reciprocamente il loro corpo con mutua
dedizione e perpetua fedeltà.
In attuazione della costituzione Sacrosanctum concilium è stata realizzata nel 1969, la riforma
liturgica del matrimonio.
matrimonio in fieri: Concilio fa cadere la formula del contratto e recupera quella del foedus, del
patto d’alleanza tra gli sposi: il consenso degli sposi, che Cristo ha elevato per la Chiesa alla
dignità di Sacramento, non è detto contratto, ma patto d’alleanza tra gli sposi.
matrimonio in facto esse: il Concilio rinverdisce la formula del consortium omnis vitae, ma la
trasvaluta in quella più moderna della intima communio vitae et amoris. Il matrimonio è
un’unità, un flusso di vita che è generato dal patto coniugale, ma non si esaurisce nel patto
perché deve continuare quanto dura la vita degli sposi.
Si distacca dalla concezione controriformistica, nel presentare la funzione procreativa del
matrimonio. La prole è, oggettivamente, il fine verso cui il matrimonio è ordinato. Soggettivamente
la procreazione appare non come un dovere, ma come una benedizione, i figli sono grandissimo
dono del matrimonio.
Struttura del rito del matrimonio rimane nella sostanza mantenuta ferma tuttavia:
la celebrazione del matrimonio deve avvenire, a meno che non ricorra giusta causa, all’interno
1. della celebrazione della messa (vi sono forme straordinarie, come il matrimonio segreto e il
matrimonio coram testibus);
viene modificata la formula della manifestazione del consenso, per sottolineare la solennità
2. dell’impegno degli sposi e il loro essere attori del rito. Gli sposi non si limitano più a ripetere il
fatale si, ma devono pronunciare un’articolata formula d’impegno desunta dalla tradizione
liturgica protestante;
possibilità che a ricevere il consenso degli sposi sia delegato, oltre al sacerdote, anche un
3. diacono o un laico; per meglio sottolineare che ministri del Sacramento sono gli sposi viene
modificata la formula pronunciata dal sacerdote;
viene sottolineato con più nettezza, rispetto al che nel decreto del Concilio di Trento, che
4. l’essenza del matrimonio è nell’amore umano, che Cristo benedice e conferma;
Conferenze Episcopali possono redigere un rito del matrimonio adeguato alle esigenze dei luoghi
5. e dei popoli conformate allo spirito cristiano;
le formule di benedizione vengono volte al plurale per sottolineare l’uguaglianza degli sposi
6. davanti a Dio, a differenza della liturgia medioevale che aveva assegnato un ruolo centrale alla
benedizione della donna;
12 si stabilisce che l'autore della delega deve essere il legittimo titolare della potestà ordinaria e che
7. il soggetto verso cui si indirizza deve essere un ordinato in sacris o un diacono che non sia
impedito nell'esercizio del suo ufficio. Deve essere espressa e può rivestire carattere speciale
(assistenza ad un matrimonio determinato) o generale (generalità dei matrimoni celebrati entro
l'ambito di giurisdizione propria del delegante, la delega dovrà avere forma scritta).
Enciclica Humanae vitae riconosce la legittimità di due pulsioni: l’amore coniugale con le sue
capacità di donazione, la paternità responsabile nel rispetto della vita e della natura (vietati aborto,
uso di contraccettivi chimici o meccanici).
13 MATRIMONIO NEL CODICE DEL 1983 giovanneo-paolino
Nuovo codice di diritto canonico del 1983 non prevede solo clausole di apertura eccezionali, ma
s’inscrive in una più radicale volontà di rottura della pretesa dei codici moderni alla totalità e alla
completezza. Le norme del nuovo codice devono esser interpretate non più come un sistema chiuso
in se stesso, ma facendo ricorso a due fondamentali criteri di etero-integrazione:
sotto il profilo sistematico esse devono esser lette prendendo come parametro la traditio
a. canonica che designa l’esperienza giuridica nel suo complesso e richiama il diritto divino
vivente nella storia della Chiesa;
sotto il profilo letterale esse devono sempre esser lette alla luce del concilio medesimo. Su
b. tutto poi, sovrasta il primato del diritto divino.
Il Concilio ha suggerito due strade maestre per l’approccio al fatto cristiano: la prima è
l’antropologia, il radicamento della Fede nella storia, la seconda è la teologia, la contemplazione
della Fede che è nella storia, ma insieme di là della storia. Il crocevia ove viene l’incontro di queste
due strade è la liturgia; il canonista deve quindi aprirsi alle scienze psicologiche, sociologiche e
antropologiche ed anche alle scienze teologiche.
MATRIMONIO
L’approccio del Concilio vuole essere un’apertura pastorale alle esigenze reali dell’uomo, per cui
coglie la dimensione terrestre dell’amore umano: centro del matrimonio diviene l’amore coniugale,
l’unione dell’uomo e della donna. Il matrimonio, che si sostanzia in un vincolo di amore, diviene un
mezzo sacramentale qualificato per ricondurre l’uomo a Dio, per partecipare alla sua continua opera
creatrice.
Le norme del nuovo codice canonico sulla definizione del matrimonio e della sua essenza vanno
lette nel contesto del Concilio, per il quale domina su tutto, il Sacramentum amoris: il Sacramento è
la forma e l’amore ne è la materia.
Mentre il vecchio codice sulla trascrizione giuridica del sacramento ricorreva alla categoria del
contratto, il nuovo codice definisce il matrimonio sia come foedus, sia come contratto. Il termine
foedus, patto d’alleanza, appare però più proprio per diverse ragioni:
è l’unico termine che da sempre compare nei testi liturgici;
a. ha radici bibliche saldissime;
b. è l’unico termine che compare nel Concilio.
c.
Il matrimonio è e rimane un Sacramento, ciò che muta è solo il modo di rappresentare l’intentio e di
individuare il suo oggetto, che è la mutua donazione che i coniugi fanno di sé medesimi. Il
matrimonio è un irrevocabile patto con cui gli sposi non trasferiscono un diritto sul corpo, ma su se
stessi: oggetto della loro intentio è la mutua donazione che fanno di se.
Fini del matrimonio sono il bene dei coniugi (bonum coniugum) e la procreazione ed educazione
della prole (procreatio educatio prolis). Tra di essi però, non si dà una gerarchia, come seguiva nel
codice pio-benedettino, che proclamava la procreazione fine primario, essi vengono messi sullo
stesso piano. Rimangono ancora le proprietà del matrimonio l’unità e l’indissolubilità. Dalla
redazione del Codice del 1983 sono spariti come categoria esplicitata, i bona matrimonii. gli effetti
tipici - bonum prolis, bonum fidei, bonum sacramenti - che tradizionalmente venivano menzionati
esplicitamente nel diritto anteriore.
14
Emersione dell'elemento personalistico diventa, nella riflessione condotta dal Concilio Vaticano II,
il dato centrale che guida la recente evoluzione del sistema.
Visione «personalistica» del matrimonio, il rispetto per la persona e l'attenzione per tutte le
peculiarità di cui essa è portatrice divengono complessità irrinunciabile anche dentro la struttura
matrimoniale
Viene posto in primo piano il rispetto della persona all'interno del rapporto coniugale.
Questa rinnovata visione dell'istituto tende a superare la stretta logica istituzionale che aveva
guidato, sul punto, il legislatore del Codice di diritto canonico del 1917, con quel suo porre in primo
piano le ragioni sacramentali e contrattuali del matrimonio sottraendo di fatto all'autonomia
negoziale dei privati qualsiasi margine di intervento.
Il matrimonio canonico continua ad essere, anche dopo le innovazioni portate dal Concilio, dalla
codificazione del 1983 e dagli orientamenti giurisprudenziali che ne sono scaturiti, quella società
naturale permanente tra l'uomo e la donna vocata alla procreazione che Dio ha elevato alla dignità
di sacramento.
I motivi sono generalmente ritenuti irrilevanti per il diritto, dal momento che il matrimonio, sia
civile che canonico, non tollera l'apposizione di condizioni de futuro, termini e modi.
Per quanto concerne lo specifico dell'ordinamento canonico l'atto di volontà richiesto agli sposi non
è indirizzato a volere positivamente qualcosa, ma a non disvolere gli effetti di quell'atto che si pone
in essere. CAPACITA’ A CONTRARRE MATRIMONIO
Nel codice di diritto canonico del 1917 la nozione di presupposto soggettivo, propria della teoria
moderna dell’atto giuridico, mancava del tutto ai canonisti.
Il nuovo codice del 1983 individua due categorie di situazioni giuridiche, in entrambi i casi il
matrimonio risulta essere nullo. Gli elementi che possono rendere nullo il matrimonio sono:
capacitas corporis: idoneità a porre in essere gli atti afferenti dalla procreazione od anche la
capacità a porre in essere un atto sessuale completo (matrimonio nullo per impotenza);
capacitas animi: capacità di intendere e di volere riferita al vincolo matrimoniale (matrimonio
nullo per grave defectus discretionis iudicii, turbe psichiche, circa i diritti ed i doveri essenziali
del matrimonio). Codificazione vigente riprende la dizione della legislazione del 1917 e richiede
come presupposto soggettivo per la validità del matrimonio semplicemente un uso sufficiente
della ragione, lasciando così intendere che bisognerà valutare caso per caso la sussistenza o
meno di quel minimo di capacità cognitiva e volitiva necessaria per esprimere un consenso
valido
Il concetto tradizionale di discretio judicii nel nuovo codice si è allargato ad abbracciare, oltre
alle ipotesi classiche di turbe psichiche, anche altre ipotesi, in cui la personalità, senza esser
affetta da una sindrome psichiatrica, rivela un immaturo sviluppo senza una particolare
psicopatologia. Nel nuovo codice il defectus discrezioni judicii prevede distinte ipotesi:
il caso di coloro che sufficientis rationis usu carent, che sembra colpire le trad