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CAPACITÀ PROCESSUALE E IL PATROCINIO LEGALE
processuale valgono gli stessi principi vigenti in quello civile. Le persone giuridiche pubbliche o
private stanno in giudizio attraverso i loro legali rappresentanti (molto spesso però il rappresentante
legale dell’ente può stare in giudizio solo se è autorizzato da un altro organo dell’ente, cui spetta
decidere se l’ente debba agire o resistere in giudizio).
Nel processo amministrativo è obbligatoria l’assistenza di un avvocato (tranne che nel giudizio in
materia elettorale e in materia di accesso ai documenti e in altre ipotesi minori); nel giudizio davanti
al Consiglio di Stato la parte non può mai stare in giudizio personalmente e deve essere assistita da
un avvocato abilitato al patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori.
La procura conferita all’avvocato lo abilita, di regola, anche a proporre per la parte il ricorso
incidentale e i motivi aggiunti, consente al difensore anche di proporre domande nuove.
Conformemente ai principi generali accolti anche nel c.p.c. la procura, se non sia disposto
diversamente, non abilita il difensore al compimento di atti disposizione del ricorso e dell’interesse
dedotto in giudizio. Per le forme della procura speciale valgono le regole stabilire nel c.p.c.
L’Amministrazione statale è rappresentata e assistita dall’Avvocatura dello stato.
– Processo amministrativo è soggetto al
PRINCIPI GENERALI DEL PROCESSO
principio della domanda: il giudice amministrativo non può esercitare le sue funzioni
giurisdizionali d’ufficio ma solo dopo l’iniziativa della parte. La parte una volta proposto il
ricorso può sempre rinunciarvi, le altre parti possono opporsi alla rinuncia solo se hanno
interesse alla prosecuzione del giudizio.
Il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda né su eccezioni che siano riservate
dalla legge alle parti.
La domanda è identificata dal provvedimento impugnato (e quindi il g.a. non può pronunciarsi su
atti diversi) e dai vizi addotti dal ricorrente (e quindi il giudice non può annullare l’atto sulla base
di vizi diversi da quelli addotti dal ricorrente come motivi della richiesta di annullamento, i vizi
fatti valere nel ricorso sono quindi elemento dell’oggetto della domanda). La deduzione di un
nuovo vizio dell’atto impugnato comporta una nuova domanda non più ammissibile una volta
scaduti i termini per proporre il ricorso, fatto salva la possibilità di integrare il ricorso con motivi
aggiunti nei casi ammessi dalla legge (ricorrente che abbia già impugnato un provvedimento e
27 venga a conoscenza solo successivamente di un vizio può integrare il ricorso originario con i
motivi aggiunti).
La domanda su cui deve pronunciarsi il giudice amministrativo è identificata dal ricorso
principale e può essere integrata solo dai motivi aggiunti e dal ricorso incidentale. Nei giudizi in
materia di diritti devoluti alla giurisdizione esclusiva può essere integrata dalle domande
riconvenzionali.
Il giudice amministrativo può sempre accertare d’ufficio la nullità di atti amministrativi rilevanti
nel giudizio.
principio del contraddittorio, previsto dall’art. 101 c.p.a. e garantito dall’art. 111 Cost.: il
giudice non può pronunciarsi sulla domanda se prima non è stato integrato il contraddittorio
rispetto a tutte le parti necessarie del giudizio.
Di regola, il ricorso al giudice amministrativo deve essere previamente notificato, a pena di
inammissibilità, all’autorità amministrativa che ha emanato l’atto impugnato e ad almeno uno dei
controinteressati. Se il ricorso è stato notificato all’autorità che ha emanato l’atto e solo ad un
controinteressato, ma vi sono anche altri controinteressati, il g.a., prima di procedere alla
decisione del ricorso, deve ordinare al ricorrente di integrare il contradditorio con la notifica del
ricorso agli altri controinteressati e il ricorso può essere deciso solo dopo che a tutti i
controinteressati sia stata data la possibilità di costituirsi in giudizio.
Nel giudizio di primo grado o in appello l’integrazione del contraddittorio non è necessaria, nei
casi in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile o infondato (in questo caso la
sentenza è destinata a non produrre effetti sostanziali rispetto a parti diverse dal ricorrente o
dall’appellante).
Prima di adottare una pronuncia sull’istanza cautelare, il collegio deve verificare che tutte le parti
necessarie siano state evocate in giudizio e, in caso contrario, deve disporre l’integrazione del
contraddittorio; comunque prima dell’integrazione del contraddittorio possono essere concesse
misure cautelari ‘provvisorie’. Il giudice se si ritiene di adottare una decisione del ricorso sulla
base di una questione rilevata d’ufficio deve sottoporla previamente alle parti.
principio della necessità dell’impulso di parte: una volta depositato il ricorso, il giudizio cade
in perenzione e ne va dichiarata l’estinzione, se entro un anno una delle parti costituite non abbia
presentato l’istanza per la fissazione dell’udienza di discussione. L’istanza di discussione deve
essere rinnovata nel caso di cancellazione della causa dal ruolo. La necessità dell’istanza di
discussione è esclusa per i ricorsi che vanno decisi in camera di consiglio, come quelli in materia
di silenzio, di accesso ai documenti amministrativi e per l’ottemperanza (in questi casi, infatti, la
camera di consiglio è fissata d’ufficio).
L’istanza di fissazione d’udienza deve essere reiterata dal ricorrente, una volti decorsi 5 anni dal
deposito del ricorso, se non sia ancora intervenuta la decisione (dopo 5 anni dalla presentazione
del ricorso il ricorrente può aver perso interesse alla decisione). Alla scadenza del termine la
segreteria del giudice amministrativo comunica un apposito avviso al ricorrente; se questi ha
ancora un interesse alla decisione, deve depositare entro 180 gg una nuova istanza di fissazione
d’udienza, che in questo caso particolare deve essere sottoscritta, oltre che dal difensore, anche
dalla parte personalmente. In mancanza della nuova istanza, il ricorso è dichiarato perento.
– Le disposizione del c.p.c. si
RAPPORTO CON LA DISCIPLINA DEL PROCESSO CIVILE
applicano al processo amministrativo per quanto non disposto dal c.p.a. e in quanto compatibili o
espressione di principi generali (cd. rinvio esterno). Solo quando le regole del c.p.c. riflettono
principi e istituti che sono accolti nei medesimi termini anche nel processo amministrativo, allora è
corretto fare riferimento ad esse. Il riferimento, in questi casi, però, non è tanto a disposizioni del
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c.p.c. in quanto tale, bensì ad istituti di cui sia stata riconosciuta la comunanza rispetto ai due ordini
di processi e che trovano una disciplina più compiuta nel c.p.c.
29 GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
– Il giudizio davanti al Tar è introdotto con un ricorso, atto
INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO
processuale che introduce il giudizio amministrativo e col quale è proposta la domanda giudiziale. Il
ricorso viene prima notificato alle altre parti e solo successivamente viene depositato presso il Tar
competente entro 30 gg dall’ultima notifica.
Il ricorso deve contenere (art. 40 c.p.a.):
a) l’indicazione dell’organo giurisdizionale cui è diretto;
b) le generalità del ricorrente, del suo difensore e delle altre parti necessarie;
c) l’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento
eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della
sua conoscenza;
d) l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici su cui si fonda la domanda; l’indicazione
dei mezzi di prova e i provvedimenti chiesti al giudice (l’annullamento dell’atto impugnato, la
riforma dell’atto nel caso di giurisdizione di merito, l’accertamento del diritto soggettivo, la
condanna della parte resistente, ecc.);
e) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore,
con indicazione della procura speciale (il ricorso è nullo in caso di difetto di sottoscrizione e
di incertezza assoluta sulle persone o sull’oggetto della domanda. In ogni altra ipotesi, il
collegio, se riscontra una irregolarità, può assegnare un termine alla parte per rinnovare
l’atto).
Nell’azione di annullamento l’oggetto della domanda è la richiesta di annullamento e la
indicazione dei vizi (censure) dell’atto impugnato che ne dovrebbero giustificare l’annullamento
(art. 21-octies L. 241/1990). Pertanto, nel caso di impugnazione di un provvedimento, nel ricorso
devono anche essere individuati i vizi del provvedimento e il giudice può accertare l’illegittimità
del provvedimento impugnato solo in relazione ai vizi dedotti nel ricorso stesso (in difetto
dell’indicazione dei vizi, il ricorso proposto contro un provvedimento è inammissibile).
Per identificare la domanda occorre fare riferimento al vizio dell’atto impugnato, ciò che rileva a
pena di inammissibilità, è che il vizio sia oggettivamente identificato nei suoi elementi concreti,
in relazione al provvedimento impugnato (non è invece rilevante l’errore sulla qualificazione del
vizio, es. la qualificazione come eccesso di potere mentre si tratta di violazione di legge, in
quanto il giudice non è vincolato alla qualificazione del vizio proposta dalla parte).
La disciplina descritta vale per il processo di impugnazione e quindi deve essere adattata nel caso
in cui siano esercitate azioni diverse. Ad. es, nel giudizio sul silenzio non si propone una
impugnazione (perché non vi è alcun atto impugnabile) e quindi non possono esserci censure per
vizi di legittimità di un atto in quanto la lesione dell’interesse legittimo è causata dall’omissione
di un provvedimento in una certa situazione o in presenza di una data istanza e nel ricorso
dovranno essere allegate le relative circostanze.
Nei casi di giurisdizione esclusiva qualora non sia impugnato un provvedimento ma sia fatto
valere un diritto soggettivo il contenuto della domanda e il suo fondamento devono essere
individuati sulla base del c.p.c. e la domanda non può essere di annullamento ma di accertamento
del diritto o di condanna.
Il ricorso per l’annullamento di un provvedimento amministrativo deve essere notificato, a pena
di inammissibilità, all’Amministrazione che ha emanato l’atto e ad almeno uno dei
controinteressati entro 60 gg dalla comunicazione o notificazione o piena conoscenza