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LE CONDIZIONI DI ACCESSO AL MERCATO DEI SERVIZI PUBBLICI

Il settore delle comunicazioni elettroniche costituisce uno tra le esempi più avanzati e

significativi di liberalizzazione : le disposizioni dei trattati ue e di diritto derivato hanno nel

tempo delineato un sistema sempre più orientato al modello del libero mercato ; questo

settore costituisce pertanto un significativo oggetto di indagine per comprendere attraverso

quali strumenti i pubblici poteri intervengono per assicurare alle imprese l’ingresso nei

mercati e il mantenimento di condizioni concorrenziali.

TITOLI ABLATIVI E AUTORIZZAZIONE GENERALE. CRITERI OGGETTIVI ,

TRASPARENTI E NON DISCRIMINATORI NELL’ACCESSO AL MERCATO

Da un sistema concessorio fortemente discrezionale e limitativo del numero delle imprese

presenti sul mercato si è gradualmente approdati a istituti che garantiscono criteri oggettivi

trasparenti e non discriminatori nell’accesso al mercato.

Il momento autorizzatorio all’ingresso nel mercato assume un’importanza fondamentale :

se le procedure per garantire l’accesso al mercato sono troppo onerose o discrezionali

viene a monte preclusa la possibilità di competere.

È stato quindi previsto un istituto mutuato dall’ordinamento inglese, eteronomo rispetto alla

tradizione giuridica italiana in materia di autorizzazioni : l’autorizzazione generale

questa consisteva in un’autorizzazione che non obbliga le imprese interessate ad ottenere

una decisione esplicita da parte dell’attività di regolamentazione nazionali per potere

esercitare diritti derivanti dall’autorizzazione : si garantiva dunque in presenza di certi

presupposti la certezza di poter esercitare l’attività economica.

Successive modifiche normative hanno accentuato il carattere non provvedi mentale

dell’autorizzazione generale : una modifica della disciplina introdotta da una successiva

direttiva ue ha definito l’autorizzazione generale come il “ quadro normativo istituito dallo

Stato membro che garantisce i diritti alla fornitura di reti o servizi di comunicazione

elettronica e stabilisce obblighi specifici per il settore applicabili a tutti i tipi o a tipi specifici

di servizi e di reti di comunicazione elettronica.

La scelta del legislatore italiano è stata di attuare il recepimento dell’autorizzazione

generale attraverso istituti già noti al ns diritto amministrativo : dopo una prima fase in cui

è stata utilizzata la disciplina del silenzio assenso il legislatore italiano ha poi scelto di

ricondurre l’operatività dell’autorizzazione generale al procedimento della dichiarazione di

inizio attività ; si tratta di una decisione che suscita perplessità.

Innanzitutto perché la natura giuridica di questo istituto è stata considerata a lungo incerta

: parte della giurisp considerava la DIA come un provvedimento a formazione tacilta : il

decorso del termine avrebbe determinato il perfezionarsi del provvedimento anche in

assenza di una determinazione espressa dell’amministrazione ; secondo una diversa

interpretazione la DIA costituirebbe un atto dichiarativo privato che non presenta i caratteri

del provvedimento amministrativo .

Il contrasto sembra essersi risolto a seguito di un’importante pronuncia dell’Adunanza

plenaria del Consiglio di stato secondo cui la DIA costituisce un atto privato volto a

comunicare l’intenzione di intraprende un’attività direttamente ammessa dalla legge . il

rinvio operato dalla DIA sembra una complicazione superflua di un istituto che avrebbe

potuto godere di autonomia disciplinare ben definita. Il rinvio operato fa poi riferimento non

all’istituto in quanto tale ma alla specifica norma che ne regola la disciplina art. 19 l.n.

41/1990 ; le successive modifiche che tale norma ha subito e che hanno portato anche

alla modifica del nome dell’istituto SCIA , ci si chiede se debbano essere considerate parte

integrante della disciplina dell’autorizzazione generale o ne sono escluse; l’analisi della

norma sull’autorizzazione generale esclude quest’ultima ipotesi in quanto all’interno della

norma viene descritto il procedimento che permette l’avvio dell’attività e che dunque viene

a configurarsi quale lex specialis rispetto alla generale disciplina della DIA-SCIA.

La procedura necessaria al fine di iniziare l’attività è cosi strutturata: all’impresa non può

essere imposto nessun obbligo se non quello di notificare al regolatore nazionale una

dichiarazione contenente i dati necessari ad identificare l’impresa, un’indicazione

sommaria delle reti o dei servizi che si intendono fornire , la probabile data di inizio attività

e ovviamente la dichiarazione espressa dell’intenzione di iniziarla.

La scelta di accedere all’attività imprenditoriale dipende esclusivamente da una

determinazione del soggetto privato che non deve legittimarsi in alcun modo di fronte alla

pa , la quale mantiene solo un ruolo di controllo successivo.

Il godimento dei diritti di iniziativa economica discende dalla legge e non più dall’intervento

dell’autorità di regolazione : gli stessi presupposti necessari per iniziare l’attività

economica e le condizioni per esercitarla non trovano più il loro fondamento in scelte

dell’amministrazione ma sono disciplinati direttamente a livello normativo.

Le condizioni apposte all’autorizzazione generale possono essere imposte dall’autorità di

regolazione all’impresa solo quando risultino obiettivamente giustificate rispetto alla rete o

al servizio in questione proporzionate trasparenti e non discriminatorie.

Sono ammesse solo pochissime deroghe prestabilite : le uniche eccezioni previste che

giustificano un intervento limitativo introdotto da disposizioni legislative o regolamenti

riguardano la tutela di interessi pubblici primari es esigenze di difesa e della sicurezza

dello Stato e della sanita pubblica , tutela ambiente o della protezione civile .

il principio opera anche con riguardo al legislatore regionale : la Corte cost ha più volte

censurato disposizioni regionali che prevedessero procedimenti e condizioni ulteriori

rispetto a quanto stabilito nel testo normativo di riferimento nazionale ; secondo il giudice

delle leggi ad esempio non è possibile prevedere uno speciale provvedimento

autorizzatorio diverso e ulteriore rispetto a quello sopra descritto ai fini dell’apertura di un

call center.

Acquista cosi pregnanza la definizione del Codice delle comunicazioni elettroniche da

dell’autorizzazione generale, qualificata come regime giuridico che disciplina la fornitura di

reti o servizi di comunicazione elettronica e i relativi obblighi specifici per il settore

applicabili a tutti i tipi o a tipi specifici di servizi e reti di comunicazione elettronica ,

conformemente al codice.

L’istituto quindi a dispetto del nome perde le caratteristiche tipiche del provvedimento

autorizzatorio ; il mancato rispetto degli obblighi non comporta come sanzione immediata il

decadimento dal regime autorizzatorio e il conseguente divieto per l’impresa di proseguire

l’attività; scoperta l’infrazione l’autorità può intimare all’impresa di porre fine al

comportamento illegittimo e solo in un secondo momento adottare misure adeguate e

proporzionate volte ad assicurare il rispetto delle condizioni.

IL PREVIGENTE REGIME CONCESSORIO

Per comprendere meglio la portata innovativa dell’autorizzazione in generale può essere

utile confrontarla con l’istituto che prima regolava l’esercizio dell’attività di fornitura del

servizio telefonico.

L’attività era riservata allo Stato il quale però non la esercitava direttamente privilegiando

l’affidamento a soggetti privati attraverso la concessione.

La procedura per ottenere una concessione ad uso pubblico era molto complessa : la

concessione veniva rilasciata attraverso un decreto del Pres della Rep su proposta del

ministro per le Poste e le Telecomunicazioni sentito il Consiglio dei ministri : la decisione

competeva al ministro competente per le telecomunicazioni che sceglieva tra le diverse

imprese che avevano avanzato proposte indicando le condizioni alle quali erano disposte

ad assumere l’esercizio del servizio.

Il potere pubblico aveva un fortissimo potere conformativo sull’operato dell’impresa: diritti e

obblighi trovavano la loro fonte direttamente nell’atto amministrativo predisposto dalla

pubblica amministrazione e la possibilità stessa di entrare sul mercato per l’impresa era

subordinata alla scelta della pa stessa e perfino la permanenza sul mercato non era certa

una volta ottenuta la concessione in quanto erano previste ipotesi che determinavano

l’estinzione del rapporto.

Basti comprendere l’ampiezza del potere dell’amministrazione al caso del riscatto : questo

istituto si fondava sulla possibilità per la pa di sostituirsi all’impresa nell’attività data in

concessione subentrando anche negli immobili di proprietà del concessionario pertinenti al

servizio concesso; il riscatto era inoltre esercitabile in ogni tempo purchè l’amministrazione

concedesse il preavviso di un anno.

Dalla disciplina precedente emergeva quindi un sistema in cui era accordata preminenza

alla posizione del concedente che godeva di rilevanti poteri di controllo e di conformazione

: in certi casi il potere pubblico poteva giungere a sostituirsi all’impresa nell’esercizio

dell’attività; il cambiamento apportato è evidente e la funzione di contemperamento degli

interessi un tempo affidata al potere discrezionale della pa appare oggi ridimensionata in

quanto l’assetto degli interessi risulta predeterminato a livello normativo con la previsione

di norme volte a garantire la concreata esplicazione dei diritti dei privati e obblighi

corrispondenti.

GARANZIE PER LE IMPRESE NELL’ACCESSO ALLA RETE , LIMITI PUBBLICI

ALL’AUTONOMIA PRIVATA.

Accedere al mercato delle comunicazioni elettroniche attraverso l’autorizzazione generale

non garantisce alle imprese la sicurezza di poter esercitare l’attività imprenditoriale a

causa delle caratteristiche proprie di quel settore riconducibili a quelle dei servizi pubblici a

rete nazionali.

Questi servizi vengono infatti forniti attraverso l’utilizzo di reti di dimensioni nazionale e

sovranazionale , costituite da infrastrutture fisse ( es reti di trasporto ferroviario o reti non

infrastrutturali. La proprietà o quantomeno la gestione di tali reti è in molti casi rimasta in

caso all’incumbent il quale potrebbe non permettere l’accesso per fornire il servizio agli

altri operatori oppure concederlo a condizioni cosi onerose da rendere irraggiungi

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A.A. 2014-2015
136 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dafne.91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Amministrativo II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Napolitano Giulio.