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CORPORIS
A) Quali capacità per quale matrimonio?
Si afferma la giurisdizione piena ed esclusiva della Chiesa sull’istituto del matrimonio, al quale il diritto
canonico assicura accesso a tutti colori che lo desiderino, e giusta il can. 1058. Il canone successivo
precisa che il matrimonio dei cattolici, anche quando sia battezzata una sola delle parti, è retto non solo
dal diritto divino ma anche da quello canonico.
Esiste, dunque, un diritto soggettivo assoluto a contrarre matrimonio? Secondo una parte della
dottrina, un diritto al matrimonio non sembra configurabile “non solo per la ragione più generale della
difficoltà di concepire un diritto ai sacramenti, ma anche per il fatto che in varie occasioni la
celebrazione del matrimonio è rimessa alla discrezionalità dell’autorità ecclesiastica”.
Tuttavia, per un’altra parte della dottrina proprio la dizione del can. 1058 pone, invece, un diritto
naturale e assoluto a contrarre matrimonio per coloro qui iure non prohibentur —> ciò qualifica quelle
circostanze soggettive od oggettive che ostano alla valida celebrazione di un matrimonio – e che
chiamiamo impedimenti - come assolutamente eccezionali e tassative. In questo panorama, non è
mancato, tuttavia, chi abbia cercato di rileggere la casistica degli impedimenti secondo la teoria del
negozio giuridico, alla quale il modello del matrimonio canonico accolto nel Codice del 1917 s‟ispira:
con il risultato di risolvere e razionalizzare gli impedimenti come la classificazione tassativa dei requisiti
soggettivi ed oggettivi indispensabili per poter concludere le nozze. E, per meglio enucleare questa
impostazione, andrebbero distinti requisiti riconducibili alla capacità d‟agire (o capacitas animi) e
quelli connessi invece con la capacità fisica (capacitas corporis) necessaria per poter adire al
matrimonio. Certo è che, almeno, la dottrina giuridica del secolo scorso è arrivata a tenere ben distinti i
vizi del consenso dagli impedimento veri e propri. Gli impedimenti si distinguono, anzitutto, in 57
 impedimenti di diritto divino e di diritto umano, a seconda che essi derivino la loro esistenza da
un atto del legislatore umano o prescindano da qualsiasi formalizzazione positiva. I primi riguardano
tutti gli uomini e non possono essere dispensati, mentre i secondi vincolano i soli battezzati e possono
essere dispensati dall’autorità ecclesiastica. Rispetto alla legislazione previgente, si è fatto più largo il
potere dei Vescovi in materia, potendo essi, di fatto, dispensare da tutti gli impedimenti tolti quelli
esclusivamente riservati alla S. Sede: e cioè l’impedimento proveniente dai sacri ordini o dal voto
perpetuo di castità emesso in un istituto religioso di diritto pontificio, e l’impedimento di crimine.
Per ciò che riguarda invece gli effetti prodotti, la dottrine soleva distinguere gli impedimenti
dirimenti da quelli impedienti: i primi determinano l‟invalidità del matrimonio celebrato, ai
secondi l’ordinamento ricollega non la sanzione dell’invalidità del vincolo, ma quella della illiceità. In
altri termini, chi contrae matrimonio in presenza di un impedimento dirimente dà vita ad un atto
giuridico radicalmente viziato da invalidità, chi invece procede alle nozze in costanza di un
impedimento impediente conclude un atto giuridico perfettamente valido ma illecito: e questa illiceità si
risolverà nell’applicazione di una sanzione canonica a carico di colui (o coloro) che hanno posto in
essere un atto contra legem. La nuova codificazione non enuncia più esplicitamente questa distinzione;
essa tuttavia rimane concettualmente scolpita laddove si afferma che il matrimonio concluso da due
soggetti dei quali uno però abbia ricevuto il battesimo in altra Chiesa o comunità ecclesiale (mixta
religio) non può essere contratto senza una previa licenza della competente autorità ecclesiastica. Da
ultimo vi è la classificazione che li distingue tra assoluti e relativi: Sono assoluti quegli impedimenti
che valgono nei confronti di tutte le persone (es. l‟età o l‟ordine sacro); mentre sono relativi gli
impedimenti che esplicano la loro funzione impeditiva solo in relazione a persone determinate (es.
crimen o consanguineità). Vi possono essere degli impedimenti assoluti e relativi allo stesso tempo,
come è il caso dell’impotenza che sarà impedimento assoluto qualora una determinata persona sia
impossibilitata ad avere rapporti sessuali con tutte le persone di diverso sesso, o se, viceversa, tale
impossibilità si registri esclusivamente con una persona determinata.
B) La distanza tra realtà e parola. La difficile rappresentazione del modello
matrimoniale: a) defectus discretionis iudicii; b) maturità psicologica; c) il fragile
confine tra capacitas animi e l’error iuris
Vi sono ragioni patologiche gravi che possono ostacolare la formazione del processo cognitivo o volitivo
di un soggetto: e la scienza medica e medico-canonica ha distinto già da secoli l’ipotesi dell’amentia (la
follia), dalla mentis debilitas (debolezza mentale o imbecillità) e dalla mentis exturbatio (oscuramento
temporaneo della lucidità cosciente). Già la dottrina classica della Chiesa escludeva la validità del
consenso dato da persone affette da tali gravi sindromi patologiche, tuttavia essa contemplava l‟ipotesi
che il consenso venisse espresso in quei determinati momenti (lucida intervalla), nei quali può accadere
che il soggetto in questione recuperi, sia pure per un breve momento, l’uso delle facoltà cognitive e
volitive. Il tenore del can. 1095 della codificazione vigente richiede come presupposto soggettivo per la
validità del matrimonio semplicemente un uso sufficiente della ragione, lasciando così intendere che
bisognerà valutare caso per caso la sussistenza o meno di quel minimo di capacità cognitiva e volitiva
necessaria per esprimere un consenso valido. La dottrina classica della Chiesa circa la possibilità per un
infermo di mente di contrarre matrimonio in un intervallo di lucidità non sembra, dunque, del tutto
superata. Ma al di là delle proiezioni patologiche della discretio iudicii, bisogna comunque ammettere
che il matrimonio è una delle realtà più difficilmente rappresentabili di fronte alle sfere della
conoscenza e della volontà. Qui la novità introdotta dal Codice del 1983 appare, invece, rilevante ed
innovativa. Il can. 1095 si apre, infatti, al paragrafo secondo, a prevedere l‟incapacità a prestare il
consenso matrimoniale per coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti ed i
doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente. Lo spiraglio aperto alla sensibilità
tipica dell’uomo contemporaneo appare di rilevante momento: il nuovo Codice si spinge fino ad
abbracciare quell’ambito della fragilità ed immaturità psicologica che risulta non di meno rilevante ai
fini del buon andamento del matrimonio. La differenza rilevante rispetto alla codificazione previgente
rappresenta l’approdo di un lungo percorso giurisprudenziale iniziatosi ancora in epoca preconciliare
soprattutto in quei paesi dell’Occidente chiamati a fare i conti col mutare di un‟antropologia che
contempla una difficoltà maggiore ad uscire dalle logiche e dalla psicologie tipiche dell’età
adolescenziale.
C) L’unità della natura umana e la sottile distinzione tra capacità fisica e psichica: a)
aetas, b) impotentia; c) capacitas assumendi onera coniugalia
Nell’universo teologico la distinzione tra anima e corpo è più netta e portata ad un grado di
comprensione logica alla quale la lezione psicanalitica non accede, postulando zone d’ombra e momenti
di sovrapposizione non razionalizzabili. Per questo il tracciato tradizionalmente così netto tra capacitas
animi e capacitas corporis oggi appare più opaco fino ad indurci a trattare nello stesso luogo dei
presupposti sia fisici che psicologici. Nell’impedimento di aetas confluiscono motivi che riguardano il
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 profilo psicologico i quali a loro volta non possono non influire profondamente anche sulle attitudini e i
comportamenti imputabili direttamente alla sfera fisica che sostanzia la sessualità umana. Allo stesso
modo nell’impedimento di impotentia si riflettono o si possono riflettere aspetti meramente fisici e
implicazioni tipicamente psicologiche. Fino al 1977 la dottrina classica della Chiesa definiva come
impotenza quell‟incapacità ad avere un rapporto sessuale nel quale si avesse l‟emissione da parte del
maschio di un verum semen in testiculis elaboratum; poi, L a rivalutazione del profilo unitivo del
matrimonio determina la svolta per la quale dal 1977 si ritiene valida quella consumazione del
matrimonio anche se in essa non vi sia stata emissione del verum semen. La nozione d‟impotenza si
riduce, dunque, ad una mera impotentia coeundi, che per avere efficacia invalidante deve essere
antecedente al matrimonio e perpetua. Il diritto canonico contempla la possibilità che l’impedimento
d’impotenza possa essere assoluto o relativo. Le cause dell’impotenza possono essere sia di ordine fisico
che di ordine psicologico, a sottolineare ulteriormente il difficile distinguo tra l’uno e l’altro aspetto
della natura umana. Oggi il diritto della Chiesa non può non considerare con attenzione il fenomeno
dell’omosessualità e, più in genere, delle sessualità diverse. Di fatto nella legislazione previgente
l‟unico modo per risolvere casi di ninfomania o di omosessualità era quello di ricorrere al caput
nullitatis rappresentato dall’incapacità psichica: il che implicava qualificare come malati di mente
soggetti ninfomani o omosessuali. Anche qui l‟apporto della giurisprudenza si è rivelato di
fondamentale importanza. Si è ragionato partendo dalle radici romanistiche sulle quali riposano gran
parte degli ordinamenti contemporanei, ed in particolare dal principio secondo il quale nessuno è
tenuto ad una prestazione divenuta per lui impossibile. Sfera fisica e sfera psicologica interagiscono di
volta in volta, caso per caso, a determinare se siamo in presenza di un‟incapacità di assumere gli oneri
del matrimonio o se siamo di fronte ad un caso di impotentia; se questa impotentia si collochi
sull’orizzonte della fisicità o dell’impossibilità psicologica.
D) La sopravvivenza degli impedimenti di raptus e crimen alla depenalizzazione del
diritto della Chiesa
Questa capacità di adattamento del diritto della Chiesa conosce sempre un limite di espansione dato
dalla tradizione secolare dalla quale esso promana. Uno degli ostacoli più impegnativi con il quale il
diritt